INDICE IMPOSTE (DRE/RIFORMAVISCO)

al 26/7/1999

Nome del file

Descrizione

V2-001A9.DOC

13284/98 - Immobile strutturale e cessione di azienda

V2-006A9.DOC

44434/98 - Imputazione dei disavanzi derivanti da operazioni di fusione a beni immateriali di società incorporata non valorizzati in contabilità

V2-007A9.DOC

8424/97 - Neutralità di operazione di scissione

V2-009A9.DOC

67481/96 - Operazione di scissione ex articolo 123 bis del dpr 917/86. Possibile elusività dell’operazione

V3-002A9.DOC

8419/97 - Modalità di tassazione dei proventi derivanti dalla liquidazione di quote di Oicvm in uno stato comunitario

V3-003A9.DOC

44933/96 - Aumento di capitale a pagamento in una società a responsabilità limitata. Implicazioni tributarie della rinuncia al diritto di opzione

V3-005A9.DOC

31207/99 - Capital gain - Applicazione delle disposizioni dell’art. 14 D.Lgs. 461/97

V3-012A9.DOC

60748/98 - Regime fiscale dei redditi di capitale delle SICAV immobiliari di diritto lussemburghese

V3-014A9.DOC

76213/98 - Modalità di affrancamento di quote di partecipazione in società a responsabilità limitata

V7-472A9.DOC

18401/98 - Sanzioni tributarie D.Lgs. 472/97. Individuazione del responsabile della violazione e conseguenti sanzioni irrogabili

dre/rifvisco/v2-001a9.doc

 

PROT. 13284/98

 

Oggetto: Immobile strutturale e cessione di azienda

 

Con la suindicata nota l’istante chiede di conoscere se la cessione di un immobile classificato nella categoria D/8, attualmente destinato a sede di una banca e munito di cablatura, di centralina, telefonica, di sistema modem centralizzato e computers, possa configurare una cessione di azienda da tassare ai sensi dell’art. 1 del dl 8.10.97, n. 358.

Questa Direzione non ritiene di poter ravvisare nella prospettata ipotesi una cessione di azienda così come definita dall’art. 2555 del cod. civ.: complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa".

Secondo una costante giurisprudenza della Suprema Corte, l’insieme dei beni oggetto della cessione, per essere considerati azienda, devono essere collegati e armonizzati fra loro in modo da costituire una organizzazione idonea allo svolgimento di una attività produttiva. Inoltre, l’insieme dei beni oggetto del contratto devono essere valutati con una stima specifica, cioè diversa dalla sommatoria dei valori dei singoli beni (cfr. Cass., Sez. I - Sent. n. 8365 del 26.7.93).

La fattispecie prospettata, pur investendo una pluralità di beni, li considera nella loro individualità e specificità e non nella loro funzione unitaria e strumentale in ragione del fine economico perseguito dall’imprenditore. La medesima sembra, pertanto, configurare una cessione di beni aziendali; ciò anche in considerazione che all’immobile si dà rilievo come elemento principale cui afferiscono in rapporto di accessorietà gli altri beni (lo stesso contribuente sostiene "che è intenzione della società cedere l’immobile").

 

 

dre/rifvisco/v2-006a9.doc

SERVIZIO I

DIVISIONE I

Prot. n. 44434/98

 

Oggetto: II.DD. Imputazione dei disavanzi derivanti da operazioni di fusione a beni immateriali di società incorporata non valorizzati in contabilità

 

Con la nota sopra evidenziata è stato chiesto di conoscere il parere della scrivente in merito alla corretta interpretazione del regime civilistico e fiscale del disavanzo di annullamento e del disavanzo da concambio derivante da una operazione di fusione perfezionatasi con atto del giugno 1997 i cui effetti contabili e fiscali vengono retrodatati al 1 gennaio 1997.

In particolare viene chiesto :

- di confermare la possibilità di utilizzo dei citati disavanzi per :

a) rivalutare i beni immateriali dell'incorporata (marchi, brevetti e know - how)

b) iscrivere la voce avviamento nel bilancio della società incorporante

c) iscrivere tra le immobilizzazioni immateriali della società incorporante la voce capacità di conseguimento della certificazione di qualità

- di verificare se le sopra evidenziate imputazioni siano o meno condizionate dalla circostanza che, nella contabilità della società incorporata, non risulti assegnato alcun valore ad alcune delle poste riportate;

- di conoscere il trattamento, ai fini delle imposte sui redditi, degli ammortamenti dei maggiori valori attribuiti alle suddette poste di bilancio in sede di imputazione dei disavanzi di fusione.

