Federazione Lavoratori della Conoscenza – CGIL

 

 

 

Le prossime elezioni del Rettore rappresentano un momento significativo per la vita democratica dell’Università: un’occasione per rilanciare un dibattito democratico sul futuro del nostro Ateneo tra le diverse componenti e per riaffermare la presenza dei lavoratori e del sindacato nel governo della nostra università.

 

Giungiamo a questa scadenza dopo un lungo periodo d’asfissia del dibattito sul ruolo dell’ateneo e sulle scelte da perseguire per il suo sviluppo. Il personale tecnico amministrativo, in particolare, è stato emarginato da questo confronto e penalizzato nella ripartizione delle risorse.

Chi lavora nella nostra università non è solo garanzia del suo funzionamento ma rappresenta un patrimonio di competenze, memoria, capacità di rappresentare interessi collettivi, necessario per un governo moderno di un sistema complesso.

La  FLC CGIL intende proporre le proprie valutazioni prima della formalizzazione di ogni candidatura in maniera trasparente ed in totale autonomia rispetto ad ogni logica di schieramento, nella convinzione che la tutela dei diritti di chi vive ed opera nell’università vada coniugata con un ruolo attivo del sindacato nel dibattito sulle prospettive di sviluppo dell’Ateneo, sulla definizione della sua stessa fisionomia e della sua proposta culturale nonché sulle scelte relative alla gestione delle risorse.

 

Partecipazione, trasparenza ed efficienza.

 

Gli organi di governo dell’Ateneo sono stati in questi anni segnati da gravi limiti istituzionali che ne hanno ristretto la rappresentatività e l’autonomia: devono tornare ad essere sede propositiva e progettuale.

In questo processo i lavoratori ed il sindacato intendono superare un ruolo  di sola difesa del proprio ruolo e dei diritti che una gestione delle risorse e delle procedure ha spesso mortificato e marginalizzato. Vogliamo valorizzare la risorsa rappresentata da chi lavora a Tor Vergata, anche contro dinamiche corporative di resistenza al cambiamento ed all’innovazione organizzativa ed alla riqualificazione dei servizi. Per fare ciò è necessario però che chi ricoprirà il ruolo di Rettore valorizzi questo contributo fattivo.

Crediamo necessario giungere a modifiche statutarie che amplino la partecipazione alle scelte di governo della nostra università e siano condizione di una nuova trasparenza nelle scelte strategiche ed amministrative. Serve una nuova qualità delle relazioni tra le componenti della comunità universitaria oltre l’asfissia delle mere logiche accademiche.

In questi anni nell’Ateneo di Tor Vergata questo ruolo complessivo del sindacato non è stato riconosciuto dall’Amministrazione che anzi ha consapevolmente tentato di marginalizzarlo, riconoscendolo esclusivamente come controparte per l’applicazione delle norme contrattuali per il personale tecnico e amministrativo. Le forze sociali non sono più chiamate a quel confronto su obiettivi strategici che è invece aspetto fondamentale in corrette relazioni sindacali e nella gestione democratica e trasparente di un’istituzione pubblica.

Una contrattazione decentrata costantemente frammentaria, dilatata nel tempo, confusa e spesso inconcludente, costituisce di fatto un macigno sulla discussione di temi più importanti che interessano non solo il personale tecnico-amministrativo ma tutta la comunità Universitaria. La FLC CGIL oggi non può che  segnalare di nuovo l’estrema gravità del problema e su questo chiede un impegno chiaro a chi assumerà la carica di Rettore. In questa richiesta non c’è alcuna nostalgia di pratiche consociative o di indebite interferenze nella vita dell’Ateneo, ma si vuole invece, insieme alle altre organizzazioni sindacali confederali, contribuire a sviluppare un dibattito sulle scelte di fondo dell’ateneo, in maniera trasparente e nel rispetto delle procedure istituzionali,  così  da contrastare e superare tentazioni e comportamenti autoreferenziali o corporativi. 

 

In un confronto sul futuro del nostro ateneo non si può che partire dalle risorse: dopo la stagione delle riforme a costo zero, il blocco degli organici, l’assoluta scarsità dei finanziamenti statali, occorre rilanciare il rapporto tra l’Università e il territorio a vari livelli per evitare di cadere nell’inaccettabile alternativa tra aumento delle tasse per gli studenti, sviluppo dell’Università e valorizzazione delle risorse umane (retribuzioni e reclutamento).

