I l contributo della filosofia statunitense al dibattito e agli sviluppi della filosofia del Novecento
di Franco Restaino
![]() 1990-1940. Il primo quarantennio del secolo è caratterizzato dall'emergere sempre più ricco e più influente della corrente di pensiero nota come Pragmatismo. Nata tra la fine dell'800 e gli inizi del 900 nella principale università del paese (Harvard) ad opera di Ch.S.Peirce (tematica dalla portata "pratica", cioè "pragmatica" dei concetti e delle "verità") e di W. James (accentuazione del ruolo decisivo della volontà soggettiva nella elaborazione delle teorie o "credenze"), si è ulteriormente sviluppata , fino a diventare la corrente filosofica dominante nel periodo fra le due guerre, per opera soprattutto di J. Dewe a New York e di H. Head a Chicago. Con Dewey le tematiche si arricchiscono tramite un contatto e confronto continui con le scienze, fino alla elaborazione di una concezione pragmatistico-naturalistica che ha la sua espressione più organica nell'opera del 1938 Logica, teoria della indagine. Con Mead le tematiche originarie si arricchiscono con un confronto teorico con le discipline psicologiche e sociologiche. Un avvcinamento stretto a tematiche di logica e di filosofia del linguaggio viene operato da un pensatore più giovane, Ch. Morris, tra la fine degli anni trenta e il secondo dopoguerra. 1935-1960. A metà degli anni trenta inizia la cosiddetta "svolta linguistica" nella filosofia statunitense. Arrivano in quegli anni, in fuga dalle aree europee di lingua tedesca, i maggiori rappresentanti del Positivismo logico, formatosi a Vienna intorno al 1930 ed estesosi a tutto il centro Europa. R. Carnap, l'esponente più noto, Neurath, e tanti altri, portanto negli Stati Uniti, specilamente nell'area di Chicago, i nuovi temi di filosofia della logica e del linguaggio che in pochissimi anni acquistano peso e influenza in molte università del paese. Agli esponenti del Positivismo logico si affiancano, nel portare temi nuovi, esponenti della filosofia del linguaggio ordinario, sviluppatasi in Inghilterra tra gli anni Trenta e Quaranta, prima a Cambridge (Russell, Moore, Wittgenstein) e poi a Oxford (Ryle, Austin e altri). 1960-1980. Gli sviluppi statunitensi della filosofia analitica (o del linguaggio) non sono stati di tipo ripetitivo ma hanno trovato in alcuni pensatori statunitensi dei momenti molto alti di elaborazione teorica originale, che si distacca in punti chiave sia dal Positivismo logico sia dalla filosofia del linguaggio ordinario. Il più grande di tali pensatori è W.V.O. Quine, tra le cui molte opere ricordiamo un breve saggio del 1951 (I due dogmi dell'empirismo, uno degli scritti più studiati del secolo) e il volume del 1960 Parola e oggetto. A fianco a lui hanno contribuito a costruire una filosofia analitica statunitense W. Goodman e altri. 1960-1980. Le tendenze e
metodologie "analitiche" (rifiuto di costruire sistemi teorici totalizzanti,
approccio concreto a problemi di metodo o di altro tipo) si sono estese, in questo
ventennio, a campi sempre più vasti, determinando una grande influenza delle tendenze
analitiche anche fuori dagli Stati Uniti. J. Rawls pubblica nel 1971 Una
teoria della giustizia, che apre un dibattito non ancora conluso su tematiche
etico-politiche, che coinvolgerà teorici di varie tendenze (da liberali estremi quali
Nozick a "comunitari" quali MacIntyre), inaugurando anche in questo campo una
nuova stagione di elaborazioni originali che hanno portato a un ripensamento critico molto
approfondito sui temi della libertà, della giustizia, dei valori individuali
intersoggettivi sulle società avanzate. Negli stessi due decenni, in un confronto critico
molto ampio verso le tenedenze empiristiche e comportamentistiche nella linguistica e
nella filosofia del linguaggio, N. Chomsky ha proposto teorie radicalmente nuove che hanno
trasformato profondamente questi campi disciplinari (per Chomsky il linguaggio, le
capacità linguistiche, non sono frutto di apprendimento dall'ambiente ma sono connaturate
in noi come le nostre braccia e le nostre gambe: sono cioé "innati"). 1980 - 1998. Nel 1979 R. Rorty,
già studioso ed esponente della filosofia analitica, pubblica il volume La filosofia
come specchio della natura che nei vent'anni successivi è stato il punto di
riferimento di un dibattito filosofico non solo statunitense ma largamente internazionale,
che ha coinvolto sia i paesi di lingua inglese sia quelli europeo-continentali. Rorty
testimonia e favorisce un movimento di pensiero che tende a distaccarsi in maniera
radicale dalla filosofia analitica nelle sue diverse articolazioni e da qualsiasi tipo di
filosofia che intenda porsi come costruttrice di sistemi o proponitrice di valori. La
filosofia di Rorty (l'autore preferisce chiamarla "post-filosofia" o
"neopragmatismo") è il frutto dell'incontro, dopo quarant'anni circa di
reciproca ignoranza, tra cultura filosofica statunitense e cultura filosofica
europeo-continentale (la linea Hegel, Nietzsche, Heidegger, Sartre e i più recenti
Gadamer, Habermas e Foucault, Derrida).
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