 

In primo luogo, deve essere premesso che:

- il disavanzo da concambio costituisce una posta di equilibrio contabile che indica l'eccedenza dell'aumento del capitale sociale deliberato dalla società incorporante rispetto al patrimonio netto della società incorporata;

- il disavanzo da annullamento indica, invece, l'eccedenza del valore contabile della partecipazione annullata da parte dell'incorporante per effetto dell'operazione di fusione rispetto al patrimonio netto contabile (o alla quota di patrimonio netto) della società incorporata;

- entrambi i predetti disavanzi possono trarre origine, sotto l'aspetto economico, dall'esistenza di plusvalenze latenti sui beni, materiali ed immateriali, della società incorporata, ovvero dall'esistenza di un avviamento, o, infine, dal realizzarsi di una perdita di fusione.

A parere della scrivente, solo una puntuale analisi, da porre in essere caso per caso, permette di individuare correttamente la natura dei citati disavanzi e, quindi, di giustificare, fermi restando i principi dettati dagli articoli 2423 bis, 2424 bis e 2426 del codice civile:

- la rivalutazione dei beni dell'incorporata nel bilancio dell'incorporante;

- l'iscrizione nel bilancio della società incorporante di una voce a titolo di avviamento;

- l'imputazione della perdita di fusione nel conto economico.

Per quanto concerne l'aspetto fiscale, la legge n. 724/94 ha disposto, agli effetti delle imposte sui redditi, la neutralità delle operazioni di fusione e di scissione. Conseguentemente, il disavanzo di fusione e di scissione non risulta utilizzabile per iscrizioni di valore in franchigia di imposta a qualsiasi voce, forma o titolo operate.

In deroga a tale principio generale, l'articolo 6 del dlgs 358/97 ha introdotto una particolare disciplina finalizzata a consentire il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio per effetto della imputazione dei disavanzi da annullamento o da concambio. Tale regime, risulta applicabile, ai sensi dell'articolo 9 del dlgs 358/97, alle operazioni di fusione e scissione perfezionate a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del citato provvedimento (8 novembre 1997).

Premesso che quale data di perfezionamento delle operazioni deve intendersi, ai sensi dell'articolo 2504 bis del Codice civile, il momento in cui è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni dell'atto di fusione presso l'ufficio del registro delle imprese territorialmente competente in base alla sede delle società partecipanti alla fusione (e non la data dell'atto di fusione), il citato riconoscimento fiscale risulta subordinato:

- all'esplicita richiesta in sede di dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui l'operazione di fusione ha avuto effetto;

- all'assoggettamento dei maggiori valori, salvo che ricorrano le ipotesi di cui all'articolo 6, comma 2, del provvedimento citato, ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi del 27%.

Ciò premesso, la scrivente ritiene dunque possibile, nei limiti sopra esaminati, l'utilizzo del disavanzo da annullamento e del disavanzo da concambio per l'iscrizione nel bilancio della società incorporante sia di una voce a titolo di avviamento, sia per la rivalutazione dei beni immateriali, documentalmente esistenti, in capo alla società incorporata, a nulla rilevando il fatto che a questi ultimi, nella contabilità della società incorporata, non risulti assegnato alcun valore.

In relazione invece alla possibilità di utilizzo dei citati disavanzi per l'iscrizione di una posta di bilancio a titolo di "capacità di conseguimento della certificazione di qualità secondo le normative vigenti", la scrivente ritiene che tale capacità non costituisca di per sé un bene immateriale, ma che possa, al più, costituire una delle variabili da considerare nella determinazione della potenziale futura redditività aziendale e, di conseguenza, possa rappresentare una delle componenti da valutare per la corretta quantificazione dell'avviamento insito nella società incorporata.

Da ultimo, qualora le suddette iscrizioni assumano rilevanza fiscale in seguito alla puntuale osservanza della particolare disciplina prevista dal dlgs 358/97, il regime ai fini delle imposte sui redditi degli ammortamenti dei citati maggiori valori risulta disciplinato dall'articolo 68 del dpr 917/86, così come modificato dalla legge 449/97, secondo cui in ogni singolo periodo di imposta:

- le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore ad un decimo del valore stesso;

- le quote di ammortamento del costo dei marchi di impresa sono deducibili in misura non superiore ad un decimo del costo;

- le quote di ammortamento del costo dei brevetti industriali e di know how sono deducibili in misura non superiore ad un terzo del costo.

 

dre/rifvisco/v2-007a9.doc

 

DRE LOMBARDIA - SERVIZIO I°, DIVISIONE I^

Prot. n. 8424/97

 

Oggetto: II.DD. Neutralità di operazione di scissione. Quesito.

 

Con la nota sopra indicata la S.V. ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione in merito ad una prospettata operazione di scissione societaria.

Nella fattispecie prospettata, tre persone fisiche partecipano in una società in accomandita semplice (Aci sas) che, a sua volta, controlla interamente un'altra società in accomandita semplice.