Un’università aperta alla città.

L’apertura al territorio non può, però essere invocata esclusivamente come opportunità di reperimento di risorse: una nuova committenza per l’università e la ricerca pubblica, la crescita di nuove fonti di finanziamento per gli atenei richiedono anche una nuova responsabilità sociale dell’università e una nuova capacità di interlocuire con i bisogni e le strategie del territorio.

Riteniamo decisivo il nodo del rapporto che l’università riesce a costruire con le domande dei cittadini, della società. L’apertura dell’università al mondo esterno richiede che queste relazioni siano governate in modo certo e trasparente. (Ciò vuol dire definire regole efficaci per la gestione del conto terzi, dei consorzi, delle convenzioni, definire un ruolo per Tor Vergata nel sistema romano e regionale dell’innovazione, discutere il profilo dell’offerta didattica). E’ necessario che le risorse derivanti da queste relazioni siano reinvestite per la riqualificazione dei servizi, per sostenere la ricerca e valorizzare l’impegno di tutti i lavoratori che a vario titolo garantiscono il funzionamento dell’ateneo. L’attività di ricerca non è affare privato di un singolo ricercatore  ma ha luogo perché inserita in una struttura gestionale, in un ambiente formativo e in un sistema di servizi che la rende possibile.

Dopo la positiva stagione del Giubileo, Tor Vergata deve rilanciare la sua vocazione di apertura al territorio e integrazione tra le sue componenti; terminare l’assetto viario e il centro di servizi per gli studenti (piazzetta del campus), completare la collocazione di tutte le Facoltà nell’area del campus, favorire l’insediamento di istituzioni scientifiche mantenendo l’unitarietà della programmazione e del controllo territoriale (ASI), e riprendere il percorso di sviluppo dell’area Tor Vergata del CNR, il cui accorpamento dell’Istituto di Neuroscenze con l’EBRI a qualche chilometro dal campus sembra avere interrotto il processo di insediamento del CNR. Tutto questo richiede una strategia coerente ed il pieno coinvolgimento della comunità universitaria, specialmente nell’attuale quadro di carenza di risorse. La positiva proposta da parte del Comune di Roma di situare la Città della Scienza e la Città dello Sport in contiguità con l’Ateneo costituisce un’importante occasione, non solo per le risorse infrastrutturali che può offrire (si pensi all’annosa questione dei trasporti, che si spera siano affrontati con il Comune in questa ulteriore occasione che vedrà un enorme numero di cittadini frequentare l’area del campus di Tor Vergata) ma anche per il contributo che l’Università può offrire di professionalità e competenze a queste iniziative (dalla Facoltà di Scienze ma anche da quelle di Lettere, Medicina ed Ingegneria per il Museo delle Scienze) o per le auspicabili interazioni fra le istituzioni (Scienze Motorie e impianti sportivi).

Sarebbe miope ridurre queste opportunità ad occasioni per reperire risorse per il piano edilizio dell’ateneo mentre è necessaria l’attivazione di tutte le competenze di cui l’Università dispone, in modo collegiale e trasparente, per questi progetti che richiedono innanzitutto un contributo culturale dell’ateneo e obiettivi che rafforzano il legame tra Tor Vergata,la città e il territorio.

 

Difendere il carattere pubblico e aperto dell’università.

Il nostro Ateneo è stato sin dal suo inizio segnato da una perenne emergenza legata alla carenza di strutture ed alla condizione di nuova università non ancora consolidata nell’offerta didattica e dei servizi.

Non è più possibile accettare che la carenza di strutture o di personale costituisca un limite alle iscrizioni .

Nella programmazione edilizia, nella gestione del territorio e dei servizi è necessario andare oltre l’emergenza e superare l’alternativa tra qualità dei servizi, tasse e numero chiuso. Troppo spesso anche la progettazione degli spazi ha anteposto logiche di altro tipo alla previsione dello sviluppo dei servizi di base per lo svolgimento dell’attività didattica, ciò provoca ancora oggi gravi disagi agli studenti (esemplare il caso di ingegneria) ma condiziona anche la programmazione dello sviluppo dell’ateneo e la sua offerta.

