

Roma, in data 25.01.99
DIPARTIMENTO Entrate
Circolare n.23
INDICE
Premessa
CAPITOLO PRIMO - SANZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE
1. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE DELLE IMPOSTE DIRETTE
1.1 Omessa presentazione della dichiarazione
1.2 Tardiva presentazione della dichiarazione
1.3 Presentazione di dichiarazione infedele
1.4 Presentazione di dichiarazione incompleta
2. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE DEI SOSTITUTI D'IMPOSTA
2.1 Omessa presentazione della dichiarazione
2.2 Tardiva presentazione della dichiarazione
2.3 Presentazione di dichiarazione infedele
3. OMESSA DENUNCIA DELLE VARIAZIONI DEI REDDITI FONDIARI
CAPITOLO SECONDO - SANZIONI IN MATERIA DI IMPOSTASUL VALORE AGGIUNTO
1. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE ANNUALE
1.1 Omessa presentazione della dichiarazione annuale in presenza di debito
d'imposta
1.2 Omessa presentazione della dichiarazione annuale in assenza di debito
d'imposta
1.3 Tardiva presentazione della dichiarazione
1.4 Presentazione di dichiarazione annuale infedele
1.5 Omessa o incompleta presentazione della dichiarazione mensile di
acquisti intracomunitari
1.6 Omessa presentazione della dichiarazione per l'attribuzione della
partita IVA in relazione ad acquisti intracomunitari
1.7 Omessa presentazione della dichiarazione di inizio, variazione o
cessazione di attivita'
1.8 Richiesta di rimborso in difformita' della dichiarazione
2. VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI RELATIVI ALLA DOCUMENTAZIONE, REGISTRAZIONE ED
INDIVIDUAZIONE DELLE OPERAZIONI SOGGETTE ALL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
2.1 Omessa fatturazione o registrazione di operazioni imponibili
2.2 Omessa annotazione di fatture relative ad acquisti intracomunitari
imponibili
2.3 Consegna o spedizione di prodotti sprovvisti di contrassegno o
etichetta
2.4 Omessa fatturazione o registrazione di operazioni non imponibili o
esenti
2.5 Mancata emissione della ricevuta o scontrino fiscale
2.6 Mancata emissione del documento di trasporto
2.7 Omessa regolarizzazione da parte del cessionario o committente
2.8 Illegittima detrazione dell'imposta addebitata sulle operazioni passive
3. VIOLAZIONI RELATIVE ALLE ESPORTAZIONI
3.1 Mancato trasporto o spedizione dei beni fuori del territorio
dell'Unione europea
3.2 Mancata regolarizzazione delle cessioni a viaggiatori domiciliati o
residenti fuori della Comunita' europea
3.3 Effettuazione di operazioni senza addebito d'imposta in mancanza di
dichiarazione d'intento
3.4 Acquisto o importazione senza pagamento d'imposta in mancanza dei
presupposti previsti
3.5 Mancata esportazione dei beni acquistati senza pagamento dell'imposta
nelle c.d. operazioni triangolari
3.6 Dichiarazione in dogana di quantita', qualita' o corrispettivi diversi
da quelli reali
CAPITOLO TERZO - DISPOSIZIONI COMUNI ALLE IMPOSTE DIRETTE E ALL'IMPOSTA SUL
VALORE AGGIUNTO
1. VIOLAZIONI RELATIVE AL CONTENUTO E ALLA DOCUMENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI
1.1 Dichiarazioni irregolari
1.2 Mancanza o incompletezza di atti e documenti
2. VIOLAZIONI DEGLI OBBLIGHI RELATIVI ALLA CONTABILITA'
2.1 Omessa tenuta o conservazione delle scritture contabili
2.2 Irregolare tenuta della contabilita'
2.3 Rifiuto di esibizione o sottrazione alla verifica di documenti
2.4 Obblighi documentali e contabili particolari in materia di IVA
2.5 Inosservanza di obblighi per superamento del volume d'affari
2.6 Violazione degli organi di controllo delle societa'
2.6.1 Omessa sottoscrizione della dichiarazione
2.6.2 Omessa denuncia della mancanza delle scritture contabili
3. VIOLAZIONI DEGLI OBBLIGHI DEGLI OPERATORI FINANZIARI
4. ALTRE VIOLAZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE E DI IMPOSTA SUL VALORE
AGGIUNTO
4.1 Violazioni di obblighi derivanti dall'attivita' istruttoria degli
uffici
4.2 Violazioni di obblighi di comunicazione prescritti dalla legge
tributaria
4.3 Compensazione di partite
4.4 Violazioni in materia di agevolazioni
4.5 Violazioni relative agli elenchi INTRASTAT
4.5.1 Regime sanzionatorio previsto dall'art. 34 del D.L. n. 41 del
1995
4.5.2 Regime sanzionatorio in vigore dal 1 aprile 1998
4.5.3 Quadro sinottico
4.5.4 Violazioni commesse prima del 24 febbraio 1995
4.5.5 Violazioni statistiche
4.6 Violazioni relative agli apparecchi per l'emissione di scontrini
fiscali
4.7 Violazioni del destinatario dello scontrino o della ricevuta fiscale
4.8 Violazioni dei pubblici uffici in materia di acquisti intracomunitari
5. SANZIONI ACCESSORIE
5.1 Sanzioni accessorie che presuppongono l'avvenuta irrogazione della
sanzione principale
5.2 Sanzioni accessorie che non presuppongono l'avvenuta irrogazione della
sanzione principale
5.3 Sospensione o revoca di autorizzazioni
CAPITOLO QUARTO - SANZIONI IN MATERIA DI RISCOSSIONE
1. Omesso, insufficiente o tardivo versamento
1.1 Imposte sui redditi
1.2 Ritenute alla fonte
1.3 Imposta sul valore aggiunto
2. Versamenti ad ufficio incompetente
3. Violazioni dell'obbligo di esecuzione delle ritenute alla fonte
4. incompletezza dei documenti di versamento
* * * * *
Premessa.
Il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, emanato in attuazione
della delega di cui all'art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662, disciplina le sanzioni amministrative in vigore dal 1 aprile 1998 per
le violazioni di norme tributarie in materia di imposte dirette, di imposta
sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi.
Nell'ambito della complessiva riforma del sistema sanzionatorio per le
violazioni di norme tributarie, con il decreto legislativo n. 471 si e' inteso
realizzare nelle predette materie un sistema coordinato tendente a perseguire
prioritariamente le violazioni di natura sostanziale anziche' quelle meramente
formali.
Le nuove previsioni del d.lgs. n. 471, alla luce anche delle
disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni
di norme tributarie recate nel d.lgs. n. 472 del 1997 e successive
modificazioni ed integrazioni, riformano sostanzialmente il sistema
sanzionatorio tributario non penale e rilevano, se piu' favorevoli al
trasgressore, anche per le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998.
Con la presente circolare si illustrano le principali fattispecie di
violazioni disciplinate dal d.lgs. n. 471 del 1997, tenuto conto anche delle
integrazioni e correzioni apportate con il d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203.
Ovviamente, in sede di applicazione e di determinazione delle sanzioni
si deve necessariamente tener conto delle disposizioni generali contenute nel
citato d.lgs. n. 472 del 1997, che sono state oggetto di una prima analisi con
la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998.
CAPITOLO PRIMO
SANZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE
Il Capo I del d.lgs. n. 471 del 1997 contempla e disciplina le
violazioni relative alle dichiarazioni delle imposte dirette e dei sostituti
d'imposta, nonche' quelle riguardanti l'omessa denuncia delle variazioni dei
redditi fondiari.
1. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE DELLE IMPOSTE DIRETTE
L'art. 1 del d.lgs. n. 471 disciplina le violazioni di omessa e di
infedele presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi,
precedentemente previste dagli abrogati articoli 46 e 49 del D.P.R. n. 600 del
1973.
Inoltre, l'art. 4 dispone che le dichiarazioni incomplete, previste
dall'art. 46, secondo e terzo comma del D.P.R. n. 600 del 1973, si considerano
comprese tra le dichiarazioni infedeli previste dall'art. 1, comma 2.
1.1 Omessa presentazione della dichiarazione.
La fattispecie dell'omessa presentazione della dichiarazione si
realizza, oltre che nell'ipotesi di mancata presentazione, anche nelle ipotesi
in cui la presentazione della dichiarazione e' espressamente considerata
omessa o nulla, e precisamente:
a) dichiarazione presentata con ritardo superiore a trenta giorni. In tal caso
la dichiarazione e' considerata omessa, ma costituisce titolo per la
riscossione dell'imposta dovuta in base agli imponibili in essa indicati
(art. 2, comma 7, del D.P.R. n. 322 del 1998);
b) dichiarazione redatta su stampati non conformi ai modelli approvati con
decreto ministeriale. In tal caso la dichiarazione e' nulla e non
costituisce titolo per la riscossione delle imposte relative agli
imponibili in essa indicati (art. 1, comma 1, del D.P.R. n. 322 del 1998).
Si precisa che la redazione della dichiarazione su stampati conformi al
modello approvato con decreto ministeriale ma non in conformita' allo
stesso non comporta la nullita' della dichiarazione, bensi' l'irregolare
compilazione della stessa sanzionabile ai sensi dell'art. 8, comma 1, del
d.lgs. n. 471;
c) dichiarazione non sottoscritta o sottoscritta da soggetto sfornito della
rappresentanza legale o negoziale. In tal caso la dichiarazione e' nulla
(art. 1, commi 3 e 4, del D.P.R. n. 322 del 1998) e non costituisce titolo
per la riscossione delle imposte relative agli imponibili in essa indicati.
La nullita' e' peraltro sanata se il contribuente o il soggetto tenuto a
sottoscrivere la dichiarazione vi provvede entro trenta giorni dal
ricevimento dell'invito da parte dell'ufficio territorialmente competente.
Nel richiamare le indicazioni fornite al riguardo con la circolare 75/E del
4 marzo 1998, si evidenzia che l'intervenuta sanatoria impedisce
l'applicazione delle sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione
e che, quindi, in caso di rettifica dei redditi dichiarati si rendera'
applicabile la sanzione per infedele presentazione della dichiarazione.
Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione, l'art. 1, comma
1, del d.lgs. n. 471 del 1997, prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'ammontare
delle imposte dovute, con un minimo di lire cinquecentomila. Se non sono
dovute imposte e' prevista, invece, una sanzione da lire cinquecentomila a
lire due milioni, aumentabile fino al doppio nei confronti dei soggetti
obbligati alla tenuta delle scritture contabili.
Inoltre, il comma 3 del citato art. 1 prevede che se l'omessa
dichiarazione riguarda redditi prodotti all'estero, la sanzione e' aumentata
di un terzo con riferimento alle imposte relative a tali redditi, riproponendo
di fatto la previsione di cui all'art. 46, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del
1973.
Rispetto alle previgenti previsioni di cui all'art. 46, primo comma,
del D.P.R. n. 600 del 1973, non e' stata modificata la base di commisurazione
della sanzione che e' costituita dall'ammontare delle imposte relative agli
imponibili accertati, al netto delle ritenute alla fonte operate sui redditi
accertati e delle detrazioni d'imposta spettanti; sono state invece apportate
le seguenti variazioni:
. sono state diminuite le misure minime e massime rapportate all'ammontare
delle imposte dovute (dal centoventi al duecentoquaranta per cento anziche'
dal duecento al quattrocento per cento);
. e' stato aumentato l'importo minimo della sanzione (lire cinquecentomila
anziche' lire trecentomila);
. sono stati aumentati gli importi minimi e massimi della sanzione applicabile
nei casi in cui non sono dovute imposte.
Tali variazioni devono essere considerate dagli uffici in sede di
determinazione delle sanzioni relativamente a violazioni commesse prima del 1
aprile 1998, in base alle disposizioni contenute negli articoli 3, comma 3, e
25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
Si evidenzia che, relativamente alle violazioni commesse prima del 1
aprile 1998, continueranno ad essere applicabili, in quanto piu' favorevoli,
le previgenti disposizioni quando non sono dovute imposte e quando, in
presenza di imposte dovute, la sanzione concretamente irrogabile e' pari o
inferiore a lire cinquecentomila.
Si precisa inoltre che, nei casi in cui l'omessa presentazione della
dichiarazione rileva ai fini di piu' tributi, nella determinazione della
sanzione, anche se vengono applicate le previgenti disposizioni in quanto piu'
favorevoli, si deve tener conto delle regole stabilite nell'art. 12 del d.lgs.
n. 472 del 1997 che disciplina il concorso di violazioni e la continuazione.
1.2 Tardiva presentazione della dichiarazione.
Ai sensi dell'art. 2, comma 7, del D.P.R. n. 322 del 1998, la
dichiarazione dei redditi presentata entro trenta giorni dalla scadenza del
termine e' considerata valida, salva restando l'applicazione della sanzione
amministrativa per il ritardo.
Ai soli effetti sanzionatori (e quindi non anche ai fini
dell'esperibilita' dell'accertamento induttivo sulla base di presunzioni prive
dei requisiti di gravita', precisione e concordanza), la tardiva presentazione
della dichiarazione e' equiparata all'omessa presentazione.
Peraltro, poiche' la dichiarazione presentata entro trenta giorni
dalla scadenza del termine e' "valida", l'eventuale omesso o carente pagamento
delle imposte dichiarate configura la violazione di omesso, in tutto o in
parte, versamento delle imposte risultanti dalla dichiarazione, punibile con
la sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non
versato, prevista dall'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997.
La tardiva presentazione della dichiarazione e' invece punibile, ai
sensi dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 471, con la sanzione amministrativa
da lire cinquecentomila a lire due milioni, aumentabile fino al doppio nei
confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.
Per le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998, e' applicabile, in
quanto piu' favorevole, la sanzione prevista nell'art. 46, sesto comma, del
D.P.R. n. 600 del 1973 (lire settantacinquemila, elevabile fino a lire
settecentocinquantamila nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle
scritture contabili).
La sanzione in parola puo' essere autonomamente irrogata con il
procedimento disciplinato dall'art. 16 del d.lgs. n. 472 del 1997 e la
controversia puo' essere definita ai sensi del comma 3 dello stesso art. 16.
In caso di rettifica dei redditi indicati nella dichiarazione tardiva,
con riferimento alla maggiore imposta o alla differenza del credito accertati,
si rendera' applicabile la sanzione per infedele dichiarazione di cui
all'art. 1, comma 2, anziche' quella per omessa dichiarazione.
Alla luce delle considerazioni svolte in ordine alle sanzioni
applicabili nel caso di tardiva presentazione della dichiarazione dei redditi,
si rende necessario rivedere talune indicazioni fornite con la circolare
n. 192/E del 23 luglio 1998 relativamente alle modalita' di regolarizzazione,
mediante ravvedimento operoso, della violazione in rassegna, e precisamente:
. la mancata presentazione della dichiarazione entro il termine previsto puo'
essere regolarizzata, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera c), del d.lgs.
n. 472 del 1997, a condizione che la dichiarazione venga presentata con
ritardo non superiore a trenta giorni e che nello stesso termine venga
effettuato il pagamento di una sanzione di lire sessantaduemila, pari ad un
ottavo di lire cinquecentomila;
. l'omesso, in tutto o in parte, versamento delle imposte risultanti dalla
dichiarazione tardiva puo' essere regolarizzato, ai sensi dell'art. 13,
comma 1, lettere a) o b) del d.lgs. n. 472 del 1997, eseguendo
spontaneamente entro i rispettivi termini stabiliti il pagamento delle
imposte, dei relativi interessi calcolati al tasso legale con maturazione
giorno per giorno e della sanzione in misura ridotta. La sanzione prevista
nella misura del 30 per cento di ogni importo non versato alle prescritte
scadenze e' ridotta ad un ottavo, ossia al 3,75 per cento, se la
regolarizzazione si perfeziona entro il termine di trenta giorni dalla data
in cui la violazione e' stata commessa; la sanzione del 30 per cento e'
invece ridotta ad un sesto, ossia al 5 per cento, se la regolarizzazione si
perfeziona entro il termine per la presentazione della dichiarazione
relativa all'anno nel corso del quale e' stata commessa la violazione;
. gli errori e le omissioni incidenti sulla determinazione o sul pagamento del
tributo, relativi ad una dichiarazione presentata con ritardo non superiore
a trenta giorni, possono essere regolarizzati, ai sensi dell'art. 13, comma
1, lettera b), del d.lgs. n. 472 del 1997, eseguendo spontaneamente, entro
il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel
corso del quale e' stata commessa la violazione, il pagamento della maggiore
imposta o del minor credito, dei relativi interessi al tasso legale e della
sanzione ridotta ad un sesto del minimo (pari al 16,66 per cento della
maggiore imposta o del minor credito). Diversamente da quanto indicato nella
richiamata circolare n. 192/E del 23 luglio 1998, l'ammontare della sanzione
dovuta ai fini del ravvedimento non diverge a seconda che la violazione
dell'obbligo di presentare la dichiarazione entro i termini prescritti sia
stata o meno regolarizzata ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera c), del
d.lgs. n. 472 del 1997, secondo le modalita' precedentemente illustrate.
1.3 Presentazione di dichiarazione infedele.
La fattispecie della presentazione di dichiarazione infedele si
realizza nelle ipotesi in cui nella dichiarazione:
. e' indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore
a quello accertato o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un
credito superiore a quello spettante;
. sono esposte indebite detrazioni d'imposta ovvero indebite deduzioni
dall'imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenute
alla fonte.
Per detta violazione l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997,
prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa dal cento al duecento
per cento della maggiore imposta o della differenza del credito.
Inoltre, il comma 3 dello stesso art. 1 prevede che se la violazione
riguarda redditi prodotti all'estero, la sanzione e' aumentata di un terzo con
riferimento alle maggiori imposte relative a tali redditi, riproponendo di
fatto la previsione di cui all'art. 46, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del
1973.
La base di commisurazione della sanzione e' costituita dalla maggiore
imposta o dalla differenza del credito.
Il comma 4 dell'art. 1 precisa che per maggiore imposta si intende la
differenza tra l'ammontare del tributo liquidato in base all'accertamento e
quello liquidabile in base alle dichiarazioni, ai sensi degli artt. 36-bis e
36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973.
Rispetto alla previgente previsione di cui all'art. 46, quinto comma,
del D.P.R. n. 600 del 1973 e' stata sostituita la parola "liquidata" con la
parola "liquidabile".
Per effetto della predetta modifica, la base di commisurazione della
sanzione per infedele dichiarazione non deve comprendere anche le maggiori
imposte liquidabili ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600
del 1973, ancorche' le stesse siano rilevate in sede di controllo sostanziale
della dichiarazione, relativamente alle quali e' applicabile la sanzione del
30 per cento prevista dall'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997.
Nella determinazione della base di calcolo della sanzione per infedele
dichiarazione si deve tener conto, come in passato, anche del minor credito o
del minor rimborso spettanti a seguito della rettifica.
La sanzione dal cento al duecento per cento (corrispondente a quella
prevista dal previgente art. 46, quarto comma, del D.P.R. n. 600 del 1973) si
applica anche, come gia' detto, nelle ipotesi in cui nella dichiarazione sono
esposte indebite detrazioni d'imposta ovvero indebite deduzioni
dall'imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla
fonte.
Per tali fattispecie (quale, a titolo esemplificativo, l'indebita
fruizione delle deduzioni ai fini dell'ILOR. di cui all'art. 120 del T.U.I.R.)
l'art. 49 del D.P.R. n. 600 del 1973 prevedeva invece la piu' gravosa sanzione
da due a quattro volte la maggiore imposta dovuta.
La nuova previsione, in quanto piu' favorevole, si rende applicabile
anche alle violazioni commesse prima del 1 aprile 1998.
Non e' stata invece riproposta la previsione di cui all'art. 46,
quarto comma, ultimo periodo, del D.P.R. n. 600 del 1973, concernente la
riduzione alla meta' della sanzione nei casi in cui la maggiore imposta e'
inferiore ad un quarto di quella accertata; detta previsione continuera'
comunque ad applicarsi, in quanto piu' favorevole, alle violazioni commesse
prima del 1 aprile 1998.
Si evidenzia che, nei casi in cui la presentazione della
dichiarazione infedele rileva ai fini di piu' tributi, nella determinazione
della sanzione, anche se vengono applicate le previgenti disposizioni in
quanto piu' favorevoli, si deve tener conto delle regole stabilite
nell'art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 che disciplina il concorso di
violazioni e la continuazione.
1.4 Presentazione di dichiarazione incompleta.
Nei casi in cui nella dichiarazione presentata non sono compresi tutti
i singoli redditi posseduti, l'art. 46, secondo comma, del D.P.R. n. 600 del
1973 prevedeva l'applicazione di una pena pecuniaria da due o quattro volte
l'ammontare delle imposte e delle maggiori imposte in relazione ai redditi non
dichiarati.
Poiche' la fattispecie dell'incompleta dichiarazione non e' piu'
autonomamente disciplinata, l'art. 4 del d.lgs. n. 471 del 1997 equipara le
dichiarazioni incomplete alle dichiarazioni infedeli.
Conseguentemente, anche alle dichiarazioni incomplete presentate prima
del 1 aprile 1998, si rende applicabile la piu' favorevole sanzione dal cento
al duecento per cento della maggiore imposta dovuta, prevista dall'art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 471.
2. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE DEI SOSTITUTI D'IMPOSTA
L'art. 2 del d.lgs. n. 471 disciplina le violazioni di omessa e di
infedele presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta,
precedentemente previste dall'abrogato art. 47 del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.1 Omessa presentazione della dichiarazione.
Analogamente a quanto previsto per la dichiarazione dei redditi, la
fattispecie dell'omessa presentazione della dichiarazione dal sostituto
d'imposta si realizza, oltre che nell'ipotesi di mancata presentazione, anche
nelle ipotesi in cui la presentazione della dichiarazione e' espressamente
considerata omessa o nulla, e precisamente:
. dichiarazione presentata con ritardo superiore a trenta giorni;
. dichiarazione redatta su stampati non conformi ai modelli approvati con
decreto ministeriale;
. dichiarazione non sottoscritta o sottoscritta da soggetto sfornito della
rappresentanza legale o negoziale, non regolarizzata entro trenta giorni dal
ricevimento dell'invito da parte dell'ufficio.
Relativamente alla violazione di omessa presentazione della
dichiarazione del sostituto d'imposta, l'art. 2 del d.lgs. n. 471 del 1997
prevede l'applicazione delle sanzioni amministrative di seguito elencate:
. sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento
dell'ammontare delle ritenute non versate, con un minimo di lire
cinquecentomila (art. 2, comma 1);
. sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni,
quando le ritenute relative ai compensi, interessi ed altre somme, benche'
non dichiarate, sono state interamente versate (art. 2, comma 3);
. sanzione amministrativa di lire centomila per ogni percipiente non indicato
nella dichiarazione che avrebbe dovuto essere presentata (art. 2, comma 4).
E' di tutta evidenza come le sanzioni previste nei commi 1 e 3 siano
alternative, nel senso che la comminazione dell'una esclude la comminazione
dell'altra e viceversa. Perche' torni applicabile la prima e' sufficiente che
anche una sola delle ritenute risulti non versata alla data in cui si realizza
la violazione di omessa presentazione della dichiarazione.
La sanzione prevista nel comma 4, invece, si aggiunge sia a quella
stabilita nel comma 1 sia, in alternativa, a quella stabilita nel comma 3,
anche se, come si vedra', nella determinazione del quantum complessivamente
dovuto si deve tener conto delle disposizioni relative al concorso di
violazioni.