Per esigenze organizzative, quest'ultima società intenderebbe conferire le sue proprietà immobiliari in tre nuove società, le cui quote saranno detenute dai soci della società Aci sas in proporzione alle rispettive partecipazioni nelle società scisse

Si chiede dunque di conoscere se l'operazione di scissione possa essere considerata fiscalmente neutra ai sensi di quanto disposto dall'articolo 27 della legge n. 724/94 e dall'articolo 10 della legge 408/90, nonostante quanto disposto dal comma 16 dell'articolo 123 bis del dpr 917/86.

La neutralità fiscale dell'operazione, in base a quanto previsto dall'articolo 27 della norma sopra richiamata, costituisce il regime naturale di tutte le operazioni di fusione e di scissione, e comporta, per espressa disposizione normativa che "il disavanzo di fusione e di scissione non è utilizzabile per iscrizioni di valore in franchigia di imposta, a qualsiasi voce, forma o titolo operate".

L'espressione della neutralità fiscale, viene posta dalla legge in stretta correlazione con siffatta esclusione, ed implica, di fatto, il superamento del sistema dettato dagli articoli 123 e 123 bis del dpr 917/86.

Per conseguenza, a parere di questa Direzione, deve dunque escludersi, in via meramente presuntiva, l'applicabilità della norma anti elusiva, non potendosi configurare in astratto la possibilità di indebita fruizione di benefici fiscali attinenti alle imposte sui redditi per il tramite di operazioni di fusione o scissione societaria.

In conformità con tale indirizzo, l'articolo 9, comma 6, del dlgs. 358/97 ha previsto la soppressione del comma 16 dell'articolo 123 bis del dpr 917/86. In ogni caso, l'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo sopra citato, ha introdotto nell'ordinamento l'articolo 37 bis del dpr 600/73 in materia di comportamenti elusivi, individuandone le caratteristiche necessarie ai fini dell'applicazione concreta.

La norma in parola, al comma 1, dispone infatti che "Sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti".

Viene quindi riconosciuto agli organi tributari deputati all'accertamento, il potere di disconoscere i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui sopra, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'amministrazione finanziaria. Tra le operazioni potenzialmente elusive, alle quali risulta applicabile il disposto di cui all'articolo 37 bis del dpr 600/73, rientra, per espressa disposizione normativa, anche l'operazione di scissione societaria.

Pertanto, seppur in relazione alla soppressione del comma 16 dell'articolo 123 bis del dpr 917/86, si può sostenere che l'operazione di scissione, anche nella fattispecie descritta, non costituisce, in linea di principio, operazione avente carattere elusivo, rientra nelle prerogative dell'amminstrazione finanziaria, la possibilità di rilevare l'esistenza dei presupposti di cui all'articolo 37 bis del dpr 600/73.

 

 

 

 

dre/rifVisco/v2-009a9.DOC

 

67481/96

 

II.DD. Operazione di scissione ex articolo 123 bis del dpr 917/86. Possibile elusività dell’operazione

 

Con la nota suindicata il professionista menzionato in oggetto ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione in merito al trattamento fiscale previsto per un’operazione di scissione.

In particolare, viene rappresentata l’ipotesi di una società in accomandita per azioni che intende procedere alla scissione mediante il trasferimento di parte del patrimonio aziendale (beni immobili e rimanenze di merci costituenti, rispettivamente, le attività immobiliari e commerciali nel settore nautico), ad una costituenda società in accomandita semplice.

Al quesito rivolto alla scrivente viene allegato il bilancio della società scissa, precisando che la scissione avviene in base ai valori di bilancio senza dar luogo all’emersione di riserve nonché che i soci saranno rappresentati nella compagine sociale con le medesime proporzioni identificabili in capo alla società scissa.

Viene dunque chiesto di conoscere se l’operazione possa dar luogo a vantaggi di natura fiscale, anche in considerazione del disposto di cui all’articolo 28 della legge n. 724/94, in base al quale l’operazione di scissione è considerata, ai fini tributari, come una operazione neutra.

Per effetto dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 358/97, è stato abrogato il comma 16 bis dell’articolo 123 del dpr 917/86, in base al quale "le disposizioni dell’articolo 10 della legge 408/90 sono da interpretare nel senso che si applicano anche alle operazioni di scissione, disconoscendosi in ogni caso i vantaggi tributari nell’ipotesi di scissioni non aventi per oggetto aziende o complessi aziendali, anche sotto forma di partecipazioni, ovvero in quelle di assegnazione ai partecipanti di ciascuno dei soggetti beneficiari di azioni o quote in misura non proporzionale alle rispettive partecipazioni nella società scissa". Pertanto, per le operazioni perfezionate a far data dal periodo di imposta di entrata in vigore del citato decreto legislativo, è stato abrogato il predetto comma 16. Nella fattispecie in esame, in base a quanto prospettato e alle risultanze del bilancio allegato al quesito, a parere di questa Direzione, l’operazione deve considerarsi proporzionale. In ogni caso, seppur l’articolo 28 della legge 724/94, considera tali operazioni come neutre dal punto di vista fiscale, in base all’articolo 6 del D.Lgs. 358/97, è possibile ottenere il riconoscimento dei maggiori valori iscritti in bilancio per effetto della imputazione dei disavanzi derivanti da annullamento o da concambio derivanti da operazioni di fusione o scissione di società procedendo al versamento dell’imposta sostitutiva del 27% di cui all’articolo 1 del citato decreto sui predetti maggiori valori.