Sempre più l’università vive per le tasse degli studenti e per la capacità di attrarre iscritti, partner privati, di essere visibile sul territorio. Ma al contrario si diffonde il numero chiuso e si pensa di sopperire al minor numero di studenti e alle scarse risorse con l’aumento delle tasse.

Ciò muta la natura stessa dell’università pubblica.

Per poter rafforzare sul piano didattico e scientifico l’Università è sempre più essenziale il ruolo della programmazione e della valutazione solo così si possono evitare le secche dell’autoreferenzialità e si promuove la qualità; si deve inoltre stimolare il corpo docente a conseguire l’equilibrio tra cultura e professionalità ai diversi livelli dello studio, in modo da fornire competenze e un sapere critico agli studenti per renderli capaci di misurarsi con un mercato del lavoro sempre mutevole.

 

La riforma del titolo 5° della costituzione, che assegna alle Regioni un ruolo di primo piano nel raccordo fra ricerca, formazione, innovazione e sviluppo, può offrire una sponda nuova all’Università, purché la Regione faccia la sua parte, dopo la deludente presidenza Storace; da parte sua l’Università deve meglio attrezzarsi, riformando i consorzi fra l’Università e soggetti pubblici e privati, in modo da garantire maggiori risorse all’Università e maggiore capacità di vigilanza e governo sulle finalità di queste iniziative, stimolando la costituzione di spin-off, coadiuvando l’attività brevettuale. La sfida è quella di costruire un rapporto fecondo fra pubblico e privato, in cui, sia per la debolezza del settore privato, sia per evitare la subalternità al mercato, al pubblico spetti un ruolo di orientamento capace di influenzare la domanda. Per questi obiettivi è essenziale un ruolo di coordinamento e di orientamento dell’Ateneo rispetto alle iniziative dei diversi dipartimenti, a partire dall’esperienza di promozione del Parco Scientifico, cui va garantita la partecipazione effettiva di tutte le Facoltà e di tutta la comunità universitaria.  Per l’attività scientifica, in un quadro di sempre più sconfortante carenza di risorse pubbliche, diviene cruciale il reperimento e l’utilizzazione delle risorse, rispetto a cui spetta agli organi centrali dell’Ateneo la definizione unitaria delle regole e delle forme istituzionali, per la collaborazione con i privati e con gli enti pubblici, che garantiscano il carattere pubblico dell’Università; un impegno più forte verso la ricerca attraverso il rafforzamento e la qualificazione delle scuole di dottorato, l’incentivazione dei giovani ricercatori, il riequilibrio verso settori a contatto meno immediato con il mercato, ma sempre all’insegna della qualità; il sostegno al trasferimento dell’innovazione, l’orientamento verso la produzione scientifica più qualificata.

Ancora sul rapporto Università-Regione, il 16 febbraio 2005 con una delle ultime deliberazioni adottate del Consiglio Regionale,  la Giunta Storace ha fatto approvare dalla sua maggioranza, con il voto contrario dell’opposizione,  il Protocollo di Intesa con l’Università  Tor Vergata per la istituzione della “Fondazione PTV Policlinico Tor Vergata”. L’attuale Rettore dell’Università e l’ex Presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, l’11 marzo, pochi giorni prima del voto regionale , hanno  formalizzato l’istituzione della Fondazione PTV , ratificato lo statuto, proceduto alla nomina dei Consiglieri di Amministrazione e dei Revisori dei Conti. Su questa vicenda ribadiamo nel metodo e nel merito il nostro giudizio critico. Nel metodo il Rettore  ha segnato una pericolosa subalternità dell’ateneo rispetto alle esigenze della Giunta Regionale, ha negato qualsiasi confronto reale e di merito al sindacato, ha di fatto scavalcato anche il Senato Accademico mettendolo di fronte al fatto compiuto della firma del protocollo di intesa con la Regione. Nel merito  ribadiamo ancora una volta la netta  contrarietà alla cessione unilaterale a soggetti di diritto privato di funzioni come la formazione, la ricerca e l’assistenza sanitaria e restiamo in attesa di risposte concrete alle questioni poste dal sindacato in merito alla sostenibilità finanziaria dell’operazione, all’arruolamento e alla collocazione del personale, all’assetto istituzionale. In ogni caso, come emerge anche dalle “finalità della sperimentazione gestionale” della Fondazione PTV, appaiono  deboli e contraddittorie  le motivazioni sui presunti vantaggi conseguenti questa operazione e sulla necessità dell’apporto dei privati ed il loro stesso  ruolo.

