VERBALE DI INTESA
Il 22 dicembre 1998, presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, il Presidente del Consiglio di Ministri, On.
Massimo D’Alema, con il Ministro del Lavoro e della Previdenza
Sociale, Dott. Antonio Bassolino, hanno incontrato le seguenti
organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le
quali hanno concordato il testo allegato del “Patto sociale per lo
sviluppo e l’occupazione”, che le parti si riservano di firmare dopo
aver esperito le rispettive procedure di verifica e consultazione.
CGIL
Segr. Gen. Dott. Sergio Cofferati
CISL
Segr. Gen. Dott. Sergio D’Antoni
UIL
Segr. Gen. Dott. Pietro Larizza
CONFINDUSTRIA
Pres. Dott. Giorgio Fossa
CONFAPI
Dott.ssa Iva Ivana
CONFCOMMERCIO
Pres. Sergio Billè
CONFESERCENTI
Pres. Dott. Marco Venturi
LEGA
COOPERATIVE Dott. Ivano Barberini
CONFCOOPERATIVE
Pres. Luigi Marino
UNCI
Pres. Dott. Luciano D’Ulizia
AGCI
Pres. Dott. Maurizio Zaffi
COLDIRETTI
Pres. Paolo Bedoni
CIA
Dott. Giuseppe Avolio
CONFAGRICOLTURA
Pres. Dott. Augusto Bocchini
CNA
Pres. Dott. Gonario Nieddu
CASA
Pres. Dott. Giacomo Basso
CLAAI
Pres. Dott. Cesare De Prosperiis
CONFARTIGIANATO
Pres. Dott. Ivano Spalanzani
ANIA
Dott. Ermanno Caprarulo
ABI
Dott. Giuseppe Zadra
ACRI
Dott. Claudio Pugelli
CISPEL
Pres. Furio Vento
CONFETRA
Dirett. Conf. Dott. Piero Luzzati
CONFINTERIM
Dott. Francesco Salvalaggio
UGL
Dott. Mauro Nobilia
CISAL
Dott. Segr. Gen. Dott. Gaetano Cerioli
CONFSAL
Dott. Carmine Gallotta
CIDA
Dott. Giampaolo Carrozza
UNIONQUADRI
Dott. Corrado Rossitto
CUQ
Dott. Carlo Capellaro
CONFEDIR
Prof. Roberto Confalonieri
CONFAIL
Segr. Gen. Dott. Orlando Nicolucci
VERBALE D’INTESA
Il 22 dicembre 1998, presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, il Presidente del Consiglio dei Ministri,
On. Massimo D’Alema, con il Ministro del Lavoro e della Previdenza
Sociale, Dott. Antonio Bassolino, hanno incontrato il Presidente della
Conferenza dei Presidenti delle Regioni, Vannino Chiti, il Presidente
dell’Unione delle Province Italiane (UPI), Andrea Lepidi e il
Presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), Enzo
Bianco.
L’incontro si è svolto contestualmente
alla riunione nella quale il Governo e le Organizzazioni Sindacali dei
lavoratori e dei datori di lavoro, hanno concordato il testo del
“Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione” nel quale è
contenuto l’impegno da parte del Governo a promuovere un apposito
protocollo sottoscritto dalle istanze rappresentative delle Regioni,
delle Province e dei Comuni e delle parti sociali, in cui vengono
concordate le forme e i modi della partecipazione delle istituzioni
regionali e locali alla concertazione nazionale e all’attuazione, a
livello locale degli obiettivi del patto.
Al termine dell’incontro è stata
raggiunta l’intesa sul testo allegato del “Protocollo sulla
partecipazione delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni
all’attuazione del “Patto sociale per lo sviluppo e
l’occupazione”, che le parti si riservano di firmare dopo aver
esperito le rispettive procedure di verifica e consultazione.
PROTOCOLLO SULLA
PARTECIPAZIONE DELLE REGIONI, DELLE PROVINCIE E DEI COMUNI
ALL’ATTUAZIONE DEL “PATTO SOCIALE PER LO SVILUPPO E
L’OCCUPAZIONE”
Il processo di attribuzione legislativa e
di decentramento di compiti e funzioni amministrative dallo Stato alle
Regioni, alle Province e ai Comuni avviato, in attuazione del principio
di sussidarietà con la legge n.59 del 1997, con i successivi decreti
legislativi di attuazione e con le leggi regionali di puntuale
disciplina delle funzioni conferite, rendono necessario il pieno
coinvolgimento dei governi locali e delle istituzioni che operano a
livello territoriale per il raggiungimento degli obiettivi individuati
nel “Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione”.
In tale contesto le Regioni, le Province
ed i Comuni italiani intendono costruire in modo concertato la propria
partecipazione alla attuazione ed allo sviluppo del Patto sociale in
modo da rendere coerente ogni azione di sostegno alla crescita
produttiva e allo sviluppo, qualitativo e quantitativo
dell’occupazione del territorio.
Il Governo, dal canto suo, si impegna ad
estendere alle Regioni, alle Province e ai Comuni, nelle forme che
saranno concordate, i meccanismi di verifica previsti dal Patto sociale
in relazione alla presentazione del “Documento di programmazione
economico-finanziaria” al Parlamento, alla presentazione all’Unione
Europea del “Piano d’azione per l’occupazione” ed alla
predisposizione della manovra di finanza pubblica collegata con la legge
finanziaria.
Il Governo si impegna altresì ad
assicurare, nelle forme che saranno concordate, una costante
partecipazione in ordine alle materie che rientrano nelle sfere di
competenza delle Regioni, delle Province e dei Comuni oggetto di
concertazione con le parti sociali, nell’ambito dei meccanismi
previsti dal “Patto sociale”.
Le Regioni, le Province ed i Comuni
assumono la concertazione territoriale con le parti sociali come
metodologia capace di rendere sinergiche le azioni dei diversi soggetti
sociali protagonisti dello sviluppo e di saldarla, sulla base di alcuni
principi fondamentali quali una visione unitaria delle risorse pubbliche
(locali, regionali, nazionali e comunitarie) ed una forte coesione
istituzionale, con le strategie e gli obiettivi del “Patto sociale”.
Le Regioni, le Province e i Comuni si
impegnano perciò ad attivare e ad sviluppare rapporti organici con le
parti sociali dei rispettivi territori e ad identificare con esse
specifiche sedi di concertazione sui più rilevanti aspetti delle
politiche regionali e locali in favore dello sviluppo e
dell’occupazione.
Le Regioni, le Province ed i Comuni si
impegnano infine ad individuare nelle singole realtà territoriali
metodologiche di concertazione che consentano di specificare, oltre che
le singole materie oggetto della concertazione, anche gli opportuni
momenti di verifica degli obiettivi programmati.
Patto sociale per lo
sviluppo e l’occupazione
1. Premessa
Con la piena adesione all’Unione
Economica e Monetaria Europea, la significativa riduzione delle
dinamiche inflazionistiche ed il contenimento della spesa pubblica, gli
obiettivi principali del Protocollo sulla politica dei redditi e
dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del
lavoro e sul sostegno al sistema produttivo del 23 luglio 1993 sono
stati in tutto o in parte conseguiti. Successivamente con il Patto del
Lavoro del settembre 1996 si è raggiunto un accordo tra Governo e parti
sociali volto al perseguimento di obiettivi di sviluppo e di promozione
adempiendo all’impegno di modificare il quadro normativo in materia di
gestione del mercato del lavoro e crisi occupazionali, in direzione di
un governo attivo delle dinamiche dell’occupazione.
Il modello e le procedure messi in atto
dal Protocollo del 23 Luglio 1993 hanno reso stabile e continuo il
confronto tra Governo, organizzazioni sindacali e associazioni datoriali.
La responsabilità dei comportamenti degli attori sociali derivata dal
Protocollo si è rivelata una condizione essenziale per garantire la
modernizzazione del Paese e per determinare il passaggio verso una
condizione economica che pone oggi l’Italia in condizione di maggiore
competitività nella sfida della globalizzazione, garantendo il
mantenimento di condizioni sociali adeguate.
Il Governo e le parti sociali nel mentre
ribadiscono l’importanza del modello, delle procedure e degli
indirizzi indicati nel Protocollo del 1993 sottolineano la necessità di
definire nella continuità e nel rispetto delle prerogative e dei
diritti costituzionalmente garantiti una nuova fase di concertazione
finalizzata a conseguire obiettivi di sviluppo economico e di crescita
occupazionale attraverso:
una politica dei redditi orientata alla
promozione dell’occupazione e all’allargamento della base
produttiva, mediante azioni di intervento coerenti a tutti i livelli di
governo (nazionale, regionale, locale);
un rafforzamento della concertazione ed
un assetto delle regole che assicuri l’autonomia e la responsabilità
alle parti sociali nonché garantisca meccanismi procedurali certi e
trasparenti;
un consolidamento del legame tra
variabili di carattere macro-economico, variabili di carattere
micro-economico, mercato del lavoro, al fine di garantire processi di
sviluppo e di promozione di nuova occupazione anche a livello locale.
Il Governo e le parti sociali sono
convinti della necessità di una strategia integrata tra politiche
macroeconomiche, politiche del mercato del lavoro, politiche
dell’occupazione, come già avvenuto in occasione del Patto del Lavoro
del settembre 1996. Governo e parti sociali ribadiscono l’obiettivo di
contenimento dell’inflazione e di controllo del deficit pubblico nel
rispetto dei criteri di convergenza determinati dalla partecipazione
all’Unione Economica e Monetaria Europea. La riduzione della
disoccupazione e la promozione dell’occupazione sono possibili solo in
presenza di sane politiche macroeconomiche che permettono una crescita
non inflazionistica capace di ampliare le opportunità di lavoro. Su
questo fronte, l’impegno del Governo è quello, nel definire gli
obiettivi di inflazione programmata, di riferirsi ai livelli medi dei
paesi dell’Euro.
Pertanto, viene confermato l’obiettivo
di garantire un maggior raccordo tra il livello centrale della politica
dei redditi ed il livello decentrato, al fine di accelerare il processo
di sviluppo e di creazione di occupazione, con priorità nel Mezzogiorno
e nelle aree deboli, e di evitare effetti destabilizzanti sulle
variabili macroeconomiche.
Ugualmente, si confermano le due sessioni
di politica dei redditi previste nel protocollo del 1993 nonché
l’impegno affiché esse si svolgano in tempi coerenti con i processi
decisionali della politica economica. L’adesione alla Unione Economica
e Monetaria Europea pone la politica dei redditi in rapporto con i
processi decisionali che avvengono a livello europeo. Tali processi non
riguardano solo le decisioni per il mantenimento delle condizioni di
convergenza macroeconomica ma si estendono anche, dopo le decisioni del
Consiglio Europeo Straordinario di Lussemburgo del novembre 1997, alle
politiche dell’occupazione e del lavoro. A tal fine nell’ambito
delle sessioni annuali di politica dei redditi, o anche prevedendo una
apposita sessione comunitaria sull’occupazione, saranno identificate
le politiche di intervento, gli effetti sull’occupazione e gli
stanziamenti di bilancio richiesti sulla base delle politiche indicate
nel Piano Nazionale d’Azione per l’occupazione. Le parti sociali
firmatarie del presente accordo, d’intesa con il Governo,
parteciperanno pienamente all’elaborazione di tale Piano, al
monitoraggio degli effetti conseguiti e alla sua implementazione per le
azioni che toccano direttamente la loro responsabilità.
Il contesto politico, economico e sociale
è peraltro oggi profondamente diverso da quello del 1993. Non solo
perché diversa è la situazione del Paese, caratterizzata oggi da un
quadro macroeconomico stabile e sano nei suoi elementi fondamentali. Ma
soprattutto perché diverse sono le prospettive del Paese dopo il
raggiungimento dell'obiettivo dell'Unione Monetaria Europea. Il
conseguimento di quell'obiettivo permette infatti di riproporre oggi il
tema di una iniziativa europea per l'occupazione che sfrutti i margini
di manovra disponibili a seguito del completamento dell'Unione Monetaria
e che attribuisca al lavoro una centralità pari a quella assunta negli
ultimi anni dal risanamento finanziario. Sotto questo profilo il recente
Consiglio europeo di Vienna ha rappresentato un significativo mutamento
nella qualità dell’impegno europeo nei confronti dello sviluppo e
dell’occupazione. In quella sede si sono, infatti, poste le basi per
un patto europeo per l’occupazione nel quadro del processo di
Lussemburgo. In questo ambito, il Governo italiano assumerà nei
prossimi mesi le iniziative opportune perché l'Unione Europea affronti
con decisione a livello sovranazionale la sfida imposta dalle nuove
relazioni internazionali e dalle nuove tecnologie.
A sua volta, un diverso atteggiamento
dell'Unione Europea nei confronti dei problemi del lavoro sarà
certamente reso più agevole dalla diffusione di modelli concertativi in
Europa e dall'adozione - a livello dell'Unione - di pratiche omogenee al
modello concertativo. Valga per tutte, oltre al definitivo accoglimento
nel Trattato di Amsterdam dell’Accordo sulla politica sociale, che
applica il metodo concertativo alle iniziative della Comunità in
materia sociale, la scelta del Consiglio Europeo straordinario del 21
novembre 1997 con la quale si è stabilito che - due volte l'anno - le
riunioni dei Consigli Europei siano precedute da incontri con le parti
sociali sui temi oggetto delle riunioni.
Un vantaggio decisivo per la
realizzazione degli obiettivi del nuovo patto è rappresentato dai primi
risultati già conseguiti e da quelli in via di conseguimento con la
profonda trasformazione della pubblica amministrazione avviata con le
recenti leggi di riforma. Il Governo, come parte contraente, manifesta
la ferma intenzione di proseguire nella direzione dell’ammodernamento,
della semplificazione e dell’innovazione organizzativa dell’attività
delle pubbliche amministrazioni. In particolare, il Governo intende
imprimere una forte accelerazione al lavoro di predisposizione dei
regolamenti di semplificazione di procedimenti amministrativi già
autorizzati dalle leggi 59 del 1997 e 191 del 1998 (dei 122 regolamenti
previsti, molti dei quali relativi ad attività economiche, 21 sono
stati approvati in via definitiva), e alla redazione dei regolamenti
previsti dalla "Bassanini quater" in corso di approvazione (61
nuovi regolamenti di semplificazione), anche attraverso una struttura
dedicata per la delegificazione, la semplificazione e la valutazione
dell’impatto della regolamentazione, istituita presso la Presidenza
del Consiglio. Il Governo intende, inoltre, assicurare un costante
impulso e monitoraggio delle misure di implementazione delle
semplificazioni, per esempio mediante programmi di formazione del
personale degli sportelli unici per le attività produttive (già
finanziati per la prima tranche di 49 mld.). Il Governo intende, infine,
agire in prospettiva lungo tre direttrici fondamentali: (i) il
proseguimento dell’azione di delegificazione, semplificazione e
razionalizzazione normativa e amministrativa anche attraverso la
riorganizzazione in testi unici della normativa vigente, (ii)
l’assunzione di iniziative per valutare e migliorare la qualità delle
regolamentazioni, per misurare le ricadute delle stesse sui cittadini e
sulle imprese e per analizzarne la fattibilità e la "copertura
amministrativa", (iii) il proseguimento ed il completamento della
riorganizzazione del sistema amministrativo, l’attuazione delle
riforme avviate in materia di federalismo amministrativo con la piena
attuazione del principio di sussidiarietà e di lavoro pubblico, il
potenziamento e l’attuazione dei programmi di informatizzazione e di
riqualificazione tecnica e professionale delle amministrazioni in modo
da realizzare un significativo miglioramento della qualità dei servizi
e delle prestazioni pubbliche. Tempi e modalità dell’azione del
Governo in questo campo sono indicati nell’All. 1.
Il patto sociale per lo sviluppo e
l’occupazione – con particolare attenzione alle pari opportunità -
disegna un percorso temporale che richiede, in ogni sua fase, il pieno
rispetto degli impegni assunti da tutte le parti firmatarie
sottoscrivendo il presente protocollo e gli allegati che ne
costituiscono parte integrante. Spetta al Governo, come garante del
patto, fare in maniera che tale coerenza di comportamenti si realizzi
per tutta la durata del presente accordo. Spetta al Governo, inoltre,
come parte firmataria, garantire il massimo coordinamento e l’unità
di azione dei diversi responsabili politici e dei diversi livelli di
governo. Spetta, invece, a questi ultimi prendere piena coscienza del
nuovo ruolo delle istituzioni regionali e locali ed assumere le
corrispondenti responsabilità. Al fine di ottemperare pienamente al
proprio ruolo, oltre alle procedure di verifica con le parti sociali di
cui oltre, il Governo istituirà presso la Presidenza del Consiglio una
sede formale di monitoraggio per controllare nel tempo, con puntualità
e regolarità, l'attuazione degli impegni assunti dal Governo stesso,
dai singoli Ministeri e dalle parti sociali firmatarie nel presente
documento e dei risultati del patto, in termini di occupazione e
accumulazione, distribuzione del reddito e competitività del sistema.
Alla luce di questa valutazione, il Governo si riserva di interrompere
il corso, di mutare l’intensità e/o la destinazione settoriale delle
politiche per lo sviluppo e l’occupazione, ed in particolare delle
misure di carattere contributivo e/o fiscale.
2. Il metodo della concertazione
Un’efficace politica dei redditi non può
essere disgiunta da un quadro stabile di concertazione. Il rafforzamento
e lo sviluppo anche a livello locale della concertazione sono necessari
sia per la crescita dell’occupazione sia per garantire il rispetto
dell’autonomia e l’esercizio della responsabilità che si esercitano
nel territorio in forma autonoma e con poteri crescenti.