Per completezza, deve essere sottolineato che, per effetto dell’articolo 7 del D.Lgs. 358/97, che ha introdotto l’articolo 37 bis del dpr 600/73, le operazioni di scissione possono comunque essere considerate come operazioni elusive qualora utilizzate per l’attuazione di fatti o negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e a ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti.

 

 

dre/rifvisco/v3-002a9.doc

 

 

DRE LOMBARDIA - SERVIZIO I°, DIVISIONE I^

Prot. 8419/97

 

Oggetto: II.DD. Modalità di tassazione dei proventi derivanti dalla liquidazione di quote di Oicvm in uno stato comunitario

 

Con la nota sopra indicata codesto studio associato ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione in merito alla problematica di cui all'oggetto.

Il quesito formulato riguarda la fattispecie così descritta :

- la casa madre francese di un gruppo multinazionale operante in Italia attraverso società di capitali regolarmente costituite, ha dato corso, previa autorizzazione, ad un'offerta di proprie azioni, destinate ai dipendenti e agli amministratori delle società controllate;

- le azioni offerte sono quotate, tra le altre, presso la borsa di Parigi; destinatari dell'offerta sono stati tutti i dipendenti e gli amministratori che alla data dell'offerta stessa avevano maturato almeno 6 mesi di anzianità o collaborazione; il prezzo di sottoscrizione fissato per ciascuna azione è stato fissato in base ad una media dei corsi di quotazione del titolo presso la borsa di Parigi, diminuita di uno sconto del 20% della stessa;

- le azioni suddette, in base a pattuizioni contrattuali, vengono immediatamente conferite dai sottoscrittori in un Fondo comune di investimento di diritto francese appositamente creato;

- il conferimento all'Oicvm è vincolato per cinque anni e, al termine del periodo, i sottoscrittori potranno scegliere tra la liquidazione delle quote del fondo ricevendo denaro e le azioni della casa madre francese.

Ciò premesso viene chiesto di:

a) chiarire se con la liquidazione delle quote del Fondo i proventi eventualmente conseguiti, ricevendo azioni della casa madre francese sono assoggettabili al momento del loro ricevimento (permuta) o al momento della monetizzazione del loro valore;

b) confermare se i proventi conseguiti al momento della liquidazione delle quote sono assoggettabili al regime fiscale di cui all'articolo 10 ter, comma 5, della legge n. 77/83.

Deve essere premesso che lo scrivente assume l'Oicvm estero come conforme alle direttive comunitarie e che i sottoscrittori vengono assunti come persone fisiche, residenti in Italia, che percepiscono i loro proventi senza l'intervento di intermediari italiani.

A parere della scrivente, in risposta al quesito a), si ritiene che la permuta avvenuta tra le quote del fondo e le azioni della casa madre costituisca presupposto impositivo con le seguenti modalità :

1. sia ipotizzando che la permuta sia stata effettuata anteriormente alla data del 1 luglio 1998, tenuto conto del combinato disposto degli articoli 9, comma 2, e 41, comma 1, lettera g), del dpr 917/86, quest'ultimo nel testo vigente sino al 30.6.1998;

2. sia ipotizzando che la permuta sia avvenuta dopo il 30 giugno 1998, tenuto conto del combinato disposto degli articoli 41, comma 1, lettera g), 42, comma 4 bis e 81, comma 1, lettera c-ter) nei testi vigenti dal 1 luglio 1998 come modificati dal dlgs. 461/97.

Per quanto concerne il quesito b), a parere della scrivente la tassazione avverrà con le seguenti modalità:

1. In base all'articolo 10 ter, comma 5, della legge n. 77/83, nel caso in cui la liquidazione delle quote suddette sia avvenuta anteriormente alla data del 1 luglio 1998;

2. secondo le norme previste dal dlgs. 461/97 nel caso in cui la liquidazione delle quote sia avvenuta o avvenga successivamente alla data del 1 luglio 1998.

Più precisamente:

- per l'imponibile considerato reddito di capitale, in quanto derivante dalla gestione del fondo, la tassazione avverrà ai sensi dell'articolo 10 ter della legge dianzi citata, con tassazione separata con aliquota del 12,5% salvo opzione per la tassazione ordinaria;

- secondo l'articolo 5, del Dlgs. 461/97, per la parte di imponibile considerato reddito diverso, in quanto scarto di negoziazione conseguente alla negoziazione;

- con l'impossibilità di effettuare compensazioni tra redditi di capitale e redditi diversi eventualmente di segno opposto.