 La FLC-CGIL si adopererà affinché sui temi legati al PTV si  apra un serio confronto ed in questa ottica chiede una chiara svolta a  tutti i soggetti istituzionali coinvolti.

 

 

 

Programmazione vuol dire trasparenza e equità.

La CGIL chiede di procedere, anche attraverso la convocazione entro un anno di una conferenza d’ateneo, all’approvazione di un piano triennale di sviluppo  che rappresenti un riferimento certo su cui confrontarsi, che programmi l’offerta didattica, che impegni risorse certe per le progressioni del personale, per assunzioni basate su una pianta organica certa a fronte al proliferare di contratti a termine e atipici.

La situazione si è aggravata negli ultimi anni in seguito al massiccio reclutamento di personale, unilaterale e discrezionale per le esigenze dell’azienda policlinico con ricorso pressoché esclusivo al lavoro atipico. Tali lavoratori oggi sono privi di diritti essenziali. La CGIL intende di tutelare quella sfera di diritti, economici e normativi, essenziali per la tutela di tutti i lavoratori economicamente dipendenti. Chiamate, attivazione degli insegnamenti, carico didattico per i docenti sono oggetto dell’autonomia delle facoltà ma riguardano l’investimento delle risorse dell’ateneo su cui riaprire un confronto.

Centrale è la politica del personale; si stanno ampliando in modo preoccupante le forme di lavoro precario e le esternalizzazioni che, dietro l’illusione del risparmio, producono un abbassamento della qualità del lavoro e una riduzione dei diritti del lavoro che nuocciono alla vita democratica dell’Ateneo e ne abbassano la qualità. La valorizzazione del personale che utilizzi appieno gli strumenti contrattuali, una politica di reclutamento che, a tutti i livelli, abbia l’obiettivo della qualità e segua criteri di programmazione, trasparenza e condivisione; in questo senso l’utilizzo di finanziamenti esterni all’Ateneo per coprire i costi del reclutamento deve essere un’occasione purché si seguano i predetti criteri di programmazione, trasparenza e condivisione, evitando un peso preponderante del soggetto finanziatore sulle scelte e contrastando il generarsi di un nuovo precariato.

Un’università aperta e di tutti

Anche in riferimento all’offerta didattica e all’accesso degli studenti si giocano due ipotesi di futuro per Tor Vergata. Noi scegliamo l’obiettivo di un ulteriore crescita del nostro Ateneo sia in termini di offerta formativa che di espansione dell’utenza studentesca.

Per riaffermare il carattere pubblico dell’Università, la CGIL si esprime con convinzione contro l’introduzione del numero chiuso ed il ricorso conseguente all’aumento delle tasse quale unico strumento per sopperire alle sempre più scarse risorse trasferite dallo stato. Crediamo inoltre sia necessario aprire un confronto sull’offerta didattica curriculare ed extracurriculare.

La qualità della didattica sarà sempre più importante per l’acquisizione delle risorse, soprattutto se si affermerà, come auspichiamo, un sistema di valutazione autonomo degli Atenei. Particolarmente delicato è il momento per l’attuazione della riforma dei corsi di studio: il Governo ha lasciato la riforma a un sostanziale abbandono, di cui è segno l’assenza di sostegno finanziario, mentre la proposta del percorso a Y prefigura un’inaccettabile separazione fra cultura e professionalità; il processo riformatore, che, pur nel suo carattere controverso, tante attese e speranze ha suscitato, come testimonia l’aumento delle iscrizioni, mostra diverse difficoltà, anche in conseguenza della nefasta teoria delle riforme a costo zero: la proliferazione di corsi di studio ha risposto più a logiche accademiche autoreferenziali che a un programmato arricchimento dell’offerta formativa, mentre si è reagito alla carenza di spazi e strutture con un’estensione indiscriminata del numero programmato degli accessi, ben oltre a quanto previsto per legge. Questa, a parere della CGIL-FLC, è una strategia miope e suicida:  l’Italia è ancora molto lontana dall’avere un numero accettabile di laureati, Tor Vergata non ha ancora raggiunto il suo obiettivo di 40.000 studenti e non si può avere la qualità con i numeri piccoli e la limitazione degli accessi; si deve assegnare al processo riformatore una priorità nell’assegnazione delle risorse, senza accettare che la carenza di strutture o di personale costituisca un limite alle iscrizioni. Si deve inoltre stimolare il corpo docente a conseguire l’equilibrio tra cultura e professionalità ai diversi livelli dello studio, in modo da fornire competenze e un sapere critico ai nostri studenti per renderli capaci di misurarsi con un mercato del lavoro sempre mutevole; a superare l’autoreferenzialità e le rigidità pur presenti nelle pieghe della riforma e a sfruttarne fino in fondo gli elementi di flessibilità per rendere sempre più accessibile e fruttuoso l’insegnamento universitario (part time per studenti lavoratori, presenza/distanza, recupero). Una particolare vocazione di Tor Vergata è l’istruzione a distanza, a partire dall’esperienza della Scuola IAD; la teledidattica, rivolta particolarmente alla formazione permanente, può avere un bacino d’attrazione che va oltre i confini nazionali.

