Fusione e falsificazione


    Poiché era facile riprodurre una moneta con il procedimento della fusione, in periodi particolari si usò questo metodo per preparare rapidamente una grande quantità di materiale, in particolare moneta  di piccolo taglio per uso quotidiano e necessità degli eserciti nelle zone di frontiera. Si sono ritrovate, infatti, numerosissime forme da fondere lontano dall'Urbe, lungo il limes germanico, in Gallia e in Egitto.

    Ma con questo procedimento era anche semplice produrre delle falsificazioni.  Non  è sempre facile distinguere una falsificazione "privata" da una produzione uffuciale, anche se in qualche caso non sembra possano sussistere dubbi.

    Un esempio è costituito da un intero ripostiglio di monete imitanti denari repubblicani di argento ritrovato a Lucoli alcuni decenni or sono ed a lungo ritenuto composto di veri denari, assieme a suberati. In realtà le monete risultano essere fuse e composte di una lega povera, costituita essenzialmente di rame e stagno (in proporzione di circa 70% e 30%, con tracce di piombo) e prodotte nel I secolo a.C..

    Solo un esame approfondito effettuato con l'ausilio di tecniche di analisi non distruttive quali quelle ottiche, fisiche e chimiche, ha consentito di individuare con certezza che si tratta di monete false e di ricostruire il procedimento della produzione: con un buon denario di argento si imprimeva una matrice, che, poi, era utilizzata per produrre più monete di metallo povero, ritrovate insieme nel gruzzolo, di aspetto brillante, simile all'argento.

    Un esame accurato ha, inoltre, consentito di riconoscere le monete prodotte dalla stessa matrice o da  matrici diverse prodotte da una stessa moneta: nel primo caso le due monete sono assolutamente identiche, poichè riportano tutti i tratti propri della matrice; nel secondo gli esemplari  sono identici nella forma del tondello e nei tipi, ma presentano caratteristiche differenti, derivanti dalle matrici originarie.