 

 

dre/rifVisco/v3-003a9.DOC

 

44933/96

 

 

Quesito

Aumento di capitale a pagamento in una società a responsabilità limitata. Implicazioni tributarie della rinuncia al diritto di opzione.

 

Risposta

Con la nota sopra evidenziata lo studio associato indicato in oggetto ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione in merito ad una operazione di aumento di capitale sociale a pagamento nell’ambito di una società a responsabilità limitata.

L’operazione viene così descritta:

 

 

la società Alfa Srl delibera un aumento del capitale sociale da 20 a 200 milioni a pagamento;
i soci della società Alfa Srl, parenti tra loro, posseggono il capitale della società in base a quote pari a:

socio A 55%, socio B 15%, socio C 15%, socio D 15%;

 

 

i soci B, C, e D sottoscrivono e versano la loro quota di capitale al valore nominale sulla base delle rispettive quote di partecipazione;
il socio A rinuncia alla sottoscrizione comunicando detta rinuncia all’amministratore unico.

Detto socio non procede dunque alla cessione del diritto di opzione;

 

 

 

l’amministratore unico, in base alle disposizioni dello statuto della società, offre agli altri soci la quota rimasta inoptata, i quali decidono di versare la quota di capitale al valore nominale;
il valore effettivo delle quote della società in caso di cessione sarebbe notevolmente superiore al valore nominale delle quote;
il capitale sociale, dopo l’operazione risulterebbe così suddiviso:

socio A 5%, socio B 31.6%, socio C 31.7%, socio D 31.7%.

Si chiede dunque di conoscere quali implicazioni di carattere tributario, con particolare riflessi sull’eventuale tassazione dei capital gain, si manifestano da detta operazione.

L’articolo 81, lettera c) del dpr 917/86, così come modificato, a far data dal 1 luglio 1998 per effetto dell’articolo 3, del D.Lgs. n. 461/97 prevede espressamente che costituisce cessione di partecipazioni qualificate "la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio delle società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 87, comma 1, lettere a), b) e d), nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o i titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per i diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni, si tiene conto delle percentuali potenzialmente ricollegabili alle predette partecipazioni. La percentuale di diritti di voto e di partecipazione è determinata tenendo conto di tutte le cessioni effettuate nel corso di dodici mesi, ancorché nei confronti di soggetti diversi. Tale disposizione si applica dalla data in cui le partecipazioni, i titoli ed i diritti posseduti rappresentano una percentuale di diritti di voto o di partecipazione superiore alle percentuali suindicate".

Per converso, la lettera c-bis) dell’articolo 81 prevede che costituiscono cessioni di partecipazioni non qualificate, le cessioni a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 87, nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, in misura inferiore a quanto previsto dalla precedente lettera c).

La circolare del Ministero delle Finanze n. 165/E del 24 giugno 1998, esaminando l’ipotesi della cessione dei diritti di opzione, afferma espressamente che "per espressa previsione della disposizione in esame, nel caso di cessione di titoli o diritti attraverso cui possono essere acquisite le partecipazioni, la percentuale dei diritti di voto e di partecipazione deve essere calcolata prendendo a riferimento la percentuale dei diritti di voto e di partecipazione potenzialmente ricollegabile alle partecipazioni che possono essere acquisite attraverso i predetti titoli o diritti".

Pertanto, a parere di questa Direzione, in relazione alle disposizioni normative attualmente vigenti, la rinuncia al diritto di opzione non esplica effetti di natura tributaria nella fattispecie sopra descritta, configurandosi invece i presupposti di tassazione in base alla disciplina dei redditi diversi di cui all’articolo 81, nei confronti di soggetti che non svolgono attività di impresa, nel momento in cui avviene la cessione delle partecipazioni o dei diritti attraverso i quali possono essere acquisite le partecipazioni.

 

 

dre/rifvisco/v3-005a9.doc

SERVIZIO I

DIVISIONE I

Prot. n. 31207/99

 

Oggetto: II.DD. Capital gain. Applicazione delle disposizioni dell'articolo 14 del dlgs. 461/97

 

Con la nota sopra evidenziata la S.V. ha chiesto di conoscere il parere della scrivente in merito alla corretta applicazione delle disposizioni in oggetto.

Nell'istanza, viene prospettato il caso di una persona fisica non imprenditore che, avendo acquistato una partecipazione del 20,03% nel 1993 al valore nominale ha proceduto alla cessione della stessa nel mese di dicembre 1998 allo stesso valore nominale, peraltro inferiore alla corrispondente frazione del patrimonio netto contabile della società.

Viene chiesto dunque di conoscere gli adempimenti da porre in essere in relazione al nuovo regime tributario dei redditi diversi di natura finanziaria in base alle disposizioni sopra evidenziate.