Rispetto alle previgenti previsioni di cui all'art. 47, primo comma,
del D.P.R. n. 600 del 1973, sono state apportate significative variazioni, e
precisamente:
. la base di commisurazione della sanzione e' costituita dall'ammontare delle
ritenute non versate anziche' dall'ammontare complessivo delle ritenute
relative ai compensi, interessi ed altre somme non dichiarati;
. sono state diminuite le misure minime e massime (dal centoventi al
duecentoquaranta per cento anziche' dal duecento al quattrocento per
cento);
. e' stata introdotta una misura minima fissa della sanzione (lire
cinquecentomila) nelle ipotesi in cui non sono state versate tutte le
ritenute;
. e' stata introdotta una sanzione in misura variabile da lire cinquecentomila
a lire quattro milioni nelle ipotesi in cui tutte le ritenute sono state
versate;
. e' stata introdotta, in aggiunta alla sanzione per omessa presentazione, una
sanzione in misura fissa per ogni percipiente non indicato nella
dichiarazione che avrebbe dovuto essere presentata; nel sistema previgente,
tale sanzione era prevista (nella misura da lire trecentomila a lire tre
milioni) con riferimento all'ipotesi di presentazione di dichiarazione
infedele e non invece nei casi di omessa presentazione.
Tali variazioni devono essere considerate dagli uffici in sede di
determinazione delle sanzioni relativamente alle violazioni commesse prima del
1 aprile 1998, in base alle disposizioni contenute negli articoli 3, commi 1 e
3, e 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
In particolare, relativamente alle violazioni commesse prima del 1
aprile 1998, si evidenzia che:
. nelle ipotesi in cui le ritenute non sono state interamente versate si
rendera', di regola, applicabile la sanzione prevista nell'art. 2, comma 1,
del d.lgs. n. 471; la sanzione prevista nell'art. 47, primo comma, del
D.P.R. n. 600 del 1973, si rendera' invece applicabile unicamente nei casi
in cui essa sia concretamente pari od inferiore a lire cinquecentomila
(come, ad esempio, quando l'ammontare delle ritenute relative ai compensi,
interessi ed altre somme non dichiarati e' pari o inferiore a lire
duecentocinquantamila e la sanzione e' determinata nella misura minima);
. nelle ipotesi in cui le ritenute sono state interamente versate, si rendera'
applicabile la sanzione di importo inferiore tra quella risultante in base
alla previgente disposizione e quella risultante in base all'art. 2, comma
3, del d.lgs. n. 471;
. non e' applicabile, ai sensi dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 472 del
1997, la sanzione di lire centomila per ogni percipiente non indicato nella
dichiarazione che avrebbe dovuto essere presentata, in quanto come gia'
detto la fattispecie non era prima sanzionabile.
La sanzione prevista nell'art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 471 e' invece
applicabile, ovviamente, relativamente alle violazioni commesse dal 1 aprile
1998. Si evidenzia, peraltro, che nella determinazione della sanzione si deve
tener conto delle regole stabilite nell'art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 che
disciplina il concorso di violazioni e la continuazione.
Infatti, l'omessa presentazione della dichiarazione e l'omessa
indicazione dei percipienti i compensi corrisposti configurano una ipotesi di
concorso formale, per la quale l'art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 472 prevede
l'applicazione di un'unica sanzione rappresentata da quella stabilita per la
violazione piu' grave, aumentata da un quarto al doppio.
A titolo esemplificativo, si illustrano i criteri per la
determinazione della sanzione da irrogare, considerando le misure minime
previste, nell'ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione per l'anno
1998 nel corso del quale sono stati corrisposti compensi, pari a complessive
lire venti milioni, a tre professionisti e le relative ritenute, pari a
complessive lire quattro milioni, sono state: a) interamente versate; b) non
versate.
a) - sanzione minima ex art. 2, c. 1.: L. 500.000
- sanzione minima ex art. 2, c. 4 (n. 3 x 100.000): L. 300.000
- sanzione minima ex art. 12, c. 1
(500.000 + 1/4 di 500.000): ú L. 625.000
- sanzione minima irrogabile: ú L. 625.000
b) - sanzione minima ex art. 2, c. 1
(120% di 4.000.000): ú L. 4.800.000
- sanzione minima ex art. 2, c. 4 (n. 3 x 100.000): L. 300.000
- sanzione minima ex art. 12, c. 1
(4.800.000 + 1/4 di 4.800.000): L. 6.000.000
- sanzione minima irrogabile ex art 12, c. 7: ú L. 5.100.000
Si evidenzia, infine, che alle sanzioni per omessa dichiarazione
devono aggiungersi quelle previste per le eventuali violazioni degli obblighi
di esecuzione di ritenute alla fonte e di versamento delle ritenute alle
prescritte scadenze.
2.2 Tardiva presentazione della dichiarazione.
La dichiarazione presentata entro trenta giorni dalla scadenza del
termine e' considerata valida, salva restando l'applicazione della sanzione
amministrativa per il ritardo.
Ai soli effetti sanzionatori, la tardiva presentazione della
dichiarazione e' equiparata all'omessa presentazione.
Peraltro, poiche' la dichiarazione presentata entro trenta giorni
dalla scadenza del termine e' " valida", l'eventuale omesso o carente
versamento delle ritenute relative ai compensi dichiarati e' punibile con la
sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato,
prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997.
La tardiva presentazione della dichiarazione e' invece punibile, ai
sensi dell'art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 471, con la sanzione amministrativa
da lire cinquecentomila a lire quattro milioni.
Per le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998, e' applicabile, in
quanto piu' favorevole, la sanzione prevista dal combinato disposto dei commi
primo, secondo periodo, e sesto dell'art. 46 del D.P.R. n. 600 del 1973 (lire
settantacinquemila, elevabile fino a lire settecentocinquantamila nei
confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili).
Alla luce delle considerazioni svolte in ordine alle sanzioni
applicabili nel caso di tardiva presentazione della dichiarazione del
sostituto di imposta, si rende necessario rivedere talune indicazioni fornite
con la circolare n. 192/E del 23 luglio 1998 relativamente alle modalita' di
regolarizzazione, mediante ravvedimento operoso, della violazione in rassegna,
e precisamente:
. la mancata presentazione della dichiarazione entro il termine previsto puo'
essere regolarizzata, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera c), del
d.lgs. n. 472 del 1997, a condizione che la dichiarazione venga presentata
con ritardo non superiore a trenta giorni e che nello stesso termine venga
effettuato il pagamento di una sanzione di lire sessantaduemila, pari ad un
ottavo di lire cinquecentomila;
. in caso di omesso, in tutto o in parte, versamento delle ritenute relative
ai compensi indicati nella dichiarazione tardiva, non regolarizzato ai sensi
dell'art. 13, comma 1, lettere a) o b), del d.lgs. n. 472, si rendera'
applicabile la sanzione del trenta per cento di cui all'art. 13 del d.lgs.
n. 471.
2.3 Presentazione di dichiarazione infedele.
La fattispecie della presentazione di dichiarazione infedele si
realizza quando l'ammontare dei compensi, interessi ed altre somme indicati
nella dichiarazione validamente presentata e' inferiore a quello accertato dal
competente ufficio.
La medesima fattispecie si realizza anche quando gli importi
assoggettabili a ritenuta alla fonte sono indicati nella dichiarazione in
misura inferiore a quella prevista, pur in presenza di una corretta
esposizione degli ammontari lordi dei compensi, interessi ed altre somme
corrisposti.
Per la violazione in rassegna, l'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 471
del 1997, prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa dal cento al
duecento per cento dell'importo delle ritenute non versate riferibili alla
differenza, con un minimo di lire cinquecentomila.
Il comma 3 dello stesso art. 2 prevede, invece, l'applicazione di una
sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni se le
ritenute relative ai compensi, interessi ed altre somme non dichiarati sono
state interamente versate.
Inoltre, il comma 4, prevede, in aggiunta alle sanzioni previste nei
commi 2 e 3, l'applicazione di una sanzione amministrativa di lire centomila
per ogni percipiente non indicato nella dichiarazione presentata.
Rispetto alle previgenti previsioni di cui all'art. 47, secondo
comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, sono state apportate significative
variazioni, e precisamente:
. la base di commisurazione della sanzione e' costituita dall'ammontare delle
ritenute non versate anziche' dall'ammontare delle ritenute relative ai
compensi non dichiarati;
. sono state diminuite le misure minime e massime (dal cento al duecento per
cento anziche' dal duecento al quattrocento per cento);
. e' stata introdotta una misura minima fissa della sanzione (lire
cinquecentomila) nelle ipotesi in cui non sono state interamente versate le
ritenute relative ai maggiori compensi accertati;
. e' stata introdotta una sanzione in misura variabile da lire cinquecentomila
a lire quattro milioni nelle ipotesi in cui sono state interamente versate
le ritenute relative ai maggiori compensi accertati;
. e' stata diminuita la sanzione (lire centomila anziche' da lire trecentomila
a lire tre milioni) per ogni percipiente non indicato nella dichiarazione.
Tali variazioni devono essere considerate dagli uffici in sede di
determinazione delle sanzioni relativamente alle violazioni commesse prima del
1 aprile 1998, in base alle disposizioni contenute negli articoli 3, comma 3,
e 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
In particolare, si evidenzia che per la violazione riguardante la
mancata indicazione nella dichiarazione dei nominativi di tutti i percipienti,
anche se commessa prima del 1 aprile 1998, si rende applicabile la sanzione
prevista nell'art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 471, in concorso, secondo le
regole stabilite nell'art. 12 del d.lgs. n. 472, con la violazione per
infedele dichiarazione.
Si evidenzia, infine, che alle sanzioni per infedele dichiarazione
devono aggiungersi quelle previste per le eventuali violazioni degli obblighi
di esecuzione di ritenute alla fonte e di versamento delle ritenute alle
prescritte scadenze.
3. OMESSA DENUNCIA DELLE VARIAZIONI DEI REDDITI FONDIARI
L'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997 prevede l'applicazione
di una sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni
in caso di omessa denuncia, nel termine previsto per legge, delle situazioni
che danno luogo a variazioni in aumento del reddito dominicale e del reddito
agrario dei terreni.
Ai sensi dell'art. 27, commi 1 e 2, del T.U.I.R., le variazioni del
reddito dominicale o del reddito agrario devono essere denunciate dal
contribuente all'ufficio tecnico erariale (ovvero all'ufficio del territorio,
ove gia' istituito) entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui
si sono verificate le situazioni che le determinano.
Rispetto alla previgente disposizione di cui all'art. 50 del D.P.R.
n. 600 del 1973, si rileva che e' stata ridotta la misura massima della
sanzione (lire quattro milioni anziche' lire cinque milioni).
Pertanto, anche per le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998, la
misura della sanzione non potra' essere superiore a lire quattro milioni.
CAPITOLO SECONDO
SANZIONI IN MATERIA DI IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
Il capo II del d.lgs. n. 471 del 1997, costituito dagli articoli 5, 6
e 7, contempla e disciplina le principali ipotesi di violazione nel settore
dell'imposta sul valore aggiunto, comprese quelle relative agli scambi
intracomunitari, perseguendo, come si vedra', la tendenza complessiva alla
mitigazione delle relative sanzioni rispetto a quelle previste dalla
previgente normativa, in conformita' ai criteri desumibili dalle legislazioni
dei Paesi dell'Unione Europea.
In particolare l'art. 5 attiene, in via prioritaria, alle violazioni
riguardanti la dichiarazione annuale, l'art. 6 detta la disciplina relativa
alle infrazioni degli obblighi di documentazione, registrazione ed
individuazione delle operazioni soggette al tributo e l'art. 7 concerne le
specifiche violazioni relative alle esportazioni.
1. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE ANNUALE
L'art. 5 del d.lgs. n. 471 ha un contenuto piu' ampio di quanto non
dica il titolo. Esso, infatti, oltre alle violazioni riguardanti la
dichiarazione annuale (e i rimborsi chiesti in difformita' della stessa),
disciplina anche le infrazioni relative alle dichiarazioni mensili degli
acquisti intracomunitari, alla richiesta di attribuzione della partita IVA
degli enti non commerciali, alle dichiarazioni di inizio, variazione e
cessazione di attivita'.
Le altre violazioni riguardanti il contenuto e la documentazione della
dichiarazione annuale sono invece previste dall'art. 8 dello stesso decreto n.
471.
Le ipotesi di violazione contemplate dal citato art. 5 sono le
seguenti:
- omessa presentazione della dichiarazione annuale in presenza di debito
d'imposta (art. 5, comma 1, che sostituisce l'art. 43, primo comma, del
D.P.R. n. 633 del 1972);
- omessa presentazione della dichiarazione annuale in assenza di debito
d'imposta (art. 5, comma 3, che sostituisce l'art. 43, terzo comma, del
D.P.R.n. 633);
- presentazione di dichiarazione annuale infedele (art. 5, comma 4, che
sostituisce l'art. 43, secondo comma, del D.P.R. n. 633);
- omessa o incompleta presentazione della dichiarazione mensile di acquisti
intracomunitari (art. 5, comma 2, che sostituisce l'art. 54, comma 3, del
D.L. n. 331 del 1993 convertito in legge n. 427 del 1993);
- omessa presentazione della richiesta di attribuzione della partita IVA in
relazione ad acquisti intracomunitari (art. 5, comma 3, che sostituisce
l'art. 54, comma 5, del D.L. n. 331 del 1993);
- omessa presentazione della dichiarazione di inizio, variazione o cessazione
di attivita' (art. 5, comma 6, che sostituisce l'art. 43, quinto comma, del
D.P.R. n. 633);
- richiesta di rimborso in difformita' della dichiarazione (art. 5, comma 5,
che non trova riscontro nella previgente normativa).
1.1 Omessa presentazione della dichiarazione annuale in presenza di debito
d'imposta.
L'art. 5, comma 1, dispone che l'omessa presentazione della
dichiarazione annuale e' punita con la sanzione dal centoventi al
duecentoquaranta per cento dell'imposta dovuta per l'anno solare o per le
operazioni che, in relazione a un piu' breve periodo, avrebbero dovuto formare
oggetto di dichiarazione. In ogni caso la sanzione irrogata non puo' essere
inferiore a lire cinquecentomila.
Dal 1 gennaio 1999 la sanzione in parola tornera' applicabile anche
per l'omessa presentazione delle dichiarazioni periodiche di cui all'art. 1
del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 100.
La nuova misura sostituisce la pena pecuniaria da due a quattro volte
l'imposta dovuta prevista dall'art. 43, primo comma, del D.P.R. n. 633 ed
assorbe quella fissa, prima applicabile congiuntamente, stabilita dal terzo
comma dello stesso articolo.
Parificabile all'omissione e' la presentazione della dichiarazione con
un ritardo superiore a trenta giorni e la presentazione di dichiarazione priva
di sottoscrizione, non regolarizzata entro trenta giorni dal ricevimento
dell'invito da parte dell'ufficio.
La seconda parte del comma 1 in esame chiarisce che per determinare
l'imposta dovuta, ossia la base di commisurazione della sanzione,
dall'ammontare dell'IVA a debito risultante dall'accertamento devono essere
computati in detrazione:
- tutti i versamenti effettuati relativi al periodo d'imposta;
- il credito dell'anno precedente non richiesto a rimborso;
- le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite.
Tale disposizione che, sotto certi aspetti, va considerata integrativa
di quella contenuta nell'art. 55, primo comma, del D.P.R. n. 633, nel
prevedere espressamente la detraibilita' del credito dell'anno precedente
riportato a nuovo, recepisce il recente orientamento della Suprema Corte di
Cassazione, desumibile dalla sentenza 2 ottobre 1996, n. 8602.
Va precisato, inoltre, che l'imposta detraibile relativa al quarto
trimestre (assolta da quei contribuenti che, per opzione, eseguono i
versamenti trimestralmente) va computata ugualmente in detrazione agli effetti
sanzionatori, se la relativa liquidazione risulti di fatto eseguita, pur in
assenza della dichiarazione annuale. In caso contrario detta imposta rimane
dovuta e concorre, quindi, a determinare la base di commisurazione della
sanzione, fermo restando, peraltro, che il relativo diritto alla detrazione
potra' essere esercitato successivamente, ai sensi del combinato disposto
degli articoli 19, comma 1, e 28, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, come di
recente modificati, entro il termine di presentazione della dichiarazione
relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione
e' sorto.
Le nuove previsioni, in base alle disposizioni contenute negli
articoli 3, comma 3, e 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, si rendono
applicabili, in quanto piu' favorevoli, anche relativamente alle violazioni
commesse prima del 1 aprile 1998.
1.2 Omessa presentazione della dichiarazione annuale in assenza di debito
d'imposta
Nelle ipotesi in cui vengono effettuate esclusivamente operazioni
per le quali non e' dovuta l'imposta ovvero nelle ipotesi in cui l'eseguita
computazione in detrazione prevista dal comma 1 dia luogo a un credito
d'imposta o ad un'imposta "dovuta" pari a zero, viene ovviamente a mancare la
base di commisurazione e quindi la possibilita' stessa di applicare la
sanzione proporzionale dal centoventi al duecentoquaranta per cento.
In tali evenienze e sempreche', ovviamente, ne sussista l'obbligo,
l'omessa presentazione della dichiarazione e' punita con la sanzione da lire
cinquecentomila a lire quattromilioni prevista dal comma 3. Detta sanzione
sostituisce la pena pecuniaria da lire seicentomila a lire tremilioni
stabilita dall'art. 43, terzo comma, del decreto n. 633.
1.3 Tardiva presentazione della dichiarazione
La dichiarazione presentata entro trenta giorni dalla scadenza dei
termini e' considerata valida, salva restando l'applicazione della sanzione
amministrativa per il ritardo.
Ai soli effetti sanzionatori (e quindi non anche ai fini
dell'esperibilita' dell'accertamento induttivo di cui all'art. 55 del D.P.R.
n. 633 del 1972) la tardiva presentazione della dichiarazione e' equiparata
all'omissione.
Peraltro, poiche' la dichiarazione presentata con ritardo non
superiore a trenta giorni e' "valida", dalla stessa non puo' risultare
un'imposta dovuta (nel senso voluto dall'art. 5, comma 1) ma, semmai,
un'imposta dichiarata e non versata, come tale da assoggettare alla sanzione
del trenta per cento prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471.
La tardiva presentazione della dichiarazione e' invece punibile, ai
sensi dell'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 471, con la sanzione amministrativa
da lire cinquecentomila a quattro milioni, irrogabile con il procedimento
disciplinato dall'art. 16 del d.lgs. n. 472 del 1997.
In caso di rettifica della dichiarazione, con riferimento alla
maggiore imposta dovuta ovvero alla minore eccedenza detraibile o rimborsabile
spettante, si rendera' applicabile la sanzione per infedele dichiarazione di
cui all'art. 5, comma 4.
La mancata presentazione della dichiarazione entro il termine previsto
puo' essere regolarizzata, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera c), del
d.lgs. n. 472 del 1997, qualora entro trenta giorni dalla scadenza del termine
venga presentata la dichiarazione e venga effettuato il pagamento di una
sanzione di lire sessantaduemila, pari ad un ottavo di lire cinquecentomila.
1.4 Presentazione di dichiarazione annuale infedele
Se dalla dichiarazione presentata risulta un'imposta inferiore a
quella dovuta ovvero un'eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella
spettante, si applica, secondo quanto previsto dal comma 4, la sanzione dal
cento al duecento per cento della differenza.
La misura non differisce, quanto alla sua entita', dalla pena
pecuniaria prevista dall'art. 43, secondo comma, del D.P.R. n. 633. Tuttavia,
a differenza di quest'ultima, la nuova disposizione non prevede piu' la
tolleranza di un decimo, per cui anche una minima differenza tra imposta
accertata e imposta dichiarata (oppure tra credito risultante dalla
dichiarazione e credito risultante dalla rettifica) rende "infedele" la
dichiarazione e, di conseguenza, applicabile la sanzione.
La scomparsa del limite di inapplicabilita' della misura punitiva
(tendente ad avvicinare, per quanto possibile, la disciplina dell'IVA a quella
delle imposte sui redditi) rende ininfluente il quesito se la differenza
d'imposta o dell'eccedenza detraibile, che concretizza il presupposto della
violazione in esame, debba intendersi al lordo o al netto dei versamenti
periodici eseguiti nel corso dell'anno e dell'eventuale credito dell'anno
precedente non richiesto a rimborso. Vengono cosi' meno i problemi
interpretativi legati alle suddette questioni che, in passato, sono stati
spesso motivo di contenzioso.
L'infedelta' della dichiarazione puo' scaturire, per esempio, dal
recupero:
- dell'imposta relativa a specifiche operazioni imponibili non dichiarate e
precedentemente non documentate e/o non registrate;
- dell'imposta relativa ad operazioni erroneamente ritenute esenti o non
imponibili;
- della maggiore imposta dovuta, in relazione a specifiche operazioni, per
l'avvenuta applicazione di aliquota inferiore a quella pertinente;
- della maggiore imposta risultante da accertamento induttivo;
- dell'imposta indebitamente detratta.
Ove si verifichino, singolarmente o cumulativamente, una o piu' delle
fattispecie suddette o di altre ipotizzabili, la base di commisurazione della
sanzione in esame sara' costituita, a seconda dei casi:
- dalla differenza tra l'imposta complessivamente accertata e quella minore
indicata nella dichiarazione annuale;
- dalla differenza tra il credito risultante dalla dichiarazione e quello
minore spettante;
- dalla differenza tra il credito risultante dalla dichiarazione e l'imposta
accertata a debito, operandosi nell'ipotesi la somma dei due elementi.
Come gia' chiarito con la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998, per
effetto dell'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472, tra le infrazioni
prodromiche all'evasione (quali l'omessa fatturazione e/o registrazione,
l'omesso rilascio di scontrini o ricevute) e la violazione di infedele
dichiarazione, nella quale si concreta l'evasione, viene ad instaurarsi un
rapporto del tutto nuovo, che consente alla sanzione che dovrebbe infliggersi
per la violazione piu' grave (in linea di massima, quella di infedele
dichiarazione), congruamente aumentata da un quarto al doppio, di assorbire
tutte le sanzioni relative alle infrazioni ad essa collegate. Deve, pertanto,
ritenersi non piu' operante il cumulo materiale delle sanzioni anzicitate,
gia' ritenuto legittimo anche dalla Cassazione (cfr. sentenza 20 giugno 1996,
n. 5716).
Da ultimo, e' da tener presente che non puo' considerarsi realizzata
la violazione di infedele dichiarazione (ma, ove ne ricorrano i presupposti,
quella di omesso versamento) quando la minore imposta o il maggiore credito
risultanti dalla dichiarazione siano esclusiva conseguenza di un mero errore
materiale o di calcolo commesso dal contribuente. Al riguardo si rimanda ai
chiarimenti forniti con la circolare n. 114/E del 17 aprile 1997.
1.5 Omessa o incompleta presentazione della dichiarazione mensile di acquisti
intracomunitari
Il D.M. 16 febbraio 1993 prescrive all'art. 1 che gli enti non
commerciali e i produttori agricoli esonerati che abbiano effettuato acquisti
intracomunitari per importi superiori a sedici milioni ovvero che, pur non
avendo superato detto limite, abbiano optato per l'applicazione dell'imposta
sugli acquisti intracomunitari, devono presentare entro ciascun mese
un'apposita dichiarazione (mod. IVA INTRA 12) relativa agli acquisti
registrati nel mese precedente, dalla quale devono risultare l'ammontare degli
acquisti, quello dell'imposta dovuta e gli estremi del relativo attestato di
versamento.
