In contrasto con quanto accadrà successivamente, quando il semisse d'oro e il denario d'argento domineranno il mondo occidentale, l'Italia bizantina e l'Africa hanno alla base della loro monetazione il solidus e il follis rispettivamente d'oro e di rame.
La monetazione bizantina si può dividere in 4 fasi:
- la prima che va da Giustiniano I (552) a Eraclio (641);
- la seconda da Costante II (641-68) fino alla cessazione della moneta imperiale a Roma, che avviene durante il Regno di Costantino (741-775);
- la terza che va dagli ultimi anni dell' VIII secolo al Regno di Basilio I;
- la quarta, in cui non troviamo alcuna zecca in Italia, compresa Siracusa caduta in mano agli Arabi.
L'impero bizantino sostituisce subito la moneta gota, che era stata copiata dai canoni di Costantinopoli, attivando la zecca di Roma (all'inizio della guerra) e successivamente quella di Ravenna (alla fine), che avevano già coniato moneta per i Goti.
Con l'arrivo dei Longobardi nel 568, al frazionamento politico della penisola italica segue quello della sua monetazione. Dal canto loro, i bizantini, per rafforzare il loro potere nelle regioni rimaste sotto il loro dominio, aprono nuove zecche.
Tra VII e VIII secolo si ha un peggioramento della moneta d'oro e la comparsa sul mercato del mancuso. Tutte le zecche del continente vengono chiuse, l'unica che continua a battere moneta è Siracusa. In questo periodo le monete d'oro sono a basso peso e a bassa lega, tanto che sotto Giustiniano II i solidi pesano gr. 4.2 e arrivano nel VIII secolo a gr.3.9.
Altro campanello d'allarme per l'inflazione è la riduzione della purezza dell'oro, ormai è scesa a 18 carati dai 24 di partenza. Un caso particolare è costituito dalle monete di rame puro dorate coniate in un periodo di particolare crisi.