In proposito, deve essere preliminarmente sottolineato che la cessione effettuata nel mese di dicembre del 1998 costituisce cessione di partecipazione qualificata ai sensi dell'articolo 81, lettera c), del dpr 917/86.

L'articolo 5, comma 1, del dlgs. 461/97 dispone che le plusvalenze di cui all'articolo 81, comma 1, lettera c) del dpr 917/86, al netto delle minusvalenze determinate secondo i criteri stabiliti dall'articolo 82 dello stesso dpr, sono soggette ad imposta sostitutiva del 27%.

Ai fini del calcolo della plusvalenza o della minusvalenza si applica l'articolo 82, comma 5, del dpr 917/86, il quale stabilisce che rileva la differenza fra il corrispettivo percepito e il costo o valore di acquisto della partecipazione, aumentato di ogni onere inerente alla produzione, compresa l'imposta di successione o donazione, con esclusione degli interessi passivi.

Nel caso di specie, in cui la cessione riguarda una partecipazione già detenuta alla data del 1 luglio 1998, data di entrata in vigore del dlgs. 461/97, si deve tenere presente anche la disposizione transitoria di cui all'articolo 14, comma 5, del decreto stesso che, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, consente di rivalutare il costo di acquisto mediante applicazione del cosiddetto correttivo per l'inflazione, determinato con il Dm del 10.2.1999 (pari a 1,1782 per le partecipazioni acquistate nel 1993).

Pertanto, in linea generale, si può affermare che la cessione descritta nel quesito determinerà una minusvalenza pari alla differenza tra il prezzo di cessione e il costo di acquisto rivalutato. La minusvalenza dovrà essere evidenziata nella sezione III del quadro RT del modello Unico '99 e potrà essere utilizzata in compensazione di eventuali plusvalenze, anche nei periodi di imposta successivi, ma non oltre il quarto.

Per completezza, deve essere osservato che, nel caso di specie, in base alle circostanze evidenziate, non sussisterebbe motivo di effettuare l'affrancamento della plusvalenza alla data del 1 luglio 1998 in base all'articolo 14, comma 6, del dlgs. 461/97, in quanto l'esercizio di una tale opzione comporterebbe l'obbligo di corrispondere l'imposta sostitutiva del 25% sulla differenza tra la frazione patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio approvato entro il 1 luglio 1998 e il costo di acquisto rivalutato con il correttivo sopra indicato.

 

dre/rifVisco/v3-012a9.DOC

 

60748/98

 

 

Quesito

 

II.DD. - Regime fiscale dei redditi di capitale delle SICAV immobiliari di diritto lussemburghese.

 

Con le note sopra evidenziate codesto studio associato ha chiesto di conoscere il parere della scrivente in merito alla possibilità che le azioni di una SICAV immobiliare di diritto lussemburghese rientrino tra i titoli atipici di cui all’articolo 8, comma 1, del dl 512/83, cioè tra i titoli o certificati rappresentativi delle quote di partecipazione in organismi di investimento collettivo in valori immobiliari.

Nell’istanza viene ulteriormente precisato che la SICAV è costituita in forma di Societé Anonyme il cui capitale è diviso in azioni frazionabili e caratterizzate da un valore nominale fissato per tutto il periodo della sottoscrizione iniziale, mentre il valore nominale delle azioni sottoscritte nei periodi successivi è commisurato al valore netto del capitale. Le azioni conferiscono il diritto di voto e il diritto a ricevere dividendi e ne è prevista la quotazione in Lussemburgo.

In proposito, la scrivente osserva che non risultano precisazioni ufficiali con riguardo all’identificazione, in concreto, della natura dei "titoli rappresentativi delle quote di partecipazione in organismi di investimento collettivo in valori immobiliari" richiamati dall’articolo 8 citato.

Pertanto, si ritiene che, per stabilire se la SICAV in argomento rientri tra gli investimenti di organismo collettivo di cui all’articolo 8 del dl 512/83, si possa far riferimento alla definizione di organismo collettivo desumibile dall’articolo 1, comma 2, della Direttiva del Consiglio CEE 85/611/CEE, riferita peraltro alla disciplina degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari.

Da tale definizione può desumersi che per organismi di investimento collettivo si intendono gli organismi:

 

 

il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico e il cui funzionamento sia soggetto al principio della ripartizione del rischio;
le cui quote siano, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi. E’ assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un organismo collettivo agisca per impedire che il corso delle sue quote sul mercato borsistico si allontani sensibilmente dal valore netto di inventario.

Gli organismi di investimento collettivo possono assumere anche forma societaria (articolo 1, comma 3, della direttiva citata). Tuttavia si differenziano dalle società di capitali in senso proprio, tra l’altro, per la variabilità del capitale e per la circostanza che il valore nominale delle azioni è commisurato al patrimonio netto dell’ente.

