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Roma, in data 24.06.99 DIPARTIMENTO Entrate
Alle Direzioni Regionali delle Entrate
Agli Uffici delle Entrate
Agli Uffici Distrettuali delle Imposte Dirette
Agli Uffici I.V.A.
e, per conoscenza,
Al Segretariato Generale
Al Servizio Consultivo e Ispettivo Tributario
Al Comando Generale della Guardia di Finanza
Alle Direzioni Centrali del Dipartimento delle Entrate
Al Servizio Ispettivo Centrale del Dipartimento delle Entrate
Agli Uffici del Registro
Ai Centri di Servizio delle Imposte Dirette ed Indirette
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1. Premessa.
Come e' noto, l'ordinamento nazionale, analogamente alla quasi
totalita' delle altre legislazioni fiscali piu' evolute, ricollega al possesso
della residenza fiscale la tassazione globale e progressiva dei redditi
ovunque prodotti (sulla base del c.d. worldwide principle) e stabilisce che i
non residenti siano tassati su base territoriale, cioe' limitatamente ai
redditi prodotti nel territorio dello Stato.
Al riguardo l'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917, fissa una pluralita' di possibili
relazioni, sia personali che reali, con il Paese, combinando, in modo
alternativo, elementi meramente formali (iscrizione nelle anagrafi della
popolazione residente) con presupposti di natura sostanziale (residenza o
domicilio nel territorio dello Stato), tutti soltanto accomunati dalla
sussistenza del requisito temporale ("per la maggior parte del periodo
d'imposta").
Il diverso livello di tassazione tra i vari Stati, a parita' di
reddito complessivo, ha tuttavia indotto un non trascurabile numero di
cittadini italiani - piu' frequentemente tra coloro che svolgono attivita'
lavorativa in ambito internazionale - ad emigrare soltanto sul piano delle
risultanze anagrafiche in paesi caratterizzati da un regime fiscale
particolarmente favorevole.
Con circolare n. 304/E del 2 dicembre 1997, constatata la crescente
rilevanza del fenomeno della fittizia emigrazione all'estero, sono state
impartite specifiche indicazioni ai fini dell'accertamento della effettiva
residenza fiscale indipendentemente dalle risultanze anagrafiche.
Con l'art. 10 della legge 23 dicembre 1998, n.448 (pubblicata nel
supplemento ordinario n.210/L alla Gazzetta Ufficiale n.302 del 29 dicembre
1998), sono state ora introdotte nuove disposizioni volte a contrastare la
fittizia emigrazione all'estero, per finalita' tributarie, delle persone
fisiche.
In forza della suddetta norma, che con il comma 1 ha aggiunto il comma
2-bis all'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, concernente
l'individuazione dei soggetti passivi all'IRPEF, "si considerano altresi'
residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle
anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi
un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle
finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale".
In attuazione di quanto previsto dalla nuova disposizione legislativa,
con decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, sono stati individuati gli Stati
e i territori aventi un regime fiscale privilegiato.
Le nuove disposizioni, sia pure con effetti limitati ai soli "Stati o
territori aventi un regime fiscale privilegiato", consentono di ampliare la
operativita' della normativa preesistente, nel senso che la residenza fiscale
e' ritenuta, in via presuntiva, sussistente per coloro che siano
anagraficamente emigrati in uno degli anzidetti Stati o territori senza
dimostrare la effettivita' della nuova residenza.
2. Presunzione di residenza e inversione dell'onere della prova.
La presunzione stabilita dal comma 2-bis dell'articolo 2 del testo
unico delle imposte sui redditi, lungi dal creare un ulteriore status di
residenza fiscale, i cui presupposti sono gia' compiutamente contemplati dal
comma 2 dello stesso art. 2, introduce soltanto un ulteriore criterio
rivelativo ai fini dell'individuazione della residenza stessa.
In sostanza, con l'introduzione del comma 2-bis citato, il
legislatore, utilizzando lo strumento delle presunzioni relative, ha
diversamente ripartito l'onere probatorio fra le parti, al fine di evitare che
risultanze di ordine meramente formale prevalgano sugli aspetti di ordine
sostanziale.
Occorre precisare che, a mente del predetto comma 2-bis, l'onere della
controprova riguarda tutti i soggetti che sono emigrati in uno degli Stati o
territori aventi un regime fiscale privilegiato, come individuati nel
precitato decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999, anche quando
l'emigrazione sia avvenuta transitando anagraficamente per uno Stato terzo,
non ricompreso in tale decreto.
Per i trasferimenti in Stati o territori diversi da quelli considerati
nel decreto del 4 maggio 1999, permane invece a carico dell'Amministrazione
finanziaria l'onere della prova, facendo ricorso ai tradizionali strumenti
d'indagine ed ai concreti elementi dimostrativi gia' ampiamente illustrati
nella richiamata circolare n. 304/E.
