L’Università pubblica è in pericolo.

Noi, che a vario titolo studiamo, insegniamo, viviamo e lavoriamo nell’ateneo di "Tor Vergata", preso atto del contenuto del DDL Moratti sullo stato giuridico dei professori universitari, lanciamo un allarme per le sorti della ricerca e dell’università pubblica.

Il DDL Moratti, invece di offrire soluzione agli annosi problemi che affliggono l'Università italiana, va esattamente nella direzione opposta. Nel DDL l'Università anziché essere vista come fattore di crescita culturale e sociale del paese, viene considerata come un problema di costi da contenere, avvilendo di fatto tutte le figure che la compongono. L'università viene ridotta a luogo di lavoro precario finalizzato alla produzione di didattica di basso contenuto scientifico e mirata a formare futuri lavoratori precari, cancellando così il suo ruolo fondamentale di creazione di cultura in spregio al dettato della Costituzione Italiana che vede la cultura come fondamentale diritto dei cittadini.

Questo DDL è completamente sbagliato e va ritirato.

La scelta dello strumento della legge delega, annullando di fatto qualsiasi forma di dibattito culturale sull'argomento nel parlamento, nella comunità universitaria e nel paese, appare funzionale all'obiettivo di ridurre sbrigativamente le spese per l’istruzione e per la ricerca pubblica, a scapito della sua qualità.

Il ddl Moratti, approvato dal Consiglio dei Ministri:

-Aumenta in maniera vastissima la già forte precarizzazione dei rapporti di lavoro all’interno dell’Università. Questo in una situazione in cui una parte considerevole del personale universitario ha sofferto in questi anni di un blocco quasi totale delle assunzioni e delle progressioni economiche e di qualifica professionale.

- Elimina il ruolo dei ricercatori, ignorando, tra l’altro, la funzione docente, pienamente svolta, negli ultimi venti anni dagli attuali ricercatori;

- Liberalizza l’esercizio delle attività extra-universitarie favorendo quanti già ora privilegiano interessi extrauniversitari, e svilendo l’attività di chi dedica, invece, interamente all’università la propria cultura e le proprie energie;

- Pretende di fare l’ennesima riforma a costo zero, oltretutto utilizzando lo strumento antidemocratico della legge delega, anziché aumentare i finanziamenti all’università. Questo in una situazione in cui l’università italiana versa in una condizione di tale gravità da richiedere un urgente e deciso intervento economico finalizzato a innalzare la qualità della ricerca e della didattica, a sanare la difficile situazione logistica in cui si trova la maggior parte degli atenei (carenza di aule, strutture fatiscenti, strumenti obsoleti) e a moltiplicare gli interventi per il diritto allo studio (mense, posti alloggio, borse di studio…).

Ugualmente la qualità della ricerca pubblica che tale università sarà in grado di fornire sarà di bassa qualità e inadeguata alle esigenze di una società in continua evoluzione.

La soppressione del ruolo dei ricercatori e la sua sostituzione con forme di precariato, congiunta all’assenza totale di finanziamenti all'Università e al reiterarsi negli anni del blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, porterà di fatto a una totale incertezza di inserimento in ruolo, indipendentemente dal valore scientifico delle persone e alimenterà quella "fuga dei cervelli" che il Governo dichiara di voler arrestare con questo provvedimento.

La lotta contro questo disegno non riguarda solo i ricercatori ma tutti coloro che studiano, vivono e lavorano nell’università e tutti coloro che hanno a cuore il futuro della ricerca nel nostro paese.

Questo disegno di legge si inserisce in un quadro di smantellamento del sistema pubblico di ricerca e formazione che ha portato in questi anni a una progressiva erosione del diritto allo studio, alla messa in discussione dell’indipendenza degli Enti di ricerca pubblici e alla negazione di risorse per questo settore.

Se il ddl Moratti passerà, la didattica subirà un ulteriore peggioramento a discapito degli studenti.
Lo smantellamento dell'università pubblica di questi anni è stato pagato a caro prezzo anche dai lavoratori tecnico-amministrativi, il cui contratto nazionale è ormai scaduto da tempo.
-denunciamo il grave attacco posto in essere dal Governo all’intero sistema di istruzione pubblica, dalla scuola dell’infanzia all’Università;

-ribadiamo la centralità del sistema universitario pubblico, nella didattica e nella ricerca;

-respingiamo il tentativo di precarizzazione del lavoro universitario e la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori;

- chiediamo la rimozione del blocco delle assunzioni nelle Università;

- giudichiamo scandalosa l’abolizione della distinzione tra tempo pieno e tempo definito. Esprimiamo, la volontà di mantenere alta la mobilitazione dell’intera comunità universitaria:

- Il DDL Moratti è di fatto, inemendabile e deve essere ritirato;

-ci opponiamo a qualsiasi forma di attacco al diritto allo studio, dalla diminuzione degli interventi per il diritto allo studio all’aumento delle tasse e alla moltiplicazione di numeri chiusi e sbarramenti;

- ci opponiamo a qualsiasi riforma della ricerca e della didattica di carattere discriminatorio: l’università pubblica è un patrimonio e un diritto dell’intera società e non un privilegio di chi se lo può permettere;

-a tal fine, consideriamo indispensabile la proclamazione di uno sciopero nazionale, esteso, auspicabilmente, a tutto il comparto della scuola, della formazione, dell’Università e della ricerca.

La proposta Moratti intende smontare l’impianto fondamentale, le radici stesse della nostra Istituzione universitaria. È in atto come una mutazione genetica dell’università italiana, non rivolta al futuro ma stavolta al passato.

Contro tutto ciò si vanno esprimendo in modo eloquente e propositivo, esponenti di tutte le componenti del mondo universitario e delle sue rappresentanze.

Chiediamo che anche il nostro Ateneo, nelle sue sedi di governo e rappresentanza, dal Senato accademico ai Consigli di Facoltà, si esprima in prima persona e il prima possibile sul DDL Moratti.

Le attuali classi dirigenti, i rappresentanti ai più alti vertici della cultura e della formazione italiana portano, oggi, sulle loro spalle, una responsabilità storica grande. Si tratta di decidere se le nostre Università pubbliche hanno un futuro o meno.