La scelta concertativa espressa dal
Protocollo del 23 luglio 1993 deve divenire una forte procedura di
coinvolgimento volta a stabilizzare e potenziare le scelte di politica
economica e sociale. L’ingresso nella Unione Economica e Monetaria
Europea impone di individuare un assetto delle regole coerente,
trasparente e che offra certezza, anche sulla base dei processi
decisionali individuati nel quadro comunitario.
Ne consegue una struttura della
concertazione così delineata:
per le materie di politica sociale che
comportino un impegno di spesa a carico del bilancio dello Stato, il
Governo procederà ad un confronto preventivo con le parti sociali,
stabilendo anche termini temporali per la formulazione di valutazioni ed
eventuali proposte correttive;
per quanto attiene, invece, alle materie
che incidono direttamente sui rapporti tra imprese, loro dipendenti e le
rispettive organizzazioni di rappresentanza e non comportino un impegno
di spesa a carico del bilancio dello Stato, ovvero per le parti
normative di provvedimenti che, pur comportando indirettamente tali
impegni di spesa, riguardino le medesime materie, incluse le relative
discipline comunitarie, sarà definito un sistema di regole che indichi
un percorso temporalmente regolamentato, atto a sviluppare i rapporti
bilaterali delle parti sociali nella ricerca ed individuazione di
soluzioni coerenti con gli scopi e gli obiettivi della concertazione.
In particolare, sulle materie appena
richiamate:
il Governo avvierà un confronto
preventivo con le parti sociali sugli obiettivi generali
dell’intervento in oggetto. Sui contenuti di tale provvedimento e
sugli effetti di carattere sociale ed economico le parti sociali
esprimeranno le loro posizioni sul merito. Il Governo terrà conto delle
osservazioni pervenute, valuterà l’opportunità di procedere a tale
intervento e le soluzioni normative coerenti;
nella suddetta fase di confronto, le
parti sociali potranno decidere, di comune intesa, di disciplinare,
interamente o in parte, i contenuti dell’intervento attraverso un
accordo tra di loro. In tal caso, esse richiederanno al Governo di
fissare un termine prestabilito di durata ragionevole, entro cui le
parti potranno concluderlo;
in questo caso, ove l’accordo sia
concluso nei tempi prestabiliti e sia coerente con gli orientamenti
precedentemente espressi dal Governo ovvero si traduca in un patto
concertativo trilaterale, il Governo stesso si impegnerà a promuoverlo
e sostenerlo nelle sedi parlamentari, anche utilizzando forme di
consultazione permanente con le stesse parti.
L’assetto procedurale sopra indicato
deve ritenersi valido anche nell’ipotesi in cui l’iniziativa di
intervento nelle materie suddette sia esercitata congiuntamente dalle
parti sociali, previa fissazione degli obiettivi con il Governo.
La concertazione riguarderà anche la
trasposizione delle direttive comunitarie in relazione alle quali le
parti sociali hanno rilevanti responsabilità per espressa previsione
dell’Accordo sulla politica sociale, ora incorporato nel Trattato di
Amsterdam. Le intese tra le parti sociali costituiscono lo strumento
prioritario affinché Governo e Parlamento adempiano agli obblighi
comunitari, soprattutto in riferimento a direttive che siano state
emanate a seguito del dialogo sociale. Il Governo assicurerà alle
rappresentanze del mondo del lavoro e delle imprese che non prendono
parte al dialogo sociale a livello comunitario un’adeguata sede di
informazione e raccordo con gli svolgimenti del dialogo sociale
medesimo.
In ogni caso, nei rapporti con il
Parlamento, il Governo assicurerà una costante informazione e adeguate
forme di coinvolgimento delle rappresentanze parlamentari della
maggioranza e dell’opposizione in ogni fase della concertazione, in
modo tale da promuovere, nel rispetto delle prerogative del Parlamento,
la convergenza tra i risultati della concertazione e la produzione
legislativa
La concertazione dovrà essere estesa e
coinvolgere più direttamente Regioni, Province e Comuni. Il vasto
trasferimento di compiti e funzioni fino ad oggi esercitate dallo Stato,
trasferimento che assegna agli enti locali leve amministrative e risorse
cruciali per la concertazione territoriale (dal mercato del lavoro ai
settori produttivi ed alle politiche sociali, al territorio e
all’ambiente) necessita di adeguate forme di coordinamento con i
governi regionali e locali, in modo tale che gli accordi ci
concertazione impegnino anche i diversi livelli di governo e di
amministrazione interessati.
Di conseguenza, il Governo si impegna a
promuovere un apposito Protocollo, sottoscritto dalle istanze
rappresentative delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni e dalle
parti sociali, nel quale dovranno essere concordate le forme ed i modi
della partecipazione delle istituzioni regionali e locali alla
concertazione nazionale e all’attuazione, a livello locale, degli
obbiettivi del patto e degli impegni successivamente assunti in sede di
sede di concertazione nazionale nonché i principi e le materie della
concertazione territoriale negli ambiti di competenza dei governi
locali.
La concertazione dovrà essere
consolidata anche per politiche riguardanti specifici settori,
prevedendo eventualmente apposite sedi di approfondimento. Il Governo e
le parti sociali considerano di particolare importanza che il metodo
della concertazione si rafforzi nel campo dei servizi di pubblica utilità,
anche attraverso l’attivazione di sedi di confronto, regole e
istituzioni specifiche, in particolare laddove si registrano un tasso di
conflittualità elevato e forti esternalità verso il sistema economico
sociale.
Infine, sarà previsto che la
concertazione accompagni il processo di delegificazione e
semplificazione normativa attualmente in atto attraverso la costituzione
presso il Ministero del Lavoro di un comitato consultivo permanente per
seguire le fasi applicative della legislazione primaria e della
normativa secondaria in materia sociale e del lavoro.
Per rafforzare la concertazione come
metodo di condivisione di obiettivi, il Governo ritiene necessario dare
maggiore rilievo alle sedi di verifica, rispetto a quanto e’ avvenuto
nell’attuazione del protocollo del 23 luglio 1993, e in particolare
alla sessione di verifica preventiva prevista in primavera. La sessione
di primavera coincide con due rilevanti atti programmatici del Governo,
la presentazione del Documento di programmazione economico-finanziaria
al Parlamento e la presentazione del Piano nazionale d’azione per
l’occupazione all’Unione europea, secondo gli impegni presi dal
Consiglio di Lussemburgo sulla convergenza delle politiche
dell’occupazione in Europa. Nell’ambito di questa particolare
sessione, il Governo e le parti sociali valuteranno, tra l’altro, le
implicazioni dirette e indirette delle linee di azione concertate sulla
realizzazione di pari opportunità tra donne e uomini non solo nelle
occasioni di lavoro e di sviluppo professionale, ma anche di iniziativa
imprenditoriale. Nella sessione di settembre dovrebbero formare oggetto
di confronto le misure attuative degli obiettivi concordati da trasporre
nella legge finanziaria e negli altri atti della manovra di finanza
pubblica.
Nel quadro delle valutazioni comuni che
precedono e degli sviluppi del metodo concertativo sopra concordati, il
Governo e le parti sociali confermano l’assetto contrattuale previsto
nel Protocollo del 23 luglio 1993.
Nella sessione di verifica di primavera,
il Governo e le parti sociali effettueranno il relativo monitoraggio e
la verifica sulla evoluzione della competitività internazionale del
Paese, del volume degli investimenti, dello sviluppo dell’occupazione
e della salvaguardia del salario reale. In questo ambito sarà
costituita una specifica sede di monitoraggio fra Governo, parti
sociali, Regioni ed Enti locali sullo sviluppo del Mezzogiorno.
3. Le politiche per lo sviluppo e
l'occupazione
Il ruolo positivo che il Protocollo del
23 luglio 1993 ha avuto all'interno del processo di risanamento
dell'economia italiana è ormai ampiamente riconosciuto. Non altrettanto
positivo è stato invece il bilancio per quanto riguarda il rilancio
delle politiche di sviluppo e di crescita dell'occupazione. E ciò
nonostante gli obbiettivi dello sviluppo e dell’occupazione fossero
stati ritenuti centrali tanto nel Protocollo del 23 luglio 1993 quanto
nel successivo Patto per il lavoro del settembre 1996.
Da un lato, l’accumulazione di capitale
fisso è proseguita a ritmi non particolarmente sostenuti ed è stata in
particolare intesa ad incorporare nuova tecnologia piuttosto che ad
allargare la capacità produttiva. Dall’altro, l'assenza di
coordinamento tra dicasteri diversi, e tra questi e le istituzioni di
governo regionali e locali, la presenza di meccanismi procedurali
farraginosi e l’insufficiente attenzione posta al miglioramento di
efficienza delle Pubbliche amministrazioni hanno impedito a lungo
l'attuazione degli interventi programmati ed hanno concorso a renderli
scarsamente efficaci, penalizzando in primo luogo il Mezzogiorno.
Penalizzando cioè l'area che nei prossimi anni - segnati dal processo
di integrazione europea - può rivelarsi un volano di crescita per tutto
il Paese purché lo Stato sappia e voglia fare la sua parte per
rilanciare una prospettiva di sviluppo sostenibile.
Anche per ovviare a queste carenze, nel
giugno 1998, sono stati istituiti quattro gruppi di lavoro - allargati
ai rappresentanti degli Enti locali - con il compito di (i) verificare
il sistema degli incentivi e delle convenienze valutandone l'efficacia e
avanzando proposte di eventuali adeguamenti, (ii) semplificare le
procedure autorizzative in relazione alla erogazione degli incentivi,
alle infrastrutture ed alla realizzazione di nuove attività produttive,
(iii) valutare gli strumenti messi in campo per il lavoro, con
particolare riferimento alle iniziative per l'emersione ed ai lavori
socialmente utili, (iv) individuare i punti di raccordo fra le
amministrazioni per consentire l'accelerazione ed il miglioramento delle
procedure necessarie alla piena utilizzazione dei fondi strutturali
europei. Anche sulla base del lavoro svolto dai tavoli quadrangolari, il
Governo si è impegnato e si impegna a rafforzare l’iniziativa per il
rilancio dello sviluppo e dell’occupazione.
In primo luogo, ci si è mossi in questa
direzione introducendo, nel disegno di legge finanziaria e nei
provvedimenti collegati, ipotesi normative coerenti con gli obbiettivi
sopra indicati ed utili al fine di garantirne il raggiungimento. Alcuni
interventi riguardano l’area dell’investimento diretto pubblico -
associato alla canalizzazione di capitali privati - e la realizzazione
di infrastrutture, materiali ed immateriali. Sotto questo profilo il
disegno di legge collegato alla finanziaria contenente disposizioni in
materia di "investimenti, incentivi all'occupazione, Inail, Enpals
e materia previdenziale" prevede importanti norme relative (i)
all'attività di progettazione preliminare sia delle opere a cura delle
Amministrazioni statali che di quelle a cura delle Amministrazioni
regionali e locali, (ii) alle attività di programmazione, valutazione e
monitoraggio degli investimenti pubblici, (iii) alla risoluzione di
alcune criticità inerenti l'attuazione del decreto "sblocca-cantieri",
da un lato, ed alcuni aspetti giurisdizionali in materia di opere
pubbliche, dall'altro. Lo stesso disegno di legge individua, inoltre,
particolari norme procedurali per l'autostrada Salerno-Reggio Calabria e
per la cosiddetta Pedemontana Veneta ed apre così la strada
all'adozione di procedure ulteriormente semplificate per un numero
limitato e selezionato di opere di interesse nazionale in settori
strategici. Al fine di rafforzare e accelerare il ciclo di
programmazione di nuove opere sono state destinate risorse per le aree
depresse - specificamente alla realizzazione di studi di fattibilità
– così da creare un parco progetti sui quali orientare rapidamente
gli investimenti. Al tempo stesso, si è avviata – sempre con risorse
destinate specificamente alle aree depresse - una selezione di progetti
già disponibili al fine di avviare sia dall’aprile 1999 il
completamento di opere sinora non funzionali.
Al fine di garantire, attraverso
incentivi, forme di compensazione degli svantaggi di minore produttività
e di maggiore costo del capitale, la legge finanziaria per il 1999
prevede, infatti, la proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali
per il Mezzogiorno per il 2000 e 2001, a seguito di un nuovo accordo
raggiunto con la Commissione. La stessa legge prevede, inoltre, sgravi
contributivi triennali per i nuovi assunti – incrementali rispetto ai
dipendenti a tempo indeterminato preesistenti negli organici delle
singole aziende (ivi inclusi i nuovi soci lavoratori) – nel
Mezzogiorno e per i giovani che avviino un'attività di lavoro autonomo
e l'introduzione di un credito d'imposta di 1 milione per ogni
lavoratore nuovo assunto a tempo indeterminato nelle zone
"cuscinetto".
Sempre nei disegni di legge collegati
alla finanziaria hanno trovato posto, inoltre, alcuni interventi
rilevanti in materia di politiche per il lavoro, fra cui (i) i
provvedimenti in tema di emersione, (ii) la delega al Governo per il
riordino degli incentivi all'occupazione, (iii) la delega al Governo per
la riforma degli ammortizzatori sociali, (iv) la delega la Governo
relativa al riordino della tematica dei lavori socialmente utili. A
questi interventi si aggiunge, la delega al Governo per la ridefinizione
dell’assetto normativo della materia dell’assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali. In questo campo,
l'impegno del Governo e di tutte le parti firmatarie sarà inteso –
nel rispetto del metodo della concertazione - a garantire l'esercizio di
tutte le predette deleghe.
A seguito degli emendamenti introdotti
dal voto parlamentare per ottemperare alla normativa europea, le norme
previste dalla legge finanziaria per il 1999 a sostegno della pratica
dei contratti di riallineamento per l’emersione dal lavoro nero
risultano inadeguate e insufficienti rispetto agli impegni
precedentemente assunti. Perciò il Governo si impegna ad avviare
immediatamente le necessarie interlocuzioni con l’Unione europea al
fine di superare ogni obiezione alla concessione di benefici
contributivi previsti dalla finanziaria anche alle imprese che abbiano
praticato il percorso di emersione. In caso ciò non si renda possibile,
il Governo è comunque impegnato a concertare con le parti sociali altre
forme possibili di sostegno tali da ripristinare condizioni di effettiva
convenienza.
Nel campo dell'intervento pubblico per la
promozione di iniziative a sostegno dello sviluppo locale, delle
aggregazioni economiche e produttive e degli accordi fra soggetti
privati ed amministrazioni locali attraverso l’attivazione degli
strumenti esistenti della programmazione negoziata, il Governo ha
operato per attuare gli impegni assunti nel Patto per il lavoro del 1996
e le sue successive verifiche e nel Documento di programmazione
economico-finanziaria. Per quanto riguarda i patti territoriali, è
stata data una prima attuazione ai 12 patti già approvati, è stato
costruito un bando di gara (ancora assai parziale nel merito dei
criteri) per la selezione trasparente e programmatica dei nuovi patti da
finanziare, è stato approvato dalla Commissione europea il Programma
multiregionale "patti per l’occupazione" con altri 9 patti
territoriali. Per quanto riguarda i contratti d’area, ne sono stati
sottoscritti 7. Per altri è in corso la procedura di valutazione. Per
quanto riguarda i contratti di programma sono stati chiusi alcuni vecchi
contratti e si è proceduto a recuperare il ritardo nelle erogazioni.
Questi primi risultati positivi andranno rafforzati (i) da una sede
permanente di concertazione con le parti economiche e sociali che,
avvalendosi anche di un monitoraggio sullo stato di avanzamento delle
iniziative, affronti le priorità programmatiche nell’attuazione di
questi strumenti, (ii) da ulteriori semplificazioni e da un
miglioramento qualitativo delle procedure, (iii) dall’adozione di
criteri di valutazione ex-ante dei progetti che consenta un
miglioramento della qualità dei bandi di gara.
A quanto ottenuto in queste due direzioni
di intervento, va aggiunto il riordino delle strutture con compiti di
promozione e di sostegno al sistema produttivo nazionale e l'istituzione
della società "Sviluppo Italia" con funzioni di
coordinamento, di riordino, di indirizzo e di controllo delle attività
di promozione dello sviluppo imprenditoriale e dell'occupazione. Il
Governo si impegna a rispettare ed a far rispettare le scadenze indicate
nel Decreto legislativo relative alla costituzione di Sviluppo Italia
spa ed al completamento delle attività di riordino.
Tutto ciò premesso, il Governo riconosce
come gli impegni assunti nell'ambito del Patto per il lavoro siano, in
parte, ancora inevasi e ritiene quindi, in primo luogo, di doverne
garantire il pieno rispetto, ponendo in essere le necessarie condizioni,
laddove queste ancora manchino, o rivedendone il contenuto – nel
rispetto del metodo della concertazione - , laddove esse si siano
dimostrate inefficaci. Ciò attiene tanto alle modalità dell'intervento
pubblico, in particolare nel Mezzogiorno, quanto alla evoluzione delle
politiche del lavoro.
Nel campo degli investimenti pubblici,
l'impegno del Governo è diretto, in primo luogo e per la sua parte,
all’approvazione delle intese istituzionali di programma, e cioè
dello strumento attraverso cui le scelte di investimento pubblico
possono essere rese più aderenti ai fabbisogni del territorio e quindi
accelerate. Si prevede, in particolare, (i) l’approvazione - entro il
15 febbraio 1999 - delle intese istituzionali di programma e dei primi,
relativi, Accordi quadro con le Regioni Lombardia, Toscana, Umbria,
Marche e Sardegna, (ii) l’approvazione – entro il 30 aprile 1999 –
delle intese istituzionali di programma con le restanti sette Regioni
meridionali, e (iii) nello stesso periodo, l’avvio e lo sviluppo del
confronto per la definizione delle intese istituzionali di programma con
le restanti regioni. Il conseguimento di tali obbiettivi è subordinato
alla rapida attuazione da parte delle singole Regioni degli adempimenti
procedurali individuati nel corso della negoziazione con il Governo e
necessita del rafforzamento da parte di ogni Regione di tavoli di
confronto con le forze sociali.