In caso di omessa presentazione di tale dichiarazione o di
presentazione di essa con indicazione dell'ammontare delle operazioni in
misura inferiore al vero, e' prevista l'applicazione della sanzione dal
centoventi al duecentoquaranta per cento, commisurata, rispettivamente,
all'imposta o alla maggiore imposta dovuta. In ogni caso la sanzione non puo'
essere inferiore a lire cinquecentomila.
Anche nella suddetta fattispecie, pertanto, la nuova misura
sanzionatoria risulta notevolmente ridimensionata rispetto a quella (pena
pecuniaria da due a quattro volte) prevista dall'art. 54, comma 3, del D.L. n.
331 del 1993.
1.6 Omessa presentazione della dichiarazione per l'attribuzione della partita
IVA in relazione ad acquisti intracomunitari
L'art. 50, comma 4, del D.L. n. 331 del 1993 prescrive che gli enti
non commerciali che non abbiano optato per l'applicazione dell'imposta sugli
acquisti intracomunitari, sono tenuti a dichiarare preventivamente all'ufficio
competente nei loro confronti l'effettuazione di acquisti intracomunitari
soggetti ad imposta (mod. IVA INTRA 13) e, al superamento del limite di sedici
milioni di acquisti, a presentare la dichiarazione di cui all'art. 35, primo
comma, del D.P.R. n. 633 per l'attribuzione del numero della partita IVA.
Ove detta dichiarazione non venga presentata, si rende applicabile la
sanzione da lire cinquecentomila a lire quattromilioni, ai sensi del comma 3
dell'art. 5 in esame.
E' questa una delle poche fattispecie in cui la nuova sanzione risulta
piu' alta di quella previgente (pena pecuniaria da lire duecentomila a lire
duemilioni stabilita dall'art. 54, comma 5, del D.L. n. 331 del 1993), che
continuera' quindi ad essere applicabile per le violazioni commesse fino al 31
marzo 1998.
1.7 Omessa presentazione della dichiarazione di inizio, variazione o
cessazione di attivita'
Il comma 6 dell'art. 5 punisce con la sanzione da lire unmilione a
lire quattromilioni chiunque, essendovi ovviamente obbligato, ometta di
presentare una delle dichiarazioni di inizio, variazione o cessazione di
attivita', previste nel primo o terzo comma dell'art. 35 del D.P.R. n. 633,
nei termini ivi stabiliti, oppure presenti tali dichiarazioni con indicazioni
incomplete o inesatte tali da non consentire l'individuazione del contribuente
o dei luoghi ove e' esercitata l'attivita' o in cui sono conservati libri,
registri, scritture e documenti.
La sanzione in questione risulta meno elevata rispetto alla pena
pecuniaria da lire unmilioneduecentomila a lire seimilioni prevista dall'art.
43, quinto comma, del D.P.R. n. 633; inoltre la stessa va ridotta a lire
duecentomila (un quinto del minimo) nel caso in cui l'obbligato provveda alla
regolarizzazione della dichiarazione presentata, entro trenta giorni
dall'invito dell'ufficio.
Tale attenuante specifica, prevista dall'ultimo periodo del comma 5,
non esclude la possibilita' di regolarizzazione spontanea, senza pagamento di
sanzioni, entro tre mesi dall'omissione o dalla presentazione con indicazioni
incomplete o inesatte, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 472,
oppure entro il piu' ampio termine previsto dal comma 1, lettera b), dello
stesso art. 13, con il pagamento della sanzione, in questo caso, di lire
centosessantasettemila (pari ad un sesto del minimo).
1.8 Richiesta di rimborso in difformita' della dichiarazione
Il comma 5 del piu' volte citato art. 5 introduce una nuova ipotesi di
infrazione giustificata dal fatto che la richiesta di rimborso dell'imposta
puo' essere avanzata direttamente al concessionario della riscossione,
indipendentemente dalla presentazione della dichiarazione annuale, e quindi
anche in caso di richiesta in tutto o in parte non risultante dalla
dichiarazione stessa.
E', pertanto, previsto che la richiesta di un rimborso non dovuto o in
misura eccedente il dovuto, in quanto difforme dalle risultanze della
dichiarazione, rende applicabile la sanzione da una a due volte la somma non
spettante.
Presupposto della violazione (di pericolo) non e' il conseguimento, ma
la semplice richiesta di un rimborso che non trova riscontro nella
dichiarazione, per cui la sanzione va irrogata anche se il rimborso stesso non
sia stato ottenuto.
Un caso particolare di applicazione della norma in esame si verifica
quando il soggetto obbligato omette di presentare la dichiarazione annuale
dopo aver inoltrato richiesta di rimborso al concessionario. In tale ipotesi,
ferma restando l'irrogazione della sanzione, la domanda di rimborso non puo'
aver seguito.
2. VIOLAZIONI DEGLI OBBLIGHI RELATIVI ALLA DOCUMENTAZIONE, REGISTRAZIONE ED
INDIVIDUAZIONE DELLE OPERAZIONI SOGGETTE ALL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
L'art. 6 del d.lgs. n. 471 del 1997 reca la disciplina sanzionatoria,
profondamente innovativa rispetto alla precedente, relativa alla inosservanza
degli obblighi di documentazione, registrazione e individuazione delle
operazioni rientranti nell'ambito applicativo dell'IVA, anche
intracomunitaria, ossia di tutta quella serie di adempimenti cosiddetti
strumentali o prodromici posti a carico del contribuente al fine di pervenire
ad una corretta determinazione del debito d'imposta.
Le disposizioni contenute in tale articolo sostituiscono, pertanto,
sia gli articoli 41 e 42 del decreto IVA, sia le norme inerenti le piu'
significative violazioni sulle ricevute fiscali, scontrini fiscali, documenti
di trasporto, contrassegni IVA e operazioni intracomunitarie.
In particolare le ipotesi di violazione prese in considerazione
dell'art. 6 sono le seguenti:
- omessa fatturazione o registrazione di operazioni imponibili (art. 6, comma
1, che sostituisce gli articoli 41, primo e quarto comma, e 42, primo e
terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972);
- omessa annotazione di fatture relative ad acquisti intracomunitari (art. 6,
commi 1 e 7, che sostituiscono l'art. 54, commi 1 e 2, del D.L. n. 331 del
1993 convertito in legge n. 427 del 1993);
- consegna o spedizione di prodotti sprovvisti di contrassegno o etichetta
(art. 6, comma 1, che sostituisce l'art. 73-bis, quarto comma, del D.P.R.
n. 633);
- omessa fatturazione o registrazione di operazioni non imponibili o
esenti (art. 6, comma 2, che sostituisce l'art. 41, secondo comma, e
l'art. 47, n. 3, del D.P.R. n. 633);
- mancata emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale (art. 6, comma 3,
che sostituisce l'art. 8, quarto comma, della legge 10 maggio 1976, n. 249,
e l'art. 2, primo comma, della legge 26 gennaio 1983, n. 18);
- mancata emissione del documento di trasporto (art. 6, comma 3, che
sostituisce l'art. 7, primo comma, del D.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627);
- omessa regolarizzazione da parte del cessionario o committente in caso di
mancato ricevimento della fattura o di ricevimento della fattura irregolare
(art. 6, comma 8, che sostituisce l'art. 41, sesto comma, del D.P.R.
n. 633);
- illegittima detrazione dell'imposta assolta o dovuta sulle operazioni
passive (art. 6, comma 6, che non trova riscontro specifico nella precedente
normativa).
2.1 Omessa fatturazione o registrazione di operazioni imponibili
Il comma 1 dell'art. 6 prende, anzitutto, in considerazione le ipotesi
di violazioni degli obblighi di fatturazione e registrazione (di fatture o
corrispettivi) relative ad operazioni imponibili, gia' disciplinate
dall'art. 41, primo e quarto comma, e dall'art. 42, primo e terzo comma, del
D.P.R. n. 633, stabilendo al riguardo che la mancata documentazione o
registrazione di tali operazioni e' punita "con sanzione amministrativa
compresa tra il cento e il duecento per cento dell'imposta relativa
all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso
dell'esercizio". La sanzione irrogata per ogni violazione non puo', comunque,
essere inferiore a lire unmilione, ai sensi del comma 4 dello stesso art. 6.
La violazione di cui trattasi e' ugualmente realizzata quando la
fatturazione e/o la registrazione di operazioni imponibili vengono effettuate
senza indicazione d'imposta o con indicazione d'imposta inferiore a quella
dovuta, essendo l'esatta esposizione dell'imposta requisito essenziale per
dare rilevanza al documento o alla registrazione. Pertanto, la sanzione va
applicata anche nell'ipotesi di fatturazione e/o registrazione di un
corrispettivo esatto ma con applicazione di aliquota inferiore a quella
prevista dalla legge.
Da notare che la citata misura dal cento al duecento per cento
dell'imposta e' quella risultante dall'art. 6, comma 1, come sostituito
dall'art.1, comma 1, lettera b), del d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203. La
precedente formulazione della norma di cui al d.lgs. n. 471 del 1997
prevedeva, invece, che le infrazioni della specie fossero da assoggettare alla
sanzione compresa tra il dieci e il quindici per cento dell'imponibile non
documentato o non registrato.
Sorge, quindi, il problema di stabilire il periodo temporale di
operativita' delle due norme.
Al riguardo si fa presente che l'art. 5 del citato decreto n. 203 del
1998 dispone che le disposizioni integrative e correttive in esso contenute si
applicano a decorrere dal 1 aprile 1998 (data di entrata in vigore del d.lgs.
n. 471) tranne quelle che introducono nuovi illeciti ovvero modificano il
trattamento sanzionatorio (degli illeciti gia' previsti) in senso peggiorativo
per il contribuente.
Pertanto, mentre e' chiaro che le violazioni commesse a partire dal 16
luglio 1998 devono essere punite con la sanzione dal cento al duecento per
cento dell'imposta, per quelle commesse dal 1 aprile al 15 luglio 1998, tra le
due sanzioni succedutesi nel tempo (quella prevista dal d.lgs. n. 471 e la
successiva introdotta dal d.lgs. n. 203) dovra' essere applicata quella che in
concreto risultera' piu' favorevole al trasgressore.
E' evidente, poi, che per le infrazioni commesse anteriormente al 1
aprile 1998, ai fini dell'applicazione del principio del favor rei, le due
misure anzidette dovranno essere entrambe tenute presenti per poter applicare
quella in concreto piu' favorevole all'interessato.
Il comma 1 dell'art. 6 in parola si riferisce, come si e' detto, agli
obblighi di documentazione e registrazione di operazioni imponibili. Tali
adempimenti, per un verso, vanno considerati in maniera distinta e, se
richiesti per la medesima operazione, devono quindi essere entrambi osservati
per non incorrere nel compimento dell'infrazione. Di talche' la sanzione si
rende applicabile in presenza di fattura regolarmente emessa ma non registrata
nei termini, nei prescritti registri. Per altro verso, i due obblighi (sempre
che siano entrambi richiesti per la stessa operazione) sono legati da un nesso
di pregiudizialita'-dipendenza, per cui l'inosservanza dell'uno (fatturazione)
rende impossibile l'osservanza dell'altro (registrazione). Ne consegue che,
nel caso di omesso rilascio del documento e della conseguente sua mancata
registrazione, la sanzione si applica una sola volta, come previsto
espressamente dal comma 5 dell'art. 6.
L'infrazione di omissione si perfeziona anche con il mancato rispetto
dei termini previsti per la fatturazione e/o registrazione, termini che devono
ritenersi essenziali. Pertanto, l'adempimento tardivo, ancorche' spontaneo,
configura ugualmente l'illecito in questione, ferma restando la possibilita'
di ravvedimento ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997.
Parificabile all'omessa documentazione e' da considerare, poi, la
falsa indicazione in fattura della data di emissione che, avendo lo scopo di
riportare nei termini l'operazione, costituisce una modalita' esecutiva dello
specifico illecito.
E', inoltre, importante far presente che l'individuazione delle
operazioni occultate non costituisce presupposto necessario perche' si intenda
realizzata la violazione. La stessa, pertanto, sussiste anche nell'ipotesi di
maggiore volume d'affari ricostruito induttivamente o nel caso di operativita'
della presunzione legale di cui all'art. 1 del D.P.R. 10 novembre 1997, n.
441.
Ancora, va evidenziato che la sanzione di cui si discute torna
applicabile, tra l'altro, anche nei seguenti casi:
- omesso rilascio di fattura nonostante la richiesta della controparte, per le
operazioni indicate nell'art. 22, primo comma, del D.P.R. n. 633. Detta
norma, infatti, rende obbligatoria l'emissione del documento, se richiesto
contestualmente all'effettuazione dell'operazione;
- mancata emissione del documento rettificativo di cui all'art. 26, primo
comma, del D.P.R. n. 633, in caso di variazione in aumento dell'imponibile o
dell'imposta;
- mancata osservanza dei termini previsti per la fatturazione differita, pur
risultando emesso il documento di trasporto;
- effettuazione di fatturazione differita nei previsti termini, in mancanza
del documento di trasporto dal quale risulti la consegna o spedizione dei
beni;
- mancata autofatturazione per autoconsumo;
- mancata emissione della fattura per acquisti da non residenti (art. 17,
terzo comma, D.P.R. n. 633) o da agricoltori esonerati (art. 34, comma 6,
stesso decreto) o da agenzie di viaggio (art. 74-ter, comma 8, stesso
decreto).
A proposito dell'obbligo di fatturazione relativo agli acquisti
effettuati da non residenti o da agricoltori esonerati, e' da ricordare che
l'art. 41, quinto comma, del decreto IVA prevedeva l'applicazione della sola
pena pecuniaria di carattere residuale da lire trecentomila a lire
unmilioneduecentomila se le violazioni di tale obbligo non avessero dato luogo
a variazioni nelle risultanze delle liquidazioni periodiche o in sede di
dichiarazione annuale. Poiche' tale previsione non e' stata riproposta, le
infrazioni della specie commesse dopo il 1 aprile 1998 sono da assoggettare,
comunque, alla misura proporzionale dal cento al duecento per cento
dell'imposta relativa ai corrispettivi non documentati. La previsione di cui
all'art. 41, quinto comma, e' applicabile invece, in quanto piu' favorevole,
alle violazioni commesse fino al 31 marzo 1998.
Per finire e' necessaria un'ultima importante precisazione sul rapporto
intercorrente tra l'art. 6, comma 1, in parola e l'art. 12 del d.lgs. n. 472
che disciplina il concorso di violazioni e la continuazione. In particolare,
il comma 2 del citato art. 12 dispone che e' punito con la sanzione che
dovrebbe infliggersi per la violazione piu' grave, aumentata da un quarto al
doppio, chi, anche in tempi diversi, commette piu' violazioni che, nella loro
progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione
dell'imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo. Orbene, la
norma appena citata puo' trovare applicazione nei casi di ripetute omesse
fatturazioni e/o registrazioni commesse dallo stesso soggetto sia quando a
tali violazioni non faccia seguito l'infedele dichiarazione (ipotesi di
progressione che tende a pregiudicare la determinazione dell'imponibile) sia
quando alla mancata fatturazione e/o registrazione segua l'infedele
dichiarazione (progressione che pregiudica la determinazione dell'imponibile).
Tutto cio' purche' la progressione non sia interrotta dalla constatazione
della violazione, secondo quanto stabilito dal comma 6 dell'art. 12.
2.2 Omessa annotazione di fatture relative ad acquisti intracomunitari
imponibili
Tra le violazioni cui si applica la sanzione prevista dal comma 1
dell'art. 6 e' da ricomprendere anche l'omessa o inesatta annotazione nei
prescritti registri degli acquisti intracomunitari di beni e servizi
imponibili, in precedenza punita dall'art. 54, comma 1, del D.L. n. 331 del
1993 con la pena pecuniaria da due a quattro volte l'imposta o la differenza
d'imposta relativa alle operazioni non annotate.
Anche per le infrazioni in parola vale quanto gia' osservato al
precedente punto 2.1 in ordine alla misura minima della sanzione stabilita in
lire un milione per ogni violazione, all'applicabilita' della sanzione nelle
ipotesi di annotazione eseguite con indicazioni inesatte tali da importare
un'imposta inferiore, ai criteri di operativita' dell'istituto del concorso in
caso di ripetute violazioni.
Con il comma 7 dell'art. 6, viene riproposta la disposizione, gia'
prevista nella precedente normativa, secondo cui condizione imprescindibile
perche' un acquisto intracomunitario possa essere considerato non imponibile
e' che il cessionario o committente nazionale comunichi il proprio numero di
partita IVA (come integrato agli effetti delle operazioni intracomunitarie)
all'altra parte contraente. In difetto di tale comunicazione, la sanzione dal
cento al duecento per cento dell'imposta nei confronti dell'operatore
nazionale si applica anche se l'operazione sia stata assoggettata ad imposta
in altro Stato membro.
Si rappresenta infine che la violazione di cui trattasi, oltre che
dalla mancata o irregolare annotazione nei registri previsti dagli articoli 23
e 24 del D.P.R. n. 633, puo' dipendere da omesse o inesatte annotazioni nel
registro di cui all'art. 47, comma 3, del D.L. n. 331 del 1993 da parte degli
enti non commerciali e degli agricoltori esonerati.
2.3 Consegna o spedizione di prodotti sprovvisti di contrassegno o
etichetta
Il comma 1 dell'art. 6 non si limita a prendere in considerazione le
violazioni degli obblighi relativi alla documentazione o registrazione di
operazioni imponibili, ma prevede l'applicazione della stessa sanzione dal
cento al duecento per cento dell'imposta anche a carico di chi viola gli
obblighi inerenti "all'individuazione di prodotti determinati".
Tale disposizione, com'e' evidente, sostituisce l'art. 73-bis, quarto
comma, del D.P.R. n. 633, che prevedeva la comminazione di una pena pecuniaria
da due a quattro volte l'imposta relativa all'operazione nei confronti dei
produttori o importatori ovvero degli acquirenti intracomunitari che
consegnano o spediscono, anche a titolo non traslativo ma per la vendita,
taluni prodotti (appartenenti alle categorie indicate nel primo comma dello
stesso art. 73-bis) sprovvisti di contrassegno o etichetta ovvero con
contrassegno o etichetta privi del numero di partita IVA o dei dati di
identificazione del prodotto o del numero progressivo o con la loro
indicazione incompleta o inesatta.
Ove compiano tali inadempienze i soggetti suindicati sono ora puniti,
come si e' detto, con la sanzione compresa tra il cento e il duecento per
cento dell'imposta ma, in ogni caso, non inferiore a lire un milione per ogni
violazione.
Da notare, poi, che il citato art. 73-bis, quarto comma, prevedeva la
riduzione a un quarto della pena pecuniaria se per la cessione dei prodotti
sprovvisti dei dati identificativi risultasse emessa la fattura. Poiche' tale
disposizione non e' stata riproposta, la stessa non puo' piu' operare per le
violazioni commesse dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 471 del 1997.
2.4 Omessa fatturazione o registrazione di operazioni non imponibili o esenti
Com'e' noto, l'art. 21, sesto comma, del D.P.R. n. 633 impone
l'obbligo di emettere la fattura anche per le cessioni relative a beni in
transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale, non imponibili
a norma dell'art. 7, secondo comma, dello stesso decreto, nonche' per le
operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis, 9 (e di quelli che ad
essi rinviano) e 38-quater del medesimo decreto e per le operazioni esenti di
cui all'art. 10 dello stesso decreto, tranne quelle indicate al n. 6. Inoltre,
l'obbligo in parola e' previsto anche dall'art. 46, comma 2, del D.L. n. 331
del 1993 per le cessioni e prestazioni intracomunitarie ivi indicate, non
soggette all'imposta, nonche' dall'art. 42 dello stesso decreto-legge per gli
acquisti intracomunitari non imponibili o esenti.
In tutti i casi suddetti, la fattura, in luogo dell'indicazione
dell'ammontare dell'imposta, deve recare l'annotazione che si tratta di
operazione non imponibile, esente o non soggetta, con la specificazione della
relativa norma.
L'art. 41, secondo comma, del D.P.R. n. 633 puniva con la pena
pecuniaria da lire trecentomila a lire unmilioneduecentomila l'omessa
fatturazione di operazioni non imponibili, esenti o non soggette, ovvero la
fatturazione delle stesse con indicazioni di corrispettivi inferiori a quelli
reali. L'omessa registrazione delle operazioni medesime, poi, era punita dalla
misura di carattere residuale di cui all'art. 47, n. 3), dello stesso decreto,
in assenza di riferimenti espliciti in altre disposizioni sanzionatorie. Le
suddette penalita' erano ovviamente ragguagliate al numero di documenti
omessi, irregolari o non registrati, salva la possibile applicazione dell'art.
8 della legge 7 gennaio 1929, n. 4.
Oggi l'art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 471, invece, colpisce chi viola
gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni
non imponibili, esenti o non soggette, con l'unica sanzione compresa tra il 5
e il 10 per cento dei corrispettivi non documentati o non registrati e, in
ogni caso, non inferiore a lire un milione per singola violazione.
La previsione di una sanzione proporzionale, in luogo di quella
precedente stabilita in misura fissa, si spiega con la circostanza che le
infrazioni in parola, in qualche caso rilevanti anche ai fini IVA (es.
incidenza delle operazioni esenti sul calcolo del pro-rata), possono
soprattutto agevolare evasioni in altri settori tributari. Occorre
considerare, peraltro, che quando la violazione non rileva ne' agli effetti
dell'IVA ne' ai fini della determinazione del reddito, e' dovuta solo la
sanzione da lire cinquecentomila a lire quattro milioni.
Per quanto concerne le operazioni esenti da imposta (tranne quelle
indicate ai numeri 11, 18 e 19 dell'art. 10) sembra opportuno ricordare che il
contribuente puo' essere dispensato dall'obbligo di fatturazione e
registrazione, ai sensi dell'art. 36-bis del decreto IVA, previa comunicazione
all'ufficio, fermo restando, tuttavia, l'obbligo di rilasciare la fattura
quando essa sia richiesta dal cliente.
In merito, poi, alla operativita' dell'art. 12 del d.lgs. n. 472 del
1997 per le violazioni in esame, si fa presente che puo' trovare applicazione
il comma 1 di tale articolo (concorso) se l'omessa fatturazione non ha avuto
conseguenze sulla determinazione dell'imposta ai fini IVA o di altri tributi.
In caso contrario, puo' rendersi applicabile l'istituto della progressione di
cui al successivo comma 2.
2.5 Mancata emissione della ricevuta o scontrino fiscale
L'art. 8, quarto comma, della legge 10 maggio 1976, n. 249, prevedeva
l'applicazione di una pena pecuniaria da lire quattrocentomila a lire
unmilioneottocentomila in caso di mancata emissione della ricevuta fiscale o
di emissione della stessa con indicazione (quando prescritta) del
corrispettivo in misura inferiore a quello reale. La pena era ridotta a un
quarto se la ricevuta, pur emessa, non fosse stata consegnata al destinatario.
Identica disposizione (a parte la non configurabile ipotesi di non
indicazione del corrispettivo) era recata dall'art. 2, primo comma, della
legge 26 gennaio 1983, n. 18, in materia di scontrini fiscali.
Le pene pecuniarie suddette erano ovviamente applicate in relazione al
numero dei documenti non emessi o irregolarmente emessi e tale criterio poteva
comportare (es. imprenditore commerciale che effettua numerose cessioni di
beni di modesto valore unitario) l'irrogazione di penalita' di ammontare
sproporzionato rispetto alla effettiva pericolosita' o rilevanza (in termini
di evasione) della condotta illecita.
