Nel 1649 aveva già raccolto un cospicuo numero di monete, accanto a libri a stampa e manoscritti contenenti gli inventari delle più famose collezioni dell’epoca (Farnese, Medici, Boncompagni, Cristina di Svezia).
Tra il 1654 e il 1658 Camillo, nominato patriarca di Gerusalemme e legato pontificio, dovette soggiornare in Spagna, ove raccolse esemplari provinciali romani ed acquistò uno "studio" di monete d’oro e d’argento, appartenuto in precedenza all’imperatore Carlo V. Richiamato in Italia nel 1658 dalla Curia romana, fu costretto a risiedere per alcuni anni a Roccasecca in una sorta di esilio. Nella solitudine del paese laziale, Camillo trovò conforto negli studi numismatici, tenendo un’assidua corrispondenza con i più valenti eruditi dell’epoca (P.Seguin, F. Gottifredi, G.P. Bellori). Tornato a Roma dopo il 1662, Massimo era considerato uno dei più attenti conoscitori di monete greche e romane, cosicché il suo parere veniva spesso richiesto dagli altri antiquari dell’epoca.
Eletto cardinale nel 1670 e soprintendente della fabbrica di palazzo Altieri
al tempo di Clemente X (1670-76), Massimo dovette forse aumentare le possibilità
di approvvigionamento di materiale archeologico e numismatico.
Alla sua morte, avvenuta nel 1677, il cardinale aveva
raccolto 2553 monete, alcune delle quali comparivano nelle maggiori pubblicazioni
di allora, per rarità e per valore storico.
Incisione riproducente un bronzo di Antonino Pio tratta da un volume di Bellori del 1676 riguardante monete della Collezione Massimo