Sempre nel campo degli investimenti
pubblici, il Governo si impegna, inoltre, (i) ad identificare,
all’interno delle intese istituzionali di programma, le specifiche
opere di completamento e ad allocare – entro il 30 aprile 1999 – le
risorse finanziarie di competenza e di cassa ex l. 208/1998 di cui alla
delibera Cipe del 9 luglio 1998, con priorità per quelle del cd.
decreto sblocca-cantieri collocate nelle aree depresse, (ii) ad
accelerare l’attuazione del ciclo di programmazione dei fondi
strutturali comunitari 1994-1999 al fine di centrare l’obbiettivo di
almeno il 70 per cento dei fondi erogati entro il 1999 nelle aree
dell’obbiettivo 1, e (iii) a concludere - entro il luglio 1999 - con
la presentazione della documentazione alla Commissione la prima fase del
processo di programmazione per il ciclo di investimenti pubblici da
realizzare con i fondi comunitari 2000-2006, secondo le linee descritte
nell'All. 2. A tal fine, il Governo si impegna ad attuare, per la sua
parte, con celerità gli impegni di cui all’All. 2 e, in particolare a
realizzare una sede permanente di partenariato con le parti sociali in
tema di programmazione e monitoraggio dei fondi strutturali comunitari
che sia caratterizzata da operatività e responsabilità delle parti.
Occorrerà, infine, completare il quadro normativo introdotto dalla
legge "Merloni-ter" per il finanziamento su base project
financing ed accelerarne l’applicazione attraverso una rapida
emanazione del relativo regolamento.
Nel campo della promozione
imprenditoriale, l'impegno è quello di una revisione - in sede
amministrativa ed entro il gennaio 1999 - delle procedure della
programmazione negoziata al fine di accelerare i tempi di approvazione e
finanziamento, le modalità di erogazione e la qualificazione delle
iniziative. Nello stesso intervallo temporale saranno attivati i
contratti di programma per distretto economico e produttivo ed attivate
le modifiche imposte ai contratti di programma dall’elevata
obsolescenza degli impianti.
Nel campo delle politiche del lavoro, il
Governo considera essenziale pervenire all’effettiva attuazione della
riforma dei servizi per l’impiego entro il primo semestre 1999. A tal
fine si impegna a realizzare le misure di sua competenza diretta nonché,
in accordo con le Regioni, a porre in atto tutte le iniziative
necessarie per l’operatività della riforma. Saranno inoltre assunte
le opportune sollecitazioni perché, in ogni caso, nei termini previsti
i cittadini possano usufruire nel territorio di adeguati servizi per
l’impiego.
Istruzione, formazione e ricerca. Rimane
peraltro evidente che i ritardi, le contraddizioni e le inerzie
nell'attuazione del Protocollo del 23 luglio 1993 e del Patto per il
lavoro del settembre 1996 hanno riguardato, in particolare, i temi -
fondamentali per il futuro dell'economia e della società italiana -
della scuola, della formazione e della ricerca.
Un modello sociale equilibrato e una
capacità competitiva elevata nel nuovo contesto europeo e
internazionale si basano su un crescente ruolo della creazione e
diffusione di conoscenza, e, quindi, sul ruolo del sistema di
istruzione, formazione e ricerca. Il ritardo accumulato dal nostro Paese
(e, sia pure in misura diversa, in Europa) in questi campi è
particolarmente grave e rischia di minacciare la collocazione
dell’Italia e dell’Europa stessa nell’economia mondiale.
Il Governo conferma come suo impegno
fondamentale l’organizzazione di un’offerta integrata di istruzione,
formazione, ricerca e trasferimento tecnologico. Lo sforzo programmatico
non può però fermarsi alle previsioni normative. Nel settore
dell’istruzione, della formazione e della ricerca è necessario
proseguire nel riequilibrio tendenziale del rapporto fra spesa pubblica
e PIL, già avviato con la Legge finanziaria per il 1999, nonché della
composizione interna di detto rapporto verso i livelli medi europei. Il
Governo si impegna a presentare prima del Documento di Programmazione
Economico-finanziaria 2000-2002 un Piano pluriennale (Master Plan) delle
attività, dei tempi e delle risorse necessarie a realizzare gli
obiettivi di riforma e modernizzazione del sistema dell’istruzione,
della formazione professionale e della ricerca, in una logica di
sviluppo e di governo integrato del sistema. Al fine di assicurare il
costante coordinamento delle iniziative volte alla realizzazione di tali
obbiettivi, sarà istituito presso la Presidenza del Consiglio – entro
il gennaio del 1999 – un comitato con la partecipazione dei Ministeri
interessati, della Conferenza Stato-Regioni e delle parti sociali.
Comitati con le stesse finalità saranno istituiti a livello regionale.
La formazione (non solo quella
professionale, ma quella che altrove è nota come education) occupa un
posto centrale nella ridefinizione dei meccanismi di welfare. Solo
attraverso un investimento in questo campo si può passare dalla
redistribuzione della ricchezza esistente alla produzione di nuova
ricchezza. Tale formazione deve avere caratteristiche di flessibilità e
deve essere in grado di fornire a tutti i giovani quelle conoscenze,
competenze e capacità che sono indispensabili in un mercato del lavoro
e in un sistema produttivo in incessante trasformazione. Ciò significa
una durata del percorso scolastico e formativo che sia, in linea di
principio, uguale per tutti e che consenta a tutti i giovani di 18 anni
di conseguire un diploma di scuola secondaria o la certificazione delle
competenze corrispondenti alle professionalità richieste dal mercato
del lavoro. E che sia, contemporaneamente, garante delle possibilità di
rapide riconversioni professionali. E’ ormai condiviso, infatti, che
solo una formazione di base ampia ed articolata (e comunque
quantitativamente e qualitativamente maggiore dell’attuale obbligo)
consente di realizzare senza danni per il lavoratore e senza costi per
il sistema Paese quei processi di mobilità professionale (ed
eventualmente territoriale) che sono e saranno sempre più frequenti
A tal fine, il Governo si impegna ad
attuare gli interventi in grado di riformare la scuola sui seguenti
versanti: (i) completamento dell’autonomia scolastica introdotta con
l’art. 21 della legge 59/97 mediante i regolamenti attuativi ancora
occorrenti, (ii) definizione di un sistema nazionale di valutazione,
autonomo e indipendente rispetto all’Amministrazione, (iii)
approvazione in via definitiva del disegno di legge sull’elevamento
dell’obbligo scolastico nella prospettiva dell’elevamento della
durata dell’obbligo a 10 anni e dell’introduzione dell’obbligo
formativo a 18, (iv) rapida ridefinizione, alla luce anche delle nuove
norme sull’obbligo, del disegno di legge sul riordino dei cicli
scolastici, (v) impegno per una efficace e innovativa azione per il
diritto allo studio dei giovani studenti e degli adulti in condizioni
svantaggiate.
Il Governo intende dare piena attuazione
e sviluppare le scelte contenute nell’Accordo per il lavoro del 24
settembre ’96. In questo quadro, al fine di potenziare la crescita
culturale e professionale dei giovani, si impegna a istituire, con una
norma da inserire nel collegato alla legge finanziaria per il 1999
recante misure in tema di "investimenti, incentivi all'occupazione,
Inail, Enpals e materia previdenziale" l’obbligo di frequenza ad
attività formative fino a 18 anni. Le competenze acquisite mediante la
partecipazione ad attività formative saranno certificate e avranno
valore di crediti formativi, secondo quanto previsto dal Regolamento
attuativo della l. 196/97. Il Governo, d’intesa con la Conferenza
unificata Stato-Regioni-Autonomie locali e le parti sociali, provvederà
a definire con gli opportuni provvedimenti normativi, prima del Dpef
2000-2002, tempi e modalità dell’attuazione dell’obbligo di
frequenza, nonché del suo raccordo con l’obbligo di istruzione.
Con l’istituzione dell’obbligo di
frequenza ad attività formative a 18 anni, il Governo e le parti
sociali intendono realizzare una riforma dell’offerta formativa,
ovvero dell’intero sistema di istruzione e formazione, in grado di
interpretare le nuove domande di formazione di qualità già presenti
nelle nuove realtà del lavoro; di rispondere alle domande di senso dei
giovani per una formazione civile e il conseguimento di competenze
professionali spendibili sul mercato del lavoro. Il Governo si propone
di incrementare sensibilmente il numero di diplomati, di contrastare e
ridurre i fenomeni di abbandono e dispersione scolastica, di aumentare
le opportunità formative per i giovani di ogni condizione sociale.
La formazione per gli apprendisti sarà
intensificata ed estesa. Per la realizzazione di questo obiettivo
Governo, Regioni ed Enti locali assicureranno la necessaria offerta
formativa da parte delle strutture della formazione professionale e
della scuola, integrate tra loro.
Il Governo concorda sulla necessità di
estendere i tirocini formativi in tutti i percorsi di istruzione e
formazione, come strumento indispensabile di raccordo tra formazione e
lavoro, secondo le modalità stabilite dall’art. 18 della l. 196/97 e
relativo decreto attuativo (progetti formativi concordati tra strutture
formative e aziende, tutoraggio, coinvolgimento di istituzioni e parti
sociali).
I lavoratori ad alta qualificazione
rappresentano in tutti i paesi più sviluppati una parte crescente, per
dimensione e per ruolo, del mondo produttivo e dei servizi, coinvolta in
rapidi e profondi mutamenti dei profili e dei contenuti professionali.
Il Governo ritiene che l'offerta formativa destinata ai giovani e ai
lavoratori, occupati e non occupati, deve quindi riqualificarsi e
ampliarsi su due versanti, sulla base di orientamenti ed esperienze
consolidate in ambito europeo ed internazionale: (i) pieno
coinvolgimento del sistema universitario e (ii) costruzione di un
sistema di Formazione superiore Integrata (FIS) e, al suo interno, del
nuovo canale di Istruzione e Formazione tecnico-superiore (IFTS).
Il Governo si impegna, nel campo
dell’alta formazione universitaria, a ricercare tutte le forme e gli
strumenti capaci di elevare la partecipazione all’istruzione
universitaria, contenere la durata dei corsi di diploma e di laurea,
contrastare l’alto tasso di dispersione, superare la crescente
discriminazione sociale negli accessi, aprire l’Università al
territorio e assicurare la coerenza dei corsi di studio con le esigenze
di nuove professionalità emergenti dal tessuto economico-produttivo e
sociale del paese. Su tali temi, il Governo conferma le modalità di
concertazione con le parti sociali e l’esperienza del tavolo
quadrangolare.
Il Governo procederà in tempi rapidi
alla costituzione della Fondazione per la formazione continua, secondo
le modalità definite dal Regolamento di attuazione della L. 196/97. La
Fondazione sosterrà la realizzazione di interventi di formazione
continua, previsti da piani formativi aziendali e territoriali
concordati tra le parti sociali, che saranno rivolti, oltre che ai
lavoratori dipendenti – operai, impiegati, quadri e dirigenti – e ai
soci lavoratori delle imprese cooperative, e - con risorse specifiche -
ai piccoli imprenditori, ai titolari soci e coadiuvanti delle imprese
artigiane, del commercio e dei servizi. Il Governo si impegna a
presentare, entro il mese di gennaio 1999, d’intesa con le Regioni e
le parti sociali, il piano di ripartizione delle risorse, stanziate
nella legge finanziaria per il 1999 per la formazione, tra gli
interventi di formazione continua, l’apprendistato, e gli eventuali
altri capitoli della formazione professionale.
Il Governo intende sollecitare le parti
sociali a concordare meccanismi contrattuali che finalizzino quote di
riduzione di orario alla formazione dei lavoratori, attraverso
l’utilizzo delle 150 ore, l’utilizzo delle banche ore annuali
previste dai CCNL, e ulteriori strumenti per consentire ai lavoratori di
accedere pienamente alle attività di formazione continua e di
educazione degli adulti. Il Governo impegnerà una parte delle risorse
del Fondo per la riduzione degli orari per sostenere gli strumenti
contrattuali individuati dalle parti sociali che finalizzino quote di
riduzione di orario alla formazione continua dei lavoratori.
Il Governo, le Regioni e gli Enti locali
si impegnano a riservare quote definite di risorse pubbliche alla
formazione dei lavoratori per ogni progetto di intervento pubblico, in
particolare nei patti territoriali, nei contratti d’area, nei
contratti di programma di distretto. Ciò servirà a sostenere patti
formativi locali tra istituzioni e parti sociali, finalizzati alla
professionalizzazione e all’occupabilità dei lavoratori, sia in
funzione della creazione di impresa che dell’inserimento nelle
strutture produttive esistenti.
Il Governo intende connettere fortemente
e rendere coerenti le scelte indicate precedentemente per la formazione
integrata con le politiche attive del lavoro. Attraverso il
riorientamento delle risorse, il consolidamento della collaborazione con
Regioni e Enti locali, la concertazione con le parti sociali, il Governo
intende realizzare il decentramento disegnato con il decreto legislativo
469/97, e assicurare standards minimi di qualità dei servizi
all’impiego, in linea con le migliori pratiche a livello comunitario.
Il Governo, infine, si impegna a
realizzare rapidamente tutte le misure necessarie a: (i) elevare la
qualità dei sistemi formativi, a partire dalla ristrutturazione degli
Enti di formazione, (ii) raccordare l’attività dei nuovi servizi per
l’impiego con gli interventi formativi, (iii) consolidare il ruolo
nevralgico delle Regioni e degli Enti locali per la programmazione
dell’offerta formativa, (iv) costituire e rafforzare, a livello
nazionale e decentrato, le sedi della concertazione tra istituzioni e
parti sociali sulle politiche formative e sulla loro integrazione con
quelle dell’istruzione e dell’Università, (v) incrementare la
percentuale del FSE impegnata nella programmazione per gli anni 2000 –
2006, tenendo conto della proposta comunitaria di riforma del FSE, (vi)
promuovere un’offerta formativa qualificata per la valorizzazione dei
beni culturali, (vii) riqualificare l’edilizia scolastica pubblica, in
particolare nelle aree di maggiore sofferenza, e sviluppare l’edilizia
universitaria.
Per fare in modo che la scienza, la
tecnologia, la disponibilità di risorse umane qualificate possano
costituire elemento decisivo per lo sviluppo, la competitività e la
modernizzazione del Paese, occorre puntare ad una significativa
qualificazione della domanda e dell’offerta di ricerca. In
particolare, il Governo si impegna a (i) attivare immediatamente gli
organismi di coordinamento, programmazione e valutazione della politica
nazionale della ricerca previsti dal recente decreto legislativo n.
204/98, (ii) razionalizzare il sistema pubblico della ricerca, (iii)
rivedere, integrare e coordinare gli strumenti di intervento a sostegno
della ricerca nei diversi settori economici, (iv) favorire
l’internazionalizzazione delle iniziative di ricerca imprenditoriali.
Le esigenze di riorganizzazione e di
ristrutturazione del sistema scolastico, della formazione professionale,
dell’università e della ricerca – riconosciute dal Governo e dalle
parti sociali – sono elencate in dettaglio, accanto agli impegni che
ne derivano tanto per il Governo quanto per le parti sociali, nell’All.
4.
I processi di riforma amministrativa in
atto, la semplificazione dei procedimenti e l’innesto nel settore
pubblico di strumenti gestionali propri del settore privato creano le
premesse per migliorare i livelli di efficienza e per far assumere alle
amministrazioni pubbliche, statali e locali, un ruolo di promozione
dello sviluppo e dell’occupazione. Il Governo intende accompagnare il
processo di riforma amministrativa con interventi per la valorizzazione
e la riqualificazione delle risorse umane, rientranti in più vasti
programmi formativi e di assistenza che favoriscano la diffusione delle
esperienze di eccellenza e l’introduzione, anche in via sperimentale,
di sistemi e procedure di funzionamento innovative, dando esecuzione
all’impegno assunto nel Protocollo sul lavoro pubblico del marzo 1997,
di incrementare progressivamente le risorse destinate alla formazione
dei dipendenti nei bilanci delle Amministrazioni pubbliche, fino a
giungere, nel triennio, alla soglia dell’1 per cento del monte salari
del settore pubblico. Il Governo si impegna a presentare alle parti
sociali entro il mese di aprile 1999 un piano straordinario sulla
formazione del settore pubblico che raccolga le varie proposte e linee
programmatiche, e a procedere al riordino del settore anche con
l’attuazione della delega relativa e con la riorganizzazione della
Scuola superiore di Pubblica amministrazione. In questo quadro, il
Governo si impegna a dare attivazione immediata ai progetti previsti e
finanziati nella programmazione pluriennale straordinaria del
Dipartimento della Funzione Pubblica e coordinati dal Formez, di cui
all’All. 4.
Gli oneri contributivi e fiscali. Tanto
il lavoro quanto le imprese scontano oggi le conseguenze negative dei
vincoli derivanti da un carico contributivo complesso, da un lato, e da
un carico legislativo ed amministrativo, dall'altro, fuori linea
rispetto alla media europea.
Sul fronte dei vincoli di carattere
amministrativo connessi alla incentivazione di investimenti produttivi,
- oltre a quanto già detto - l’attenzione riservata alle procedure
amministrative consentirà in tempi brevi di attivare una mole
consistente di investimenti: gli impegni prevedibili nel primo trimestre
1999 assommeranno a ca. 6.000 mld. e consentiranno di attivare
investimenti per ca. 20.000 mld. Il Governo è impegnato a dare piena
attuazione alla riforma del sistema di incentivazione pubblica agli
investimenti di cui al d. lgs. 123/1998. E’ intenzione del Governo
assicurare la stabilità delle condizioni incentivanti alimentando –
con periodicità e ripetitività - lo strumento agevolativo dato dalla
l. 488/1992 che – entro il primo trimestre 1999 – dovrebbe essere
esteso al settore del turismo e – entro il 1999 – al settore del
commercio. Nel campo del vincoli amministrativi, l'impegno primario del
Governo riguarda, inoltre, la concreta attuazione - e quindi anche il
relativo finanziamento ove occorre e, in particolare, nel Mezzogiorno-
dello sportello unico delle attività produttive (di cui all’All. 1, 4
e, per alcuni provvedimenti minori, all’All. 5).