E' pur vero che, in materia, erano operanti i meccanismi di
attenuazione del cumulo materiale delle sanzioni, previsti per le ricevute
dall'art. 6 del D.L. n. 697 del 1982, convertito in legge n. 887 del 1982, e
per lo scontrino dall'art. 8 della legge n. 4 del 1929. Tuttavia, tali
disposizioni agevolative non sempre potevano rimediare all'inconveniente
suddetto, sia perche' l'applicazione delle stesse non era automatica ma
subordinata alla sussistenza di determinati presupposti, sia perche' spesso
l'ammontare delle sanzioni, pur ridimensionato, rimaneva ugualmente
esorbitante.
Completamente diverso e' il nuovo regime sanzionatorio relativo ai
documenti suddetti, quale risulta dal combinato disposto degli articoli 6 del
d.lgs. n. 471 e 12 del d.lgs. n. 472.
Dispone, infatti, il comma 3 del citato art. 6, nel testo introdotto
dal d.lgs. n. 203 del 1998, che quando le violazioni (inerenti alla
documentazione delle operazioni) consistono nella mancata emissione di
ricevute o scontrini fiscali, ovvero nell'emissione di tali documenti per
importi inferiori a quelli reali, la sanzione e' pari al cento per cento
dell'imposta corrispondente all'importo non documentato. Ai sensi del
successivo comma 4, la sanzione non puo' essere applicata in misura inferiore
a lire un milione per singola infrazione. La medesima sanzione, con il
rispetto dello stesso minimo, si applica in caso di omesse annotazioni su
apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione, in caso di
mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali.
Poiche' l'originaria formulazione del comma 3 in parola prevedeva in
materia una sanzione pari al quindici per cento dell'importo non documentato,
per le violazioni commesse fino al 15 luglio 1998, fra le due misure (quindici
per cento dell'imponibile o cento per cento dell'imposta) tornera' applicabile
quella in concreto piu' favorevole al trasgressore.
Va, peraltro, evidenziato che la previsione di un importo minimo per
ogni singola violazione commessa non puo' piu' comportare, come in passato, la
quantificazione delle sanzioni in misura abnorme, soccorrendo in proposito, in
caso di piu' violazioni, i ben piu' incisivi istituti del concorso o della
progressione, previsti dall'art. 12 del d.lgs. n. 472, secondo le modalita'
gia' chiarite in precedenza (vedi punto 2.1).
Da notare, poi, che il citato comma 3 dell'art. 6 non prevede piu'
alcuna sanzione (sia pure di ammontare ridotto) per la mancata consegna della
ricevuta o scontrino al cliente. Tale comportamento, pertanto, non puo' piu'
essere punito, anche se, com'e' ovvio, permane il diritto del cliente di
pretendere che il documento gli sia rilasciato, per non correre il rischio di
essere sanzionato a sua volta.
2.6 Mancata emissione del documento di trasporto
Il comma 3 dell'art. 6 prende in considerazione anche la mancata
emissione dei documenti di trasporto, prevedendo per tale violazione la stessa
sanzione stabilita in materia di ricevute e scontrini fiscali (cento per cento
dell'imposta corrispondente all'importo non documentato).
Al riguardo e' opportuno chiarire subito che, con il termine
"documenti di trasporto", il citato comma 3 non ha inteso riferirsi al
documento disciplinato dall'art. 1, comma 3, del D.P.R. 14 agosto 1996,
n. 472, la cui emissione, com'e' noto, non costituisce un obbligo ma un
semplice onere che il contribuente e' tenuto ad osservare qualora egli intenda
avvalersi del meccanismo della fatturazione differita, previsto dall'art. 21,
quarto comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Il documento in parola, inoltre, puo' essere emesso allo scopo di
superare le presunzioni stabilite dal D.P.R. n. 441 del 1997 e, pero', anche
in tale evenienza il soggetto interessato non adempie ad un obbligo ma si
assume un onere. Ancora, va ricordato che, secondo la circolare n. 249/E
dell'11 ottobre 1996, il documento in questione non deve necessariamente
scortare le merci trasportate, potendo invece essere spedito al destinatario,
entro il giorno in cui e' iniziata la movimentazione dei beni, anche tramite
servizio postale.
Escluso per i suddetti motivi che la previsione normativa di cui al
comma 3 dell'art. 6 possa riguardare il piu' volte citato documento, risulta
evidente che la stessa si riferisce al "documento di accompagnamento dei beni
viaggianti" (c.d. bolla di accompagnamento) di cui al D.P.R. 6 ottobre 1978,
n. 627, limitatamente, com'e' ovvio, a quelle ipotesi residuali per le quali
e' rimasto l'obbligo di emissione dopo il 27 settembre 1996, data di entrata
in vigore del D.P.R. n. 472 del 1996, escluse, peraltro, quelle tra esse
soggette alla specifica sanzione di cui all'art. 49 del D.P.R. 26 ottobre
1995, n. 504.
Con specifico riferimento alle suddette ipotesi residuali
(circolazione di tabacchi lavorati e fiammiferi), la mancata emissione del
documento accompagnatorio da parte del mittente o l'emissione di esso per
importo inferiore a quello reale (gia' sanzionata con la pena pecuniaria da
lire quattro milioni a lire dodici milioni dall'art. 7, primo comma, del
D.P.R. n. 627 del 1978) e' ora punita, come gia' anticipato, con la misura
proporzionale del cento per cento dell'imposta corrispondente all'importo non
documentato.
Anche la sanzione di cui trattasi non puo' essere irrogata in misura
inferiore a lire unmilione per singola violazione e, in caso di piu'
violazioni, la stessa va determinata applicando pure l'art. 12 del d.lgs.
n. 472, secondo le modalita' piu' volte illustrate in precedenza.
Si fa presente, infine, che rimane ferma la sanzione (gia' pena
pecuniaria) da lire centomila a lire trecentosessantamila prevista dall'art.7,
terzo comma, del D.P.R. n. 627/1978 (non espressamente ne' tacitamente
abrogato dalla nuova normativa) a carico del conducente del veicolo che,
durante l'esecuzione del trasporto dei beni suindicati, non sia in grado di
esibire gli esemplari del documento che devono scortare le merci o li esibisca
privi di sottoscrizione. Va osservato, infatti, che tale violazione non puo'
essere ricondotta in alcuna della fattispecie sanzionate dal d.lgs. n. 471.
Limitatamente ai casi in cui permane l'obbligo di emettere il
documento accompagnatorio delle merci e con riferimento alle violazioni
commesse anteriormente al 1 aprile 1998, si rendera' ovviamente applicabile
la disposizione sanzionatoria piu' favorevole, ai sensi dell'art. 3, comma 3,
del d.lgs. n. 472 del 1997.
Per le restanti ipotesi in cui tale obbligo e' venuto meno, in forza
del cennato principio del favor rei, gli uffici provvederanno:
- ad archiviare i processi verbali per i quali non e' stato ancora emesso o
notificato il provvedimento sanzionatorio;
- ad annullare i provvedimenti sanzionatori notificati per i quali, al 1
aprile 1998, non siano scaduti i termini per l'impugnazione;
- a comunicare la sopravvenuta inapplicabilita' della sanzione alle competenti
commissioni tributarie ove siano ancora pendenti le controversie.
Ovviamente, restano ferme le sanzioni irrogate con provvedimento
divenuto definitivo alla suddetta data del 1 aprile 1998.
2.7 Omessa regolarizzazione da parte del cessionario o committente
Con disposizione analoga a quella contenuta nell'art. 41, sesto comma,
del D.P.R. n. 633, il comma 8 dell'art. 6 prevede l'applicazione di una
autonoma sanzione (ferma restando la responsabilita' del cedente o prestatore)
nei confronti del cessionario o committente che, nell'esercizio di imprese,
arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa
fattura nei termini previsti dalla legge o con emissione di fattura
irregolare.
La violazione di cui trattasi, peraltro, non si realizza nello stesso
istante in cui si perfeziona quella del cedente o prestatore ma nel momento
successivo in cui siano inutilmente scaduti i termini prescritti dalla legge
perche' il cessionario o committente (operatore economico) provveda a
regolarizzare l'operazione.
Piu' precisamente il citato comma 8 stabilisce che, per evitare di
essere sanzionato, il soggetto che acquista beni o servizi deve:
- se non ha ricevuto la fattura entro quattro mesi dalla data di effettuazione
dell'operazione, presentare all'ufficio competente nei suoi confronti,
previo pagamento dell'imposta, entro il trentesimo giorno successivo, un
documento in duplice esemplare dal quale risultino tutte le indicazioni
prescritte dall'art. 21 del decreto IVA, relativo alla fatturazione;
- se ha ricevuto una fattura irregolare (intendendosi per tale quella recante
un'imponibile oppure un'imposta inferiore), presentare allo stesso ufficio,
entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione, un
documento integrativo in duplice esemplare recante le indicazioni medesime,
previo versamento della maggiore imposta eventualmente dovuta.
Osservati i suddetti adempimenti, un esemplare del documento, con
l'attestazione dell'eseguita regolarizzazione, viene restituito dall'ufficio
al contribuente, che e' tenuto ad annotarlo sul registro degli acquisti.
L'omessa regolarizzazione nei prescritti termini rende, invece, il
cessionario o committente autore dell'illecito, in via del tutto indipendente
rispetto alla controparte, con la conseguenza che nei suoi confronti si rende
applicabile la sanzione stabilita dal citato comma 8 dell'art. 6, pari al
cento per cento dell'imposta, con un minimo di lire cinquecentomila per
singola violazione.
Poiche' l'originaria formulazione del comma 8 prevedeva in materia una
sanzione pari al quindici per cento del corrispettivo, per le violazioni
commesse fino al 15 luglio 1998, tra le due misure (quindici per cento del
corrispettivo o cento per cento dell'imposta) tornera' applicabile quella in
concreto piu' favorevole al trasgressore.
L'infrazione in esame deve intendersi realizzata anche se la mancata
regolarizzazione riguardi operazioni non imponibili o esenti (nel qual caso
l'adempimento del cessionario consistera' semplicemente nella presentazione
del documento in duplice copia all'ufficio) e nell'ipotesi di operativita'
della presunzione legale di cui all'art. 3 del D.P.R. 10 novembre 1997,
n. 441.
Da notare, infine, che la nuova normativa non prevede, nei suddetti
casi di omessa regolarizzazione, il recupero dell'imposta nei riguardi del
cessionario, diversamente da quanto stabiliva il citato art. 41, sesto comma,
del decreto IVA. Tuttavia, per le violazioni commesse sotto il vigore di detta
norma permane a carico del cessionario l'obbligo del pagamento del tributo,
non potendo trovare applicazione nei confronti di quest'ultimo il principio
del favor rei. Tale principio si rendera' invece applicabile limitatamente
alle misure sanzionatorie.
2.8 Illegittima detrazione dell'imposta addebitata sulle operazioni passive.
Il comma 6 dell'art. 6 disciplina l'ipotesi di illegittima
computazione in detrazione dell'IVA assolta, dovuta o addebitata sulle
operazioni passive, prevedendo in tal caso l'applicazione di una sanzione pari
all'ammontare della detrazione illegalmente operata.
Nella previgente normativa tale violazione non era presa in
considerazione autonomamente e, pertanto, si riteneva compresa in quella di
infedele dichiarazione. L'illegittima detrazione effettuata in sede di
liquidazione periodica poteva, invece, essere punita solo con la sanzione di
carattere residuale prevista dall'art. 47, n. 3), del D.P.R. n 633, non
essendo configurabile l'omesso versamento di cui all'art. 44 dello stesso
decreto, se non nei casi in cui l'irregolare detrazione fosse dipesa da errori
materiali o di calcolo.
L'efficacia deterrente della specifica previsione contenuta nel citato
comma 6 si manifestera' soprattutto in corso d'anno, contrastando essa, com'e'
evidente, comportamenti tesi quanto meno a ritardare il pagamento
dell'imposta.
Qualora, poi, la illegittima detrazione operata durante l'anno
determini l'infedele dichiarazione, potra' tornare applicabile l'istituto
della progressione di cui all'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472.
3. VIOLAZIONI RELATIVE ALLE ESPORTAZIONI
I ripetuti interventi normativi nello specifico settore delle
esportazioni hanno sempre cercato di mediare tra due fondamentali esigenze: da
un lato, quella di agevolare gli operatori che vendono i propri prodotti
all'estero e, dall'altro, quella di evitare che le disposizioni agevolative
possano tradursi in un veicolo per facilitare l'evasione d'imposta.
Le nuove disposizioni sanzionatorie in materia, contenute nell'art. 7
del d.lgs. n. 471 del 1997 privilegiano la prima delle due anzidette esigenze,
in quanto attenuano in maniera sensibile la misura delle sanzioni, le quali
peraltro, come si vedra', rimangono rapportate all'ammontare dell'imposta.
Le ipotesi di violazione contemplate dal citato art. 7 sono le
seguenti:
- mancato trasporto o spedizione dei beni fuori del territorio dell'Unione
europea (art. 7, comma 1, che sostituisce l'art. 46, primo comma, primo
periodo, del D.P.R. n. 633);
- mancata regolarizzazione delle cessioni a viaggiatori domiciliati o
residenti fuori della Comunita' europea (art. 7, comma 2, che sostituisce
l'art. 46, primo comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633);
- effettuazione di operazioni senza addebito d'imposta in mancanza della
dichiarazione d'intento (art. 7, comma 3, che sostituisce l'art. 2, primo
comma, del D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, convertito nella legge 27 febbraio
1984, n. 17);
- acquisto o importazione di beni e servizi senza pagamento dell'imposta in
- mancanza dei presupposti previsti (art. 7, comma 4, primo periodo, che
sostituisce gli articoli 46, terzo comma, primo periodo, e 70, secondo
comma, del D.P.R. n. 633);
- mancata esportazione di beni acquistati senza addebito d'imposta nelle c.d.
operazioni triangolari (art. 7, comma 4, secondo periodo, che sostituisce
- l'art. 46, terzo comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633);
- dichiarazione in dogana di quantita', qualita' o corrispettivi diversi da
quelli reali (art. 7, comma 5, che sostituisce l'art. 46, ultimo comma, del
D.P.R. n. 633).
3.1 Mancato trasporto o spedizione dei beni fuori del territorio dell'Unione
europea
L'art. 8, primo comma, lett. b), del D.P.R. n. 633 considera
operazioni non imponibili le cessioni eseguite con trasporto o spedizione
fuori del territorio della Comunita' economica europea, entro novanta giorni
dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto.
Il beneficio della non imponibilita' (che, peraltro, non riguarda la
cessione di beni destinati a dotazione o provvista di bordo di imbarcazioni o
navi da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro mezzo di
trasporto ad uso privato o dei beni da trasportarsi nei bagagli personali)
viene meno se il termine anzidetto non viene rispettato. In tal caso, il
cedente e' punito con la sanzione dal cinquanta al cento per cento
dell'imposta, ai sensi del comma 1 dell'art. 7 in esame. Tale sanzione
sostituisce la pena pecuniaria da due a quattro volte l'imposta, stabilita
dall'art. 46, primo comma, del D.P.R. n. 633.
Lo stesso cedente, ove non sia in grado di provare l'avvenuto
trasporto o spedizione, e' altresi' soggetto al pagamento dell'imposta.
Il cedente ha comunque la possibilita' di evitare l'applicazione della
sanzione se, entro i trenta giorni successivi al termine dei novanta giorni
prima indicato, regolarizza la fattura ed esegue il versamento dell'imposta.
Da notare che, ai fini della regolarizzazione, non e' piu' richiesta la
maggiorazione del dieci per cento di cui all'art. 46, secondo comma, del
D.P.R. n. 633.
Resta, in ogni caso, ferma la possibilita' di regolarizzazione
spontanea, con riduzione della sanzione a un sesto del minimo, ai sensi
dell'art. 13, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 472.
3.2 Mancata regolarizzazione delle cessioni a viaggiatori domiciliati o
residenti fuori della Comunita' europea
L'art. 38-quater, primo comma, del D.P.R. n. 633 dispone che possono
essere effettuate senza pagamento dell'imposta le cessioni a soggetti
domiciliati o residenti fuori della Comunita' europea di beni per un
complessivo importo, comprensivo dell'IVA, superiore a lire trecentomila,
destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali
fuori del territorio doganale della Comunita' medesima.
Il beneficio in questione e', peraltro, subordinato alla condizione
che sia emessa fattura recante anche l'indicazione degli estremi del
passaporto del cessionario e che i beni siano trasportati fuori della
Comunita' entro il terzo mese successivo a quello di effettuazione
dell'operazione. Inoltre, l'esemplare della fattura consegnato al cessionario
deve essere restituito al cedente, vistato dall'ufficio doganale di uscita
dalla Comunita', entro il quarto mese successivo all'effettuazione
dell'operazione.
Ove non si verifichino le condizioni suddette e, in particolare, in
caso di mancata restituzione dell'esemplare della fattura debitamente vistato,
il cedente deve procedere alla regolarizzazione dell'operazione a norma
dell'art. 26, primo comma, del D.P.R. n. 633, entro un mese dalla scadenza del
suddetto termine (cinque mesi dall'effettuazione dell'operazione).
L'omessa regolarizzazione nel termine previsto e' punita, ai sensi del
comma 2 dell'art. 7, con la sanzione dal cinquanta al cento per cento
dell'imposta a carico del cedente, che rimane altresi' obbligato al versamento
dell'imposta.
Anche per la violazione in esame e' consentita la possibilita' di
regolarizzazione ai sensi dell'art. 13, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 472.
3.3 Effettuazione di operazioni senza addebito d'imposta in mancanza di
dichiarazione d'intento
Il comma 3 dell'art. 7 stabilisce che i cedenti, i loro commissionari
e i prestatori di servizi che effettuano le operazioni, senza il pagamento
dell'imposta, nei confronti di operatori nazionali, pur non avendo ricevuto la
dichiarazione (c.d. d'intento) dai cessionari o committenti prevista dall'art.
1, primo comma, lett. c), del citato D.L. n. 746 del 1983, sono soggetti al
pagamento della sanzione dal cento al duecento per cento dell'imposta che
risulta non applicata, oltre a quello dell'imposta stessa.
L'entita' della sanzione per le infrazioni del genere risulta, quindi,
notevolmente ridimensionata rispetto alla pena pecuniaria da due a sei volte
l'imposta prevista dall'art. 2, primo comma, del D.L. n. 746 del 1983.
Da notare che, ferma restando la responsabilita' dei cedenti o
prestatori, la violazione di cui trattasi ha dei riflessi anche nei confronti
dei cessionari o committenti. Per questi ultimi, infatti, il mancato addebito
dell'IVA si traduce nell'acquisto di beni o servizi con emissione di fattura
irregolare, punita con la sanzione pari al cento per cento dell'imposta (con
un minimo di lire cinquecentomila), prevista dall'art. 6, comma 8, del d.lgs.
n. 471, sempreche' non si provveda alla regolarizzazione nei modi e tempi
previsti alla lettera b) dello stesso comma.
Vale, inoltre, sia per i cedenti che per i cessionari, quanto gia'
detto ai precedenti punti 3.1 e 3.2 in ordine alla possibilita' di
ravvedimento operoso ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 472.
3.4 Acquisto o importazione senza pagamento d'imposta in mancanza dei
presupposti previsti
Il comma 4 dell'art. 7 prevede l'applicazione della sanzione dal cento
al duecento per cento dell'imposta a carico di chi, in mancanza dei
presupposti previsti dalla legge (status di operatore agevolato, ecc.),
dichiara all'altro contraente o in dogana di volersi avvalere della facolta'
di acquistare o importare beni e servizi senza pagamento dell'imposta, ai
sensi dell'art. 2, comma 2, della legge 18 febbraio 1997, n. 28.
La stessa sanzione si applica anche a chi si avvale della suddetta
facolta' oltre il limite consentito dal proprio "plafond", costituito
dall'ammontare complessivo delle cessioni e delle prestazioni di cui agli
articoli 8, primo comma, lettere a) e b), 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633, delle
cessioni intracomunitarie e delle prestazioni di servizi nei confronti di
soggetti passivi di altro Stato membro, non soggette ad imposta, a norma
dell'art. 40, comma 9, del D.L. n. 331 del 1993, registrate per l'anno solare
precedente (plafond annuale) o per i dodici mesi precedenti (plafond mensile).
La misura anzidetta sostituisce la piu' gravosa pena pecuniaria da due
a sei volte l'imposta, prevista dall'art. 46, terzo comma, del D.P.R. n. 633,
richiamato dall'art. 70, secondo comma, dello stesso decreto.
I cessionari, committenti od importatori, che hanno commesso le
violazioni suddette, oltre che la sanzione sono anche tenuti, in via
esclusiva, a norma del secondo periodo del comma 3, al pagamento dell'imposta
che avrebbe dovuto essere addebitata nei loro confronti.
Va rilevato che, in relazione all'infrazione in esame, non e' piu'
operante la circostanza esimente prevista dall'art. 48, quinto comma, del
D.P.R. n. 633 (tolleranza del dieci per cento in ordine al superamento del
"plafond"), espressamente abrogato dall'art. 16 del d.lgs. n. 471.
E', inoltre, opportuno evidenziare che nel nuovo ordinamento
sanzionatorio tributario, l'istituto del ravvedimento operoso ha trovato ormai
una sistemazione organica ed una disciplina unitaria per tutti i tributi.
Pertanto, la possibilita' di regolarizzazione spontanea secondo le modalita'
previste dal combinato disposto dei commi 1, lett. b), e 2 dell'art. 13 del
d.lgs. n. 472 del 1997 riguarda, tra l'altro, tutti i casi di utilizzo del
"plafond" oltre i limiti consentiti, comprese le ipotesi in cui il superamento
di detto limite sia avvenuto per effetto di un'operazione di importazione.
3.5 Mancata esportazione dei beni acquistati senza pagamento dell'imposta
nelle c.d. operazioni triangolari
Secondo quanto dispone l'art. 8, secondo comma, del D.P.R. n. 633,
l'operatore che abbia un plafond costituito dall'ammontare delle cosiddette
"esportazioni triangolari", ne puo' usufruire:
- integralmente, per gli acquisti di beni da esportare nello stato originario
e nel termine di sei mesi dalla loro consegna (c.d. plafond vincolato);
- nei limiti della differenza corrispettivi-costi, per gli acquisti di altri
beni e servizi attinenti alla sua attivita' agevolata.
Orbene, se vengono superati i limiti di utilizzazione del plafond a
causa della mancata esportazione da parte del cessionario o del suo
commissionario dei beni acquistati per essere esportati nello stato originario
entro sei mesi, torna applicabile la sanzione dal cinquanta al cento per cento
dell'imposta relativa alle operazioni effettuate. Tale sanzione, prevista dal
comma 4, secondo periodo, dell'art. 7, sostituisce la pena pecuniaria da due a
quattro volte stabilita dall'art. 46, terzo comma, secondo periodo, del D.P.R.
n. 633.
Nella stessa ipotesi, la sanzione non si applica se il cessionario,
entro trenta giorni dalla scadenza del termine di sei mesi, provvede a
regolarizzare la fattura e a versare la relativa imposta.
La misura e', invece, ridotta a un sesto del minimo in caso di
regolarizzazione eseguita spontaneamente nel termine previsto dall'art. 13,
comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 472.
