IL CARDINAL MASSIMO


 

    Ritratto di Camillo Massimo di Diego Velázquez della National Gallery (Londra)

 
    Nato a Roma nel 1620 da un’illustre famiglia, Massimo seppe coniugare l’amore per gli studi di carattere antiquario con quello delle arti visive della sua epoca. Laureatosi alla Sapienza, Camillo aveva frequentato in gioventù il Museo dell’Angeloni, sorta di santuario dell’erudizione seicentesca, dove probabilmente aveva appreso i primi elementi della scienza antiquaria.

    Nel 1649 aveva già raccolto un cospicuo numero di monete, accanto a libri a stampa e manoscritti contenenti gli inventari delle più famose collezioni dell’epoca (Farnese, Medici, Boncompagni, Cristina di Svezia).

    Tra il 1654 e il 1658 Camillo, nominato patriarca di Gerusalemme e legato pontificio, dovette soggiornare in Spagna, ove raccolse esemplari provinciali romani ed acquistò uno "studio" di monete d’oro e d’argento, appartenuto in precedenza all’imperatore Carlo V. Richiamato in Italia nel 1658 dalla Curia romana, fu costretto a risiedere per alcuni anni a Roccasecca in una sorta di esilio. Nella solitudine del paese laziale, Camillo trovò conforto negli studi numismatici, tenendo un’assidua corrispondenza con i più valenti eruditi dell’epoca (P.Seguin, F. Gottifredi, G.P. Bellori). Tornato a Roma dopo il 1662, Massimo era considerato uno dei più attenti conoscitori di monete greche e romane, cosicché il suo parere veniva spesso richiesto dagli altri antiquari dell’epoca.

       Eletto cardinale nel 1670 e soprintendente della fabbrica di palazzo Altieri al tempo di Clemente X (1670-76), Massimo dovette forse aumentare le possibilità di approvvigionamento di materiale archeologico e numismatico.

    Alla sua morte, avvenuta nel 1677, il cardinale aveva raccolto 2553 monete, alcune delle quali comparivano nelle maggiori pubblicazioni di allora, per rarità e per valore storico.
 

Incisione riproducente un bronzo di Antonino Pio tratta da un volume di Bellori del 1676 riguardante monete della Collezione Massimo