L’azione del Governo ha già
recentemente affrontato anche gli aspetti contributivi. Da un lato la
legge finanziaria ha previsto la eliminazione degli oneri impropri che
gravano sul costo del lavoro pervenendo ad una riduzione complessiva è
pari allo 0,82 per cento. Dall'altro lato, il regolamento governativo
sugli insediamenti produttivi ha unificato i vari procedimenti
amministrativi in uno solo, istituendo lo sportello unico delle attività
produttive, in modo da consentire all'impresa di avere un unico
interlocutore cui rivolgersi per ottenere le autorizzazioni alla
localizzazione, realizzazione, ampliamento, ristrutturazione e
riconversione di impianti produttivi e tempi di rilascio certi e
notevolmente più brevi rispetto all'esistente. Ancor più recentemente,
è stata varata la riforma della normativa sui centri di assistenza
fiscale per le imprese.
Ulteriori provvedimenti nelle direzioni
accennate appaiono possibili ed urgenti. Alla luce della legge 626/94,
il Governo e le parti sociali firmatarie si impegnano, in primo luogo, a
rivedere i premi pagati dalle imprese all'Istituto Nazionale per gli
Infortuni sul Lavoro anche riconsiderandone gli aspetti settoriali e
gestionali .
Sul fronte del carico contributivo -
premesso che tanto il Governo quanto le parti sociali firmatarie
ritengono che in prospettiva vada ridotta la dispersione implicita
nell'attuale struttura delle aliquote contributive e delle basi
imponibili - la riduzione ulteriore degli oneri sulle retribuzioni
richiede che si prenda in considerazione una riduzione del carico
contributivo equivalente in tutti i settori dell’economia. In
particolare, il Governo e le parti sociali firmatarie concordano sulla
opportunità che, con la necessaria gradualità, la riduzione del carico
contributivo si realizzi attraverso lo spostamento sulla fiscalità
generale di funzioni che afferiscono alla cittadinanza sociale, a
partire dalle garanzie di reddito in caso di maternità (rapportate alla
retribuzione in godimento) e per seguire con gli assegni al nucleo
familiare. La revisione del suddetto istituto dovrà avvenire nel
rispetto delle prestazioni oggi assicurate ai lavoratori dipendenti e
nel rispetto delle funzioni redistributive da esse esercitate. I
provvedimenti attuativi saranno opportunamente concordati con le parti
sociali.
Il Governo si impegna ad attuare –
nell’ordine sopra indicato - questo proposito anche emendando
opportunamente il disegno di legge collegato alla finanziaria contenente
disposizioni in materia di "investimenti, incentivi
all'occupazione, Inail, Enpals e materia previdenziale". Il Governo
si impegna altresì all’attuazione dell’art. 2 del decreto legge
67/1997 convertito con l. 135/97. E’ intenzione del Governo fare
ricorso, a questo proposito, alle risorse derivanti dall’applicazione
dell’art. 8 del disegno di legge collegato alla finanziaria recante
disposizioni in materia di "stabilizzazione della finanza
pubblica".
Il processo di risanamento della finanza
pubblica ha contribuito a far sì che in passato tanto le scelte
lavorative quanto quelle imprenditoriali non trovassero incentivi
adeguati nella struttura del sistema fiscale. Anche sotto questo profilo
i progressi dell'azione di Governo sono stati rilevanti. La recente
riforma fiscale italiana costituisce una riforma strutturale di grande
rilievo che va nella giusta direzione, come riconosciuto anche in sede
internazionale. Essa ha consentito: (i) una rilevante semplificazione; (ii)
una maggiore neutralità; (iii) l’avvio della riduzione del carico
fiscale delle imprese. La Dit consente la graduale riduzione del
prelievo sugli utili dal 37 al 27 per cento in circa dieci anni – e
quindi al ritmo di un punto percentuale circa all’anno - anche in
presenza di un mix di finanziamento invariato rispetto al passato
(ovvero in assenza di aumenti del capitale sociale). Un incentivo
ulteriore è previsto nella legge finanziaria per il 1999 la quale
prevede che la Dit sia potenziata, il che, a sua volta, consente una
rapida riduzione dell'incidenza media effettiva dell'Irpeg, valutabile
in circa un punto percentuale all'anno. Nel disegno di legge collegato
alla finanziaria recante disposizioni in materia di "perequazione,
razionalizzazione e federalismo fiscale", art. 2, una norma di
delega provvede infine alla eliminazione degli effetti distorsivi della
progressività del prelievo Irpef sul reddito d'impresa delle ditte
individuali e delle società di persone, rispetto alle società di
capitali.
Nel nuovo contesto dell’Unione
monetaria sarà inevitabile una graduale convergenza dei sistemi fiscali
degli Stati membri. Le parti convengono sul fatto che un certo grado di
concorrenza fiscale può risultare opportuno in quanto elemento di
flessibilità per l’evoluzione delle legislazioni nazionali. Tuttavia
sono anche consapevoli che la concorrenza fiscale dannosa rappresenta
una distorsione grave alla concorrenza soprattutto per Paesi, come
l’Italia, che presentano un maggior grado di rigidità del bilancio
pubblico a causa dell’elevato indebitamento passato; una certa
convergenza fiscale in Europa rappresenta un interesse fondamentale per
il Paese. Per queste ragioni si ritiene valido il cosiddetto pacchetto
Monti. In prospettiva diverrà necessaria una convergenza dei regimi di
tassazione delle imprese, pur mantenendo un certo grado di concorrenza
fiscale tra gli stati. Si ritiene quindi utile la proposta di stabilire
un regime comune di definizione della base imponibile che le imprese
possano adottare in alternativa a quelli nazionali, mantenendo la
fissazione delle aliquote in capo agli Stati membri.
Le parti convengono altresì nel
riconoscere che l’evasione fiscale rappresenta tuttora una grave
questione nazionale che va affrontata con determinazione. L’evasione
costituisce non solo un problema di equità, ma soprattutto un problema
di efficienza economica e di alterazione delle condizioni di
concorrenza, particolarmente dannose ai fini della competitività
complessiva del Paese. Si conviene quindi sulla necessità di
contrastarla, con impegno deciso e fattivo da parte del mondo delle
imprese. Il Governo, da parte sua, è impegnato a dare attuazione alla
restituzione dei proventi della lotta all’evasione sotto forma di
riduzione delle imposte dirette, secondo quanto previsto dalla norma
contenuta nel collegato alla legge finanziaria per il 1999. Pur
valutando positivamente i risultati finora raggiunti, si ritiene che la
svolta decisiva possa avvenire sia con l’introduzione a regime degli
studi di settore sia, soprattutto, con la riforma del Ministero delle
finanze secondo linee di indirizzo che prevedono la riorganizzazione
dell’amministrazione finanziaria anche attraverso agenzie.
Le parti convengono, infine, sulla
opportunità di un rafforzamento della Dit, attraverso una accelerazione
della crescita della base verso l’intero patrimonio netto. In
particolare le parti concordano sull’opportunità di favorire, con un
provvedimento temporaneo, gli investimenti in macchinari e impianti.
E', infine, intenzione del Governo
valutare i tempi ed i modi di attuazione di provvedimenti settoriali di
rilancio, con particolare riferimento al settore del commercio.
Sul fronte degli incentivi al lavoro si
conviene sull’importanza di ridurre il cuneo fiscale, operando
prioritariamente sulla riduzione dell’aliquota del secondo scaglione
dell’Irpef e sulle detrazioni sul lavoro, utilizzando le risorse
rivenienti dall’attuazione della delega di cui all'art. 1 del disegno
di legge collegato alla finanziaria recante disposizioni in materia di
"perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale", e cioè
facendo ricorso al recupero dell’evasione.
Il nuovo ambiente economico richiede
infine che, tanto per i lavoratori quanto per le imprese, si ridefinisca
la natura della rete di tutele e di garanzie, irrobustendole. Per quanto
riguarda i primi, forme nuove di tutela sono necessarie per rispondere
ai rischi di esclusione. Affermando, in primo luogo, il diritto alla
reimpiegabilità (e, quindi, ad una formazione efficace, per la quale si
rinvia a quanto detto in precedenza). Ridefinendo, poi, alcuni istituti
dello stato sociale, (fra cui il sistema degli ammortizzatori sociali
cui si è accennato). Creando i canali efficaci di rappresentanza e di
partecipazione cui si è già fatto cenno. Riaffermando il diritto alla
dignità del lavoratore.
Per quanto riguarda, invece, il mondo
delle imprese, esse vanno tutelate non già "dal" mercato,
com'è successo fin troppo spesso in passato, ma "nel" mercato
come ancora troppo poco accade oggi. Le parti sociali condividono e
sostengono l'obiettivo governativo di una piena apertura dei mercati e,
quando necessario, di una loro regolamentazione in quanto elemento
essenziale per garantire una presenza di rilievo dell'Italia in Europa.
Così come esse fanno propria la indicazione governativa secondo la
quale sono le imprese - le grandi così come le piccole e medie imprese
e le imprese artigiane e commerciali - il "motore primo"
dell'occupazione.
Contestualmente, il Governo si impegna,
da un lato, a promuovere e valorizzare il sistema italiano della
certificazione e della qualità la cui adeguatezza costituisce ormai un
elemento di certificazione importante nella concorrenza con i sistemi di
altri paesi. Dall’altro, a garantire la sicurezza e la certezza del
diritto delle imprese su tutto il territorio nazionale secondo le linee
di cui all'All. 6.
Allegato 1: Semplificazioni procedurali e
progetti speciali per le Pubbliche amministrazioni
1. Misure di semplificazione in corso
1.1 I regolamenti di semplificazione dei
procedimenti previsti dalla Legge n. 59/1997 e n. 191/98 e
l’osservatorio sulle semplificazioni. Le leggi-delega sulla riforma
dell’amministrazione (59/97 e 191/98) hanno, tra l’altro,
autorizzato il Governo a delegificare e semplificare con regolamento un
vasto elenco di procedimenti amministrativi. Si tratta di 122
procedimenti, contenuti in oltre 400 provvedimenti normativi. Ad essi il
disegno di legge di semplificazione annuale 1998 (cd. Bassanini-quater)
aggiunge altri 61 procedimenti. Le norme di semplificazione e
sburocratizzazione, che così possono essere introdotte, produrranno
effetti positivi sul sistema economico e sulla accelerazione degli
investimenti pubblici, riducendo altresì i costi burocratici per
cittadini e imprese. Il Governo intende imprimere una forte
accelerazione al lavoro di predisposizione dei regolamenti di
semplificazione dei procedimenti amministrativi in questione (solo 21 di
questi sono stati approvati in via definitiva). Tale lavoro sarà
effettuato anche attraverso una struttura dedicata per la
delegificazione, la semplificazione e la valutazione dell’impatto
della regolamentazione, istituita presso la Presidenza del Consiglio,
alla quale potranno essere chiamati a partecipare rappresentanti degli
Enti locali interessati designati dalla Conferenza unificata
Stato-Regioni-Autonomie locali. Sarà attivato un Osservatorio sulle
semplificazioni per verificare l’effettivo grado di attuazione del
lavoro di sburocratizzazione, analizzare eventuali ostacoli di tipo
organizzativo (impatto amministrativo) e valutare l’efficacia delle
semplificazioni già approvate avuto riguardo alla loro capacità di
ridurre gli oneri burocratici (impatto sugli utenti), sulla base di
metodologie (compliance cost assessment) da sperimentare nell’ambito
della attività di analisi di impatto della regolamentazione (v. infra).
Dell’Osservatorio saranno chiamati a far parte rappresentanti delle
parti sociali, anche allo scopo di sottoporre ad eventuale revisione,
sulla base dell’esperienza, i regolamenti già approvati (v. infra).Infine,
per accelerare ulteriormente il processo di delegificazione e
semplificazione, il Governo ha presentato un emendamento al disegno di
legge annuale sopra citato (Bassanini-quater) per ridurre i termini
della vacatio legis dei regolamenti di semplificazione da 60 a 15
giorni.
1.2 Lo sportello unico per le attività
produttive. Il regolamento di semplificazione dal quale si attende il
maggior impatto sul sistema delle attività produttive è quello sul
c.d. "sportello unico". Il regolamento, già approvato dal
Consiglio dei Ministri, unifica tutti i procedimenti relativi alle
localizzazioni, realizzazione, ampliamento, riconversione, messa in
esercizio di tutti gli impianti produttivi, inclusi quelli commerciali,
e ivi compresa la valutazione di impatto ambientale, e la eventuale
modificazione di strumenti urbanistici.
Saranno attivate da subito tutte le
azioni necessarie ad assicurare la piena operatività degli sportelli
unici fin dall’entrata in vigore del regolamento (approvato
definitivamente il 16 ottobre 1998 , ora alla registrazione della Corte
dei conti, entrera’ in vigore presumibilmente in febbraio o marzo
prossimo).
A tale scopo, sono stati già avviati
alcuni progetti del Formez di formazione del personale degli sportelli
unici, e si istituirà uno strumento nazionale di raccordo delle
iniziative volte a promuovere la realizzazione degli sportelli, che sia
in grado di fornire assistenza alle amministrazioni locali nella loro
fase di progettazione e implementazione ("come" deve essere
fatto, "dove" e con "chi"). Tale iniziativa dovrà
attivare il pieno coinvolgimento di soggetti pubblici (Camere di
commercio, associazioni di comuni e loro organismi strumentali) e
privati (associazioni di categoria, istituti di ricerca e formazione) ad
accelerare l’avvio della sperimentazione, a partire dai territori
interessati a patti territoriali e contratti d’area. L’Osservatorio
sulle semplificazioni, di cui al paragrafo 1.2., valuterà inoltre,
entro il 30 settembre 1999, le eventuali correzioni ed integrazioni da
apportare al regolamento sullo sportello unico, sulla base delle prime
esperienze.
1.3 La semplificazione della
documentazione amministrativa. Il Dipartimento della funzione pubblica
ha approvato, nel mese di ottobre 1998, un progetto finalizzato
attraverso il quale si procederà a:
fornire un supporto iniziale
all’applicazione delle nuove norme anche prima dell’entrata in
vigore del regolamento n.403/1998 (che avverrà a fine febbraio 1999);
costituire una unità centrale e una rete
di osservatori pilota a livello locale, dedicati alle attività di
monitoraggio e di sostegno dell’attuazione delle innovazioni
normative;
predisporre e realizzare manuali di
istruzioni per l’uso rivolti al personale delle pubbliche
amministrazioni;
attivare anche in collaborazione con le
parti sociali e le organizzazioni sindacali di categoria diversi
strumenti di comunicazione e di diffusione (sportelli rivolti alle
amministrazioni e agli utenti, banche dati, sito Internet, seminari);
predisporre rapporti periodici sullo
stato di attuazione delle nuove norme, sul sostegno e la diffusione a
livello sia nazionale che locale.
2. I nuovi sviluppi del processo di
semplificazione
2.1 L’analisi dell’impatto della
regolamentazione e la valutazione degli effetti della semplificazione.
Il governo italiano alla stregua di altri paesi, ha proposto con il
disegno di legge annuale di semplificazione 1998 l’introduzione
dell’analisi di impatto della regolamentazione (A.I.R.), che comprende
altresì la valutazione degli effetti della semplificazione. L’A.I.R.,
secondo le esperienze straniere già consolidate (Stati Uniti, Gran
Bretagna, Australia, Finlandia, Unione Europea, Messico ecc.), si baserà
sulla misurazione e valutazione economica degli effetti delle regole in
termini di costi sopportati dai privati (cittadini e imprese) e dalle
stesse amministrazioni. Questo tipo di valutazione potrà essere sia
preventiva con riferimento alle nuove regole che si intende adottare,
sia successiva con riguardo alle regole già vigenti.
2.2 La cabina di ascolto degli utenti. La
proposta nasce dalla necessità di coinvolgere le rappresentanze delle
parti sociali e gli utenti nella valutazione dell’impatto delle
regolamentazioni e delle semplificazioni. Di conseguenza, nei prossimi
mesi saranno attivate procedure codificate di consultazione e di
partecipazione degli utenti come singoli o organismi esponenziali. In
particolare, sarà attivato un Registro delle formalità, disponibile
anche su Internet, aggiornato periodicamente e parzialmente interattivo,
nel quale saranno inseriti tutte gli adempimenti burocratici a carico
delle imprese derivanti dalle procedure amministrative. In tal modo le
rappresentanze delle parti sociali e le imprese potranno far pervenire
le loro osservazioni su tali formalità e le proposte di
semplificazione, revisione o eliminazione delle regolamentazioni
esistenti.
2.3 La conferenza di servizi. Al fine di
superare difficoltà interpretative e lentezze applicative, si rende
necessaria una riscrittura organica di tutta la disciplina, riformulando
gli articoli 14, 14 bis, 14 ter e 14 quater della legge n. 241 del 1990,
in modo da dare maggiori certezze alle amministrazioni pubbliche e ai
privati. Certezze, in primo luogo, sulla rappresentatività dei
partecipanti alla conferenza, sulla conclusione dei procedimenti e sulla
loro durata; in secondo luogo sulle condizioni da soddisfare per
ottenere le autorizzazioni richieste. In tale prospettiva si dovrà
prevedere che le amministrazioni si esprimano nella conferenza per mezzo
di un rappresentante che disponga dei poteri loro spettanti in relazione
all’oggetto del procedimento. Saranno in ogni caso previste procedure
(estensione del principio maggioritario, obbligo dell’amministrazione
dissenziente di formulare le modifiche progettuali richieste, ecc.) che
assicurino la conclusione del procedimento con decisioni formali entro
termini brevi e certi.
