Ruggero II nel 1140 vara un'importante riforma monetaria, che interessa sopratutto le monete di rame e d'argento; i tarì restano per lo più immutati. L'unica notizia scritta su questa riforma ci giunge dal cronista Falcone di Benevento, contemporaneo di Ruggero e suo grande nemico. Egli ci riferisce che Ruggero abolisce le romesinae, vecchi follari bizantini, e le sostituisce con moneta con una bassa percentuale d'argento, solo il 50%, detta "ducatus", che vale otto delle vecchie romesinae. Questa moneta è di tipo bizantino molto bella, viene coniata probabilmente a Palermo ma l'indicazione della zecca è solo sulle sue frazioni.

Introduce inoltre tre nuovi tipi di follare di rame di peso ridotto, decidendo così di abolire tutte le vecchie monete di rame per dare un pò di ordine a tutta la monetazione.

L'iconografia scelta da Ruggero II su tutte le monete di questo periodo è dettata da una scelta ben precisa, quella di comunicare il concetto di sovranità e di potere. Fa molto uso di simboli come la corona, le vesti, il globo crucigero, cercando di porsi al pari dell'Imperatore bizantino, anche se formalmente è solo rex e non imperator.

Egli conia diverse monete a seconda delle zone di emissione: a Salerno un tarì con contenuto aureo di circa il 32% e ad Amalfi uno di circa il 43%. Le leghe d'argento analizzate hanno un contenuto di fino che va da un minimo del 35% ad un massimo del 57% nel ducale.

Ruggero si appropria di molti dei simboli e dei titoli arabi e molto spesso conia monete con scritte sia in arabo che in latino.