APPELLO PER IL SI’ AL REFERENDUM SULL’ART.18.

PERCHE’ IL MONDO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA IL 15- 16 GIUGNO VOTA SI’.

Il 15 Giugno si vota per il referendum che estende a tutti i lavoratori dipendenti il diritto a non essere licenziati senza un giustificato motivo

Noi firmatari del presente appello siamo impegnati per la vittoria del SI’.

E’ una battaglia che ha in sé tutto il potenziale per difendere e riaffermare i diritti fondamentali di cui sono privati un numero crescente di lavoratori e cittadini in nome di un mercato sempre più vorace, rigidamente e ferocemente controllato, con la guerra permanente e preventiva, dai potenti della terra.

Innanzitutto il diritto ad un lavoro fisso senza la possibilità di essere licenziato "a piacimento", il diritto alla casa, alla pensione, allo studio, alla libera ricerca in un libero, autonomo e pubblico sistema di alta formazione e conoscenza, il diritto ai servizi essenziali come quello sanitario. In sostanza, il diritto ad una cittadinanza dignitosa e non traballante e marginale, in una società a misura d’uomo e non di mercato.

Paiono affermazioni elementari come parrebbe banale scomodare gli articoli della Costituzione a sostegno di ciò. Ma questa è la realtà di un momento così grave di crisi della democrazia che stiamo vivendo.

Votando SI’ al referendum possiamo affermare che le leggi del mercato non possono cancellare il diritto alla dignità di chi lavora e possiamo creare condizioni favorevoli ad una forte e vasta iniziativa che affermi la indisponibilità per il mercato di beni primari per l’umanità quali l’istruzione, la formazione, la conoscenza.

Possiamo avviare e rendere praticabile una grande battaglia contro la proprietà privata della conoscenza retta da un sistema di brevettazione che limita la circolazione del sapere, schiaccia la ricerca scientifica sull’innovazione tecnologica e sulle idiosincrasie del mercato, rende impraticabile o drasticamente limitato il fondamentale controllo incrociato della comunità scientifica sui risultati delle ricerche, rende precaria la condizione di lavoro e di vita dei giovani ricercatori e scienziati per i quali è fondamentale, per poter lavorare e fornire il loro contributo alla scienza ed all’umanità, l’accesso ai risultati già raggiunti.

Il SI’ al referendum è,quindi, un SI’ alla estensione dei diritti ed è il punto da cui partire per una battaglia generale che riaffermi con forza anche il carattere pubblico della formazione, del sapere e della ricerca scientifica all’interno delle Università e dei luoghi della ricerca, contro l’assoggettamento agli interessi dei grandi gruppi privati internazionali e la precarizzazione del lavoro intellettuale, in particolare quello giovanile.

In difesa dei diritti e dell'art. 18 si sono svolte lo scorso anno grandi manifestazioni e scioperi generali alle quali il referendum può dare un primo significativo sbocco.

Sul terreno legislativo il referendum è oggi l’unico efficace strumento, non in contraddizione con proposte di legge allo studio.

E’ l’unico strumento per dare risposta a quelle aspettative.

E’ una grande occasione per rispondere anche alla domanda di unità del mondo del lavoro e di milioni di cittadini e cittadine e per contrastare il disegno di governo e Confindustria che, attraverso gli obiettivi del Libro bianco di Maroni e le leggi delega, mirano a dissolvere un tessuto sociale che si basa su decenni di conquiste civili ed a mercificare ogni diritto e bene pubblico.

I tempi della Legge Giugni del 1970 sono cambiati; le imprese con meno di 15 dipendenti che a quel tempo erano in quantità impercettibile sono oggi ormai più del 90%, circa 3 milioni e mezzo di lavoratori, mentre quelli tutelati grazie all’art. 18 sono circa 9 milioni. Un quadro quindi completamente diverso dal periodo in cui venne approvato lo Statuto dei Lavoratori. I lavoratori atipici sono oggi circa 14,5 milioni (il 62%) su 23,5 milioni di lavoratori, e sono esclusi dalla tutela dell’articolo 18.

La vittoria del SÌ darebbe un impulso decisivo alla difesa dei diritti; consentirebbe di invertire la tendenza in atto; aprirebbe la strada ad una nuova stagione di iniziative e lotte per l’estensione dei diritti già acquisiti e per l’affermazione di nuovi universali diritti contro il precariato che si vuole erigere a sistema.