L ibri di viaggio del Novecento italiano
di Raffaele Manica
È con Giovanni Comisso che la
cultura del viaggio entra a far parte
insieme della storia letteraria e dell'autobiografia: una nuova dimensione: come se, trovandosi
di fronte a fotografie, tramite il colore o la variazione di colore si potesse finalmente
divinare la dimensione del tempo. Questo complemento temporale della più consueta
ricognizione spaziale è il fatto nuovo, e non l'unico, della voracità di Comisso,
così come si presenta a noi nelle Mie stagioni. Il primo dei modi per scrivere di
viaggio che si sono incarnati nella nostra lingua lo chiameremo dunque di Giovanni Comisso; da
esso discendono esperienze pur molto diverse fra loro, come quelle di Curzio Malaparte, Guido
Piovene e poi di Goffredo Parise e di Alberto Arbasino. Se l'arte dello scrivere di viaggio si
fa in Comisso scienza della vita, Comisso è allora artefice di una grande lezione
splendidamente appresa da Parise: c'è un rapporto che mette in contatto viaggio e
biografia e dunque racconto di viaggio e autobiografia. La prima regola di questo rapporto
è data dallo scrivere del viaggio e della vita facendo sì che l'esperienza
sia un bagaglio leggero (Parise) o men leggero (Arbasino); la seconda regola è che la
tradizione alla quale ci si riferisce sia presente con discrezione, addirittura senza mostrarsi.
Qui Arbasino rovescia, da critico della cultura, la lezione del maestro Comisso e del sodale
Parise. Egli ha bisogno di non cancellare, ha bisogno casomai che tutto il passato conosciuto
agisca contemporaneamente su tutto il presente mentre lo si vive. È così che egli
può fare del passato un perpetuo presente. Dall'altra parte, Parise diceva che i viaggi
fanno invecchiare presto, per i pericoli ai quali si va incontro; ma i viaggi invecchiano
soprattutto perché durante i viaggi passa il tempo; cosė per Parise il viaggio
non č tanto una metafora della vita quanto un modo per vivere metaforicamente.
Il secondo modo di scrivere
di viaggio lo diremo il modo Alberto Moravia.
Al tratto del disegno leggero di Comisso con i colori alla De Pisis - come una nobiltà
trattenuta - si contrappone lo sbozzare a matita di Moravia, col tratto grosso da non indurre
in ripensamenti o cancellature, dunque sicuro una volta per tutte perfino nel deformare alla
maniera sghemba dei personaggi di Agostino, salvo rifar tutto allegramente la volta
seguente.
La terza modalità
di relazionare di cose viste è una linea che
costeggia la prosa d'arte, una linea di marca specialmente rondista, poi in compostezza
solariana: il modo nel quale si identificano Emilio Cecchi, Bruno Barilli, Vincenzo Cardarelli,
Eugenio Montale, Pier Antonio Quarantotti Gambini.
Si può agevolmente accorgersi di
come in questi tre modi di scrivere
di viaggio si manifestino tre modi generali del fare letteratura: ovvero tre modi per leggere
il nostro secolo.
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