Infine è necessario prevedere che la
conferenza dei servizi possa esprimersi già sul progetto preliminare,
al fine di verificare le condizioni e le prescrizioni da imporre, e che
le indicazioni fornite in tale sede siano vincolanti (anche se con
qualche possibilità di adeguamento in sede di pronuncia definitiva):
esse potranno dunque essere modificate solo motivando in relazione a
significativi elementi nuovi emersi nella fase successiva della
procedura. Ciò anche in relazione alla valutazione di impatto
ambientale.
2.4 La privatizzazione delle procedure
contabili. Fermo restando l'obbligo di osservare i principi generali
delle procedure concorsuali per la scelta del privato contraente e nel
rispetto del vigente sistema dei controlli successivi sulla gestione, si
propone di introdurre, nelle procedure amministrativo-contabili relative
ad attività ricadenti in aree per le quali si ipotizzano azioni di
intervento per lo sviluppo, regole e procedure di tipo privatistico
dettate dal Codice Civile e recepite dagli Ordini dei commercialisti e
dei ragionieri.
2.5. Appalti pubblici. Nella disciplina
del mercato degli appalti pubblici e delle concessioni, il Governo
intende assicurare il rispetto delle norme definite dai contratti
collettivi nazionali di lavoro e la corretta applicazione delle regole
che escludono i fenomeni distorsivi derivanti dall’applicazione del
criterio del massimo ribasso che, in questi settori, va a detrimento
della qualità e finisce per favorire il lavoro nero e il sommerso.
2.6 Il miglioramento delle procedure
previste dal decreto "sblocca-cantieri" (art.13, legge
n.135/97). Il riavvio dei cantieri deve essere migliorato mediante una
maggior esplicitazione dei poteri dei commissari, delle procedure di
monitoraggio e controllo del loro operato nonché della sede e delle
modalità di verifica e confronto sull’operato degli stessi nonché
sull’efficacia degli interventi garantendo in tal caso i necessari
momenti di confronto con le forze sociali; una esplicitazione di tali
aspetti deve anche garantire le disponibilità di finanziamento, nonché
la opportunità di assegnare copertura finanziaria al completamento solo
di quelle opere che risultino ancora utili. In alcuni casi è emersa la
necessità di apportare varianti alle opere e, per finanziare la
progettazione delle perizie di variante, si deve prevedere la
costituzione di un Fondo, a valere su quota parte delle risorse della
legge 208/98, dal quale i commissari possano effettuare prelevamenti
allo scopo.
3. Misure di informatizzazione delle
pubbliche amministrazioni
3.1 La rete unitaria. La rete unitaria
costituisce una struttura omogenea che, pur nel rispetto
dell’indipendenza di ogni singola amministrazione, ottimizza e
razionalizza i servizi telematici offrendo, contemporaneamente, nuove
capacità di interoperabilità e cooperazione applicativa fra le
amministrazioni pubbliche, le quali potranno proporsi verso la
collettività come centro unitario erogatore di prestazioni
amministrative. Entro il 2000 saranno realizzati alcuni grandi progetti
volti a utilizzare le tecnologie messe a disposizione dalla Rete
unitaria:
il sistema informativo unitario della
Pubblica Amministrazione;
il sistema di gestione dei flussi di
documenti;
il sistema di controllo della qualità;
il sistema di informatizzazione delle
anagrafi e dei registri pubblici;
il sistema degli incassi e dei pagamenti
pubblici.
Entro il gennaio 1999, con
l’approvazione del regolamento tecnico sulla firma digitale, verrà
data esecutività alle disposizioni della Bassanini-uno sulla piena
validità giuridica degli atti e dei contratti firmati con mezzi
informatici. Un progetto speciale consentirà di anticipare la
realizzazione della Rete unitaria della Pubblica amministrazione nel
Mezzogiorno. Saranno previsti, previa consultazione con le parti
sociali, progetti sperimentali di telelavoro nelle amministrazioni
pubbliche, utilizzando la rete unitaria, in modo da ridurre le esigenze
di mobilità territoriale derivanti dalla non ottimale distribuzione del
personale pubblico sul territorio nazionale.
3.2 Il protocollo informatizzato. Le
pubbliche amministrazioni e, in particolare, il comparto centrale,
dovranno - entro il 31 marzo 1999 - introdurre nei piani di sviluppo dei
sistemi informativi progetti per la realizzazione di sistemi di
protocollo informatico, mentre - entro il 31 dicembre 1999 - dovranno
predisporre appositi progetti esecutivi per la sostituzione dei registri
di protocollo cartacei con sistemi informatici. Dovranno, inoltre,
introdurre gradualmente sistemi di gestione informatica dei documenti
con notevoli ricadute positive sull’accelerazione delle procedure e
sull’efficienza delle amministrazioni.
3.3 "Un computer in Comune",
ovvero un'ipotesi per il sostegno telematico nei piccoli comuni del
Mezzogiorno. Il progetto prevede la fornitura di un "kit" di
hardware, software e formazione di base ad ogni comune del Mezzogiorno,
per il quale se ne rilevi la necessità, in modo da attivare su tutto il
territorio i servizi informatici di base: word processing, posta
elettronica, collegamento ad internet. Ipotizzando un costo unitario per
intervento in un comune pari a 10 milioni di lire per la tecnologia cui
occorre sommare il supporto per la formazione e l’assistenza iniziale,
si è calcolato che con un impegno finanziario molto contenuto, pari a
20 miliardi di lire, si potrebbero raggiungere i requisiti minimi
d'informatizzazione per la quasi totalità dei comuni del Mezzogiorno.
Sono da prevedere, inoltre, interventi per la migrazione degli
applicativi già in uso e/o l’adattamento alla nuova piattaforma.
3.4 La carta d’identità
elettronico-magnetica. Il Governo si impegna ad adottare - entro il
primo trimestre del 1999 – i provvedimenti normativi previsti dalla l.
191/1998 (cd. Bassanini-ter) per l’introduzione in tutto il territorio
nazionale della carta d’identità elettronico-magnetica. Essa:
avrà la forma di una normale carta di
credito munita di fotografia e sostituirà il documento,
consentirà ai cittadini e alle imprese
di accedere ai servizi delle Pubbliche amministrazioni senza recarsi
fisicamente presso le loro sedi,
conterrà aree di memoria utilizzabilii
dalle amministrazioni comunali per offrire ulteriori servizi ai
cittadini anche di futura progettazione,
offrirà interessanti opportunità di
mercato per le imprese che costruiscono i supporti materiali della nuova
carta d’identità e per le società che operano nel campo dei software
applicativi delle carte dei servizi.
Allegato 2: La programmazione dei fondi
strutturali 2000- 2006
L‘accelerazione e la riqualificazione
degli investimenti pubblici, che costituiscono requisito indispensabile
di una nuova politica di sviluppo, trovano occasione forte di promozione
nella programmazione dei Fondi strutturali comunitari 2000-2006. Tale
programmazione deve essere improntata a una decisa responsabilizzazione
dei livelli decentrati di governo, da realizzare attraverso un ruolo
centrale delle Regioni e un forte partenariato con le Autonomie locali e
con le parti economiche e sociali.
Al fine di avviare la sollecita
attivazione dal 1° gennaio 2000 di questi fondi, entro luglio 1999 dovrà
essere presentato all’Unione Europea per le Regioni obiettivo 1 un
Piano Globale di Sviluppo assieme a Programmi operativi per ogni Regione
e a eventuali "Programmi operativi di stretta valenza
nazionale". Inoltre, dovranno essere presentati i documenti di
programmazione relativi agli obiettivi 2 e 3.
Secondo le indicazioni dell’Unione
Europea, tali programmi operativi dovranno contenere l’indicazione
degli "assi prioritari" del programma e dei loro obiettivi
quantitativi e, per ogni asse, una descrizione delle misure che si
intendono prendere per attuarlo e una previsione del piano di
finanziamento (comunitario, pubblico nazionale e privato).
Al fine di conseguire questi risultati è
necessario in primo luogo rivedere le procedure amministrative (NOTA 1)
secondo quanto prefigurato nel documento "Cento idee per lo
sviluppo" discusso nel recente seminario di Catania. La suddetta
revisione rientra nelle attribuzioni delle istituzioni competenti,
segnatamente delle Regioni. Il Governo si impegna a utilizzare gli
strumenti disponibili di incentivazione e di coordinamento dei fondi al
fine di consentire il conseguimento di questi risultati.
E’ anche necessario, sempre in base
alle linee indicate nel suddetto documento, definire schemi efficaci per
la valutazione ex ante, in itinere ed ex post degli interventi (schemi
alla cui predisposizione lavorerà nei prossimi mesi il Dipartimento per
le politiche di sviluppo e coesione (DPS) del Ministero del Tesoro,
Bilancio e programmazione economica). Tali schemi saranno oggetto di
confronto con le altre Amministrazioni e con le parti economiche e
sociali.
E’ quindi necessario identificare
metodi e condizioni per favorire la partecipazione di privati al
finanziamento e alla gestione dei progetti di intervento. A tale
proposito si dovrà realizzare un coinvolgimento della Banca Europea
degli Investimenti (BEI) sin dalle prime fasi del processo di
programmazione dei fondi. Questo risultato potrà essere conseguito con
il contributo dei Ministeri dei Lavori Pubblici e del Tesoro
nell’ambito dell’attivazione dell’Unità per la promozione della
finanza di progetto.
E’ inoltre necessario costruire un
sistema informativo adeguato a) sui progetti e sul loro ciclo di
attuazione, e b) sui "fabbisogni" di investimento,
opportunamente misurati in base alla quantità e qualità dei servizi
necessari e forniti (NOTA 2).
I risultati sopra-indicati richiedono
anche che prosegua subito, tanto a livello regionale che nazionale, il
vaglio e la selezione delle idee-programma avviato con il suddetto
documento e durante i lavori di Catania, al fine di identificare
strategie, obiettivi e programmi da includere nei Programmi operativi da
sottoporre alla valutazione europea.
Tale attività di selezione delle
idee-programma potrà essere avviata attraverso la rapida attuazione di
due sistemi di tavoli di programmazione: a livello nazionale e a livello
regionale, entrambi caratterizzati da una immediata attivazione del
partenariato istituzionale ed economico-sociale previsto dalla proposta
di Regolamento comunitario (che raccolga le Autonomie locali, le
associazioni imprenditoriali e sindacali, associazioni rappresentative
di interessi ambientali, delle pari opportunità e del terzo settore).
Per conseguire il risultato del luglio
1999, è utile prevedere una fase preliminare di lavoro, fino a metà
marzo 1999, durante la quale i due sistemi di tavoli lavorino in modo
sostanzialmente separato. Sulla base di rapporti interinali presentati
entro quella scadenza si potrà quindi realizzare una
"fusione" dei tavoli che consenta di proseguire il lavoro nei
successivi 4 mesi. Lo schema dei Rapporti interinali sarà comune a
tutti i tavoli, secondo linee metodologiche che verranno predisposte
entro la metà di gennaio dal DPS.
Già in questa prima fase di
programmazione sarà utile impostare linee di azione integrate fra i
diversi fondi in cui le risorse comunitarie si articolano. In
particolare, lo strumento delle politiche del lavoro dovrà essere
impiegato per garantire che le diverse strategie di sviluppo si
traducano anche in miglioramenti sensibili dei livelli e della qualità
dell’occupazione.
Con riguardo ai tavoli regionali, essi
dovranno essere attivati in ogni regione da iniziative di confronto
programmatico ampio, simili a quella svoltasi a Catania, nelle quali,
anche a partire dalla scheda preliminare predisposta per il documento
"Cento idee" e delle proposte rappresentate a Catania e in
altre sedi dalle altre Istituzioni, si realizzi un confronto amplio con
le Autonomie locali, le associazioni imprenditoriali e sindacali, e le
altre parti sociali rappresentative di interessi rilevanti.
A tale confronto dovrà accompagnarsi la
costituzione formale di un "Comitato regionale" con la
partecipazione delle suddette parti, nel rispetto di regole minime di
partenariato da stabilire in modo concorde con il DPS, così da
soddisfare sin dall’inizio i requisiti richiesti dall’Unione europea
per potere poi approvare i piani operativi. Le modalità di partenariato
che ogni Regione realizzerà terranno conto del suo peculiare assetto
istituzionale e delle prassi già in essere. Forme particolarmente
avanzate di partenariato che siano estese anche alla fase di attuazione
dei programmi, ad esempio attraverso modalità di scelta delle priorità
che tengano efficacemente conto delle idee progettuali delle
Amministrazioni locali, potranno essere incentivate prevedendo
meccanismi premianti nella ripartizione delle risorse finanziarie fra
regioni (coerentemente con gli orientamenti presentati nel documento
"Cento idee" e discussi a Catania, di attribuire le risorse,
in parte secondo i criteri prestabiliti che assicurino certezza di
finanza, in parte secondo premi di merito relativi alla qualità del
processo di programmazione).
Entro metà marzo 1999, anche sulla base
degli impegni che vanno maturando all’interno delle Intese
istituzionali di programma circa l’impiego delle risorse statali
ordinarie per le priorità della regione, ogni Regione redigerà e farà
approvare dal proprio Comitato un Rapporto interinale regionale che
contenga indicazioni di massima circa: gli obiettivi da conseguire
(rappresentati in modo quantitativo) e le linee di intervento
prioritarie per conseguirli (con un’indicazione di massima del loro
costo); le questioni di assetto istituzionale e procedurale da risolvere
per conseguirli; le informazioni da raccogliere per valutare
l’effettiva conseguibilità degli obiettivi; il metodo con cui si
intende proseguire l’attività di selezione dei programmi nei
successivi 4 mesi.
Con riguardo al Tavolo nazionale, esso
verrà attivato attorno ai temi prioritari nazionali che congiuntamente
emergono dai lavori e dal dibattito tenutosi nelle sessioni del
Seminario. Appena concordati questi temi, per ognuno di essi verrà
individuata, nell’appropriata sede istituzionale, una Amministrazione
centrale "pilota". La Direzione generale o il Dipartimento
competente individuato da tale Amministrazione, assieme alle Direzioni
generali o Dipartimenti individuati dalle altre Amministrazioni che
possono portare contributi sul tema, e avvalendosi di altre strutture
pubbliche e di esperti, concluderà entro metà marzo 1999 una prima
istruttoria con la stesura, per le aree dell’obiettivo 1, un
"Rapporto interinale settoriale".
Ogni rapporto dovrà contenere
indicazioni di massima circa gli obiettivi da conseguire in quel settore
(rappresentati in modo quantitativo) e le linee di intervento
prioritarie per conseguirli (con un’indicazione di massima del loro
costo); le questioni di assetto istituzionale da risolvere per
conseguirlo; le informazioni da raccogliere per valutare la effettiva
conseguibilità dell’obiettivo. Al fine di assicurare la centralità
del ruolo delle Regioni nella programmazione, ogni rapporto dovrà anche
contenere, anche sulla base dei criteri di efficacia proposti nel
capitolo II (§ 3.3) del documento "Cento idee", una
valutazione circa la "regionalizzabilità" degli interventi
necessari a conseguire l’obiettivo. Dovrà quindi formulare una
proposta motivata circa l’opportunità che le misure di intervento
pubblico con i fondi strutturali relative al settore in oggetto
appartengano a una delle tre seguenti categorie:
misure gestite dalle singole Regioni
senza contributo di coordinamento o assistenza tecnici di
un’amministrazione o istituzione centrale (misure di stretta valenza
regionale);
misure gestite dalle singole Regioni con
il contributo di coordinamento o assistenza tecnici di
un’amministrazione o istituzione centrale (misure regionali con
referente nazionale);
misure che sia necessario gestire in modo
centralizzato (misure di stretta valenza nazionale).
L’insieme delle Amministrazioni
centrali pilota darà vita a un "Comitato nazionale", assieme
al Ministero del Tesoro (DPS) e con la partecipazione delle parti
economiche e sociali, analogamente a quanto previsto per le singole
Regioni: queste parti possono partecipare anche ai singoli tavoli
settoriali. Al Comitato partecipano anche rappresentanti delle Regioni e
delle Autonomie locali.
Sulla base dei Rapporti interinali
redatti dai due gruppi di tavoli si potrà avviare a marzo, con una
integrazione dei livelli di coordinamento, la fase seconda del processo
di programmazione, che dovrà condurre entro luglio alla presentazione
dei documenti di programmazione alla Commissione.
Per quanto riguarda le aree
dell’obiettivo 1, l’integrazione fra i due livelli richiederà:
una valutazione nazionale
dell’adeguatezza e congruenza interna dei singoli Rapporti interinali
regionali;
una valutazione delle Regioni e dei
Comitati regionali delle proposte contenute nei Rapporti interinali
settoriali.
Le Amministrazioni centrali e le parti
economiche e sociali si impegnano a definire, entro la data di entrata
in vigore dei nuovi regolamenti dei fondi strutturali, un modello
stabile di partenariato sociale sui fondi stessi, con sede e modalità
di partecipazione attiva in tutte le fasi di programmazione, attuazione,
monitoraggio (sia fisico che finanziario), sorveglianza e valutazione
dei documenti di programmazione e delle varie forme di intervento. Lo
stesso modello verrà proposto per l’attuazione del partenariato
sociale a livello regionale.
NOTA 1: Nelle direzioni sintetizzate di
seguito.
