Nota CGIL sul TFR e la riforma della previdenza

La CGIL ha contrastato con forza questa controriforma sulle pensioni e insieme a CISL e UIL ha promosso numerose iniziative di lotta tra le quali due scioperi generali il 24 ottobre 2003 ed il 26 marzo 2004 ed una grande manifestazione nazionale a Roma il 6 dicembre 2003.

Il Governo aveva deciso di rendere obbligatorio il trasferimento del TFR ai fondi di previdenza integrativa, contrattuali o regionali o gestiti da banche e assicurazioni.

Le proposte di CGIL CISL UIL, sostenute dalle mobilitazioni di milioni di lavoratori hanno cancellato questo inaccettabile sopruso, e ognuno potrà continuare a decidere se destinare o meno alla previdenza integrativa il proprio TFR.

Il giudizio della CGIL rimane nettamente critico sul complesso della legge delega sulle pensioni che, come ha dichiarato il Presidente del Consiglio, era necessaria per ottenere un miglior giudizio sui conti pubblici dalla finanza internazionale e dalla comunità europea: tutta la politica economica del Governo punta a far pagare ai lavoratori e ai pensionati i costi di scelte profondamente sbagliate e inefficaci sul piano dello sviluppo.

La CGIL e i fondi pensione

La CGIL si oppone fortemente all’attacco evidente e pericoloso di questi anni alla previdenza generale obbligatoria, ma è anche molto attenta alle situazioni reali dei lavoratori. In particolare, dopo le grandi riforme degli anni passati, le giovani generazioni si trovano con la prospettiva di pensioni insufficienti. A questi non si può rispondere solo con una battaglia di principio, ma proponendo e contrattando condizioni di maggior favore. La previdenza complementare negoziale è una risposta parziale: la battaglia per cambiare la politica previdenziale deve continuare.

Il punto sulla norma relativa al TFR

L’allarme è del tutto ingiustificato, il problema resta e resta la necessità di garantire l’effettiva libertà di scelta attraverso la corretta informazione ai lavoratori. Il "silenzio assenso", per essere operativo richiede l’emanazione di un decreto legislativo che dia attuazione concreta al principio enunciato nella delega solo in termini generali. Per l’emanazione del decreto il governo ha 12 mesi di tempo a partire dal 6 ottobre, data di entrata in vigore della legge (cioè 15 giorni dopo la pubblicazione sulla G.U.). Inoltre il lavoratore avrà a disposizione i successivi 6 mesi per manifestare la sua volontà. Solo in mancanza di questa ci sarà il trasferimento d’ufficio del TFR ad un ancora non meglio precisato fondo pensione.

La norma sul TFR non riguarda direttamente i lavoratori dell’università

Infatti la norma riguarda solo il TFR e non l’Indennità di Buona Uscita (la cosiddetta liquidazione).

Questa, fino al momento attuale (e la legge approvata non prevede modificazioni), non può essere trasferita ai fondi pensione senza esplicito assenso. Inoltre affinché un lavoratore di una Università possa esercitare questa scelta, dovrà essere istituito precedentemente un apposito fondo della previdenza complementare dei lavoratori del comparto delle Università. Una previsione in tal senso c’è nel nuovo CCNL in via di approvazione. Il silenzio assenso quindi non c’è e sarà necessaria la volontà esplicita del lavoratore espressa mediante la sottoscrizione di un modulo di aderire al fondo pensione.

Il TFR e la demagogia RDB

L’allarme diffuso in questi giorni sugli effetti del cosiddetto "silenzio assenso" in merito al conferimento del TFR ai fondi pensione previsto dalla legge delega sulla previdenza è cresciuto anche per la confusione alimentata da una vera e propria campagna di disinformazione. La RDB-CUB università si è distinta anche in questo ed è andata oltre e titola un suo comunicato " Il Governo ruba la liquidazione con la complicità di CGIL CISL UIL".

Questo è l’ennesimo tentativo della RDB di accomunare il Governo con la CGIL e gli altri Sindacati confederali come controparte dei lavoratori. Ciò è ridicolo e privo di fondamento, e risponde solo alla esigenza di questi sindacati autonomi di darsi un po’ di visibilità. Non a caso questi attacchi al Sindacato Confederale e soprattutto alla CGIL sono aumentati in vista delle prossime elezioni delle RSU. Paradossalmente attaccano molto più la CGIL che il Governo, cercando di nascondere così la loro debolezza in termini di capacità di proposta ed iniziativa nel difendere nei fatti e non solo a parole i lavoratori sul terreno dei diritti, così fortemente attaccati in questi anni.

Chi descrive la CGIL a braccetto con il governo Berlusconi cerca di nascondere che la CGIL, a volte anche da sola, è stata in prima fila nella difesa dei diritti dei lavoratori, è stata un riferimento nella lotta contro la politica antipopolare del governo e ha riaffermato l’autonomia del sindacato.

Lo sa chi conosce l’impegno della CGIL, chi era in piazza a difesa dell’articolo 18 (e che con noi ha vinto), chi ricorda la vittoria degli operai di Melfi, chi con noi si è opposto al "Patto per l’Italia" del governo Berlusconi.

Roma, 27 Ottobre 2004

FLC CGIL di Roma e Lazio- FLC CGIL Tor Vergata