Sentenza 17 dicembre 1999, n. 1
La Corte Costituzionale
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 3, del codice civile e dell'art. 2777 del codice civile, lett. b), promosso con ordinanza emessa il 3 agosto 1998 dal Tribunale di Vicenza nel procedimento civile vertente tra Belluzzo s.r.l. e H.B. s.r.l., in liquidazione e in concordato preventivo, iscritta al n. 872 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Udito nella Camera di Consiglio del 13 ottobre 1999 il Giudice relatore Annibale Marini.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale di Vicenza, chiamato a decidere sulla collocazione di un credito, vantato da una società a responsabilità limitata a titolo di provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 3, del codice civile (e, per quanto occorra, dell'art. 2777 cod. civ., lett. b), recte: art. 2777 cod. civ., secondo comma, lett. b) nella parte in cui dette norme attribuiscono natura privilegiata ai crediti per provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia e alle indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo, indipendentemente dalla qualità rivestita dal soggetto creditore.
In particolare, secondo il Tribunale rimettente, il riconoscimento del privilegio di cui all'art. 2751-bis, n. 3, cod. civ. anche alle società di capitali che svolgono attività di agenzia si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevolezza dell'inclusione - in una norma la cui "ratio" deve individuarsi nella tutela, in sede esecutiva, del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni - di un privilegio a favore di soggetti, quali appunto le società di capitali, caratterizzati dall'esercizio collettivo dell'impresa. Mentre, sotto altro profilo, la norma, come sopra interpretata, verrebbe a creare un'illegittima disparità di trattamento tra l'agente che opera sotto forma di società di capitali i cui crediti sarebbero garantiti da privilegio e gli imprenditori che svolgono altre attività ed i cui crediti sarebbero privi di analoga tutela.
2. - La questione non è fondata, nei sensi di seguito precisati.
2.1. - La premessa interpretativa da cui il rimettente muove, pur affermandone l'incostituzionalità, è quella - conforme alla giurisprudenza di legittimità - secondo la quale il privilegio previsto dalla norma denunciata assisterebbe i crediti per provvigioni e indennità, comunque derivanti dal rapporto di agenzia, senza dover distinguere, sotto il profilo soggettivo, se l'agente sia una persona fisica o una società.
Tale tesi si fonda essenzialmente sul tenore letterale della norma che - diversamente dalle altre contenute nel medesimo art. 2751-bis - riconosce il privilegio di cui si tratta con riferimento non già ai soggetti titolari dei crediti, ma al tipo di credito ("le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia ... e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo"), con esclusione di qualsiasi considerazione di natura soggettiva.
2.2. - L'interpretazione accolta dal rimettente non è, tuttavia, la sola consentita dal testo e dalla "ratio" della disposizione impugnata, che può essere infatti intesa, in conformità alla giurisprudenza di merito e alla dottrina prevalenti, in un senso del tutto diverso, tale da superare il denunciato contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
2.3. - Va ricordato, al fine di un'esatta ricostruzione del significato della disposizione, come l'art. 2751-bis sia stato introdotto nel codice civile dall'art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 426 (Modificazioni al codice civile e alla legge 30 aprile 1969 n. 153 in materia di privilegi) allo scopo, reso palese dai lavori preparatori, di attribuire ai crediti dei lavoratori autonomi una tutela di grado pari a quello già riconosciuto dalla legge n. 153 del 1969 ai crediti dei lavoratori subordinati, assegnando loro il primo posto nell'ordine di prelazione di cui all'art. 2778 del codice civile. Nella relazione alla prima delle proposte di legge successivamente unificate (la n. 146 presentata il 30 maggio 1972) si afferma espressamente, a sostegno della necessità di una tale parificazione, che "la ratio legis dei numeri 4, 5 e 6 dell'art. 2751 (corrispondenti ora ai numeri 1, 2 e 3 dell'art. 2751-bis) era infatti la medesima: quella cioè di tutelare i crediti per prestazione di attività lavorativa in forma sia subordinata che autonoma", secondo il dettato dell'art. 35 Cost.
La medesima esigenza di tutela del lavoro risulta altresì posta espressamente a base dell'emendamento - successivamente approvato con ulteriori modificazioni - diretto ad attribuire analogo privilegio generale sui mobili del debitore anche ai crediti dei coltivatori diretti e delle imprese artigiane (divenuti i numeri 4 e 5 dell'art. 2751-bis).
Sembra perciò difficile contestare che la "ratio" dell'intero articolo 2751-bis cod. civ. sia quella di riconoscere una collocazione privilegiata a determinati crediti in quanto derivanti dalla prestazione di attività lavorativa svolta in forma subordinata o autonoma e, perciò, destinati a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore. "Ratio" che, del resto, inequivocamente, afferma lo stesso giudice di legittimità in riferimento alle altre ipotesi di privilegio previste dallo stesso articolo, pervenendo, in tal modo, a negare il riconoscimento della prelazione a favore dei creditori diversi dalle persone fisiche (o dai soggetti espressamente considerati nei numeri 5 e 5-bis).
2.4. - L'assimilazione, quanto ai privilegi, delle società di capitali alle persone fisiche comporterebbe, dunque, un'ingiustificata equiparazione di situazioni diverse. Pertanto, alla stregua del canone ermeneutico rappresentato dalla "ratio legis" e di quello, più volte enunciato da questa Corte, secondo cui tra più significati possibili occorre preferire quello conforme a Costituzione, le disposizioni denunciate devono essere interpretate nel senso di escludere dal loro ambito applicativo i crediti delle società di capitali, per la diversità causale di tali crediti rispetto a quelli che il legislatore ha inteso tutelare. Con conseguente dichiarazione di infondatezza della censura di violazione dell'art. 3 Cost. sollevata dal rimettente in base ad una diversa lettura della norma denunciata.
Per questi motivi
La Corte Costituzionale
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 3, del codice civile e dell'art. 2777 del codice civile, secondo comma, lettera b), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Vicenza con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1999.