In conclusione, la scrivente ritiene che la circostanza che la SICAV abbia forma societaria non sia determinante al fine di escludere che questa rientri nel noverso di organismi di investimento collettivo e che la verifica in concreto della natura dell’ente debba essere effettuata sulla base dei criteri sopra enunciati.

 

 

dre/rifvisco/v3-014a9.doc

 

DRE LOMBARDIA - SERVIZIO I°, DIVISIONE I^

Prot. n. 76213/98

 

Oggetto: Capital gain. Modalità di affrancamento di quote di partecipazione in società a responsabilità limitata. Quesito.

 

Con la nota sopra evidenziata la S.V. ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione in merito ad alcuni aspetti relativi alle modalità di affrancamento delle partecipazioni possedute alla data del 1 luglio 1998 in base al disposto dell'articolo 14 del D.Lgs. n. 461/97.

In particolare, viene chiesto se:

1. il possessore delle quote di un terzo del capitale sociale di una società a responsabilità limitata sin dal momento della costituzione della stessa (1977), possa affrancare una quota pari al 20% del capitale, determinandone il valore al 1 luglio 1998 sulla base di una apposita perizia giurata ai sensi dell'articolo 14, commi 6, lettera c) e 9, del richiamato decreto legislativo 461/97 e applicando l'imposta sostitutiva del 2,1% solo sulla quota del 10%;

2. se, in caso di cessione dell'intera quota entro il 1999, ai fini del calcolo della plusvalenza soggetta ad imposta sostitutiva del 27%, sarà possibile adottare come costo della residua percentuale di partecipazione (13,3%) non affrancato al 1 luglio 1998, il valore della partecipazione stessa alla data del 28 gennaio 1991, determinato sulla base di apposita perizia redatta ai sensi dell'articolo 14, comma 8, lettera b) e 9 del D.Lgs. 461/97.

Con riferimento al primo quesito, la scrivente osserva che la possibilità di affrancare una parte delle quote detenute alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 461/97, è esplicitamente ammessa dal Ministero delle Finanze che in tal senso si è pronunciato nelle circolari n. 165/E del 24.6.1998 e 188/E del 16.7.1998. Tuttavia, la possibilità di affrancare senza corresponsione dell'imposta sostitutiva le quote possedute da oltre 15 anni è ammessa solo se l'affrancamento viene limitato ad una quota di partecipazione non qualificata in base alle disposizioni di cui all'articolo 81, lettera c-bis) del dpr 917/86, nella formulazione in vigore sino al 30 giugno 1998. Da ciò consegue che, qualora l'affrancamento venga limitato alla quota del 10% del capitale sociale della srl, nessuna imposta è dovuta; se, come prospettato nel quesito, l'affrancamento viene invece esteso ad un'ulteriore quota del 10%, la partecipazione complessivamente affrancata eccede la percentuale di qualificazione. Pertanto, l'intera plusvalenza dovrà essere assoggettata ad imposta sostitutiva del 25%.

2. Con riferimento al secondo quesito, la scrivente osserva che nessuna disposizione impedisce al contribuente di utilizzare il metodo di affrancamento basato sul valore della partecipazione al 28 gennaio 1991, per le partecipazioni per le quali non si sia optato per l'affrancamento del valore al 1 luglio 1998.

 

dre/rifvisco/v7-472a9.doc

 

PROT. 18401/98

 

Oggetto: Sanzioni tributarie. D.Lgs. n. 472/97. Individuazione del responsabile della violazione e conseguenti sanzioni irrogabili.

 

Con la nota sopra evidenziata, la contribuente indicata in oggetto ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione in merito alla corretta interpretazione di alcune previsioni contenute nel D.Lgs. n. 472/97, riguardante disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie.

In generale, nel quesito viene illustrata l’ipotesi di un lavoratore dipendente che, nello svolgimento della propria attività opera in modo da interessare la determinazione dell’imponibile fiscale, e correndo anche il rischio di provocare un eventuale danno per l’erario, comportamento questo che determina, sulla base delle disposizioni in vigore dal 1 aprile 1998, la responsabilità personale del soggetto.

In concreto, viene esposto il caso del responsabile di un ufficio personale che, nello svolgimento delle ordinarie mansioni lavorative, deve valutare gli aspetti tributari di determinate operazioni. Nell’ambito del predetto rapporto di lavoro, viene ipotizzata una situazione in base alla quale il diretto superiore fornisca delle indicazioni in merito all’imponibilità o meno di determinate operazioni.

A parere dell’istante, si configurerebbe, nell’ipotesi sopra esposta, da un lato il rischio di soggiacere, rispettando le indicazioni fornite dal diretto superiore, alle misure sanzionatorie di cui al D.Lgs. 472/97 qualora dette indicazioni si rivelassero errare, e, di contro, la possibilità di perdita del posto di lavoro qualora le indicazioni venissero disattese da parte del lavoratore.