La bassa posizione di Tor Vergata nella classifica delle Università fornita dal Censis 2005 sembra dovuta  alla scarsità di servizi per gli studenti disponibili nella nostra università. Infatti, le varie facoltà raggiungono un buon piazzamento (addirittura due sono tra le prime), ma è l’Università nei suoi servizi che ci penalizza nella classifica generale. Il rapporto Università-Regione in questi ultimi anni non è stato positivo per quanto riguarda l’Agenzia LazioAdisu, istituita dalla precedente giunta Storace. Negli ultimi 5 anni, la Regione Lazio e LazioAdisu non hanno speso un euro a Tor Vergata per l’ampliamento dei servizi destinati alla generalità degli studenti (non si comprende per esempio perché non sia stata ancora attivata la nuova mensa ormai ultimata da molti mesi), e nonostante i faraonici programmi di Project Financing per le abitazioni (sia di LazioAdisu che dell’Università), non un posto letto è stato costruito a Tor Vergata. Lo sviluppo che l’ADISU Tor Vergata aveva avuto con la precedente presidenza è ormai un ricordo lontano, ed in questo contesto i diritti degli studenti sono una risultante anche dalla capacità di Tor Vergata di stimolare a livello regionale un processo di riforma dell’Agenzia LazioAdisu, per rimettere al centro dell’intervento regionale i problemi dell’abitazione, delle mense, delle borse di studio, delle forme di aggregazione e di servizio degli studenti.

 

L’Università Pubblica deve vivere. Contrastare le controriforme del Governo

Il DDL sullo stato giuridico dei docenti, in discussione al parlamento, invece di affrontare in modo organico la definizione dei diritti e dei doveri della docenza, liquida la figura del ricercatore, sostituendola con una figura subalterna e precaria, dequalificando così l’attività scientifica degli Atenei, allevando una generazione di portaborse conformisti e ubbidienti ma senza speranza; infatti, in periodo preelettorale, viene offerto lo specchietto per le allodole del professore aggregato per una congerie di figure (alcune in ruolo ad esaurimento da 25 anni!), ma a costo zero; un volgare inganno che illuderà molti, accontenterà gli amici degli amici e, soprattutto, precluderà la strada del reclutamento a tempo indeterminato ai giovani. La FLC-CGIL è in campo da molti mesi, insieme agli altri sindacati e alle organizzazioni della docenza, per sbarrare la strada a questa ignobile porcheria; il CUN, la CRUI, le conferenze dei presidi si sono più volte pronunciate contro il DDL. I candidati alle carica di Rettore sono chiamati, per il ruolo istituzionale cui si propongono, a una chiara assunzione di responsabilità, fino alle estreme conseguenze, per fermare questo inaccettabile DDL. Questo chiede la comunità di Tor Vergata e questo dovrebbe essere rappresentato in tutti i tavoli istituzionali.

 

In occasione dell’elezione del Rettore per il prossimo triennio accademico, la FLC CGIL offre questo spunto di riflessione ed augura alla comunità universitaria un dibattito sereno ma diffuso che possa arricchire il programma che i candidati vorranno presentare. 

 

Roma, 25 luglio 2005

 

 

 

 

            Pino DI LULLO                                                                            Aldo PERRI

Segretario FLC CGIL di Roma e del Lazio                               Coordinatore Comitato Iscritti FLC CGIL

                                                                                               Università Tor Vergata