
Roma, in data 30.11.99
DIPARTIMENTO Entrate
Circolare n.224
Alle Direzioni Regionali delle Entrate
Ai Centri di Servizio delle Imposte Dirette
ed indirette
Agli Uffici delle Entrate
Agli Uffici Distrettuali delle Imposte Dirette
Agli Uffici IVA
Agli Uffici del Registro
e, per conoscenza
Alle Direzioni Centrali del Dipartimento
delle Entrate
Al Servizio Consultivo ed Ispettivo Tributario
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Alla Scrivente sono pervenuti alcuni quesiti relativi all'ambito di
applicazione dell'art. 68, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ai
sensi del quale, "se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in
eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione
tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali,
deve essere rimborsato d'ufficio entro novanta giorni dalla notificazione
della sentenza".
In particolare, talune direzioni regionali hanno chiesto di conoscere
se, in virtu' di tale disposizione, debbano essere rimborsate al contribuente
che ottiene una sentenza favorevole - anche se non definitiva - da un lato, le
somme pagate a seguito di iscrizioni a ruolo effettuate a titolo definitivo e,
dall'altro, le ritenute dirette e i versamenti diretti la cui restituzione,
richiesta ex artt. 37 e 38 del DPR 29 settembre 1973, n. 602, e' all'origine
della controversia in relazione alla quale e' stata pronunciata la sentenza.
In proposito, si osserva quanto segue.
L'art. 37 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, ha abrogato, con
effetto dal 1 luglio 1999, l'art. 40 del DPR n. 602/1973, che, "quando
l'imposta iscrivibile a ruolo a seguito di decisione della commissione
tributaria" era inferiore a quella gia' iscritta a ruolo, sanciva, senza
distinguere fra iscrizioni a ruolo provvisorie e definitive, l'obbligo
dell'ufficio di disporre il rimborso "entro sessanta giorni dal ricevimento
della decisione".
Gia' anteriormente al 1 luglio 1999, tuttavia, l'art. 40 del DPR
n. 602/1973 era stato implicitamente abrogato dal citato art. 68, comma 2, del
d.lgs. n. 546 del 1992. Tale norma, infatti, ha "assorbito", per cosi' dire,
il citato art. 40, dettando una regola che, al pari di quella contenuta nella
disposizione soppressa, riguarda sia le iscrizioni provvisorie che quelle
definitive.
Ne' argomenti contrari a questa interpretazione possono desumersi dal
riferimento, contenuto nel comma 1 dello stesso art. 68, ai soli "casi in cui
e' prevista la riscossione frazionata del tributo", cioe' alle iscrizioni a
ruolo provvisorie.
In effetti, i commi 1 e 2 dell'art. 68 in questione hanno finalita'
diverse, poiche' sono diretti, rispettivamente, a disciplinare in modo
omogeneo per tutti i tributi l'istituto dell'iscrizione a ruolo a seguito di
sentenze di primo e secondo grado e a prevedere il diritto del contribuente
alla restituzione delle somme risultate indebite in conseguenza di una
sentenza, anche non definitiva, di commissione tributaria.
Del resto, a favore della tesi qui prospettata depongono tanto il
tenore letterale della norma, quanto l'irragionevolezza della discriminazione
che, diversamente opinando, si opererebbe, pur in presenza di identicita' di
presupposti (sentenza sfavorevole all'Amministrazione emessa dai giudici
tributari), fra i contribuenti iscritti in ruoli provvisori e quelli iscritti
in ruoli definitivi.
Pertanto, all'abrogazione esplicita dell'art. 40 del DPR n. 602/1973
avvenuta con l'art. 37 del d.lgs. n. 46 del 1999 va attribuito un valore
meramente ricognitivo e da essa non puo' essere fatto discendere alcuna
limitazione all'obbligo, per l'ufficio finanziario, di rimborsare al
contribuente le somme corrisposte sulla base di un'iscrizione a ruolo
annullata da una sentenza resa dagli organi di giustizia tributaria.
Ne deriva che, a fronte di una sentenza di annullamento del ruolo
impugnato dal contribuente, l'Amministrazione Finanziaria e' tenuta, a
prescindere dalla definitivita' o meno della sentenza e dalla tipologia del
ruolo, a rimborsare al ricorrente, ai sensi dell'art. 68, comma 2, del d.lgs.
n. 546/1992, le somme da questi versate in pendenza di giudizio e poi
riconosciute indebite dal giudice tributario.
Cio', naturalmente, senza pregiudizio del diritto della stessa
Amministrazione a reiscrivere a ruolo, entro i termini decadenziali o
prescrizionali di volta in volta previsti, gli importi dovuti dal contribuente
in forza di una successiva sentenza di appello.
A diverse conclusioni deve, invece, giungersi in merito
all'applicabilita' dell'art. 68, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992 ai giudizi
promossi ex artt. 37 e 38 del DPR n. 602 del 1973.
Com'e' noto, gli artt. 37, comma 3, e 38, comma 4, del DPR n. 602
dispongono che alla restituzione delle ritenute dirette e dei versamenti
diretti oggetto di controversie instaurate contro i provvedimenti di diniego
esplicito o tacito delle istanze di rimborso presentate dal contribuente per
"errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale della
obbligazione tributaria" si procede "mediante ordinativo di pagamento entro il
termine di trenta giorni dalla data in cui il provvedimento di accoglimento
del ricorso si e' reso definitivo".
Tali norme, dunque, subordinano alla definitivita' del "provvedimento
di accoglimento del ricorso" l'insorgenza del diritto del ricorrente al
rimborso delle somme erroneamente versate.
Ebbene, non solo le disposizioni citate non risultano abrogate, ne'
implicitamente ne' esplicitamente, dall'art. 68, comma 2, del d.lgs.
n. 546/1992, ma, per giunta, la loro perdurante vigenza trova conferma nel
successivo art. 69, secondo il quale, "se la commissione condanna l'ufficio
del Ministero delle finanze o l'ente locale o il concessionario del servizio
di riscossione al pagamento di somme… e la relativa sentenza e' passata in
giudicato, la segreteria ne rilascia copia spedita in forma esecutiva a norma
dell'art. 475 c.p.c….".
La sentenza di condanna al rimborso, quindi, obbliga l'Amministrazione
ad eseguire il rimborso stesso soltanto dopo che e' passata in giudicato.

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