3. Individuazione degli Stati o territori aventi un regime fiscale
privilegiato.
Con il citato decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999 sono
stati individuati gli Stati e i territori aventi un regime fiscale
privilegiato.
L'individuazione di tali Stati e territori e' stata indirizzata da un
apposito Gruppo di lavoro che, allo scopo, ha utilizzato la documentazione e
le esperienze disponibili in materia di fiscalita' agevolata, con particolare
riferimento alle elaborazioni in atto in ambito internazionale, sia
comunitario che di cooperazione in sede OCSE.
In sintonia con la relazione illustrativa dell'art. 10 della legge n.
448 del 1998, lo stesso Gruppo di lavoro ha altresi' fatto rilevare che tale
lista, pur ispirandosi a quella prevista dall'art. 76, comma 7-bis, del testo
unico delle imposte sui redditi (d.m. 24 aprile 1992) - parimenti finalizzata
a contrastare l'utilizzazione strumentale dei regimi fiscalmente privilegiati
- se ne differenzia, tuttavia, per la diversita' non solo dei presupposti
oggettivi ma anche di quelli soggettivi, considerato che la nuova disposizione
ha riguardo non alle imprese ma ai soggetti persone fisiche. Inoltre,
l'individuazione dei Paesi fiscalmente privilegiati e' svincolata da qualsiasi
limite, sia in ordine al livello quantitativo della tassazione e sia per
quanto riguarda l'aderenza o meno all'Unione europea dei Paesi stessi.
Il percorso seguito dal Gruppo di lavoro per la individuazione di un
regime fiscale privilegiato si riassume nella assunzione di vari elementi,
apprezzati soprattutto a livello internazionale, la cui combinazione si rivela
idonea ad attestare un cospicuo vantaggio fiscale, capace di realizzare una
trasmigrazione di persone e, ovviamente, di capitali.
I criteri e gli aspetti qualificanti utilizzati al predetto fine
riguardano anzitutto il ricorrere di una bassa o inesistente forma di
tassazione personale, intesa in termini di effettivita' e percio' riferita non
solo alle aliquote d'imposta nominali, ma anche alla formazione della base
imponibile, agli eventuali regimi agevolativi, alle detrazioni d'imposta e
alle deduzioni dal reddito complessivo.
Altro aspetto qualificante e' costituito dal grado di trasparenza e di
collaborazione informativa dei vari elementi che concorrono a delineare, con
riguardo anche alla situazione bancaria, la effettivita' delle posizioni
economico-fiscali.
Rileva, altresi', il complesso dei poteri e delle modalita' di
accertamento esercitati dall'Amministrazione finanziaria locale, come pure il
livello delle potesta' di controllo previste al riguardo e realmente attuate,
senza trascurare l'eventuale ricorso a forme individuali di definizione
fiscale, improntate a criteri di discrezionalita'.
A monte dei suesposti criteri-guida merita, infine, di essere
segnalata l'esigenza di superare la tradizionale distinzione tra i c.d.
paradisi fiscali (tax havens) ed i Paesi che adottano regimi fiscali
preferenziali (harmful preferential tax regimes), operando, con riguardo alle
finalita' del regime presuntivo appena introdotto, una sostanziale
parificazione delle due realta' tipologiche, come peraltro deciso in sede OCSE
quanto alle adottande misure di contrasto del fenomeno della concorrenza
fiscale "nefasta".
4. Prova contraria.
Risolto in via presuntiva, nel modo e con i limiti territoriali
innanzi descritti, il problema dimostrativo della permanenza della residenza
fiscale in Italia posto a carico degli stessi cittadini emigrati nei Paesi o
territori indicati nel citato decreto ministeriale e considerato che trattasi
di presunzione legale non assoluta, che consente pertanto la prova contraria,
occorre esaminare la natura, i limiti di ammissibilita' e la consistenza dei
relativi mezzi ed elementi dimostrativi.
Al riguardo giova anzitutto sottolineare che il legislatore, nel
confermare espressamente l'ammissibilita' della prova contraria al fine di
contrastare la presunzione legale di residenza fiscale, ha evitato qualsiasi
condizionamento o limite per quanto riguarda sia la predeterminazione che il
valore delle varie forme in cui tale prova puo' estrinsecarsi. Cio' significa
che viene riconosciuta la piu' ampia possibilita' di esplicazione al concreto
esercizio dei diritti di difesa del contribuente anche nella fase
extraprocessuale, ferma restando l'esclusione del giuramento e della prova
testimoniale.