3.6 Dichiarazioni in dogana di quantita', qualita' o corrispettivi diversi da
quelli reali
Ai sensi del comma 5 dell'art. 7, i cedenti che nelle fatture o nelle
dichiarazioni in dogana relative a cessioni all'esportazione, indicano
quantita', qualita' o corrispettivi diversi da quelli reali, sono puniti con
la sanzione dal cento al duecento per cento dell'imposta che sarebbe dovuta se
i beni presentati in dogana fossero stati ceduti nel territorio dello Stato,
calcolata sulle differenze dei corrispettivi o dei valori normali dei beni.
Per espressa previsione della norma non sono tuttavia punibili
differenze quantitative non superiori al cinque per cento.
La sanzione in parola sostituisce la pena pecuniaria da due a quattro
volte prevista dall'art. 46, ultimo comma, del D.P.R. n. 633.
CAPITOLO TERZO
DISPOSIZIONI COMUNI ALLE IMPOSTE DIRETTE E ALL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
1. VIOLAZIONI RELATIVE AL CONTENUTO E ALLA DOCUMENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI
L'art. 8 del d.lgs. n. 471 disciplina le violazioni di carattere
formale relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni. La
norma reca disposizioni comuni per le violazioni in materia di imposte dirette
e di imposta sul valore aggiunto (commi 1 e 2) ed una previsione specifica per
le violazioni riguardanti i sostituti d'imposta (comma 3).
1.1 Dichiarazioni irregolari
Il comma 1 dell'art. 8 stabilisce che, fuori dai casi di omessa o
infedele presentazione della dichiarazione, se la dichiarazione presentata ai
fini delle imposte dirette o dell'imposta sul valore aggiunto e'
irregolarmente compilata, si applica la sanzione amministrativa da lire
cinquecentomila a lire quattro milioni.
In particolare, secondo la citata norma, la dichiarazione va
considerata irregolare se:
- non e' redatta in conformita' al modello approvato dal Ministero delle
finanze;
- in essa sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e completa dati
rilevanti per l'individuazione del contribuente o, se diverso da persona
fisica, del suo rappresentante;
- in essa sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e completa dati
rilevanti per la determinazione del tributo;
- in essa non e' indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento
prescritto per il compimento dei controlli.
Le predette violazioni relative al contenuto della dichiarazione dei
redditi erano precedentemente disciplinate dall'art. 48, primo comma, del
D.P.R. n. 600 del 1973, che prevedeva l'applicazione di una pena pecuniaria da
lire trecentomila a lire tre milioni.
In materia di imposta sul valore aggiunto, tali irregolarita' erano
invece diversamente disciplinate, e precisamente:
- la presentazione della dichiarazione con indicazioni inesatte era punita,
indipendentemente dalle sanzioni irrogabili per omessa o infedele
dichiarazione, con la pena pecuniaria da lire seicentomila a lire tre
milioni (art. 43, terzo comma, del D.P.R. n. 633);
- la redazione della dichiarazione su stampati conformi al modello approvato
con decreto ministeriale ma non in conformita' allo stesso non aveva una
specifica regolamentazione e, pertanto, veniva sanzionata con la pena
pecuniaria da lire trecentomila a lire unmilioneduecentomila, stabilita
dalla norma residuale di cui all'art. 47, n. 3), del D.P.R. n. 633;
- l'omessa o inesatta indicazione del numero di partita IVA era punito con la
pena pecuniaria da lire duecentomila a lire quattro milioni.
Nell'ambito del nuovo sistema sanzionatorio che tende a perseguire
prioritariamente le violazioni di natura sostanziale anziche' quelle meramente
formali, le irregolarita' relative al contenuto delle dichiarazioni sono
sanzionabili quando rilevano ai fini del compimento dei controlli e al di
fuori dei casi di omessa o infedele presentazione della dichiarazione.
Un esempio di violazione che, in materia di IVA, assume rilevanza ai
fini del compimento dei previsti controlli e', come gia' chiarito con la
circolare n. 209/E del 27 agosto 1998, la mancata indicazione in dichiarazione
dell'opzione o della revoca dei regimi di determinazione dell'imposta o di
regimi contabili di cui all'art. 1 del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442. Al
riguardo, va ricordato che, secondo la previgente normativa in materia,
l'omissione o l'errata indicazione di cui trattasi non era direttamente
punibile ma esponeva il soggetto a tutte le conseguenze negative del caso,
legate alla circostanza di operare concretamente in un regime diverso da
quello che la legge considerava prescelto dallo stesso interessato.
Con l'entrata in vigore del citato regolamento, invece, l'opzione e la
revoca relative ai vari regimi previsti si desumono da comportamenti
concludenti del contribuente e, pero', l'esatta indicazione delle stesse
costituisce un obbligo (necessario per il compimento dei controlli) la cui
inosservanza e' autonomamente punibile con la suddetta misura stabilita dal
comma 1 dell'art. 8.
Non e' invece sanzionabile, come gia' detto, la mancata o inesatta
indicazione di dati che non pregiudicano il regolare svolgimento
dell'attivita' di controllo, configurandosi in tal caso una mera irregolarita'
formale non meritevole di essere perseguita.
Inoltre, nei casi in cui si realizza la fattispecie dell'omessa o
dell'infedele presentazione della dichiarazione, la sanzione prevista
dall'art. 8, comma 1, e' assorbita da quella relativa alle violazioni di
natura sostanziale.
Tali indicazioni rilevano anche per le violazioni commesse fino al 31
marzo 1998, in base alle disposizioni di cui agli articoli 3, commi 2 e 3, e
25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997; ovviamente, qualora le violazioni
in questione siano effettivamente punibili dovra' applicarsi la disposizione
piu' favorevole al trasgressore.
Le osservazioni esposte valgono anche per le violazioni al contenuto
della dichiarazione del sostituto d'imposta, per le quali il comma 3 dell'art.
8 prevede una sanzione da lire un milione a lire otto milioni, mentre il
previgente art. 48, secondo comma, del D.P.R. n. 600, prevedeva una pena
pecuniaria da lire seicentomila a lire sei milioni.
Come gia' illustrato con la circolare n. 192/E del 23 luglio 1997, le
violazioni in rassegna possono essere regolarizzate mediante ravvedimento
operoso ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997. In particolare, ai
sensi del comma 4 del citato art. 13, l'applicazione della sanzione e' esclusa
quando la regolarizzazione spontanea degli errori e delle omissioni non
incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo avviene entro tre
mesi dalla commissione della violazione. Decorso tale termine, e' invece
possibile regolarizzare la violazione entro il termine stabilito per la
presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale e'
stata presentata la dichiarazione irregolare, ai sensi dell'art. 13, comma 1,
lettera b); in tal caso, il ravvedimento si perfeziona con il pagamento della
sanzione ridotta ad un sesto del minimo.
Per quanto riguarda le violazioni formali relative alle dichiarazioni
dei redditi, comprese quelle unificate, presentate nell'anno 1998, il comma
3-bis dell'art. 25 del d.lgs. n. 472, introdotto dall'art. 6, comma 1, lettera
b), del d.lgs. 19 novembre 1998, n. 422, prevede la non applicazione delle
sanzioni se l'autore delle violazioni provvede alla loro regolarizzazione nel
termine di trenta giorni dall'invito dell'ufficio.
La richiamata disposizione transitoria consente quindi a coloro che
hanno presentato nell'anno 1998 una dichiarazione dei redditi, compresa quella
unificata, "irregolare" di non attivarsi direttamente per rimuovere le
violazioni di natura formale ma di attendere l'invito del competente ufficio
per provvedere alla loro regolarizzazione senza pagamento di sanzioni anche in
misura ridotta. Ovviamente, in linea con le indicazioni contenute nel presente
paragrafo, gli uffici limiteranno gli inviti alle sole ipotesi di
irregolarita' relative al contenuto delle dichiarazioni che rilevano ai fini
del compimento dei controlli di competenza.
Si precisa infine che per le persone fisiche titolari di partita IVA,
la predetta norma riguarda le violazioni di carattere formale relative al
contenuto del Modello UNICO 98, e quindi anche quelle relative al contenuto
delle parti del Modello concernenti la dichiarazione IVA, la dichiarazione del
sostituto d'imposta e la dichiarazione dei dati relativi all'acconto IRAP.
1.2 Mancanza o incompletezza di atti e documenti
Il comma 2 dell'art. 8 prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni nei casi di
mancanza o incompletezza degli atti e dei documenti dei quali e' prescritta
l'allegazione alla dichiarazione, la conservazione ovvero l'esibizione
all'ufficio.
Le violazioni in rassegna sono riferite agli atti e documenti che
attengono a dati ed elementi indicati o da indicare nelle dichiarazioni; le
violazioni riferite ai documenti che attengono alle scritture contabili sono
invece disciplinate dall'art. 9 dello stesso d.lgs. n. 471.
La norma disciplina unitariamente le situazioni di mancanza o di
incompletezza degli atti e dei documenti relativi a dati od elementi indicati
o da indicare nelle dichiarazioni, indipendentemente dal fatto che per tali
atti sia prevista l'allegazione alle dichiarazioni ovvero la conservazione e
l'esibizione in caso di richiesta da parte dell'ufficio.
In caso di mancanza o incompletezza degli allegati alle dichiarazioni
dei redditi, l'abrogato art. 48, secondo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973,
prevedeva l'applicazione della pena pecuniaria da lire seicentomila a lire
seimilioni. Quindi, anche relativamente alle violazioni commesse fino al 31
marzo 1998, si rende applicabile, ai sensi degli artt. 3, comma 3, e 25, commi
1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, la sanzione da lire cinquecentomila a lire
quattromilioni in quanto piu' favorevole.
Tra gli atti e documenti dei quali, in passato, era prescritta
l'allegazione alla dichiarazione ai fini dell'imposta sul valore aggiunto
merita di essere ricordato il prospetto (prima semestrale poi annuale) delle
annotazioni degli acquisti effettuati e delle importazioni fatte senza
pagamento dell'imposta ai sensi dell'art. 8, lettera c), del D.P.R. n. 633
(mod. IVA 99-bis). La mancata allegazione o l'inesatta o incompleta
compilazione di tale modello era sanzionata dall'art. 2, secondo comma, del
D.L. n. 746 del 1983 convertito in legge n. 17 del 1984, con la pena
pecuniaria da lire unmilione a lire cinquemilioni.
L'obbligo di allegare tale prospetto, sospeso dal D.M. 16 dicembre
1994 (in quanto sostituito dalla compilazione di apposito riquadro della
dichiarazione) e ripristinato dal D.M. 19 dicembre 1996 (vedi mod. 11/E), e'
stato nuovamente sospeso dal D.M. 15 gennaio 1998, con il quale e' stato
approvato il modello di dichiarazione IVA relativo al 1997, in quanto
sostituito dalla compilazione del quadro VU della dichiarazione (quadro
riproposto nel modello di dichiarazione relativo al 1998, approvato con D.M.
18 dicembre 1998).
Non essendo mai venuto meno l'obbligo di compilazione del prospetto in
questione (ma, come si e' detto, essendo solo cambiata la modalita' di
presentazione all'ufficio) permane la punibilita' delle eventuali mancanze o
inesattezze dello stesso, anche riguardanti anni passati, con l'applicazione
della nuova piu' favorevole sanzione da lire cinquecentomila a lire
quattromilioni, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472.
La sanzione in questione si rende altresi' applicabile, nell'ambito
delle societa' di gruppo che si avvalgono del particolare regime di cui
all'art. 73, terzo comma, del D.P.R. n. 633, per la mancata presentazione o
l'inesatta o incompleta compilazione da parte della societa' controllante del
mod. IVA-26LP (prospetto delle liquidazioni periodiche) e del mod. IVA-26PR
(prospetto riepilogativo dell'IVA di gruppo), anche se detti modelli non
devono essere uniti alla dichiarazione della societa' controllante ma
presentati autonomamente all'ufficio, tramite il concessionario della
riscossione.
2. VIOLAZIONI DEGLI OBBLIGHI RELATIVI ALLA CONTABILITA'
L'art. 9 del d.lgs. n. 471 disciplina in maniera uniforme le
violazioni degli obblighi concernenti la contabilita' in materia di imposte
dirette e di imposta sul valore aggiunto, prevedendo l'applicazione di
un'unica sanzione per entrambi i settori impositivi e per le diverse
infrazioni configurabili, discostandosi cosi' dalla previgente normativa
recata dai soppressi articoli 45 del D.P.R. n. 633 del 1972 e 51 del D.P.R.
n. 600 del 1973 che stabilivano, invece, pene pecuniarie di diversa entita'
in relazione ai due tributi anzidetti e alle varie ipotesi di inadempienze.
2.1 Omessa tenuta o conservazione delle scritture contabili
Il comma 1 dell'articolo 9 in esame punisce con la sanzione da lire
duemilioni a lire quindici milioni chi non tiene o non conserva secondo le
prescrizioni le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle
leggi in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto ovvero i
libri, i documenti e registri la cui tenuta e conservazione e' prevista
obbligatoriamente da altre disposizioni di carattere tributario.
L'ipotesi della omessa tenuta delle scritture contabili, oltre al caso
in cui le stesse non siano state materialmente istituite, ricorre anche quando
ne sia stata omessa la bollatura ai sensi dell'art. 2215 del codice civile
ovvero in presenza di irregolarita' gravi, numerose e ripetute da far
risultare inattendibili nel loro complesso le scritture medesime. Al riguardo,
si ritiene opportuno far presente che, secondo la recente sentenza 13 luglio
1998, n. 13, delle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione,
l'imprenditore o l'esercente arti e professioni deve obbligatoriamente
procedere alla bollatura delle scritture contabili "antecedentemente alla
prima operazione da registrare".
Va altresi' ricordato che la conservazione delle scritture
(regolarmente costituite) e' obbligatoria fino a quando non siano definiti gli
accertamenti relativi al corrispondente periodo d'imposta, anche oltre il
termine previsto dall'art. 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie,
salvo che l'impresa sia stata liquidata e, a norma dell'art. 2457 del codice
civile, i libri siano stati conservati per dieci anni.
Il comma 3, secondo periodo, dell'articolo in commento prevede
un'ipotesi aggravata della violazione in questione, che si realizza quando,
oltre all'omessa tenuta o conservazione delle scritture contabili, venga anche
accertata in un determinato esercizio un'evasione dei tributi diretti e
dell'IVA di importo complessivo superiore a lire centomilioni. In tale
evenienza, la sanzione si applica in misura doppia e va, pertanto, da un
minimo di lire quattro milioni ad un massimo di lire trentamilioni. Il
superamento della soglia di cento milioni puo' conseguire sia da accertamenti
riguardanti entrambi i settori impositivi sia da evasione relativa ad un
singolo tributo.
Va osservato, peraltro, che la suddetta sanzione (raddoppiata) non
puo' trovare autonoma irrogazione allorche' nello stesso contesto sia
constatata anche l'infrazione di omessa o infedele dichiarazione, atteso che
in tal caso deve essere applicata la sanzione prevista per la violazione piu'
grave (appunto quella per l'omessa o infedele dichiarazione) aumentata da un
quarto al doppio, ai sensi dell'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
Relativamente alle violazioni commesse antecedentemente al 1 aprile
1998, si evidenzia che:
- in materia di imposte dirette, la sanzione prevista dal comma 1 dell'art. 9
non torna applicabile dal momento che l'art. 51, secondo comma, del D.P.R.
n. 600 del 1973 assoggettava l'infrazione alla piu' lieve pena pecuniaria da
lire unmilioneduecentomila a lire dodicimilioni. Peraltro, in presenza di
accertamenti d'imposta (ancora pendenti) di importo superiore a lire cinque
milioni (ma non a cento) va applicata la nuova sanzione da lire duemilioni a
lire quindici milioni, in applicazione del principio del favor rei, tenuto
conto che per tale fattispecie la previgente normativa prevedeva una pena
pecuniaria piu' gravosa che andava da lire duemilioniquattrocentomila a lire
ventiquattromilioni;
- in materia di imposta sul valore aggiunto, l'art. 45, secondo comma, del
D.P.R. n. 633 del 1972 assoggettava la violazione di cui trattasi (peraltro
con specifico riferimento ai registri IVA, alle fatture emesse, alle
ricevute e alle bollette doganali) alla pena pecuniaria da lire
unmilioneduecentomila a lire trenta milioni, ossia ad una misura piu' bassa
nel minimo e piu' alta nel massimo rispetto a quella attuale. Per l'omessa
tenuta del registro di prima nota da parte dei commercianti al minuto, la
pena non poteva essere inferiore a lire quattro milioni. Di tutto cio' gli
uffici dovranno ovviamente tener conto, per i rapporti ancora pendenti, ai
fini dell'eventuale applicazione del principio del favor rei.
2.2 Irregolare tenuta della contabilita'
Gli articoli 39 del D.P.R. n. 633 del 1972 e 22 del D.P.R. n. 600 del
1973 recano le disposizioni che i contribuenti devono rispettare agli effetti
di una regolare tenuta della contabilita'. L'inosservanza di tali norme viene
talora considerata alla stessa stregua dell'omessa tenuta della contabilita'.
Cio' si verifica, come gia' detto, nelle ipotesi di irregolarita' gravi,
numerose e ripetute da far ritenere inattendibili nel loro complesso le
scritture contabili.
Ove, invece, le irregolarita' rilevate nei libri e nei registri o i
documenti mancati siano di scarsa rilevanza e sempreche' non ne sia derivato
ostacolo all'accertamento delle imposte dovute, le infrazioni commesse vengono
autonomamente punite, ai sensi del comma 3, primo periodo, dell'art. 9 con la
sanzione di cui al comma 1, riducibile fino alla meta' del minimo, ossia fino
a lire unmilione.
Relativamente alle violazioni commesse antecedentemente al 1 aprile
1998, si osserva che:
- in materia di imposte sui redditi, l'art. 51, terzo comma, del D.P.R. n. 600
del 1973, puniva la tenuta delle scritture in difformita' delle regole
previste con la pena pecuniaria da lire seicentomila a lire sei milioni. In
caso di scarsa rilevanza delle irregolarita' la pena era ridotta ad un
quinto del minimo, ossia a lire centoventimila. E' evidente, pertanto, che
le nuove sanzioni non possono trovare applicazione, in quanto piu' gravose;
- in materia di imposta sul valore aggiunto, l'art. 45, secondo comma, del
D.P.R. n. 633 del 1972 assoggettava alla pena pecuniaria da lire
unmilioneduecentomila a lire trenta milioni la tenuta dei registri in
difformita' delle prescrizioni stabilite, prevedendo tuttavia la riduzione
fino ad un quinto del minimo, ossia fino a duecentoquarantamila, per le
irregolarita' (o la mancanza di documenti) di scarsa rilevanza. In tale
seconda ipotesi non puo', pertanto, trovare applicazione la nuova piu'
elevata sanzione di cui al comma 3 dell'art. 9.
2.3 Rifiuto di esibizione o sottrazione alla verifica di documenti.
Il comma 2 dell'art. 9 stabilisce che la sanzione da lire duemilioni a
lire quindicimilioni si applica anche a chi nel corso degli accessi eseguiti
ai fini dell'accertamento in materia di imposte dirette e IVA, rifiuta di
esibire o dichiara di non possedere o comunque sottrae all'ispezione e alla
verifica i documenti, i registri e le scritture obbligatorie, ovvero altri
registri, documenti e scritture, ancorche' non obbligatori, dei quali risulti
con certezza l'esistenza.
Al riguardo, va sottolineata anzitutto la maggiore estensione della
fattispecie in esame, che riguarda indistintamente tutti i libri, registri e
documenti posseduti, compresi quelli non obbligatori, rispetto a quella del
comma 1 che, come gia' detto, prevede la sanzionabilita' solo per la mancata
tenuta e conservazione della documentazione obbligatoria.
E' opportuno altresi' evidenziare che l'art. 52 del D.P.R. n. 633 del
1972, nel disciplinare i poteri di accesso e di verifica degli uffici IVA,
dispone al quinto comma che "i libri, registri, scritture e documenti di cui
e' rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore
del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o
contenziosa" precisando che "per rifiuto di esibizione si intendono anche la
dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la
sottrazione di essi all'ispezione".
La disposizione anzidetta e' applicabile ai sensi dell'art. 33 del
D.P.R. n. 600 del 1973 anche nel settore delle imposte dirette.
Tanto il comma 2 dell'art. 9 quanto la disposizione di cui
all'art. 52, quinto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 contemplano, dunque, tre
distinte ipotesi:
- il rifiuto di esibizione dei documenti;
- la sottrazione, ovvero l'occultamento degli stessi;
- la dichiarazione di non possederli.
Ora, non puo' dubitarsi che nella nozione di rifiuto, come in quella
della sottrazione (o occultamento), e' insita l'intenzionalita' del soggetto
di ostacolare il compito dei verificatori, per cui operano comunque sia la
disposizione strettamente sanzionatoria che quella stabilita dall'art. 52,
quinto comma.
Per quanto riguarda, invece, la dichiarazione di non possedere i
documenti (a parte l'ipotesi di dichiarazione coscientemente non veritiera,
parificabile sostanzialmente alle prime due figure di illecito) perche' torni
applicabile la sanzione prevista dal comma 2 dell'art. 9 e si verifichi di
conseguenza la causa ostativa in sede amministrativa o contenziosa, e'
quantomeno necessario che la dichiarazione negativa sia dovuta a colpa
imputabile a imperizia, imprudenza, negligenza o inosservanza delle
disposizioni circa gli obblighi di conservazione della documentazione, come,
ad esempio, momentanea irreperibilita' o smarrimento della documentazione
richiesta.
In altre parole, mentre per un verso non e' indispensabile che
sussista un comportamento doloso (bastando la semplice colpa), per altro verso
non e' sufficiente la sola volontarieta' della condotta, neppure sorretta
dalla colpa, come avviene, per esempio, quando ricorre il caso fortuito o la
forza maggiore (Cass. 24 giugno 1995, n. 7161).
Anche per le infrazioni in argomento opera l'aggravante di cui al
comma 3, secondo periodo, dell'art. 9 (sanzione irrogata in misura doppia) in
presenza di evasioni d'imposta di importo superiore a lire centomilioni.
Relativamente alle violazioni commesse antecedentemente al 1 aprile
1998, si evidenzia che:
- in materia di imposte dirette, la sanzione prevista dal comma 1 dell'art. 9
(richiamata dal comma 2) non torna applicabile, atteso che l'art. 51, primo
comma, del D.P.R. n. 600 del 1973 assoggettava l'infrazione alla piu' lieve
pena pecuniaria da lire unmilioneduecentomila a lire dodicimilioni.
Tuttavia, in caso di accertamenti di imposta di importo superiore a lire
cinquemilioni (ma non a cento) va applicata la nuova sanzione da lire
duemilioni a lire quindicimilioni in quanto meno gravosa di quella
(raddoppiata) prevista dal citato art. 51;
- in materia di imposta sul valore aggiunto, la nuova sanzione non e' mai
applicabile perche' piu' elevata rispetto alla pena pecuniaria da lire
unmilioneduecentomila a lire seimilioni prevista dall'art. 45, primo comma,
del D.P.R. n. 633 del 1972.