Semplificazione delle procedure di
attuazione ai fini di una maggiore efficienza, con particolare
riferimento agli aspetti seguenti. (i) Approvazione dei programmi
operativi da parte delle Regioni. Fra i nodi procedurali del processo di
programmazione delle politiche di sviluppo, particolare rilievo ha
l’intreccio e il sovrapporsi delle procedure dei programmi comunitari
con quelle dei programmi ordinari. Occorre fare chiarezza nella
definizione di quali siano gli strumenti e i documenti nei quali si
esplica la funzione di programmazione e di indirizzo strategico della
politica di sviluppo regionale (il cui esercizio è competenza
dell’organismo rappresentativo della comunità regionale, vale a dire
il Consiglio Regionale) e quali siano, invece, gli strumenti (i
documenti, gli atti, le decisioni) operativi di attuazione della
programmazione regionale (dunque di competenza dell’esecutivo, vale a
dire della Giunta regionale). E’ opportuna, nel più assoluto rispetto
di competenze e prerogative istituzionali, una forte semplificazione del
processo decisionale regionale. Questo, attraverso una maggiore
distinzione fra strumenti di programmazione e di indirizzo (di
competenza del Consiglio regionale) e strumenti di attuazione della
programmazione (di competenza dell’esecutivo). (ii) Recepimento delle
"Bassanini" a livello regionale. Particolare attenzione va
posta, con riferimento al settore degli aiuti alle imprese e dei servizi
al sistema produttivo, alle modalità di decentramento da parte delle
Regioni a enti sub-regionali. (iii) Semplificazione delle procedure di
attuazione delle opere. I tempi di attivazione particolarmente
stringenti della programmazione comunitaria 2000-2006 richiedono di dare
pronta attuazione alle semplificazioni procedurali già previste e di
attuazione di nuove specie di semplificazione con riferimento ai tempi
di aggiudicazione dei lavori e di individuazione dei beneficiari. (iv)
Assistenza tecnica e strutture interne. Un migliore e più intenso
utilizzo di servizi di assistenza tecnica alla programmazione e
progettazione da parte delle Amministrazioni che gestiscono gli
interventi richiede che esse rafforzino parallelamente anche le proprie
strutture tecniche interne per "guidare" tali assistenze e per
evitare qualsiasi rischio di sostituzione dell’amministrazione
pubblica.
Rafforzamento della valutazione e del
monitoraggio. Per migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al
processo di programmazione dei fondi strutturali occorre fare crescente
ricorso alle tecniche e agli strumenti di selezione, gestione e
attuazione dei programmi. La valutazione è lo strumento adottato nel
processo di programmazione per pervenire alla selezione delle scelte
prioritarie. La correttezza, l’efficacia e la tempestività della
valutazione (ex ante) costituiscono elemento decisivo nel garantire la
qualità della strategia di sviluppo. Il rafforzamento della
valutazione, realizzato attraverso l’enfasi data agli studi di
fattibilità nel processo di programmazione 2000-2006, è coerente con
il fatto che il primo confronto sulle idee-programma avvenga proprio a
partire dalla identificazione degli obiettivi di sviluppo, dei benefici
e dei beneficiari degli interventi proposti. E’ anche premessa
indispensabile perché l’analisi continua (valutazione in itinere) dei
risultati che via si raggiungono (rilevati attraverso il monitoraggio)
possa divenire strumento di aggiornamento e revisione consapevole delle
scelte e delle linee di intervento in cui tale strategia, negli anni, si
sostanzia. Migliorare e diffondere le tecniche di monitoraggio e di
valutazione sono obiettivi funzionali al miglioramento del sistema di
sorveglianza del programma; al conseguimento di livelli di trasparenza e
di conoscenza sulla fase attuativa coerenti con l'esigenza di un
effettiva partecipazione; alla qualificazione e alla specializzazione
delle professionalità che, all'interno della pubblica amministrazione,
operano nel quadro del processo di programmazione e attuazione dei
programmi cofinanziati dai fondi strutturali. Si propone di avviare
subito un sistema nazionale di valutazione, una rete di sistemi autonomi
di valutazione fra loro collegati da una unitarietà di riferimenti
metodologici flessibili e aperti. La creazione di unità di valutazione
e monitoraggio prevista dal collegato procedurale in corso di
approvazione va in questa direzione.
Unificazione e razionalizzazione della
programmazione finanziaria. Ipotesi di razionalizzazione e
semplificazione vanno studiate e sperimentate per quanto riguarda il
complesso sistema dei flussi e circuiti finanziari che sono alla base
del processo di programmazione dei fondi strutturali. La coesistenza di
diverse fonti di finanziamento con modalità di gestione diverse e in
qualche caso conflittuali rende oggi più complesse e farraginose le
procedure di attuazione dei programmi cofinanziati con risorse
comunitarie e costituisce pertanto un ulteriore elemento di riflessione
e di analisi in un'ottica di miglioramento del processo di
programmazione da impostare. In particolare, alle esigenze di unitarietà
finanziaria potrà concorrere l’istituzione ora in atto (A.C. 5266) di
una apposita unità previsionale di base per il finanziamento delle
Intese. Da subito si potrà prevedere, in ciascun stato di previsione
della spesa in conto capitale, l’istituzione di un unico fondo cui
affluiscono le risorse provenienti delle autorizzazioni di spesa
iscritte nel medesimo stato di previsione. Nelle Regioni dove non
avvenga già si potrà semplificare la struttura di bilancio evitando
l’articolazione del bilancio su una pluralità di capitali a livello
di misura. Progressi dovranno infine essere realizzati nella tempestiva
disponibilità dei fondi, sia di competenza – estendendo ai bilanci
regionali la facoltà di assumere impegni pluriennali – sia di cassa.
Una metodologia trasparente per la
zonizzazione. Nonostante la natura non definitiva della proposta di
Regolamento è possibile e utile già ora impostare una metodologia per
l’identificazione delle aree non obiettivo 1 che potranno essere
ammesse agli interventi dell’obiettivo 2. A tale riguardo è in corso
di identificazione, a un livello di disaggregazione sub-provinciale di
sotto-sistemi locali di lavoro, una procedura tale da assicurare piena
trasparenza ed efficacia alla concertazione che dovrà avere luogo fra
le Regioni per la ripartizione della quota di popolazione ammissibile.
Una volta nota per ogni Regione la popolazione ammissibile, la precisa
identificazione delle aree all’interno di ogni Regione potrà poi
essere compiuta da ogni Regione integrando la procedura nazionale con
criteri ad hoc e trasparenti che consentano una migliore integrazione
degli interventi con i fondi strutturali con la programmazione
regionale.
NOTA 2: La richiesta della delibera Cipe
di tenere conto esplicitamente, all’atto dell’assegnazione delle
risorse alle regioni, di parametri attraverso cui rappresentare il
diverso ritardo infrastrutturale e il diverso livello di benessere di
ciascuna di esse, al fine di favorire le regioni più svantaggiate,
trova - alla luce dello stato delle conoscenze - negli indicatori
individuati dalla stessa delibera (popolazione, reddito pro capite,
disoccupazione, stock infrastrutturale disponibile) una soluzione rapida
e accettabile, pur se non ottimale, ma che potrebbe essere migliorata in
vista delle future ripartizioni. Si vuole fare riferimento, ad esempio,
alla possibilità di misurare il benessere regionale direttamente con
riguardo al profilo del "consumo" anziché utilizzando la
proxy del "reddito", così come all’introduzione di
parametri in grado di cogliere direttamente l’entità e la qualità
dei servizi infrastrutturali (anche nei risvolti ambientali in senso
stretto e in senso lato) anziché fare riferimento alla nozione di stock
di infrastrutture, di difficile trattazione essendo relativa a settori
fra loro di fatto non commensurabili. La Conferenza Stato-Regioni, anche
al fine di attrezzarsi per tempo per future ripartizioni e per il QCS
2000-2006, potrebbe procedere alla costituzione di un Gruppo tecnico cui
demandare l’elaborazione di nuovi parametri volti a misurare sia il
benessere con indicatori diversi dal reddito pro capite, sia le carenze
di servizi riconducibili a deficit infrastrutturali, a cui porre in
relazione i futuri stanziamenti. Il Dipartimento per le politiche di
sviluppo e di coesione è eventualmente pronto a contribuire a tale
gruppo attraverso l’Unità di valutazione per la costruzione di nuove
metodologie sia sul versante dell’individuazione di parametri più
efficaci nel rappresentare la domanda a cui le infrastrutture esistenti
e programmate intendono dare risposta, sia nel tradurre questi elementi
in una procedura perequativa nella distribuzione alle regioni delle
risorse a tale scopo destinate.
In secondo luogo, in base alla delibera
Cipe (punto 5.2) saranno predisposti da parte del Comitato gli schemi di
rilevazione dei dati relativi alle iniziative avviate nelle aree
depresse. Inoltre, si procederà ad un monitoraggio rigoroso delle
iniziative infrastrutturali avviate nelle aree depresse, al fine di
disporre di un quadro esaustivo che consenta una più efficiente
allocazione delle risorse, che parta dalla presa d’atto di una
situazione assai critica di carenza nella raccolta e nella trattazione
delle informazioni relative agli interventi infrastrutturali e degli
investimenti pubblici in genere. Carenza rilevabile in particolare in
merito alla distribuzione territoriale, allo stato di attuazione, alle
fonti di finanziamento ed al patrimonio progettuale disponibile, cui è
d’obbligo dare risposta in modo non occasionale ma permanente,
pervenendo alla costituzione di una banca dati degli interventi
infrastrutturali riferita a tutto il territorio nazionale, da aggiornare
in tempo reale o, perlomeno, con elevata frequenza. La necessità di
dotare le Amministrazioni centrali e regionali di un unico supporto
informativo aggiornato e aggiornabile, utilizzabile per il monitoraggio
e la programmazione degli interventi infrastrutturali, può trovare uno
strumento adeguato nella proposta operativa per la costruzione del
"Catasto delle opere pubbliche". Si concorda pertanto con
l’ipotesi già maturata presso la Conferenza Stato-Regioni di
procedere alla messa a punto della proposta. Ad essa le Amministrazioni
daranno pieno contributo. Per quanto concerne il Dipartimento per le
Politiche di Sviluppo e di Coesione, il contributo potrà venire dal
SINIT che gestisce da tempo un prototipo sulla base dei dati relativi a
circa 50.000 progetti dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno
che può essere suscettibile di rapida attuazione.
Allegato 3: Gli interventi nel campo del
sistema integrato di istruzione, formazione e ricerca
Premessa
Il Governo si impegna a presentare prima
del Documento di Programmazione Economico-finanziaria 2000-2002 un Piano
pluriennale (Master Plan) delle attività, dei tempi e delle risorse
necessarie a realizzare gli obiettivi di riforma e modernizzazione del
sistema dell’istruzione, della formazione professionale e della
ricerca, in una logica di sviluppo e di governo integrato del sistema.
Al fine di assicurare il costante
coordinamento delle iniziative volte alla realizzazione di tali
obbiettivi, sarà istituito presso la Presidenza del Consiglio – entro
il gennaio del 1999 – un comitato con la partecipazione dei Ministeri
interessati, della Conferenza Stato-Regioni e delle parti sociali.
Comitati con le stesse finalità saranno istituiti a livello regionale.
1. Obbligo di frequenza ad attività
formative
Il Governo, al fine di potenziare la
crescita culturale e professionale dei giovani, si impegna a istituire,
con una norma da inserire nel collegato alla Legge Finanziaria 1999
recante disposizioni in materia di "investimenti, incentivi
all'occupazione, Inail, Enpals e materia previdenziale",
l’obbligo di frequenza ad attività formative fino a 18 anni. Tale
obbligo può essere assolto in modo integrato:
nell’ambito del sistema di istruzione
scolastica;
nell’ambito del sistema di formazione
professionale di competenza regionale, all’interno di strutture
accreditate ai sensi dell’art. 17 della legge 196/97;
nell’ambito dei percorsi di
apprendistato, come disciplinato dall’art. 16 della L. 196/97.
Le competenze acquisite mediante la
partecipazione alle attività formative saranno certificate secondo
quanto stabilito all’art. 15 del Regolamento attuativo della L.196/97,
e avranno valore di crediti formativi secondo quanto previsto all’art.
16 del medesimo Regolamento.
Il Governo, d’intesa con la Conferenza
Stato-Regioni e le parti sociali, provvederà a definire con gli
opportuni provvedimenti normativi, prima del DPEF del ’99, tempi e
modalità dell’attuazione dell’obbligo di frequenza, nonché del suo
raccordo con l’obbligo di istruzione.
2. Sistema scolastico
L’istituzione dell’obbligo formativo
a 18 anni, nell’ottica di un sistema di formazione continua, esige in
primo luogo il potenziamento e la qualificazione della formazione di
base assicurata dalla scuola.
A tal fine, il Governo si impegna ad
attuare tutti gli interventi in grado di riformare la scuola sui
seguenti versanti:
completamento dell’autonomia scolastica
introdotta con l’art. 21 della legge 59/97 mediante i regolamenti
attuativi ancora occorrenti;
definizione di un sistema nazionale di
valutazione, autonomo e indipendente rispetto all’Amministrazione;
approvazione in via definitiva del
disegno di legge sull’elevamento dell’obbligo scolastico nella
prospettiva dell’elevamento della durata dell’obbligo a 10 anni e
dell’introduzione dell’obbligo formativo a 18;
rapida ridefinizione, alla luce anche
delle nuove norme sull’obbligo, del disegno di legge sul riordino dei
cicli scolastici;
impegno per una efficace e innovativa
azione per il diritto allo studio dei giovani studenti e degli adulti in
condizioni svantaggiate, a partire dalla garanzia dell’accesso a tutti
i livelli dell’istruzione e della formazione, e mediante un sistema di
borse di studio e mediante il sostegno per libri, mense, trasporti,
etc.;
ampliamento dell’offerta formativa,
proseguendo, in particolare, nel sostegno all’insegnamento della
musica e di una seconda lingua straniera e nell’uso di tecnologie
multimediali.
Il Governo si impegna a sostenere, con
adeguate misure finanziarie e organizzative, progetti mirati e integrati
per la riduzione del tasso di abbandono e dispersione nelle zone a più
alto indice e ad effettuare azioni di monitoraggio, assistenza e
supporto al processo di sperimentazione dell’autonomia in atto.
Il Governo ritiene, inoltre, che,
all’interno del piano pluriennale degli impegni sugli interventi
formativi e di ricerca, si debba prevedere: (i) un piano straordinario
per l’edilizia scolastica, da accompagnare con la messa a punto di
nuove tipologie e standard; (ii) il rifinanziamento del piano
quadriennale di investimenti nelle tecnologie informatiche che scadrà
nel 2000; (iii) investimenti finalizzati ad attivare misure perequative
per le istituzioni scolastiche e fortemente incentivanti per il
personale, relativamente, in particolare, alle situazioni svantaggiate e
di disagio, tenendo anche conto delle nuove norme contrattuali; (iv) un
investimento significativo nella professionalità e nella formazione dei
docenti, al fine di potenziare il processo di specializzazione e di
nuova articolazione della funzione docente.
La riforma della amministrazione, da
realizzare assicurando il concerto con le parti sociali, dovrà essere
sostenuta da un piano per la riconversione professionale degli addetti
dell’amministrazione scolastica centrale e periferica, per la
costruzione di nuove figure professionali in grado di svolgere nuovi
compiti e funzioni in un sistema orizzontale di autonomie.
3. Ristrutturazione e qualificazione dei
sistemi formativi
I piani di ristrutturazione degli Enti di
formazione, definiti dalle Regioni con il coinvolgimento delle parti
sociali, e la riqualificazione e riconversione degli operatori, devono
rispondere alla necessità di garantire un’offerta formativa coerente
con l’obbligo di frequenza fino ai 18 anni di cui sopra.
La realizzazione del sistema di
accreditamento delle strutture formative e di certificazione delle
competenze, come previsto dall’art. 17 della L. 196/97 e dal
Regolamento attuativo, sono indispensabili per rendere effettiva
l’offerta integrata di formazione, tanto più nella prospettiva
dell’obbligo di frequenza fino a 18 anni.
Il Governo si impegna ad adottare tutte
le misure che assicurino un’adeguata operatività delle strutture
indicate dal Regolamento attuativo.
Governo e Regioni si impegnano a attuare
– entro il primo semestre 1999 - le procedure stabilite dal
Regolamento attuativo dell’art. 17 della L. 196/97 in tema di
semplificazione delle procedure amministrative, realizzando una piena
responsabilizzazione della Pubblica amministrazione e degli operatori, e
un innalzamento della qualità progettuale. Gli interventi ivi definiti
sono urgenti per superare i gravi ritardi nell’erogazione delle
risorse per gli interventi formativi da parte delle pubbliche
istituzioni. Ritardi che determinano il mancato utilizzo dei
finanziamenti del Fondo Sociale Europeo e rendono difficile lo sviluppo
di agenzie formative qualificate.
4. Apprendistato e tirocini formativi
La formazione esterna per gli
apprendisti, consistente in almeno 120 ore annue, in via di
sperimentazione a livello nazionale e regionale secondo le modalità
stabilite dall’art. 16 della L. 196/97 e dal relativo decreto
attuativo, nonché dagli accordi tra le parti sociali, sarà estesa a
tutti gli apprendisti, sulla base dei contenuti formativi verificati
nelle sperimentazioni e recepiti nei decreti ministeriali previsti.
In merito alla formazione esterna degli
apprendisti nelle imprese artigiane e nelle piccole imprese, il Governo
si impegna a procedere attraverso sperimentazioni concertate tra le
forze sociali e le istituzioni ai vari livelli, al fine di individuare
percorsi e modelli formativi idonei alla realtà dell’imprenditoria
diffusa. Il Governo si impegna, altresì, nel quadro della verifica, già
prevista, delle sperimentazioni, ad adottare gli opportuni atti, tenuto
conto degli accordi intervenuti tra i rappresentanti delle
organizzazioni datoriali e sindacali interessate.