Nel quesito viene dunque prospettata la soluzione di fornire segnalazione all’Amministrazione finanziaria della presunta irregolarità, ponendo l’Amministrazione stessa nelle condizioni di verificare l’operato dell’azienda ed evitando l’irrogazione della sanzione nei confronti di chi ha reso materialmente possibile il controllo attraverso la predetta segnalazione, chiedendo conferma della correttezza di tale comportamento.

L’articolo 11, commi 1 e 2, del D.Lgs. 472/97, come modificato dal D.Lgs. 203/98, prevede espressamente che:

"1. Nei casi in cui una violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal dipendente o dal rappresentante legale o negoziale di una persona fisica nell’adempimento del suo ufficio o del suo mandato ovvero dal dipendente o dal rappresentante o dall’amministratore, anche di fatto, di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, nell’esercizio delle sue funzioni o incombenze, la persona fisica, la società, l’associazione o l’ente nell’interesse dei quali ha agito l’autore della violazione sono obbligati solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti.

2. Fino a prova contraria, si presume autore della violazione chi ha sottoscritto ovvero compiuto gli atti illegittimi".

La circolare del Ministero delle Finanze n. 180/E del 10 luglio 1998, con riguardo all’identificazione del responsabile per la sanzione amministrativa, precisa che, con riferimento alle società, associazioni o enti, l’autore della violazione "potrà altresì identificarsi, ove venga fornita la prova richiesta dall’articolo 11, comma 2, anche in dipendenti della società o dell’ente preposti, con competenza propria ed autonomo potere decisionale, al compimento di attività rilevanti ai fini della determinazione del tributo (si tratterà generalmente di dirigenti). E’ opportuno a questo riguardo chiarire che la qualità di autore della violazione non inerisce al soggetto che materialmente ponga in essere comportamenti che determinino la commissione della violazione medesima se tali comportamenti non costituiscono espressione di una determinazione autonoma del soggetto medesimo. Così l’errore commesso da un dattilografo o da un terminalista nella trascrizione di dati rilevanti ai fini della determinazione di un elemento del reddito non comporta una sua responsabilità per la violazione formale o sostanziale che ne consegua. Autore della violazione, almeno di regola, sarà il soggetto cui compete l’organizzazione ed il controllo sullo svolgimento dei compiti inerenti alla tenuta della contabilità, si identifichi questi con lo stesso imprenditore, con il contribuente, ovvero con un dipendente investito di siffatta competenza. Analoghe considerazioni si devono riproporre rispetto ai dipendenti, rappresentanti ed amministratori di enti e società con la precisazione che può aver rilievo al di là del dato formale anche l’esercizio di fatto delle funzioni di amministratore".

Peraltro, l’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. n. 472/97, prevede che "nella determinazione della sanzione si ha riguardo alla gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente, all’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze, nonché della sua personalità e alle condizioni economiche e sociali".

Pertanto, a parere di questa Direzione, laddove nell’ipotesi prospettata nel quesito, sulla base di una identificabile e precisa attribuzione di delega di funzioni che consenta l’esercizio di effettivi poteri decisionali venga a configurarsi un comportamento sanzionabile sotto l’aspetto tributario, potrà essere considerato come autore della violazione il soggetto che ha effettivamente compiuto l’atto illegittimo, a prescindere dall’avvenuta sottoscrizione, da parte di altro soggetto, di documenti aventi rilevanza tributaria e nei quali sono riportate le risultanze connesse alla violazione di obblighi compiuta in precedenza da parte del soggetto in possesso dei requisiti sopra indicati. In ogni caso, come ulteriormente precisato dalla citata circolare n. 180/E, per poter spostare la responsabilità su soggetto diverso da quello indicato dall’articolo 11, comma 2, del D.Lgs. 472/97, occorre che sia data prova dell’esistenza di una delega di funzioni che abbia il carattere dell’effettività e cioè che attribuisca al delegato un potere decisionale reale insieme ai mezzi necessari per poter svolgere in autonomia la funzione delegata. E’ inoltre necessario che la delega risponda ad esigenze reali dell’organizzazione aziendale e venga conferita a soggetto idoneo allo svolgimento delle mansioni. Pertanto, laddove non si configurino tali requisiti come dettagliatamente descritti dalla pronuncia interpretativa più volte citata, verrà individuato come autore della violazione chi ha sottoscritto ovvero compiuto gli atti illegittimi.

In considerazione della rilevanza delle fattispecie concrete legate all’applicazione delle nuove disposizioni in materia sanzionatoria, si chiede a codesta superiore Direzione Centrale di conoscere il parere sulla correttezza dell’interpretazione prospettata dalla scrivente.

 

 
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Aggiornato il: 11 novembre 1999