2.4 Obblighi documentali e contabili particolari in materia di IVA.
Per quanto concerne in particolare il settore dell'imposta sul valore
aggiunto, sembra opportuno far presente che tra le violazioni cui torna
applicabile la sanzione da lire duemilioni a lire quindicimilioni
(eventualmente riducibile fino a unmilione) prevista dal comma 1 dell'art. 9,
sono da ricomprendere:
- l'emissione di fatture che non contengono le indicazioni prescritte dalla
legge o che contengono indicazioni incomplete o inesatte tali da non
consentire l'identificazione delle parti. Detta infrazione era sanzionata
dall'art. 41, terzo comma, del D.P.R. n. 633 con la pena pecuniaria da lire
seicentomila a lire tremilioni, ossia con una misura in linea di massima
piu' tenue. Era inoltre esclusa espressamente la punibilita' del cedente o
prestatore nei casi di irregolarita' della fattura imputabili esclusivamente
al cessionario del bene o al committente del servizio. Tale esimente,
ancorche' non ribadita in maniera specifica, deve ritenersi ugualmente
operante, alla luce dei principi di carattere generale introdotti dal d.lgs.
n. 472 del 1997;
- l'eseguita annotazione nel registro degli acquisti, con indicazioni
incomplete o inesatte, tali da non consentire l'identificazione dei cedenti
dei beni o dei prestatori di servizi, gia' punita con la pena pecuniaria da
lire seicentomila a lire tremilioni prevista dall'art. 42, secondo comma,
del D.P.R. n. 633;
- la mancata tenuta o conservazione delle bolle d'accompagnamento per il
periodo stabilito dall'art. 39 del D.P.R. n. 633 da parte del mittente o del
destinatario o, per almeno due anni da parte del vettore (limitatamente ai
casi in cui permane l'obbligo di emissione del documento);
- il rifiuto di esibire la sottrazione all'ispezione, in sede di verifica,
delle citate bolle;
- la mancata o irregolare tenuta e/o conservazione dei registri previsti
dall'art. 10 del D.M. 29 novembre 1978 da parte delle tipografie e dei
rivenditori autorizzati alla stampa e alla fornitura di stampati (bolle
d'accompagnamento e ricevute fiscali);
- il rifiuto di esibire o la sottrazione all'ispezione, in sede di verifica,
dei registri di cui al precedente punto;
- la mancata o irregolare tenuta e/o conservazione dei registri di carico e
scarico degli stampati o il rifiuto di esibirli o la sottrazione degli
stessi in sede di verifica;
- l'omessa annotazione degli stampati nel registro di carico e scarico o
nell'apposita sezione dei registri di cui agli artt. 23, 24 e 25 del D.P.R.
n. 633, secondo le prescrizioni del quinto comma dell'art. 10 del citato
D.M. 29 novembre 1978.
Per quanto riguarda la violazione di omessa annotazione degli
stampati, si fa presente che in passato essa veniva sanzionata con la pena
pecuniaria da lire trecentomila a lire unmilioneduecentomila di cui
all'art. 47, n. 3, del D.P.R. n. 633, per le bolle d'accompagnamento e con la
pena pecuniaria da lire quarantamila a lire quattrocentomila prevista
dall'art. 8, sesto comma, della legge 10 maggio 1976, n. 249, per le ricevute
fiscali.
Ma cio' che, del previgente regime, e' piu' importante evidenziare e'
che, secondo la circolare dell'ispettorato compartimentale per il Lazio 12
settembre 1986, n.130/12057, le sanzioni suddette dovevano essere comminate in
relazione ad ogni singolo documento non annotato e non con riguardo a ciascuna
fornitura (che, di solito, contiene migliaia di stampati). Ne scaturiva che,
spesso, l'omessa annotazione anche di una sola partita dava luogo alla
irrogazione di penalita' per importi esorbitanti nonostante la possibile
applicazione delle attenuanti previste dall'art. 8 della legge n. 4 del 1929 e
del D.M. 1 settembre 1931.
Siffatti inconvenienti non possono ormai piu' verificarsi, sia perche'
le violazioni della specie sono ora inquadrate nella nozione, essenzialmente
unitaria, di irregolare tenuta della contabilita', sia perche' le singole
infrazioni vanno, comunque, cumulate giuridicamente ai sensi dell'art. 12,
comma 1, del d.lgs. n. 472. Di cio' si dovra', ovviamente, tener conto anche
per le violazioni commesse anteriormente al 1 aprile 1998 e non ancora
definite a tale data, ai fini dell'applicazione del principio del favor rei.
2.5 Inosservanza di obblighi per superamento del volume d'affari.
Com'e' noto, l'attuale normativa dell'IVA consente a determinati
soggetti di poter adempiere in maniera semplificata i principali obblighi
esistenti in materia o, talvolta, di essere esonerati dagli stessi,
subordinando tali possibilita' alla circostanza che il volume d'affari
realizzato non superi certi limiti prefissati dalla stessa legge.
Cosi', ad esempio, i contribuenti che nell'anno solare precedente
hanno realizzato un volume d'affari non superiore a lire
trecentosessantamilioni (se trattasi di imprese aventi per oggetto prestazioni
di servizi o di soggetti esercenti arti e professioni) ovvero di lire un
miliardo (se trattasi di imprese aventi per oggetto altre attivita') possono,
ai sensi dell'art. 32 del D.P.R. n. 633, osservare gli obblighi di
fatturazione e di registrazione mediante la tenuta di un bollettario a madre e
figlia. Gli stessi contribuenti (dalla legge definiti "minori") possono,
inoltre, ai sensi del successivo art. 33, effettuare i versamenti periodici
con cadenza trimestrale anziche' mensile, previa comunicazione all'ufficio e
provvedendo a maggiorare dell'1,50 per cento gli importi da versare.
Cosi', ancora, i produttori agricoli che nell'anno solare precedente
hanno realizzato un volume d'affari non superiore a cinquemilioni di lire
(costituito per almeno due terzi da cessioni di determinati prodotti agricoli
o ittici) sono esonerati, ai sensi dell'art. 34, comma 6, dal versamento
dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la
dichiarazione annuale.
Analoghe disposizioni agevolative sono prevista in materia di IVA e di
imposte sui redditi dall'art. 3, commi da 166 a 180, della legge 23 dicembre
1996, n. 662.
Il superamento dei suddetti limiti relativi al volume d'affari o ad
altri parametri indicati dalla legge (acquisti, beni strumentali, compensi,
ecc.), dovuto ad accertamento eseguito dall'ufficio, dovrebbe determinare, a
stretto rigore, il venir meno dei benefici goduti, con la conseguente
realizzazione delle violazioni agli obblighi di fatturazione, registrazione,
ecc.
Per evitare che dette conseguenze possano verificarsi anche quando i
limiti vengano oltrepassati di non molto, il comma 4 dell'art. 9 del d.lgs.
n. 471 prevede al riguardo una tolleranza del cinquanta per cento, disponendo
che in caso di superamento non eccedente tale misura, in luogo delle piu'
gravose sanzioni previste per lo specifico obbligo violato, si rende
applicabile la sanzione da lire cinquecentomila a lire cinquemilioni.
Analoghe disposizioni erano contenute nell'art. 48, terzo comma, del
D.P.R. n. 633 e nei commi 169 e 180 dell'art. 3 della citata legge n. 662 del
1996, ai quali, per brevita', si fa rinvio.
2.6 Violazioni degli organi di controllo delle societa'.
Il comma 5 dell'art. 9, come integrato dall'art. 1, comma 1, lettera
c), del d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203, disciplina le specifiche violazioni dei
componenti gli organi di controllo delle societa' e degli enti soggetti
all'imposta sui redditi delle persone giuridiche. In particolare, il predetto
comma 5 disciplina le ipotesi di omessa sottoscrizione della dichiarazione e
di omessa denuncia della mancanza delle scritture contabili.
2.6.1 Omessa sottoscrizione della dichiarazione.
Analogamente a quanto stabilito dall'art. 8, quinto comma, del D.P.R.
n. 600 del 1973, l'art. 1, comma 5, del D.P.R. n. 322 del 1998 dispone che la
dichiarazione delle societa' e degli enti soggetti all'imposta sul reddito
delle persone giuridiche, presso i quali esiste un organo di controllo, e'
sottoscritta anche dalle persone fisiche che lo costituiscono o dal presidente
se si tratta di organo collegiale.
Tale sottoscrizione, a differenza di quella del rappresentante legale
o negoziale, non e' richiesta a pena di nullita', per cui la dichiarazione e'
comunque valida.
In caso di omessa sottoscrizione senza giustificato motivo, il comma 5
dell'art. 9 prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa da lire
cinquecentomila a lire quattro milioni. La punibilita' e' quindi esclusa
quando risulta che la mancata sottoscrizione e' frutto di una precisa e
giustificata volonta' del soggetto obbligato (come, ad esempio, nei casi in
cui i dati della dichiarazione non corrispondono alle risultanze delle
scritture contabili ovvero sia stata denunciata la mancanza di scritture
contabili).
Per le violazioni commesse fino al 31 marzo 1998, e' ancora
applicabile, in quanto piu' favorevole, la sanzione prevista dall'art. 53 del
D.P.R. n. 600 del 1973 (da lire a trecentomila a lire tre milioni), ferma
restando la non punibilita' nei casi di omessa sottoscrizione della
dichiarazione per giustificato motivo.
La sanzione deve essere irrogata, anche con riferimento alle
violazioni commesse fino al 31 marzo 1998, seguendo il procedimento
disciplinato dall'art. 16 del d.lgs. n. 472 del 1997, mediante la notifica
dell'atto di contestazione all'autore della violazione che nelle proprie
deduzioni difensive puo' ovviamente rappresentare i motivi giustificativi
della mancata sottoscrizione della dichiarazione.
La violazione in rassegna puo' essere regolarizzata, ai sensi
dell'art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, mediante l'inoltro al competente
ufficio delle entrate o ufficio distrettuale delle imposte dirette di una
comunicazione in carta libera con la quale l'autore della violazione attesta
di sottoscrivere la dichiarazione presentata dalla societa' o ente di cui egli
rappresenta l'organo di controllo.
Se la comunicazione e' inoltrata entro tre mesi dalla data di
commissione della violazione, la regolarizzazione non comporta il pagamento di
alcuna sanzione (comma 4 dell'art. 13); se, invece, decorso tale termine, la
comunicazione e' inoltrata entro un anno dalla data di commissione della
violazione, la regolarizzazione si perfeziona a condizione che entro lo stesso
termine venga effettuato il pagamento della sanzione ridotta ad sesto del
minimo, pari cioe' a lire ottantatremila (comma 1, lettera b, dell'art. 13).
2.6.2 Omessa denuncia della mancanza delle scritture contabili
Il comma 5, primo periodo, dell'art. 9 prevede l'applicazione di una
sanzione da lire quattromilioni a lire ventimilioni nei confronti dei
componenti degli organi di controllo delle societa' e degli enti soggetti
all'imposta sul reddito delle persone giuridiche che sottoscrivono la
dichiarazione dei redditi o la dichiarazione annuale ai fini dell'imposta sul
valore aggiunto senza denunciare la mancanza delle scritture contabili
obbligatorie.
Una misura punitiva per tale tipo di violazione era prevista anche
dall'art. 51, ultimo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973. Rispetto a
quest'ultima, la nuova norma ha apportato i seguenti cambiamenti:
- e' stata notevolmente elevata l'entita' della sanzione, prevista in
precedenza da lire duecentomila a lire duemilioni e ora da lire
quattromilioni a lire ventimilioni;
- sono stati esclusi, quali destinatari della sanzione, gli amministratori, in
quanto perseguibili per le violazioni degli obblighi di tenuta delle
scritture contabili, ai sensi del comma 1 dell'art. 9;
- e' stata espressamente qualificata come sanzione amministrativa la misura
irrogabile, laddove il testo originario dell'art. 51, ultimo comma,
prevedeva l'applicazione di una multa, poi depenalizzata ai sensi
dell'art. 39, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Poiche' la nuova sanzione e' di importo piu' elevato rispetto a quella
previgente, la stessa non puo' trovare applicazione per le violazioni commesse
antecedentemente al 1 aprile 1998.
La sanzione e' irrogabile, con il procedimento disciplinato dall'art.
16 del d.lgs. n. 472, nei confronti dei componenti degli organi che hanno
sottoscritto la dichiarazione senza denunciare la mancanza delle scritture
contabili. Non e' invece punibile per la violazione di norme tributarie il
componente dell'organo di controllo che non ha denunciato la mancanza delle
scritture contabili e non ha sottoscritto la dichiarazione della societa' o
ente.
E' necessario, pertanto, che nei casi di mancata sottoscrizione della
dichiarazione da parte del rappresentante dell'organo di controllo, i
competenti uffici assumano tempestivamente le opportune iniziative al fine di
appurare il motivo della mancata sottoscrizione sia per l'eventuale
irrogazione della prevista sanzione sia per intraprendere i controlli del caso
nei confronti della societa' o ente.
Anche la violazione in rassegna puo' essere regolarizzata ai sensi
dell'art. 13, commi 4 e 1, lettera b), del d.lgs. n. 472 del 1997, con la
presentazione della denuncia della mancanza delle scritture contabili e con il
pagamento, se la regolarizzazione avviene decorsi tre mesi ed entro un anno
dalla data di commissione della violazione, della sanzione ridotta ad un sesto
del minimo (pari cioe' a lire ottantatremila).
3. VIOLAZIONI DEGLI OBBLIGHI DEGLI OPERATORI FINANZIARI
L'art. 10 del d.lgs. n. 471 disciplina le violazioni da parte degli
operatori finanziari (banche, poste italiane S.p.A., societa' ed enti di
assicurazione che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per
conto di terzi ovvero attivita' di gestione ed intermediazione finanziaria
anche in forma fiduciaria) degli obblighi scaturenti da richieste operate
nell'esercizio dei poteri inerenti all'accertamento delle imposte dirette o
dell'imposta sul valore aggiunto.
I poteri istruttori, dall'esercizio dei quali scaturiscono gli
obblighi le cui violazioni sono disciplinate dall'art. 10 in commento, sono
quelli previsti dagli articoli 32, primo comma, nn. 5 e 7, del D.P.R. n. 600
del 1973 e 51, secondo comma, nn. 5 e 7, del D.P.R. n.633 del 1972, che gli
uffici possono esercitare nell'ambito dell'attivita' di controllo nei
confronti di contribuenti che abbiano intrattenuto rapporti, individuati nei
citati articoli, con operatori finanziari.
Le violazioni degli obblighi scaturenti da richieste rivolte agli
operatori finanziari nell'ambito dell'attivita' di controllo svolta nei loro
diretti confronti sono invece disciplinate dall'art. 11, comma 1, del d.lgs.
n. 471.
Ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 10 sono punibili le condotte di:
- omessa trasmissione dei dati, delle notizie e dei documenti richiesti;
- oltrealla mancata trasmissione e' considerata omessa la trasmissione non
eseguita nel termine fissato dall'ufficio richiedente;
- trasmissione di dati, notizie o documenti non rispondenti al vero ovvero
incompleti.
Per tali infrazioni, l'art. 10 prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa da lire quattro milioni a lire quaranta milioni, ridotta alla
meta' se il ritardo non eccede i quindici giorni.
La sanzione deve essere irrogata seguendo il procedimento disciplinato
dall'art. 16 del d.lgs. n. 472 del 1977, mediante la notifica dell'atto di
contestazione all'autore della violazione.
Il comma 2 dell'art. 10 presume che, fino a prova contraria, autori
della violazione siano coloro che hanno sottoscritto le risposte e, in
mancanza di risposta, i legali rappresentanti della banca, societa' o ente.
La previsione intende facilitare l'attivita' degli uffici che sono
legittimati, fatti salvi ovviamente i casi in cui sussistono cause di
esclusione della punibilita', a notificare l'atto di contestazione della
violazione:
- al soggetto che ha sottoscritto la risposta recante dati, notizie o
documenti non rispondenti al vero ovvero incompleti;
- al legale rappresentante della banca, societa' o ente, in caso di mancata
risposta.
E' fatta salva la prova contraria, per cui il soggetto al quale viene
addebitata la violazione puo', ad esempio, dar prova che la competenza
inerente al compimento dell'attivita' illegittima non gli apparteneva.
Le violazioni in rassegna possono essere regolarizzate ai sensi
dell'art. 13, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 472 del 1997, con la
rimozione spontanea dell'infrazione e con il pagamento di una sanzione pari ad
un sesto del minimo (lire seicentosessantasettemila ridotte a lire
trecentotrentatremila se il ritardo non eccede i quindici giorni).
Il ravvedimento si perfeziona a condizione che la rimozione
dell'infrazione e il pagamento della sanzione ridotta vengano effettuati entro
un anno dalla data di commissione della violazione e comunque prima della
constatazione della violazione o dell'inizio di attivita' amministrative di
accertamento finalizzate ad acquisire i dati, le notizie e i documenti non
trasmessi o irregolarmente trasmessi.
Si fa presente che le violazioni in argomento, pur se conseguenti ad
omissioni o errori che non incidono sulla determinazione o sul pagamento del
tributo, ostacolano un'attivita' di accertamento in corso e quindi non sono
regolarizzabili senza pagamento di una sanzione, per effetto della nuova
formulazione del comma 4 dell'art. 13 introdotta dall'art. 6, comma 1, lettera
a), punto 2), del d.lgs. 19 novembre 1998, n. 422.
Relativamente alle violazioni degli obblighi degli operatori
finanziari commesse fino al 31 marzo 1998, continueranno ad essere applicate
le sanzioni previste dalla previgente disciplina di cui agli articoli 52 e 53,
primo comma, numero 2), del D.P.R. n. 600 del 1973, secondo le indicazioni
fornite con la circolare n. 116/E del 10 maggio 1996. Le previgenti misure
sanzionatorie, differenziate in relazione alle possibili diverse richieste
istruttorie ed ai soggetti inadempienti, sono tutte infatti meno gravose
rispetto a quelle stabilite dall'art. 10 del d.lgs. n. 471.
In ogni caso, come previsto dal comma 4 dell'art. 10, all'irrogazione
delle sanzioni provvede l'ufficio delle entrate (ovvero l'ufficio distrettuale
delle imposte o l'ufficio IVA ancora attivi) nella cui circoscrizione si trova
il domicilio fiscale del contribuente al quale si riferisce la richiesta.
Anche per le violazioni commesse fino al 31 marzo 1998, la sanzione
pecuniaria deve essere irrogata seguendo il procedimento disciplinato
dall'art. 16 del d.lgs. n. 472 e puo' essere definita ai sensi del comma 3
dello stesso articolo.
Non e' invece piu' irrogabile, in quanto non prevista nella nuova
disciplina, la sanzione accessoria contemplata dall'abrogato art. 52, secondo
comma, del D.P.R. n. 600 del 1973; conseguentemente, i procedimenti pendenti
alla data del 1 aprile 1998 devono essere abbandonati ai sensi degli articoli
3, comma 2, e 25, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
4. ALTRE VIOLAZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE E DI IMPOSTA SUL VALORE
AGGIUNTO
Con l'art. 11 del d.lgs. n. 471 vengono poste una serie di norme
sanzionatorie di chiusura, tendenti sostanzialmente a coprire le residue
fattispecie di infrazioni in materia di imposte dirette e di imposta sul
valore aggiunto.
Il contenuto dell'art. 11 e', pertanto, estremamente vario e comprende
violazioni che scaturiscono da:
- comportamenti che mirano a frapporre ostacoli all'attivita' di controllo e
di verifica da parte dell'Amministrazione finanziaria (comma 1);
- indebita effettuazione di compensazioni di partite in sede di redazione del
bilancio (comma 2);
- indebita fruizione di agevolazioni (comma 3);
- omissioni o irregolarita' concernenti gli elenchi INTRASTAT (comma 4);
- mancata esibizione dello scontrino o della ricevuta fiscale da parte dei
destinatari (comma 6);
- inosservanze dei pubblici uffici in materia di acquisti intracomunitari
(comma 7).
4.1. Violazioni di obblighi derivanti dall'attivita' istruttoria degli uffici.
Il comma 1 dell'art. 11 riproduce essenzialmente quelle violazioni,
gia' sanzionate dagli articoli 53 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 47 del D.P.R.
n. 633 del 1972, relative a specifici obblighi che sorgono a carico dei
contribuenti o dei terzi, allorche' gli stessi vengano in qualche modo
coinvolti in sede istruttoria dagli uffici o dalla Guardia di finanza,
nell'esercizio dei poteri di verifica o di accertamento a questi ultimi
attribuiti dalla legge in materia di imposte dirette e di imposta sul valore
aggiunto.
Dispone la nuova norma che sono punite con la sanzione da lire
cinquecentomila a lire quattromilioni le seguenti ipotesi di violazione:
- omissione di ogni comunicazione (legittimamente) richiesta al contribuente o
ai terzi o invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri;
- mancata restituzione dei questionari inviati al contribuente o a terzi o
loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere;
- inottemperanza all'invito a comparire o a qualsiasi altra richiesta avanzata
dagli uffici o dalla Guardia di finanza, nell'esercizio dei poteri loro
conferiti dalla legge.
Si precisa che non e' invece sanzionabile l'inottemperanza all'invito
a comparire, di cui all'articolo 5 del d.lgs. n. 218 del 1997, inviato al
contribuente per l'avvio del procedimento di accertamento con adesione.
In relazione alle suddette fattispecie, sembra opportuno ricordare
che, ai sensi degli articoli 32, secondo comma, del D.P.R. n. 600 e 51,
secondo comma, del D.P.R. n. 633, gli inviti e le richieste di cui trattasi
devono essere notificati anche a mezzo di raccomandata con avviso di
ricevimento, fissando per l'adempimento un termine non inferiore a quindici
giorni. L'inutile decorso del termine accordato realizza ovviamente
l'inadempimento sanzionabile.
Si evidenzia che per le violazioni in questione non puo' trovare
applicazione la disposizione sul ravvedimento di cui all'art. 13, comma 4, del
d.lgs. n. 472. La stessa, com'e' noto, consente agli interessati di procedere
entro tre mesi alla regolarizzazione di infrazioni di carattere formale, senza
effettuare alcun pagamento a titolo di sanzione. Tale possibilita' di
regolarizzazione, tuttavia, in base al nuovo testo del citato comma 4,
introdotto dall'art. 6, comma 1, lett. a), n. 2, del d.lgs. 19 novembre 1998,
n. 422, riguarda solo quei casi di omissione o di errore "che non ostacolano
un'attivita' di accertamento in corso", laddove, e' chiaro che l'invio di
questionari, di richieste di comunicazioni o l'invito a comparire preludono
proprio lo svolgimento di un'attivita' accertatrice (in senso lato).
Resta ferma, ovviamente, la possibilita' di ravvedimento ai sensi del
comma 1, lett. b), dell'art. 13, entro un anno dalla data di commissione della
violazione (con riduzione della sanzione a lire 83.000), anche se, scaduto il
termine fissato, per motivi di coerenza, gli uffici dovranno procedere
tempestivamente a contestare la violazione con il procedimento disciplinato
dall'art. 16 del d.lgs. n. 472 e a proseguire l'attivita' istruttoria.
Ancora va notato che, secondo la previgente normativa, le violazioni
relative alle comunicazioni richieste agli "operatori finanziari" venivano
sanzionate alla stessa stregua di quelle richieste ai contribuenti o ad altri
soggetti, mentre, come si e' visto, adesso ricadono nella specifica previsione
di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 472.
Relativamente alle violazioni commesse antecedentemente al 1 aprile
1998, continueranno ad applicarsi, in quanto piu' favorevoli, le previgenti
misure sanzionatorie (da lire trecentomila a lire tremilioni per le infrazioni
in materia di imposte dirette; da lire trecentomila a lire
unmilioneduecentomila per quelle in materia di imposta sul valore aggiunto).
4.2 Violazioni di obblighi di comunicazione prescritti dalla legge tributaria.
Il comma 1, lett. a), dell'art. 11, come modificato dal d.lgs. 5
giugno 1998, n. 203, prevede che la medesima sanzione da lire cinquecentomila
a lire quattromilioni si applica anche nell'ipotesi in cui la violazione di
omissione, incompletezza o non veridicita' riguardi obblighi di comunicazione
specificamente prescritti dalla legge tributaria e, quindi, non scaturenti da
autonome richieste da parte degli uffici finanziari o dalla Guardia di finanza
nell'esercizio dei poteri istruttori loro attribuiti.