Con la suddetta presunzione il legislatore, non incidendo direttamente
sull'aspetto contenutistico della prova accollata al contribuente, consente a
quest'ultimo, quale soggetto onerato, di dimostrare in modo ampio l'esistenza
di fatti ed atti che suffraghino l'effettivita' della situazione conclamata
formalmente attraverso la cancellazione dall'anagrafe della popolazione
residente, in coerenza con l'assunzione di un reale e duraturo rapporto con lo
Stato di immigrazione e con l'interruzione di significativi rapporti con lo
Stato italiano.
In tale contesto di collegamento personale, e' appena il caso di
segnalare che, qualora il Paese fiscalmente privilegiato sia anche legato al
nostro da convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi, ai fini della
conferma o meno della residenza fiscale nazionale occorre ovviamente
considerare, oltre ai presupposti interni, anche quelli di cui alla apposita
clausola convenzionale ("residente di uno Stato contraente") allo scopo di
evitare la possibile insorgenza di una doppia residenza fiscale. In proposito
si fa rinvio alle precisazioni fornite con la citata circolare n. 304/E del
1997.
Per cio' che riguarda il concreto e specifico contenuto dell'onere
probatorio richiesto, va anzitutto precisato che potra' essere fatto ricorso,
in negativo, alle medesime circostanze ed elementi probanti suggeriti agli
uffici nella ripetuta circolare n. 304/E, al fine di superare la mera
formalita' della cancellazione dalle anagrafi della popolazione residente con
la dimostrazione della insussistenza nel nostro Paese della dimora abituale
(residenza) ovvero del complesso dei rapporti afferenti gli affari e gli
interessi, allargati, oltre che agli aspetti economici, a quelli familiari,
sociali e morali (domicilio).
In pratica, i predetti soggetti potranno utilizzare qualsiasi mezzo di
prova di natura documentale o dimostrativa, atto a stabilire, in particolare:
- la sussistenza della dimora abituale nel Paese fiscalmente privilegiato,
sia personale che dell'eventuale nucleo familiare;
- l'iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o
di formazione del paese estero;
- lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo,
stipulato nello stesso paese estero, ovvero l'esercizio di una qualunque
attivita' economica con carattere di stabilita';
- la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili
residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel paese di immigrazione;
- fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni
tariffari, pagati nel paese estero;
- la movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre
attivita' finanziarie nel paese estero e da e per l'Italia;
- l'eventuale iscrizione nelle liste elettorali del paese d'immigrazione;
- l'assenza di unita' immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti
di donazione, compravendita, costituzione di societa', ecc.;
- la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di
carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.
Resta inteso che i predetti ed eventuali altri elementi di prova, come
precisato nella richiamata circolare n. 304/E del 1997, vanno considerati e
valutati in una visione globale, atteso che il superamento della prova
contraria alla presunzione legale non puo' che scaturire da una complessiva
considerazione della posizione del contribuente.
In sostanza, soltanto la piena dimostrazione, da parte del
contribuente, della perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato
italiano e la parallela controprova di una reale e duratura localizzazione nel
paese fiscalmente privilegiato, indipendentemente dall'assolvimento nello
stesso paese di obblighi fiscali, attestano il venire meno della residenza
fiscale in Italia e la conseguente legittimita' della posizione di non
residente.
5. Decorrenza delle presunzione di residenza fiscale in Italia.
In merito alla decorrenza temporale della presunzione legale
introdotta dal piu' volte citato comma 2-bis, si ritiene - stando anche al
tenore delle relazioni accompagnatorie dell'art. 10 della legge n. 448 - che
la stessa operi dalla data di entrata in vigore della legge, cioe' dal 1
gennaio 1999.
In proposito si rileva, infatti, come l'inversione dell'onere della
prova prevista dalla disposizione in argomento, finisca col produrre effetti
non soltanto meramente procedimentali, ma anche sostanziali che, come tali, in
mancanza di una espressa previsione normativa, non possono avere carattere
retroattivo.
Pertanto, con riferimento ai periodi d'imposta anteriori al 1999, in
presenza di una emigrazione anagrafica verso gli Stati o territori individuati
nel citato decreto 4 maggio 1999, l'onere probatorio ai fini della
dimostrazione dell'effettiva residenza fiscale continuera' a gravare
sull'Amministrazione finanziaria.
Ovviamente, la nuova disposizione presuntiva trova piena applicazione
dal periodo d'imposta 1999 indipendentemente dalla circostanza che
l'emigrazione sia avvenuta anteriormente al 1 gennaio 1999.
Da cio' discende che i cittadini italiani fittiziamente emigrati in
Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato possono regolarizzare
la loro posizione con riferimento ai periodi d'imposta 1999 e successivi,
adempiendo spontaneamente in Italia agli obblighi tributari connessi alle
tipologie di redditi posseduti.