Verranno incentivate, a partire da quanto
già definito nel decreto attuativo dell’art. 16 della L. 196/97, le
attività di tutoraggio interno alle imprese, in funzione della crescita
delle capacità di trasmissione delle competenze professionali da parte
degli artigiani e del personale specializzato delle imprese.
Per realizzare questi obiettivi Governo e
Regioni si impegnano ad assicurare la necessaria offerta formativa da
parte delle strutture della formazione professionale e della scuola,
integrate fra loro. Il Governo si impegna a promuovere un confronto con
le parti sociali al fine del più ampio utilizzo dell’apprendistato.
Governo e parti sociali concordano sulla
necessità di estendere i tirocini formativi in tutti i percorsi di
istruzione e formazione, come strumento indispensabile di raccordo tra
formazione e lavoro, secondo le modalità stabilite dall’art. 18 della
l. 196/97 e relativo decreto attuativo (progetti formativi concordati
tra strutture formative e aziende, tutoraggio, coinvolgimento di
istituzioni e parti sociali).
5.
Formazione per le alte professionalità
I lavoratori ad alta qualificazione e i
dirigenti d’azienda rappresentano in tutti i paesi più sviluppati una
parte crescente, per dimensione e per ruolo, del mondo produttivo e dei
servizi, coinvolta in rapidi e profondi mutamenti dei profili e dei
contenuti professionali.
Governo e parti sociali convengono che
l'offerta formativa destinata ai giovani e ai lavoratori, occupati e non
occupati, deve quindi riqualificarsi e ampliarsi, sulla base di
orientamenti ed esperienze consolidate in ambito europeo ed
internazionale.
Formazione superiore integrata. Il
Governo si impegna, pertanto, a costruire il nuovo sistema di Formazione
Superiore Integrata (FIS) - teso a investire e a innovare nel sistema
dei diplomi universitari, nell’istruzione scolastica post-diploma e
nella formazione professionale – nonché, al suo interno, a sviluppare
e consolidare il nuovo canale di Istruzione e Formazione
Tecnico-Superiore (IFTS), sulla base del documento approvato dalla
Conferenza Stato-Regioni nella riunione del 9 luglio 1998, già
concordato con le parti sociali.
La costruzione di questo nuovo canale
formativo deve consentire di ampliare ed articolare fortemente l'offerta
di formazione per quadri e tecnici a media ed alta professionalità, con
forte base culturale e competenze professionali di qualità, attraverso
l'integrazione tra formazione-istruzione-lavoro, come avviene in altri
Paesi europei.
La sperimentazione dell'IFTS, che si è
avviata per l'anno 1998, va proseguita e potenziata per il 1999, anche
attraverso l'incremento delle risorse, assicurando una costante attività
di monitoraggio e di valutazione, per pervenire alla definizione, entro
il 1999, di un sistema strutturato a regime per giovani e adulti.
Ai progetti pilota dell'IFTS dovranno
applicarsi le regole di sistema per l'integrazione, sia relativamente
all'attività di indirizzo, definizione di standard e monitoraggio, sia
relativamente alla valutazione ed alla certificazione integrata delle
competenze acquisite e dei crediti formativi, spendibili nei diversi
segmenti dei sistemi di istruzione e di formazione e nel mondo del
lavoro, con validità in ambito nazionale e riconoscibili anche in
ambito europeo.
La sperimentazione e l'avvio a regime del
FIS e dell'IFTS saranno oggetto di concertazione e di confronto tra
Governo, Regioni e parti sociali, attraverso la costituzione di appositi
Comitati integrati, a livello nazionale, regionale e, ove necessario,
territoriale.
Alta formazione e Università. Il Governo
si impegna, nel campo dell’alta formazione universitaria, a ricercare
tutte le forme e gli strumenti capaci di elevare la partecipazione
all’istruzione universitaria, contenere la durata dei corsi di diploma
e di laurea, contrastare l’alto tasso di dispersione, superare la
crescente discriminazione sociale negli accessi, aprire l’Università
al territorio e assicurare la coerenza dei corsi di studio con le
esigenze di nuove professionalità emergenti dal tessuto
economico-produttivo e sociale del paese. A tal fine, il Governo si
impegna a confermare le modalità di concertazione delle parti sociali
sviluppando l’esperienza del tavolo quadrangolare e a:
completare al più presto il processo di
autonomia didattica degli Atenei in attuazione dell’art. 17 della L.
127/97 emanando i relativi decreti di area entro la primavera del 1999,
così da consentire l’avvio dei nuovi corsi di studio sin dall’anno
accademico 1999-2000;
potenziare il sistema di orientamento
degli studenti;
individuare modalità permanenti per
l’analisi dei fabbisogni formativi e per il monitoraggio degli esiti
occupazionali dei diplomati e laureati universitari;
potenziare gli interventi a sostegno del
diritto allo studio, costituendo un Fondo nazionale attraverso il
ricorso a risorse pubbliche e private;
ringiovanire il sistema con politiche di
avviamento al lavoro scientifico e di formazione attraverso la ricerca,
sul modello di quanto sperimentato negli ultimi tempi, incrementando le
risorse per il cofinanziamento degli assegni di ricerca attivati con le
procedure di cui all’art. 51 della L. 449/97;
aprire i dottorati di ricerca al mondo
del lavoro e potenziare specializzazioni e masters direttamente
professionalizzanti;
incentivare, anche attraverso risorse
aggiuntive, iniziative delle Università finalizzate a raccordare
l’offerta formativa nell’ambito delle attività di programmazione
negoziate a livello di reti territoriali;
sostenere e promuovere lo sviluppo dei
corsi universitari di primo livello, sulla base delle positive
esperienze maturate nel progetto "CAMPUS";
promuovere e rilanciare la ricerca di
base, sia di base che finalizzata, anche attraverso la costituzione di
"centri di eccellenza" della ricerca universitaria;
promuovere e sostenere, nell’ambito del
sistema professionale integrato, utilizzando anche specifiche risorse
finanziarie previste nei piani di sviluppo universitari, programmi di
formazione continua e ricorrente di medio e alto profilo, in sintonia
con le Università, le Regioni, gli Enti locali, le parti sociali;
avviare la costituzione di un sistema
nazionale di valutazione a aprtire dalla positiva esperienza
dell’Osservatorio permanente, migliorando progressivamente gli attuali
meccanismi di valutazione della qualità delle attività formative e di
ricerca, anche in funzione dell’introduzione generalizzata dei crediti
formativi spendibili nel più ampio contesto della formazione
professionale integrata;
completare il processo di
decongestionamento dei megatenei, avviato sulla base delle disposizioni
di cui al collegato alla Finanziaria 1997 (L.662/96), preordinato al
miglioramento del funzionamento e della qualità della vita della
comunità universitaria e al riequilibrio del sistema in rapporto
all’offerta e alla domanda di formazione superiore;
attivare specifici interventi finanziari
ai fini del completamento dei programmi di edilizia universitaria
generale e dipartimentale, nonché del finanziamento delle residenze e
dei collegi universitari;
ampliare gli strumenti d’ordine fiscale
(art. 14, L. n. 196/97 e art. 51, L. n. 449/97) al fine di incentivare,
come in altri Paesi, il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati
nella promozione e sostegno dello sviluppo dell’alta formazione e
della ricerca scientifica universitaria;
avviare il processo di riordino dello
stato giuridico dei professori e dei ricercatori universitari, in
funzione di una efficace utilizzazione delle risorse umane, attivando
sin d’ora le previste forme di incentivazione dell’impegno didattico
e di ricerca.
6. Formazione continua ed educazione
degli adulti
Il Governo procederà in tempi rapidi
alla costituzione del Fondo interprofessionale per la formazione
continua, secondo le modalità definite dal Regolamento di attuazione
della L. 196/97. Il Fondo sosterrà la realizzazione di interventi di
formazione continua, previsti da piani formativi aziendali e
territoriali concordati tra le parti sociali, che saranno rivolti, oltre
che ai lavoratori dipendenti – operai, impiegati, quadri e dirigenti
– e ai soci lavoratori delle imprese cooperative, e - con risorse
specifiche - ai piccoli imprenditori ai titolari soci e coadiuvanti
delle imprese artigiane del commercio e dei servizi.
In questo quadro, il Governo si impegna a
valorizzare il ruolo delle rappresentanze del movimento cooperativo
negli organi del Fondo, nonché a favorire l’individuazione di idonee
metodologie formative per l’imprenditoria diffusa.
Per realizzare gli obiettivi nei settori
dell’apprendistato e della formazione continua, saranno destinati 600
miliardi nel 1999 e 500 miliardi annui nel 2000 e nel 2001,
incrementabili in relazione agli eventuali risparmi derivanti dal
riordino del sistema di incentivi. Il Governo si impegna altresì a
trasferire al Fondo interprofessionale, nei due anni successivi, le
restanti risorse derivanti dallo 0,30% sul monte salari. Lo 0,30% sarà,
successivamente alla sua integrale attribuzione al Fondo
interprofessionale , innalzato allo 0,50%, senza oneri aggiuntivi, ai
fini del finanziamento delle attività formative di cui all’art. 17
della legge n. 196/97. Contestualmente a tale integrale attribuzione, le
risorse del Fondo per l’Occupazione saranno opportunamente integrate
per il finanziamento dei nuovi compiti del Fondo di rotazione.
Il Governo si impegna a presentare entro
il mese di gennaio 1999, d’intesa le Regioni e le parti sociali, il
piano di ripartizione delle risorse stanziate nella Finanziaria per la
formazione tra gli interventi di formazione continua, l’apprendistato
ed eventuali altri capitoli della formazione professionale.
Il Fondo per la formazione continua potrà
essere integrato, sulla base di accordi settoriali, anche attraverso
l’apporto di risorse professionali, temporali, logistiche e
organizzative aggiuntive, secondo criteri di quantificazione definiti
dalle parti a livello confederale.
Il Governo provvederà quanto prima alla
costituzione del Fondo per la formazione dei prestatori di lavoro
temporaneo, secondo quanto stabilito dall’art. 5 della L. 196/97 e
relativo decreto attuativo, definendone altresì i raccordi operativi
con la Fondazione per la formazione continua.
Il Governo si impegna altresì a
predisporre, nell’ambito della formazione permanente, un progetto
specifico e risorse aggiuntive mirate alla formazione iniziale e
ricorrente finalizzata alla creazione di lavoro autonomo e cooperativo.
Il Governo si impegna a predisporre un
progetto specifico e risorse mirate per la sperimentazione e la messa a
regime di un sistema di educazione per gli adulti, sul quale avviare il
confronto e la sperimentazione, d’intesa con le forze sociali e con le
rappresentanze delle Regioni e degli Enti locali. Tale progetto, da
collocare nell’ambito della formazione integrata, avrà
caratteristiche di integrazione, modularità, interdisciplinarietà e
flessibilità, per consentire percorsi formativi personalizzati, e
prevederà inoltre una certificazione integrata e il riconoscimento di
crediti, spendibili nei percorsi di studio e nel mondo del lavoro.
Per rispondere ai fabbisogni formativi
dei lavoratori e delle aziende, messi in evidenza dalle indagini
realizzate dagli organismi bilaterali costituiti tra le parti sociali,
Governo e Regioni assicureranno un’offerta formativa integrata tra
Università, scuole e agenzie di formazione professionale, che potrà
trovare un punto di riferimento nei Centri territoriali per
l’educazione degli adulti, opportunamente integrati dall’apporto
delle strutture della formazione professionale e dell’Università.
Tale offerta formativa sarà organizzata in modo da sostenere
l’inserimento lavorativo delle fasce deboli del mercato del lavoro.
7. Formazione e riduzione di orario
Il Governo intende favorire la ricerca di
un accordo tra le parti sociali volto a sperimentare meccanismi
contrattuali che finalizzino quote di riduzione di orario alla
formazione dei lavoratori, anche attraverso l’utilizzo delle 150 ore,
l’utilizzo delle banche ore annuali previste dai CCNL e ulteriori
strumenti per consentire ai lavoratori di accedere pienamente alle
attività di formazione continua e di educazione degli adulti.
Il Governo impegnerà una parte delle
risorse del Fondo per la riduzione degli orari per sostenere gli
strumenti contrattuali individuati dalle parti sociali che finalizzino
quote di riduzione di orario alla formazione continua dei lavoratori.
8. Formazione e contrattazione
territoriale
Il Governo, d’intesa con le Regioni e
gli Enti locali, si impegna a riservare quote definite di risorse
pubbliche alla formazione dei lavoratori per ogni progetto di intervento
pubblico, in particolare nei patti territoriali, nei contratti d’area,
nei contratti di programma di distretto. Ciò servirà a sostenere patti
formativi locali tra istituzioni e parti sociali, finalizzati alla
crescita culturale e alla diffusione delle conoscenze, alla innovazione
nella produzione e nei servizi, alla professionalizzazione e all’occupabilità
dei lavoratori, sia in funzione della creazione di impresa che
dell’inserimento nelle strutture produttive esistenti.
Il Governo, in questo quadro, intende
agevolare interventi formativi congiunti tra Regioni del Nord e del
Mezzogiorno, in accordo con le parti sociali, per consentire gli
opportuni trasferimenti di conoscenze ai fini dello sviluppo economico e
sociale tra le diverse aree del Paese.
9. Formazione e beni culturali
Il settore dei beni culturali rappresenta
una grossa opportunità di sviluppo e di occupazione e costituisce una
risorsa con potenzialità ancora poco sfruttate. Una politica
dell’occupazione efficace deve tener conto della necessità di
sviluppare figure professionali avanzate in grado di operare
all’interno o a sostegno di istituzioni ed aziende per progettare e
attuare politiche di management culturale (gestione del patrimonio,
grandi eventi, itinerari turistici) o iniziative di marketing legate ai
beni culturali, in grado di comunicare e di promuovere il patrimonio
culturale locale. E’ pertanto necessario valorizzare questo settore
dell’offerta formativa e favorire l’incontro tra domanda ed offerta
a livello locale con la destinazione di adeguate risorse: innanzitutto
attraverso i meccanismi di co-finanziamento regionale del FESR e
l’inserimento di questi obbiettivi nei patti di sviluppo locale.
10. Riforma del FSE
In merito alla proposta comunitaria di
riforma del Fondo Sociale Europeo contenuta in "Agenda 2000",
Governo e parti sociali concordano sui seguenti obiettivi:
sostanziale incremento della percentuale
del FSE impegnata nella programmazione 2000 – 2006, viste le nuove
missioni che il FSE dovrà ricoprire, con particolare riferimento ai
piani per l’occupazione ;
valorizzazione del "quadro di
riferimento in materia di sviluppo delle risorse umane per l’insieme
del territorio nazionale", previsto dal testo attuale dei nuovi
regolamenti. Tale quadro di riferimento tuttavia potrà rispondere
efficacemente alle esigenze di coesione e integrazione degli interventi
solo se diventerà un atto preliminare e vincolante, nell’ambito delle
risorse umane, alla formazione degli strumenti di programmazione degli
ob. 1 e 2;
previsione di un unico strumento di
programmazione per le risorse umane relativamente agli ob. 3 e 2, al
fine di evitare la parcellizzazione degli interventi e ottenere
risultati più incisivi.
L’applicazione di tale strategia rende
indispensabile l’istituzione di un tavolo di confronto permanente tra
Regioni, Ministero del Lavoro, Ministero della Pubblica Istruzione,
Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, parti sociali,
per costituire delle linee guida convergenti nell’ambito delle risorse
umane. I punti precedenti integrano quanto affermato nell’All. 3.
11. Formazione e politiche attive del
lavoro
Il Governo intende connettere fortemente
e rendere coerenti le scelte indicate precedentemente per la formazione
integrata con le politiche attive del lavoro. Attraverso il
riorientamento delle risorse, il consolidamento della collaborazione con
Regioni e Enti locali, la concertazione con le parti sociali, il Governo
intende realizzare il decentramento disegnato con il decreto legislativo
469/97, e assicurare standards minimi di qualità dei servizi
all’impiego, in linea con le migliori pratiche a livello comunitario.
Le linee principali di intervento, in
coerenza con le indicazioni provenienti dall’Unione Europea per la
definizione del cosiddetto "primo pilastro" del piano
nazionale per l’occupazione sono le seguenti:
semplificare e rafforzare gli strumenti
formativi e di inserimento al lavoro, sulla scorta degli impegni e delle
scelte sopra indicate;
migliorare la capacità delle strutture
impegnate nella realizzazione dei servizi per l’impiego. Il Ministero
del Lavoro, contestualmente al decentramento, continuerà, anche con una
intensa azione di coordinamento, nell’attuazione del programma di
aggiornamento e riqualificazione degli operatori interessati, in
collaborazione con le Regioni e gli Enti locali. In questo ambito, va
potenziata l’attività di orientamento al lavoro degli inoccupati e
dei disoccupati. Ciò implica la prosecuzione del metodo delle
interviste già avviate nel 1998, perseguendo gli obiettivi anche
quantitativi che verranno fissati a livello comunitario;
attuare progressivamente, nel corso del
1999, un sistema informativo omogeneo per tutto il territorio nazionale,
al fine di assicurare il più celere incontro tra domanda ed offerta del
lavoro.
In questo contesto, di particolare
rilievo è il trasferimento del personale degli Uffici Provinciali del
Lavoro e delle Agenzie per l’impiego alle Regioni e Province. Tale
trasferimento avverrà nel corso dei primi sei mesi del 1999. Si tratta
di un processo complesso e di notevoli proporzioni. Il Ministero del
Lavoro e le parti sociali, d’intesa con le Regioni, si impegnano a
monitorare questo passaggio in modo tale da renderlo compatibile e
funzionale con l’insieme degli impegni che sono stati qui delineati.