A titolo esemplificativo si richiama l'obbligo di trasmissione di atti
e notizie agli uffici cui sono tenuti, ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 600
del 1973, le societa', comprese quelle in nome collettivo e in accomandita
semplice, e gli enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone
giuridiche, nonche' i pubblici ufficiali nei casi in cui e' richiesto l'atto
pubblico.
L'inadempimento di tale obbligo era sanzionato dall'art. 53, ultimo
comma, di tale decreto con la piu' lieve pena pecuniaria da lire centomila a
lire unmilione e, pertanto, la nuova norma non puo' trovare applicazione
retroattiva.
Sono altresi' sanzionabili, ai sensi della disposizione in commento,
le violazioni concernenti la mancata o tardiva consegna delle certificazioni
previste dall'art. 7-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero il rilascio delle
certificazioni con dati incompleti o non veritieri da parte dei soggetti
indicati nel titolo terzo del D.P.R. n. 600 del 1973, obbligati
all'effettuazione delle ritenute alla fonte sulle somme o valori da essi
corrisposti.
In materia di IVA rientra, per esempio, nella previsione normativa in
esame l'omessa presentazione, entro il termine previsto, del mod. IVA-26-bis
con il quale gli enti o societa' controllanti sono tenuti a comunicare agli
uffici le variazioni dei dati richiesti nelle dichiarazioni di cui all'art. 3,
comma 4, del D.M. 13 dicembre 1979, intervenute nel corso dell'anno.
Naturalmente, non rientrano nell'ambito applicativo della disposizione
in commento quelle violazioni di obblighi di comunicazione per le quali la
legge che li prevede disponga, contestualmente, una specifica sanzione.
4.3 Compensazione di partite.
Il comma 2 dell'art. 11 prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni quando sono
state effettuate compensazioni di partite in violazione alle previsioni del
codice civile ovvero in caso di mancata evidenziazione nell'apposito prospetto
di cui agli articoli 3 e 5 del D.P.R. n. 600 del 1973, nel quale devono essere
indicati, qualora non risultanti dal bilancio, i ricavi, i costi, le rimanenze
e gli altri elementi necessari per la determinazione del reddito d'impresa.
La predetta sanzione e' applicabile solo nel caso in cui il compenso
di partite non determini un'infrazione piu' gravemente punita.
Rispetto alla previgente previsione di cui all'art. 2, comma 6-bis,
del D.L. 27 aprile 1990, n. 90, convertito con modificazioni dalla Legge 6
giugno 1990, n. 165, sono state ridotte le misure minime e massime della
sanzione (da lire cinquecentomila a lire quattromilioni anziche' da lire
novecentomila a lire novemilioni).
La nuova previsione, in quanto piu' favorevole, si rendera' pertanto
applicabile anche alle violazioni commesse fino al 31 marzo 1998, in base alle
disposizioni contenute negli articoli 3, comma 3, e 25, commi 1 e 2, del
d.lgs. n. 472 del 1997.
4.4 Violazioni in materia di agevolazioni.
Il comma 3 dell'art. 11 disciplina una particolare fattispecie
sanzionatoria riguardante le agevolazioni concesse dal Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato alle piccole e medie imprese,
ai sensi della legge 5 ottobre 1991, n. 317.
La norma prevede, in caso di revoca delle agevolazioni concesse ai
sensi della predetta legge n. 317 del 1991, l'applicazione della sanzione
amministrativa dal cinquanta al cento per cento dell'intero ammontare dei
crediti di imposta e dei contributi in conto capitale dei quali le imprese
abbiano indebitamente fruito.
Al riguardo, si evidenzia che l'art. 13, comma 2, della legge n. 317
del 1991 prevedeva l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria in
misura da due a quattro volte l'importo dei crediti di imposta o dei
contributi in conto capitale indebitamente fruiti.
La nuova previsione, in quanto piu' favorevole, si rendera' pertanto
applicabile anche alle violazioni commesse fino al 31 marzo 1998, in base alle
disposizioni contenute negli articoli 3, comma 3, e 25, commi 1 e 2, del
d.lgs. n. 472 del 1997.
4.5 Violazioni relative agli elenchi Intrastat.
L'art. 11, comma4, del d.lgs. n. 471 detta la nuova disciplina
sanzionatoria delle violazioni relative agli elenchi riepilogativi (c.d.
elenchi INTRASTAT), di cui all'art. 50, comma 6, del D.L. n. 331 del 1993,
convertito in legge n. 42 del 1993, che i soggetti che effettuano scambi
intracomunitari sono tenuti a presentare agli uffici doganali, con cadenza
differenziata (mensile, trimestrale o annuale) in relazione all'ammontare
delle operazioni intracomunitarie effettuate annualmente, utilizzando stampati
conformi ai modelli INTRA-1 (per le cessioni) e INTRA-2 (per gli acquisti)
approvati con il D.M. 21 ottobre 1992.
Prima di analizzare le nuove disposizioni, sembra opportuno passare in
rassegna, sia pure brevemente, quelle contenute nella previgente normativa,
recata dall'art. 34 del D.L. n. 41 del 1995 convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 85 del 1995 (in vigore dal 24 febbraio 1995 al 31 marzo 1998).
Dal confronto delle due discipline risultera' chiaro che le sanzioni di cui
all'art. 11, comma 4, sono quasi sempre meno gravose delle precedenti e che,
pertanto, le stesse possono trovare applicazione anche per le violazioni
commesse prima del 1 aprile 1998, sempreche' si verifichino le condizioni
richieste dall'art. 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472.
4.5.1 Regime sanzionatorio previsto dall'art. 34 del D.L. n. 41 del 1995.
Nella disciplina sanzionatoria degli elenchi INTRASTAT recata
dall'art. 34 del D.L. n. 41 del 1995 era possibile enucleare diverse ipotesi
di violazioni.
Una prima fattispecie, prevista dal comma 2 di tale articolo, si
realizzava quando il contribuente, invece di presentare l'elenco nei termini
previsti dalla legge, vi provvedeva spontaneamente nei trenta giorni
successivi. In tal caso, la sanzione applicabile per la tardivita' era la
soprattassa pari al venti per cento della pena pecuniaria minima (pari quindi
a lire duecentomila).
I trenta giorni successivi alla scadenza costituivano un termine
dilatorio incondizionatamente usufruibile dagli interessati. Detto termine
doveva, pertanto, decorrere inutilmente e per intero prima che gli organi di
controllo potessero assumere iniziative.
Scaduto invano il citato termine di trenta giorni, gli uffici
abilitati a ricevere gli elenchi o incaricati del controllo, prima di poter
contestare l'omissione, erano tenuti ad inviare richiesta scritta ai
contribuenti con l'invito a presentare l'elenco entro un termine non inferiore
a trenta giorni. A questo punto, in caso di presentazione dell'elenco nel
termine indicato nell'invito, si rendeva applicabile la pena pecuniaria da
lire unmilione a lire quattromilioni (lo stesso dicasi per la presentazione
spontanea con ritardo superiore a trenta giorni dalle prescritte scadenze). In
caso contrario, cioe' di persistenza nell'inadempimento, la misura della
sanzione si raddoppiava e variava, quindi, da un minimo di lire duemilioni ad
un massimo di lire ottomilioni.
Da notare che tutte le penalita' suddette si rendevano dovute per ogni
elenco non presentato a tempo debito e che, comunque, era ammessa la
definizione in via breve della contestazione ex art. 58, quarto comma, del
D.P.R. n. 633.
Una seconda fattispecie sanzionabile, prevista dal comma 3 dell'art.
34, si configurava per l'avvenuta presentazione di elenchi contenenti
irregolarita' rilevanti ed imputabili al contribuente. Verificandosi tale
ipotesi, si rendeva applicabile una specifica sanzione per ogni riga
dell'elenco in cui si riscontrava l'omissione, l'irregolarita' o
l'inesattezza. Anche in questo caso, tuttavia, gli uffici non potevano
contestare immediatamente gli addebiti ma dovevano prima invitare gli
interessati a rimuovere le irregolarita' entro un termine non inferiore a
trenta giorni.
L'avvenuta regolarizzazione nel termine indicato nell'invito
comportava l'applicazione di una pena pecuniaria da lire cinquantamila a lire
duecentomila per ciascuna riga corretta od integrata senza pero' che l'importo
complessivo massimo potesse superare lire quattromilioni. In caso di
inottemperanza all'invito, la penalita' si raddoppiava e, pertanto, variava da
lire centomila a lire quattrocentomila per ogni riga omessa o non debitamente
compilata, con un importo complessivo massimo di lire ottomilioni.
Ovviamente l'avvenuta irrogazione delle penalita' previste dal comma 2
dell'art. 34 non escludeva che potessero essere applicate anche quelle
contemplate nel comma successivo.
Cio' avveniva, per esempio, nel caso di elenco spontaneamente
presentato nei trenta giorni successivi alla scadenza, ma con omissioni o
irregolarita' tali da rendere necessario l'invito dell'ufficio alla
regolarizzazione oppure nel caso in cui alla richiesta di presentazione
dell'elenco il contribuente avesse ottemperato in maniera incompleta o
imperfetta in modo tale da indurre l'ufficio a reiterare l'invito, stavolta
per chiedere l'integrazione o la correzione del modello.
La terza ed ultima fattispecie non contemplava l'applicazione di
sanzioni e si realizzava quando:
- il contribuente provvedeva spontaneamente, nei trenta giorni successivi a
quelli in cui aveva presentato l'elenco, a rettificarlo od integrarlo
(art. 34, comma 3, ultimo periodo, aggiunto in sede di conversione);
- i dati mancanti od omessi erano privi di rilevanza e l'interessato
provvedeva, comunque, alla regolarizzazione entro il termine fissato
dall'ufficio (art. 34, comma 3, penultimo periodo);
- le omissioni o inesattezze riscontrate potevano essere regolarizzate
direttamente dall'ufficio (art. 34, comma 1, primo periodo).
4.5.2 Regime sanzionatorio in vigore dal 1 aprile 1998.
L'art. 11, comma 4, del d.lgs. n. 471 dispone, invece, che l'omessa
presentazione degli elenchi INTRASTAT ovvero la loro incompleta, inesatta o
irregolare compilazione sono punite con la sanzione da lire unmilione a lire
duemilioni per ciascuno di essi, ridotta a meta' nel caso di presentazione nel
termine di trenta giorni dalla richiesta inviata dagli uffici abilitati a
riceverli o incaricati del loro controllo. La sanzione non si applica se i
dati mancanti o inesatti vengono integrati o corretti anche a seguito di
richiesta.
A) Omessa o tardiva presentazione.
Ove si tengano presenti anche le disposizioni sul ravvedimento
contenute nell'art. 13 del d.lgs. n. 472, si possono, anzitutto, verificare le
due ipotesi seguenti:
presentazione spontanea dell'elenco entro tre mesi dalla scadenza dei termini
previsti:
- la violazione si intende regolarizzata ed e' esclusa l'applicazione di
sanzioni (art.13, comma 4);
- presentazione spontanea dell'elenco entro il termine di presentazione della
dichiarazione annuale relativa all'anno nel corso del quale e' stata
commessa la violazione: la regolarizzazione comporta, entro lo stesso
termine, il pagamento della sanzione ridotta di lire centosessantasettemila
(art. 13, comma 1, lett. b).
Si ricorda che la possibilita' di regolarizzare e' subordinata alla
circostanza che, decorsi gli ordinari termini previsti dalla legge per la
presentazione del modello, non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o
altre attivita' amministrative (es. inviti a presentare l'elenco) delle quali
gli interessati abbiano avuto formale conoscenza.
Scaduti gli anzidetti ordinari termini, gli uffici possono, comunque,
provvedere immediatamente ad inviare formale richiesta di presentazione del
modello, avvertendo il trasgressore che, ottemperando all'invito entro trenta
giorni, beneficera' della riduzione a meta' della sanzione.
Se il contribuente adempie, si rende applicabile la sanzione da lire
cinquecentomila a lire unmilione. La stessa misura e' dovuta, ovviamente (anzi
a maggior ragione), qualora la presentazione, ancorche' tardiva avvenga
spontaneamente senza, peraltro, che si perfezioni il ravvedimento.
Se l'interessato, invece, lascia scadere infruttuosamente il termine
di trenta giorni, la sanzione dovuta puo' variare da lire unmilione a lire
duemilioni.
Essendo, come si vede, le nuove misure piu' favorevoli di quelle
precedenti, esse trovano applicazione retroattiva (principio del favor rei)
purche' non siano gia' intervenuti provvedimenti di irrogazione definitivi
(art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 472).
Da tener presente, poi, che nel caso di piu' violazioni si rende
applicabile l'istituto del concorso di cui all'art. 12, comma 1, del decreto
appena citato e che, avvenuta la contestazione, la relativa pendenza puo'
essere definita con il pagamento, entro sessanta giorni dalla notifica
dell'atto di contestazione, di un quarto della sanzione irrogata (art. 16,
comma 3, stesso decreto).
B) Presentazione di modello irregolare.
Nell'ipotesi in cui vengano presentati elenchi INTRASTAT con dati
mancanti o inesatti, gli uffici abilitati a riceverli o incaricati del loro
controllo possono immediatamente inviare agli interessati formale invito alla
regolarizzazione fissando un termine per l'adempimento.
Anche se la legge non stabilisce la durata minima di tale termine, si
ritiene opportuno che venga concesso un limite di almeno trenta giorni.
Ove l'interessato aderisca all'invito, provvedendo nel termine fissato
dall'ufficio ad integrare i dati mancanti e a correggere quelli inesatti, non
si rende dovuta alcuna sanzione, indipendentemente dalla circostanza
(rilevante secondo la previgente normativa) che tali dati siano di secondaria
importanza o non imputabili al contribuente. Tale disposizione si applica
anche retroattivamente, in applicazione del principio del favor rei,
considerato che, in passato, in una evenienza del genere era applicabile la
pena pecuniaria da lire cinquantamila a lire duecentomila per ogni rigo
corretto o integrato. Gli uffici provvederanno, pertanto, a definire le
controversie pendenti secondo le modalita' indicate al precedente punto 2.6
del capitolo secondo. La retroattivita' non opera tuttavia se il provvedimento
di irrogazione della sanzione sia divenuto definitivo prima del 1 aprile 1998
(art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 472).
Se il contribuente non ottempera all'invito o lo fa oltre il termine
fissato e' punito con la sanzione da lire unmilione a lire duemilioni per ogni
elenco non regolarizzato. Poiche' nella stessa fattispecie la previgente
normativa stabiliva, come si e' detto, l'applicazione di una pena pecuniaria
da lire centomila a lire quattrocentomila per ogni riga omessa o non
debitamente compilata occorrera', in caso di violazioni commesse prima del 1
aprile 1998, individuare in concreto le sanzioni piu' favorevoli, in
applicazione del principio del favor rei.
Anche per le violazioni in questione puo' ovviamente trovare
applicazione l'istituto del ravvedimento e del concorso di cui si e' gia'
detto.
4.5.3 Quadro sinottico.
Ai fini di una pronta consultazione da parte degli organi
verificatori, si riporta qui di seguito un quadro sinottico che evidenzia le
differenze tra la nuova e la previgente normativa in materia:
------------------------------------------------------------------------------
Art. 34 D.L. n. 41/1995 conv. legge n. 85/1995
(in vigore dal 24/02/1995 al
31/03/1998) Art. 11, comma 4, d.lgs. n. 471
(in vigore dal 1 aprile 1998)
-----------------------------------------------------------------------------
Presentazione spontanea entro 30 giorni
dalla prevista scadenza: soprattassa di
lire 200.000 per elenco
Presentazione spontanea entro 3
mesi dalla prevista scadenza:
nessuna sanzione (favor rei)
------------------------------------------------------------------------------
resentazione tardiva ma entro il termine
fissatodall'ufficio:pena pecuniaria da
lire 1.000.000 a lire 4.000.000 per
elenco Presentazione tardiva ma entro il
termine fissato dall'ufficio:
sanzione da lire 500.000 a lire
1.000.000 per elenco (favor rei)
------------------------------------------------------------------------------
Omessa presentazione nel termine fissato
dall'ufficio: pena pecuniaria da lire
2.000.000 a lire 8.000.000 per elenco Omessa presentazione nel termine
fissato dall'ufficio: sanzione da
lire 1.000.000 a lire 2.000.000
per elenco (favor rei)
------------------------------------------------------------------------------
Regolarizzazione di elenco contenente errori,
omissioni o inesattezze, entro il termine
fissato dall'ufficio: pena pecuniaria da
lire 50.000 a lire 200.000 per
ciascuna riga corretta o integrata, con un
massimo di lire 4.000.000 Regolarizzazione di elenco
contenente errori, omissioni o
inesattezze, entro il termine
fissato dall'ufficio:
nessuna sanzione (favor rei).
------------------------------------------------------------------------------
Mancata regolarizzazione dell'elenco nel
termine fissato dall'ufficio: pena
pecuniaria da lire 100.000 a lire 400.000
per ciascuna rigaerrata, omessa o
inesatta, con un massimo di lire
8.000.000 Mancata regolarizzazione dell'elenco
nel termine fissato dall'ufficio:
sanzione da lire 1.000.000 a lire
2.000.000 per elenco (favor rei
eventuale)
------------------------------------------------------------------------------
a) Regolarizzazione spontanea entro 30
giorni dalla presentazione dell'elenco;
b) Regolarizzazione di dati mancanti o
inesatti privi di rilevanza o non
imputabili al contribuente;
c)Regolarizzazione eseguita direttamente
dall'ufficio:
nessuna sanzione
a) Regolarizzazione spontanea entro 30
giorni dalla presentazione
dell'elenco;
b) Regolarizzazione di dati mancanti
o inesatti privi di rilevanza o non
imputabili al contribuente;
c) Regolarizzazione eseguita
direttamente dall'ufficio;
nessuna sanzione
------------------------------------------------------------------------------
4.5.4 Violazioni commesse prima del 24 febbraio 1995
Sembra opportuno far presente che prima dell'entrata in vigore
dell'art. 34 del D.L. n. 41 del 1995 le violazioni in materia di elenchi
INTRASTAT venivano sanzionate, ai sensi dell'art. 45, terzo comma, del D.P.R.
n. 633, con la pena pecuniaria da lire duemilioni a lire ventimilioni per
ciascun elenco non presentato o contenente dati incompleti o inesatti. La
sanzione poteva essere ridotta fino a lire quattrocentomila (un quinto del
minimo) se i dati mancanti o inesatti erano di scarsa rilevanza. La pena
pecuniaria, poi, non si applicava se i dati mancanti o inesatti erano privi di
rilevanza o, comunque, se il contribuente provvedeva ad integrarli o
rettificarli entro il mese successivo a quello di presentazione.
E' chiaro, quindi, che per le violazioni commesse fino al 23 febbraio
1995 e non ancora definite, ai fini dell'applicazione del principio del favor
rei, il raffronto tra le sanzioni dovra' essere effettuato tenendo conto di
tutte le disposizioni succedutesi nel tempo.
4.5.5 Violazioni statistiche
Com'e' noto, oltre ai dati fiscali, negli elenchi INTRASTAT mensili
devono essere indicati anche dati aventi esclusiva rilevanza ai fini
statistici. Tale indicazione riguarda le colonne da 6 a 15 dell'elenco
acquisti e le colonne da 5 a 13 dell'elenco cessioni. A partire dal 1998 non
occorre piu' indicare il valore statistico (col. 10) per i soggetti che
nell'anno precedente abbiano effettuato acquisti intracomunitari per un valore
inferiore a lire tremiliardi e mezzo, ovvero cessioni intracomunitarie per un
valore inferiore a lire settemiliardi.
Le violazioni relative ai dati statistici continuano ad essere
sanzionate ai sensi dell'art. 34, comma 5, del D.L. n. 41 del 1995, il quale
dispone che per l'omissione o le inesattezze in materia si applicano "le
sanzioni amministrative stabilite dall'articolo 11 del decreto legislativo 6
settembre 1989, n. 322, i cui limiti edittali sono ridotti alla meta' nei casi
di ottemperanza all'invito di cui al comma 1; si applicano le disposizioni di
cui all'ultimo periodo del comma 2 e gli ultimi due periodi del comma 3 per i
casi ivi previsti".
Per comodita' di consultazione, si riporta di seguito un prospetto
riepilogativo delle sanzioni stabilite per le violazioni statistiche commesse
nel periodo dal 24 febbraio 1995 al 31 marzo 1998
SANZIONI DI NATURA STATISTICA
(ART. 11 D.LGS. 6 SETTEMBRE 1989, N. 322)
VIOLAZIONE SANZIONE
Omissione o inesattezze dei dati Persone fisiche: da L. 400.000 a
L. 4 milioni
Enti e societa': da L. 1 milione a
L. 10 milioni
Omissioni o inesattezze dei dati,
purche' integrati nel termine fissato
dall'ufficio Persone fisiche: da L. 200.000 a
L. 2 milioni
Enti e societa': da L. 500.000 a
L. 5 milioni
Presentazione degli elenchi entro 30
giorni dalla scadenza Persone fisiche: L. 80.000
Enti e societa': L. 200.000
Dati mancanti o inesatti privi di
rilevanza o non imputabili al contribuente,
purche' integrati o corretti spontaneamente
o a seguito di comunicazione dell'ufficio NESSUNA SANZIONE
Rettifica spontanea entro 30 giorni dalla
presentazione degli elenchi NESSUNA SANZIONE
Da ultimo, si fa presente che dal 1 aprile 1998 le disposizioni di cui ai
commi 2 e 3 dell'art. 34 sono state abrogate e che pertanto la riduzione (al
20 per cento del minimo) e le esimenti previste dagli ultimi due periodi del
comma 3 di tale articolo non sono piu' applicabili.
4.6 Violazioni relative agli apparecchi per l'emissione di scontrini fiscali
La previgente normativa in materia di scontrini fiscali, recata dalla
legge 26 gennaio 1983, n. 18, non contemplava l'applicazione di alcuna
sanzione di carattere pecuniario nei confronti di chi, essendovi obbligato,
omette di installare nei locali in cui svolge la propria attivita', gli
speciali registratori di cassa per l'emissione di detti scontrini.
L'art. 2, comma nono, della suddetta legge n. 18 prevedeva soltanto,
in relazione all'illecito in questione, l'applicazione di una penalita'
accessoria (da taluni non definita tale, in mancanza della sanzione
principale) consistente nella sospensione della licenza o dell'autorizzazione
all'esercizio dell'attivita' per un periodo non inferiore a quindici e non
superiore a sessanta giorni.
L'art. 11, comma 5, del d.lgs. n. 471, ha invece introdotto per la
violazione dell'omessa installazione la sanzione pecuniaria da lire duemilioni
a lire ottomilioni, mentre il successivo art. 12, comma 3, ripropone la
sanzione accessoria, confermativa, anche nella durata, della precedente. Di
quest'ultima sanzione si dira' in maniera piu' approfondita al successivo
paragrafo 5.
Sempre in materia di apparecchi misuratori fiscali e' da far presente
che l'art. 6, comma 3, ultimo periodo, del citato decreto legislativo dispone
che la mancata tempestiva richiesta di intervento per la manutenzione del
registratore di cassa e' punito con la sanzione da lire cinquecentomila a lire
quattromilioni, ossia con una misura piu' gravosa rispetto alla pena
pecuniaria da lire quarantamila a lire quattrocentomila prima prevista
dall'art. 8, secondo comma, della legge n. 18 del 1983.