Per quanto concerne gli adempimenti dei sostituti d'imposta, si
precisa come gli stessi non siano in alcun modo influenzati dalla nuova
presunzione legale, ma continuino ad essere collegati alla posizione
comunicata dal sostituito. Soltanto nel caso in cui quest'ultimo rappresenti
l'effettivo status di residente nazionale, indipendentemente dalle proprie
risultanze anagrafiche, il sostituto dovra' attenersi alla corrispondente
disciplina di prelievo tributario alla fonte (in linea di massima, a titolo
d'acconto anziche' a titolo d'imposta).
6. Domicilio fiscale dei cittadini emigrati in stati o territori fiscalmente
privilegiati.
Il comma 2 dell'articolo 10 della legge n. 448 ha integrato il secondo
comma dell'art. 58 del DPR n. 600 del 1973, con l'inserimento, dopo le parole
"pubblica amministrazione", delle parole: "nonche' quelli considerati
residenti ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, del testo unico delle imposte
sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917,".
Per effetto di tale previsione, i cittadini cancellati dalle anagrafi
della popolazione residente ed emigrati in un Paese ricompreso nella lista di
cui al decreto del 4 maggio 1999, in quanto considerati fiscalmente residenti
in Italia, continuano ad avere il domicilio fiscale nel comune di ultima
residenza (anagrafica), al pari dei connazionali "che risiedono all'estero in
forza di un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione".
Siffatta integrazione - che, ovviamente, spiega effetto nei confronti
dei soli tra i predetti soggetti che non hanno fornito la controprova della
presunzione di residenza fiscale in Italia - si e' resa necessaria in quanto
questi ultimi non sono riconducibili in nessuna delle categorie gia' in
precedenza contemplate dal predetto articolo 58, che pure gia' conosceva la
categoria delle "persone fisiche ... non residenti", nel cui ambito
sicuramente rientrano i cittadini realmente emigrati in un Paese estero,
avente o meno un regime fiscale privilegiato.
7. Attivita' di controllo.
Alla chiara volonta' dimostrata dal legislatore di contrastare i
fittizi trasferimenti della residenza anagrafica all'estero da parte di
cittadini italiani deve necessariamente corrispondere un preciso impegno per
l'Amministrazione finanziaria di individuare tali situazioni e di porre in
essere ogni azione utile per contrastare i reali fenomeni evasivi.
Al riguardo, la Direttiva Generale del Ministro delle finanze per
l'azione amministrativa e per la gestione del 1999 conferma, nell'ambito
dell'azione di prevenzione e repressione delle violazioni agli obblighi
tributari, il ruolo rilevante che il potenziamento delle strutture di
intelligence deve assumere per l'attivita' di selezione dei soggetti da
controllare, con particolare riferimento ai cittadini italiani fittiziamente
emigrati all'estero.
Ne consegue, pertanto, che le direttive impartite con la circolare n.
304/E del 1997 rivestono anche per l'anno 1999 una particolare rilevanza
nell'ambito della strategia generale dei controlli e costituiscono un impegno
qualificante dell'azione di contrasto ai reali fenomeni di evasione.
L'azione investigativa e di controllo condotta secondo le indicazioni
operative illustrate nella richiamata circolare n. 304/E, oltre a perseguire
le violazioni agli obblighi tributari commesse prima dell'entrata in vigore
della presunzione in argomento, assume particolare rilevanza anche per
assicurare piena efficacia alla stessa innovazione legislativa.
Infatti, la disposizione presuntiva in commento non esonera
l'Amministrazione finanziaria dall'onere di individuare gli elementi
reddituali posseduti dal contribuente e di illustrare l'iter logico-giuridico
seguito nel giudizio di insufficienza dei mezzi di prova forniti dallo stesso
contribuente per dimostrare l'effettivita' del suo trasferimento.
Le preliminari attivita' di ricerca condotte al riguardo dalle
strutture investigative e di intelligence, istituite presso ciascuna Direzione
Regionale delle Entrate, e dagli Uffici operativi, sono quindi destinate ad
avere un ruolo di particolare rilevanza per l'attivita' di selezione delle
posizioni da controllare che costituisce un fattore determinante per
l'effettiva proficuita' dell'azione amministrativa.
Allo scopo di integrare l'attivita' di ricerca che le strutture di
intelligence delle Direzioni regionali e gli Uffici continueranno a svolgere
autonomamente, si fa riserva di trasmettere ulteriori elenchi selettivi
relativi a cittadini italiani anagraficamente emigrati negli Stati e territori
individuati dal piu' volte citato decreto 4 maggio 1999.
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