12. Ricerca e innovazione
Il nostro Paese investe in ricerca meno
degli altri paesi avanzati e registra comunque scarsi investimenti da
parte delle imprese. Si ribadisce, pertanto, l’importanza
dell’obbiettivo di una crescita della spesa per le attività di
ricerca coerente con gli indirizzi del Documento di programmazione
economico-finanziaria. Nel disegno strategico di una politica per la
R&S dovrà essere perseguito l’obbiettivo dell’elevamento della
competitività del sistema produttivo e del sistema della ricerca
pubblica e privata e in tale direzione dovranno essere orientate le
scelte degli interventi da realizzare.
Il Governo ritiene prioritario impegnarsi
in una rigorosa selezione delle iniziative, attraverso l’introduzione
di efficaci meccanismi per accrescere la qualità
scientifico-tecnologica dei risultati e il conseguente impatto
economico-occupazionale degli stessi. In particolare, il Governo si
impegna ad attivare immediatamente gli organismi di coordinamento,
programmazione e valutazione della politica nazionale della ricerca
previsti dal recente decreto legislativo n. 204/98. Ciò consentirà,
tra l’altro, di:
attivare nuove procedure di rigorosa
valutazione dei risultati, realizzando un efficace sistema di controllo
degli interventi;
amplificare la ricaduta
dell’investimento attraverso una precisa qualificazione della domanda
e una più stretta correlazione tra l’offerta e la domanda stessa.
Il Governo si impegna, inoltre a:
razionalizzare il sistema pubblico della
ricerca, riconsiderando i diversi soggetti istituzionali e
distinguendone missione, ruolo, organizzazione. In tale contesto, il
riordino degli enti di ricerca - con particolare riguardo al CNR e
all’ENEA - favorirà azioni di apertura e interazione con le realtà
produttive, dei servizi e delle diverse ammistrazioni pubbliche e
private, sia attraverso forme di mobilità del personale e di sostegno
alla autonoma capacità imprenditoriale dei ricercatori, sia attraverso
opportune forme di collaborazione direttamente ricollegate al
territorio;
sburocratizzare tutti gli strumenti di
intervento a sostegno delle attività di ricerca, attraverso la
revisione, integrazione e coordinamento di tutte le leggi in materia,
con particolare riferimento alla 46/82 e alla 488/92, mirando in
particolare a consentire un più agevole accesso ai finanziamenti
pubblici da parte delle PMI, anche privilegiando, in coerenza con gli
indirizzi comunitari, forme associative tra imprese, enti di ricerca e
università e a sostenere in modo coordinato le attività di ricerca,
sia autonome, sia programmate attraverso forme di ampia concertazione
tra Amministrazioni centrali e locali, Università, Enti pubblici di
Ricerca, mondo imprenditoriale, parti sociali, in piena coerenza con le
differenti condizioni di sviluppo territoriale;
favorire l’internazionalizzazione delle
iniziative di ricerca imprenditoriale, azioni mirate di promozione e
accompagnamento, nonché il potenziamento della partecipazione italiana
nell’ambito del V Programma Quadro, anche ricorrendo al supporto di
organismi esterni;
Il forte impegno già avviato nella
direzione della semplificazione amministrativa e dell’abbattimento dei
tempi decisionali, consentirà nell’immediato:
l’attivazione delle intese di programma
del Murst con il CNR e l’ENEA, che comporteranno la progressiva
immissione nel circuito di ricerca meridionale di circa 1.000
ricercatori;
lo sblocco di investimenti pari a circa
900 miliardi per il sostegno delle iniziative di potenziamento della
rete di ricerca delle aree depresse, selezionate nell’ambito delle
attività di programmazione negoziata. I progetti da attivare,
ricompresi in ventinove raggruppamenti tematici (clusters), potrebbero
costituire veri e propri "cantieri di lavoro creativo",
nell’ambito dei quali offrire ai giovani, attraverso addizionali
attività di formazione, possibilità di esperienze concretamente
valorizzabili su una varietà di occasioni di lavoro.
la rivitalizzazione, ove esistano
effettive possibilità di rilancio, di centri di ricerca in crisi, al
fine di salvaguardarne e valorizzarne il patrimonio di conoscenza,
competenze e attrezzature scientifiche.
Ciò, ovviamente, non può esaurire le
esigenze di un sistema di ricerca nazionale, pubblico e privato, che sia
funzionale alle necessità dello sviluppo economico-occupazionale del
Paese. In tale contesto dovrà prevedersi:
l’avvio di riforme che consentano una
incentivazione basata sulla defiscalizzazione degli investimenti in
ricerca;
l’introduzione di nuovi strumenti a
sostegno del capitale di rischio per un più ampio coinvolgimento della
finanza privata e per la realizzazione di nuove imprese ad alto
contenuto tecnologico. In tale contesto, saranno anche incentivate
iniziative imprenditoriali promosse da giovani ricercatori, quale spin
off dei programmi di formazione e ricerca lanciati dal Ministero con gli
strumenti delle citate L. 46/82 e 488/92.
Allegato 4: Formazione, sviluppo locale e
Pubblica amministrazione
La politica delle risorse umane è un
elemento centrale della strategia di sviluppo del Mezzogiorno. Per
costruire un intervento "ordinario" che crei sviluppo occorre
un salto di qualità nella politica delle risorse umane delle pubbliche
amministrazioni. Formazione, aumento di competenze, riorganizzazione
degli uffici e delle strutture devono essere al centro delle politiche
nazionali e locali come strumenti attuativi delle riforma amministrativa
e del decentramento.
Gli obiettivi verso i quali far
convergere le risorse a disposizione devono riguardare :
la formazione e l’assistenza alle
amministrazioni per rafforzare la loro efficienza ed efficacia, ai fini
della promozione dello sviluppo socioeconomico;
la coesione e l’innovazione
amministrativa, attraverso il miglioramento della qualità dei servizi e
degli standard di funzionamento; la sperimentazione e il trasferimento
sistematico di pratiche di eccellenza costituiscono, in questa
prospettiva, un efficace strumento di integrazione e di messa in comune
di risorse;
i processi di decentramento di compiti
statali, mettendo in condizione le nuove strutture regionali e locali di
operare secondo schemi e regole rinnovate e semplificate;
la riqualificazione e l’aggiornamento
professionale delle risorse esistenti e l’acquisizione, da parte delle
pubbliche amministrazioni, di nuove professionalità capaci di gestire
le diverse fasi del cambiamento;
il sostegno dell’azione delle
amministrazioni locali interessate al decollo dei patti territoriali e
delle altre forme di negoziazione programmata;
il miglioramento delle forme di
integrazione e di scambio di dati e informazioni tra amministrazioni
statali e amministrazioni locali, in tema di utilizzo dei fondi
strutturali, di anagrafe unica dei cittadini, di sportello unico per il
cittadino;
lo sviluppo locale, mediante azioni
finalizzate a promuovere il ruolo di sviluppo delle amministrazioni
locali e la dotazione di figure nuove quali gli agenti di sviluppo;
l’innovazione amministrativa, mediante
un laboratorio sperimentale finalizzato a individuare le iniziative di
eccellenza, da trasferire previa la loro ingegnerizzazione. Il
programma, finanziato con risorse CIPE, è particolarmente mirato allo
sportello unico per le imprese, in coerenza con le prime iniziative
finanziate con il programma PASS.
Il governo, in questo quadro, si impegna
ad attivare immediatamente i progetti del Dipartimento della Funzione
Pubblica, coordinati dal Formez, previsti nella programmazione
pluriennale e legati al potenziamento dell’intervento delle
amministrazioni per lo sviluppo locale. Per tali progetti, che saranno
raccordati con la più complessiva offerta di istruzione e formazione a
tutti i livelli, saranno previsti momenti di confronto preliminare con
le forze sociali. In particolare, il governo intende:
dare immediata attuazione al progetto RAP
di formazione, assistenza e consulenza delle amministrazioni decentrate
sullo sviluppo locale, che ha l’obiettivo di potenziarne la capacità
anche con la costruzione di una leva di "agenti di sviluppo "
interni ed esterni alle amministrazioni e alle agenzie di sviluppo
locale (170 miliardi circa);
dare immediata attuazione al progetto di
formazione e assistenza per l’attuazione dello Sportello Unico per le
imprese (49 miliardi circa);
rafforzare il progetto sulla formazione
per il decentramento del Ministero del Lavoro e per la costituzione dei
servizi per l’impiego locali (11 miliardi circa);
completare il progetto Pass con
interventi ulteriori per circa 100 miliardi.
Il totale di questi interventi
immediatamente cantierabili prevede complessivamente un investimento di
risorse nazionali (al netto di risorse aggiuntive delle amministrazioni
locali e regionali) pari a 230 miliardi circa, che potranno essere
utilizzati anche come quota di cofinanziamento nazionale per attivare
progetti comunitari in grado di mobilitare risorse complessive assai
superiori.
Il governo si impegna, inoltre, a dare
attivazione immediata ai seguenti progetti previsti e finanziati nella
programmazione pluriennale straordinaria del Dipartimento della Funzione
Pubblica e coordinati dal Formez:
progetto sull’innovazione
amministrativa e sulla riorganizzazione e coesione delle amministrazioni
-CIPA (50 miliardi circa);
progetto di estensione dei corsi concorso
alle amministrazione locali e regionali (20 miliardi circa);
progetto di formazione sulla protezione
civile (10 miliardi circa);
progetto di formazione sulla legge 626
nel settore pubblico (finanziamento da definire);
progetto di formazione (coordinato
dall’Aipa) connesso all’applicazione della rete unitaria della
Pubblica Amministrazione.
Il totale di questi interventi prevede
complessivamente un investimento di risorse nazionali (al netto di
risorse aggiuntive delle amministrazioni locali e regionali) pari a
circa 100 miliardi circa, che potranno essere utilizzati anche come
quota di cofinanziamento nazionale per attivare progetti comunitari in
grado di determinare risorse complessive superiori.
Il governo si impegna infine ad acquisire
nuove risorse nell’ambito del prossimo Quadro Comunitario di Sostegno
2000-2006, essendo evidente che la coesione e l’omogeneità degli
standard di efficienza delle amministrazioni dei vari Paesi sono
elementi irrinunciabili nel contesto del mercato unico europeo. I
progetti per lo sviluppo locale e per la coesione e l’innovazione
amministrativa vanno ricompresi tra le linee prioritarie d’azione da
sviluppare mediante il ricorso ai prossimi finanziamenti europei.
L’aumento delle risorse per la
formazione deve consentire di raggiungere in tempi certi la soglia
dell’1 per cento del monte salari del settore pubblico
Il governo si impegna sia a presentare
alle parti sociali entro l’aprile 1999 un piano straordinario sulla
formazione del settore pubblico che raccolga le varie proposte e linee
programmatiche sia a procedere al riordino del settore anche con
l’attuazione della delega relativa e con la riorganizzazione della
SSPA.
A tal fine il Governo si impegna a
costituire con le parti sociali presso il Dipartimento per la Funzione
Pubblica un gruppo di lavoro finalizzato a definire nel termine di 4
mesi:
gli obiettivi a breve e medio termine di
una politica formativa per i lavoratori pubblici secondo le seguenti
priorità:
a1 – favorire la riconversione
professionale dei lavoratori interessati dai processi di mobilità
indotti dal decentramento istituzionale e amministrativo;
a2 – predisporre gli interventi e gli
strumenti formativi indotti dall’applicazione dei nuovi ordinamenti
professionali;
a3 – riqualificare i dirigenti delle
PP.AA., con particolare riguardo ai nuovi compiti in materia di gestione
economica per centri di costo, di conduzione delle relazioni sindacali,
di responsabilità organizzativa;
a4 – riqualificare e rafforzare, con
particolare riguardo agli uffici periferici del Ministero del Lavoro, i
supporti amministrativi pubblici di sostegno alle nuove procedure
extragiudiziali di conciliazione e di arbitrato.
i principi e il disegno generale del
nuovo sistema formativo dei lavoratori pubblici, favorendo le sinergie
tra le diverse competenze e i vari soggetti istituzionali.
i principi organizzativi e le competenze
professionali per l’introduzione sistematica nelle PP.AA. di strutture
preposte alla formazione dei lavoratori pubblici quale fondamentale
elemento di una nuova politica del personale.
le forme di partecipazione e il rapporto
con l’attività contrattuale delle fasi di attuazione dei progetti
formativi.
i sistemi di certificazione e
monitoraggio dell’offerta pubblica e privata di formazione.
Ulteriori risorse saranno reperite
nell’ambito dei bilanci delle singole amministrazioni, i cui programmi
formativi dovrebbero armonizzarsi con gli obiettivi strategici sopra
richiamati.
Lo strumento dell’accordo di programma
ai diversi livelli e il coinvolgimento della Conferenza unificata Stato
- Regioni - Autonomie locali dovranno assicurare le necessarie sinergie
e forme di collaborazione tra i vari soggetti istituzionali, nel
rispetto dei reciproci ruoli. Con gli stessi strumenti di concertazione
va promosso il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e
l’interscambio di esperienze con il mondo delle imprese.
Allegato 5: Ulteriori ipotesi di
intervento di semplificazione e razionalizzazione
1. Abolizione dell’apposito registro
antincendio (ex DPR 12 gennaio 1998, n. 37, art. 5)
L’impresa sottoposta a vigilanza da
parte dei VV. FF. è obbligata a fornirsi di apposito registro antro il
quale trascrivere la formazione, i mezzi di soccorso, etc. Tale misura
può essere conseguita più semplicemente con altri mezzi che soddisfino
la legislazione sulla sicurezza e consentano di dimostrare
l’assolvimento effettivo degli obblighi senza la sovrapposizione di
registri.
2. Abolizione dell'invio all'ente di
controllo del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione (ex d. lgs. 626/94 come modificato dal d.lgs 242/96)
Tale invio è inutile, l’obbligo
significativo essendo nella nomina del responsabile (che spesso coincide
con l’imprenditore stesso).
3. Soppressione dei fondi di previdenza
impiegati gestiti dall’Ina con contestuale trasferimento al Fondo
pensioni lavoratori dipendenti delle attuali disponibilità economiche
dei Fondi ed eliminazione dei relativi oneri impropri a carico delle
aziende.
I Fondi di previdenza per gli impiegati
gestiti dall’Ina costituiscono un doppione sia dei trattamenti erogati
dall’Inps in caso di disoccupazione sia del trattamento di fine
rapporto. La contribuzione a carico del lavoratore e dell’azienda è
assolutamente esigua (50 lire mensili pro capite a carico di entrambe le
parti) come le relative prestazioni (pari al massimo a 60 mila lire
complessive). Risulta, invece, gravoso l’onere amministrativo per le
aziende.
Allegato 6: Ipotesi di interventi in
materia di sicurezza e certezza del diritto
1. Approvazione della legge antiracket
Il disegno di legge presentato dal
Governo in materia di funzionamento del fondo antiracket è da tempo
fermo al Senato. Il Governo si impegna a sollecitarne una pronta
approvazione.
2. Rifinanziamento della l. 108/1996 (antiusura)
3. Beni culturali
Il Ministero per i beni e le attività
culturali verificherà, nell’iter parlamentare del rilevante Testo
unico che sarà presentato in gennaio, gli strumenti per assicurare
semplificazione delle procedure e certezze dei tempi dell’attività
provvedimentale.
4. Sicurezza per lo sviluppo
Il programma "Sicurezza per lo
sviluppo" mira a rafforzare il rapporto fra istituzioni della
sicurezza e mondo imprenditoriale, anche attraverso l’aggiornamento
della mentalità organizzativa ed operativa delle tre Forze di polizia e
la rimodulazione degli schemi di controllo del territorio. Approvato
dalla Commissione europea, il programma è stato ammesso al
co-finanziamento con i fondi strutturali per un ammontare complessivo di
ca. 560 miliardi di lire, e sarà portato a termine entro il 2001.
L’impegno del Governo è volto a finanziare, tra l’altro, le
iniziative di programmazione negoziata nel cui ambito andranno apportate
le risorse che potranno essere impiegate per migliorare le condizioni di
sicurezza e di legalità all’interno dei singoli patti territoriali e
contratti d’area.
5. La giustizia civile
5.1 Istituzione del giudice unico di
primo grado. L’introduzione del giudice unico di primo grado si
traduce in primo luogo nell’abolizione della duplicità degli uffici
del pretore e del tribunale, prefigurando un sistema incentrato sulla
ripartizione di competenze, in primo grado, tra giudice togato e giudice
di pace. Il Governo si impegna a rispettare la data di cui al d. lgs. N.
51 del 1998 (2 giugno 1999).
5.2 Sezioni stralcio. Il Governo si
impegna a pubblicare in tempi ravvicinati il nuovo bando per la
integrale copertura di giudici onorari aggregati (le cui vacanze
effettive sono pari a 669).
5.3 Istituzione di nuovi tribunali e
revisione dei circondari di Torino, Milano, Roma, Napoli e Palermo e .
Il Governo si impegna sollecitare una pronta approvazione del d.d.l.
3033 che delega il Governo all’emanazione di uno o più decreti
legi9slativi diretti a decongestionare i tribunali sopraindicati. Il
Governo si impegna altresì a sollecitare la pronta approvazione del
d.d.l. n. 4625/c (confluito nel d.d.l. 411/c) recante, fra l’altro,
norme sul contenzioso civile pendente e sulle indennità spettanti al
giudice di pace.
5.4 Introduzione di filtri al contenzioso
civile. Il Governo si impegna a presentare il progetto di riforma
relativo al funzionamento di un sistema efficiente di alternative
dispute resolution, inteso a:
istituire camere di onciliazione presso
tutti i tribunali
valorizzare le esperienze di
conciliazione spontanea con l’istituzione di un apposito registro
delle associazioni e istituzioni operanti,
potenziare i poteri conciliativi del
giudice di apce e del favor conciliationis nel processo
prevedere materie che per la loro
specificità necessitano di un filtro conciliativo pregiudiziale
prevedere interventi di conciliazione su
indicazione del giudice.
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