Al riguardo va, tuttavia, precisato che la violazione in esame e' ora
sanzionabile autonomamente solo se non constano omesse annotazioni
nell'apposito registro dei corrispettivi, sostitutivo dell'apparecchio
momentaneamente non funzionante. Pertanto, se vi sono state omesse annotazioni
e' dovuta solo la sanzione pari al cento per cento dell'imposta corrispondente
all'importo non documentato (con un minimo di lire un milione) mentre quella
relativa alla mancata richiesta di manutenzione rimane assorbita.
4.7 Violazioni del destinatario dello scontrino o della ricevuta fiscale
Il comma 6 dell'art. 11 del d.lgs. n. 471 ripropone la penalita' a
carico del destinatario dello scontrino o della ricevuta fiscale che, a
richiesta degli organi accertatori, nel luogo della prestazione o nelle
immediate adiacenze non sia in grado di esibire il documento.
La sanzione prevista in tali casi varia da lire centomila a lire
duemilioni e si applica anche se il documento esibito reca un corrispettivo
inferiore a quello reale. Essa risulta piu' elevata rispetto a quella da lire
cinquantamila a lire duecentomila prevista dagli articoli 8, quinto comma,
della legge n. 249 del 1976 e 2, terzo comma, della legge n. 18 del 1983,
anche se, agli effetti pratici, e' da tenere presente la riduzione ad un
quarto di cui puo' usufruire l'interessato, ai sensi dell'art. 16, comma 3,
del d.lgs. n. 472.
La richiesta di esibizione del documento da parte degli organi
accertatori puo' essere formulata nei confronti del cliente fruitore del
servizio o all'interno dell'esercizio in cui e' stata resa la prestazione o
nelle immediate adiacenze.
Relativamente alla dizione "immediate vicinanze", va ricordato che
essa, come chiarito con la circolare n. 25 del 13 giugno 1980, implica un
rapporto di immediatezza temporale e spaziale tra il comportamento addebitato
e la constatazione di esso, per cui quest'ultima puo' avvenire anche fuori dal
luogo dove la prestazione e' stata eseguita ma in luoghi i quali assicurino
che la constatazione stessa avvenga immediatamente dopo l'uscita del luogo
dove la prestazione e' stata eseguita. Quanto, poi, all'espressione "luogo
della prestazione" si rammenta che essa, come precisato con la circolare n. 48
del 23 dicembre 1980, deve essere intesa in senso generico e, quindi, sia con
riferimento alla cessione di beni che alla prestazione di servizi.
4.8 Violazioni dei pubblici uffici in materia di acquisti intracomunitari
Com'e' noto, l'art. 53, comma 3, del D.L. n. 331 del 1993, dispone che
i pubblici uffici non possono procedere all'immatricolazione, all'iscrizione
in pubblici registri o all'emanazione di provvedimenti equipollenti relativi a
mezzi di trasporto nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario, se gli
obblighi relativi all'applicazione dell'imposta non risultano adempiuti. Lo
stesso comma prevede, inoltre, che i pubblici uffici cooperano con i
competenti uffici dell'Amministrazione finanziaria per il reperimento degli
elementi utili ai fini dell'accertamento dell'IVA dovuta, della legittimita'
del rimborso (spettante al momento della cessione, dell'IVA compresa nel
prezzo d'acquisto), della repressione delle violazioni nonche' ai fini
dell'accertamento della sussistenza dei requisiti che qualificano come nuovi i
mezzi di trasporto.
In caso di mancata osservanza delle prescrizioni suddette, l'art. 11,
comma 7, del d.lgs. n. 472 stabilisce a carico dei pubblici uffici
responsabili l'applicazione di una sanzione da lire cinquecentomila a lire
quattromilioni.
5. SANZIONI ACCESSORIE
Alle specifiche sanzioni pecuniarie previste in via principale per le
violazioni in materia di imposte dirette e IVA, esaminate in precedenza,
possono aggiungersi, ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 471, le sanzioni
accessorie che consistono, in genere, in temporanee limitazioni di facolta',
poteri o status inerenti alla sfera giuridica del soggetto che ne subisce
l'applicazione e che hanno la funzione di rendere piu' incisiva l'azione
amministrativa volta a contrastare taluni illeciti ritenuti particolarmente
pericolosi.
Per quanto concerne il tipo di conseguenza punitiva in cui dette
sanzioni accessorie si sostanziano, si rimanda all'elencazione contenuta
nell'art. 21 del d.lgs. n. 472.
In ordine, invece, ai presupposti di applicazione stabiliti dal citato
art. 12, si ritiene utile operare una distinzione di massima a seconda che, ai
fini dell'applicabilita' della norma che dispone la sanzione accessoria, non
si richieda ovvero sia necessaria l'avvenuta irrogazione della sanzione
principale e a seconda che la sanzione principale medesima debba o meno
essere stata applicata in via definitiva.
La distinzione anzidetta assume particolare rilevanza, come si vedra',
soprattutto agli effetti del computo del termine di decadenza previsto per
l'applicazione delle sanzioni di cui trattasi.
5.1 Sanzioni accessorie che presuppongono l'avvenuta irrogazione della
sanzione principale.
A) Iniziando la disamina delle sanzioni accessorie il cui presupposto (minimo)
di applicabilita' e' costituito dalla irrogazione di una sanzione principale,
va esaminata anzitutto la previsione contenuta nel comma 1 dell'art. 12, in
virtu' della quale deve essere applicata, a seconda dei casi, una delle
sanzioni accessorie di cui al citato art. 21 del d.lgs. n. 472, per un periodo
da uno a tre mesi, alla duplice condizione che la sanzione irrogata superi i
centomilioni e quella edittale prevista per la piu' grave delle violazioni
accertate non sia inferiore nel minimo a ottanta milioni e nel massimo a
centosessanta milioni. La durata delle sanzioni accessorie puo' essere elevata
fino a sei mesi, se quella principale sia stata irrogata in misura superiore a
lire duecentomilioni e quella edittale prevista per la piu' grave delle
violazioni accertate non sia inferiore nel minimo a centosessanta milioni.
Poiche' il presupposto di applicazione (a parte quello relativo alle
misure edittali) e' costituito, come si e' detto, dalla semplice irrogazione
della sanzione pecuniaria e non dalla intervenuta definitivita' della stessa,
la norma di cui al comma 1 dell'art. 12 e' destinata ad operare anche se
l'atto di irrogazione sia stato impugnato e sia pendente la relativa
controversia.
Tuttavia, come espressamente previsto dall'art. 16, comma 3, del
d.lgs. n. 472 del 1997, l'irrogazione delle sanzioni accessorie e' impedita
dalla definizione agevolata delle sanzioni principali. Il predetto principio
riveste portata generale e quindi l'irrogazione delle sanzioni accessorie e'
preclusa non solo nelle ipotesi di definizione agevolata della sanzione
principale ai sensi degli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del d.lgs.
n. 472, ma anche in quelle di definizione del procedimento di accertamento del
tributo, ai sensi degli articoli 1 e 15 del d.lgs. n. 218 del 1997.
Tanto chiarito, si fa peraltro presente che gia' nello stesso atto di
contestazione della sanzione principale puo' essere determinata la sanzione
accessoria, con l'individuazione del soggetto destinatario, del tipo di
sanzione e della durata della stessa, con l'avvertenza che il pagamento di un
quarto della sanzione pecuniaria indicata nell'atto rende priva di effetto la
comunicazione relativa alla misura accessoria. Ove siano state proposte
deduzioni difensive contro l'atto di contestazione, l'ufficio procede, se del
caso, ad irrogare sia la sanzione principale che quella accessoria con lo
stesso provvedimento, nel termine fissato dall'art. 16, comma 7, del d.lgs.
n. 472, avendo cura di motivare il provvedimento stesso anche in ordine alle
deduzioni. In mancanza di definizione agevolata o di deduzioni difensive,
l'atto di contestazione puo' essere impugnato entro sessanta giorni dalla sua
notificazione, in quanto e' da considerare provvedimento di irrogazione sia
per la sanzione principale che per quella accessoria.
Analogamente e' possibile procedere con l'avviso di accertamento o di
rettifica, irrogando, contestualmente a quella principale, la sanzione
accessoria. In tal caso, com'e' ovvio, l'efficacia della irrogazione della
misura accessoria rimane subordinata al decorso del termine di sessanta giorni
previsto per la definizione agevolata della sanzione pecuniaria, di cui
all'art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 472, ovvero dei termini previsti per la
definizione del procedimento di accertamento del tributo, di cui agli articoli
1 e 15 del d.lgs. n. 218 del 1997.
In ogni caso, e' da tenere presente che la sanzione accessoria puo'
essere eseguita solo dopo che il provvedimento di irrogazione e' divenuto
definitivo, come prevede espressamente l'art. 19, comma 7, del d.lgs. n. 472.
Dopo le suddette indicazioni di carattere essenzialmente procedurale,
sembra opportuno far notare che gli istituti del concorso e della
continuazione di cui all'art. 12 del d.lgs. n. 472, influenzano, sia pure
indirettamente, l'applicazione della sanzione accessoria di cui trattasi.
Essa, infatti, e' condizionata, tra l'altro, dall'entita' della sanzione
principale, determinata in concreto anche in relazione a piu' tributi, tenuto
conto appunto dei criteri previsti dal citato art. 12.
Per quanto riguarda, poi, l'individuazione della tipologia di sanzione
accessoria da applicare in concreto tra quelle elencate nell'art. 21 del
d.lgs. n. 472, essa dipende dal soggetto responsabile della sanzione
principale. Cosi', per esempio, se si tratta di un amministratore, sindaco o
revisore di societa', la misura accessoria sara' quella di cui alla lettera a)
dell'art. 21, se il responsabile e' un soggetto titolare di una licenza,
concessione o autorizzazione amministrativa, sara' quella di cui alla lettera
b) e cosi' via.
Si fa presente, infine, che nell'ipotesi di concorso di persone di cui
all'art. 9 del d.lgs. n. 472 e' configurabile la contemporanea applicazione di
sanzioni accessorie diverse.
B) Il presupposto dell'avvenuta irrogazione della sanzione principale e' anche
richiesto per l'applicazione della misura accessoria prevista dal comma 4
dell'art. 12.
Dispone tale norma che in caso di recidiva delle violazioni degli
obblighi degli operatori finanziari (previsti in via principale dall'art. 10
del d.lgs. n. 471) l'autore delle medesime e' interdetto dalle cariche di
amministratore della banca, societa' o ente, per un periodo da tre a sei mesi.
Anche con riguardo a tale norma e' opportuno ricordare che la
definizione agevolata delle sanzioni principali impedisce l'applicazione della
pena accessoria, sia perche' in tal caso viene a mancare la recidiva, ai sensi
dell'art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 472, sia per effetto di quanto dispone il
gia' citato art. 16, comma 3, ultimo periodo, dello stesso decreto
legislativo.
Per quanto concerne gli aspetti procedurali, risulta chiaro che, in
questo caso, la possibilita' di determinare la pena accessoria nello stesso
atto di contestazione della sanzione principale (secondo quanto esposto al
precedente punto A) rimane subordinata alla circostanza che almeno uno dei
precedenti atti di contestazione, notificato al medesimo soggetto, non sia
stato definito in via agevolata ai sensi dell'art. 16, comma 3, del d.lgs.
n. 472.
In ogni caso, e' indubbio che il termine di decadenza per
l'irrogazione della sanzione in esame non puo' iniziare il suo decorso prima
che si sia verificata la recidivita'.
5.2 Sanzioni accessorie che non presuppongono l'avvenuta irrogazione della
sanzione principale.
A) Tra le sanzioni accessorie che non hanno come presupposto indefettibile
l'irrogazione della sanzione principale va annoverata la sospensione della
licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attivita', ovvero
all'esercizio dell'attivita' medesima, per un periodo da quindici giorni a due
mesi, disposta dal comma 2 dell'art. 12 in esame "qualora siano state
definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni
dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute
in giorni diversi nel corso di un quinquennio".
Rispetto alla previgente normativa disciplinante la materia (art. 8,
ottavo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 249, e art. 2, quinto comma,
della legge 26 gennaio 1983, n. 18) le misure minime e massime della
sospensione sono state dalla nuova disposizione elevate, rispettivamente, da
tre a quindici giorni e da un mese a due mesi. La nuova norma, inoltre, a
differenza della precedente, prevede anche un'ipotesi aggravata (sospensione
da due a sei mesi) se i corrispettivi non documentati nel corso del
quinquennio eccedono la somma di lire duecentomilioni (art. 12, comma 2,
ultimo periodo).
La sanzione accessoria di cui si discute va essenzialmente applicata
quand'anche il soggetto interessato abbia definito in via agevolata la
sanzione principale e, di conseguenza, non sia stato possibile in precedenza
irrogare alcuna pena accessoria. Ed invero, derogando dalla regola contenuta
nel piu' volte citato art. 16, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 472, il
comma 2 dell'art. 12 del decreto n. 471 stabilisce che la sospensione e'
disposta "anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione
delle disposizioni del decreto legislativo recante i principi generali per le
sanzioni amministrative in materia tributaria".
Sotto questo aspetto, pertanto, nulla e' innovato rispetto a quanto
gia' disponevano gli articoli 8, nono comma, della legge n. 249 del 1976 e 2,
sesto comma, della legge n. 18 del 1983.
Ai fini della individuazione del dies a quo per il computo dell'arco
temporale entro il quale, ai fini dell'applicazione della sanzione accessoria,
le violazioni devono essere state commesse, non puo' che farsi riferimento al
momento del compimento della prima infrazione, risultando invece ininfluenti
tanto la data di constatazione da parte degli organi verbalizzanti, quanto la
data del pagamento della somma dovuta per la definizione agevolata
dell'illecito.
Partendo, quindi, dalla data in cui e' stata commessa la prima
violazione e con una proiezione temporale di cinque anni, perche' possa
scattare il procedimento di sospensione, occorre che il medesimo soggetto
abbia commesso - in tale lasso di tempo - almeno altre due infrazioni e,
inoltre, che tutte e tre le infrazioni siano state "definitivamente" accertate
in tempi diversi.
La definitivita' dell'accertamento - e' bene ricordarlo - interviene,
a parte l'ipotesi della definizione in via breve, nel caso di mancata
impugnazione dell'atto di contestazione o del provvedimento di irrogazione o,
ancora, quando si sia formato il giudicato in sede contenziosa.
E' importante sottolineare che la norma esige che le tre violazioni
siano state accertate "in tempi diversi", con cio' significando che le stesse
siano state sanzionate distintamente, ricorrendo l'ipotesi dell'art. 12, comma
6, del d.lgs. n.472, ossia in mancanza dei presupposti previsti per
l'operativita' del concorso o della continuazione.
In altre parole, se le tre sanzioni sono da cumulare giuridicamente in
applicazione degli anzidetti istituti, il presupposto per l'irrogazione della
sanzione accessoria non viene a realizzarsi, a nulla rilevando che le relative
violazioni siano state commesse in giorni diversi.
Con riguardo all'identificazione delle violazioni il cui reiterato
compimento comporta l'applicazione della sanzione accessoria, va sottolineato
che devono essere prese in considerazione non solo quelle aventi per oggetto
la mancata emissione dei documenti, cui fa espresso riferimento la norma, ma
anche quelle consistenti nell'emissione della ricevuta o scontrino con
corrispettivo inferiore a quello reale. Tale conclusione e' avvalorata sia dal
fatto che tali ultime violazioni, per quanto concerne la sanzione pecuniaria,
sono equiparate all'infrazione di mancata emissione (cento per cento
dell'imposta corrispondente all'importo non documentato), sia dalla
circostanza che la piu' lunga durata della sospensione, prevista dal comma 2,
ultimo periodo, dell'art. 12, viene stabilita, come si e' detto, con esclusivo
riferimento all'entita' del corrispettivo non documentato nel corso del
quinquennio (superiore ai duecento milioni) a nulla rilevando se tale limite
venga superato per effetto della mancata emissione del documento o
dell'emissione dello stesso con inesatta indicazione dell'importo
dell'operazione.
Si osserva, infine, per quanto concerne il termine di decadenza per
l'irrogazione della pena accessoria in esame, che il riferimento, ai fini del
computo dei cinque anni, non puo' che essere costituito dalla data ultima in
cui si e' perfezionata la definitivita' delle tre violazioni.
B) Una sanzione accessoria del tutto svincolata dalla applicazione della
sanzione principale (della quale si e' accennato al precedente punto 4.6) e'
quella prevista dal comma 3 dell'art. 12.
Dispone tale norma che, qualora sia accertata l'omessa installazione
degli apparecchi misuratori previsti dall'art. 1 della legge n. 18 del 1983,
e' disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio
dell'attivita' nei locali ad essa destinati (cioe' i locali nei quali i
suddetti apparecchi avrebbero dovuto essere installati) per un periodo da
quindici giorni a due mesi.
Fin qui la disposizione in esame conferma quella previgente in
materia, contenuta nell'art. 2, nono comma, della richiamata legge n. 18 del
1983.
Per altro la nuova norma, a differenza di quella passata, attribuisce
specifica rilevanza anche al persistere della violazione, prevedendo che in
caso di recidiva la sospensione e' disposta da due a sei mesi.
Pur se non espressamente sancito dalla nuova legge, la installazione
di apparecchi misuratori diversi da quelli prescritti va considerata alla
stessa stregua dell'omessa installazione, con quel che ne consegue in ordine
all'applicazione delle relative sanzioni.
5.3 Sospensione o revoca di autorizzazioni
Si evidenzia che il nuovo regime sanzionatorio, se non ha confermato,
non ha certamente fatto venir meno la potesta' dell'Amministrazione
finanziaria di sospendere o revocare le autorizzazioni in materia di
contrassegni, concesse ai sensi dell'art. 3 della legge 2 maggio 1976, n. 160,
o di revocare le autorizzazioni alla stampa o alla vendita di documenti
fiscali, concesse a tipografie e rivenditori ai sensi dell'art. 10 del D.M. 29
novembre 1978.
Infatti, il potere di revoca e' insito in quello di autorizzazione
(dove esiste l'uno esiste necessariamente l'altro) e la sua permanenza non
aveva, quindi, bisogno di essere confermata.
Esercitando il potere di revoca, l'Amministrazione finanziaria non
irroga una sanzione accessoria di natura tributaria, atteso che le
autorizzazioni in parola, come piu' volte chiarito in passato, non trovano il
proprio fondamento giuridico in un rapporto di carattere fiscale ma di
intuitus personae che, una volta venuto meno, non puo' che comportare la
revoca dell'autorizzazione.
CAPITOLO QUARTO
SANZIONI IN MATERIA DI RISCOSSIONE
Il Titolo II del d.lgs. n. 471, costituito dagli articoli 13, 14 e 15,
disciplina unitariamente le violazioni in materia di riscossione dei tributi,
precedentemente contemplate nelle singole leggi d'imposta o, in prevalenza,
nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
1. Omesso, insufficiente o tardivo versamento
L'art. 13, con previsione di carattere generale, disciplina
unitariamente le infrazioni degli obblighi di versamento dei tributi, soggette
ad una sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non
versato alle prescritte scadenze.
La sanzione del trenta per cento si applica in ogni ipotesi di mancato
pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto.
Sono espressamente esclusi i casi di tributi per i quali e' prevista
in via ordinaria la riscossione mediante iscrizione a ruolo, quali, a titolo
esemplificativo, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e
l'I.R.Pe.F. relativa ai redditi soggetti a tassazione separata, fatta
eccezione per la quota che deve essere versata a titolo di acconto, ai sensi
dell'art. 1, comma 3, del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla
legge 28 febbraio 1997, n. 30.
Si evidenzia che, in caso di ripetute violazioni degli obblighi di
versamento, non torna applicabile l'istituto del concorso di cui all'art. 12,
comma 1, del d.lgs. n. 472, non trattandosi nella specie di infrazioni
formali. Pertanto, la predetta misura del trenta per cento si rende dovuta su
ogni importo non versato alle prescritte scadenze, senza possibilita' di
cumulare giuridicamente le singole sanzioni.
Le sanzioni per omesso, insufficiente o ritardato pagamento possono
essere irrogate mediante iscrizione a ruolo e senza previa contestazione, ai
sensi dell'art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997.
Come gia' precisato nella circolare n. 180/E del 10 luglio 1998, il
procedimento di irrogazione immediata disciplinato dall'art. 17, comma 3, non
deve essere obbligatoriamente utilizzato in tutte le ipotesi di omesso o
ritardato pagamento dei tributi. In particolare, e' necessario fare ricorso al
procedimento di cui all'art. 16 dello stesso d.lgs. n. 472 nelle ipotesi in
cui si configuri che la violazione sia stata commessa con dolo o colpa grave,
essendo indispensabile la specifica motivazione in ordine all'elemento
soggettivo.
Indipendentemente dal procedimento di irrogazione utilizzato,
relativamente alle sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi non
si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17,
comma 2, del d.lgs. n. 472.
Si evidenzia, peraltro, che, con riferimento alle dichiarazioni che
saranno presentate dal 1 gennaio 1999 (relative quindi sostanzialmente ai
periodi di imposta 1998 e successivi), gli articoli 2 e 3 del d.lgs. n. 462
del 1997 prevedono una specifica modalita' di definizione agevolata delle
sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi risultanti dalle
dichiarazioni, anche a seguito dei controlli automatici e formali delle
stesse.
In particolare, l'ammontare della sanzione dovuta e' ridotta:
- ad un terzo (e quindi al 10 per cento) nel caso in cui le somme dovute siano
pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell'esito
della liquidazione automatica effettuata ai sensi degli articoli 36-bis del
D.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 (nei testi
introdotti con gli articoli 13 e 14 del d.lgs. n. 241 del 1997);
- ai due terzi (e quindi al 20 per cento) nei casi in cui le somme dovute
siano pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione
dell'esito del controllo formale della dichiarazione, effettuato ai sensi
dell'art. 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 (nel testo introdotto con
l'art. 13 del d.lgs. n. 241 del 1997).
Cio' premesso, si esaminano le disposizioni dell'art. 13 del d.lgs.
n. 471 con riferimento alle violazioni degli obblighi di versamento delle
imposte sui redditi, delle ritenute alla fonte e dell'imposta sul valore
aggiunto.
1.1 Imposte sui redditi
La sanzione del trenta per cento e' applicabile nei casi di omesso,
insufficiente o tardivo versamento, in acconto o a saldo, delle imposte
risultanti dalla dichiarazione.
La nuova misura e' inferiore a quella prevista dal previgente art. 92
del D.P.R. n. 602 del 1973 (quaranta per cento) ed e' quindi applicabile, in
quanto piu' favorevole, anche alle violazioni commesse prima del 1 aprile
1998, purche' a tale data le stesse non siano state ancora contestate o sia,
comunque, in corso il procedimento irrogativo delle sanzioni, come previsto
dall'art. 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
Per le violazioni commesse fino al 31 marzo 1998 continuera' invece ad
applicarsi, in quanto piu' favorevole, la sanzione del tre per cento prevista
dal citato art. 92 del D.P.R. n. 602 del 1973 nei casi di versamento diretto
eseguito entro i tre giorni successivi a quello di scadenza.
In presenza di omessi o carenti versamenti in acconto o a saldo delle
imposte risultanti dalla dichiarazione, la sanzione del trenta per cento deve
essere rapportata alla frazione di importo non versata alle rispettive
scadenze. E' infatti previsto che, nei casi di omesso o carente versamento a
saldo, la sanzione e' applicata sull'importo dovuto detratto l'ammontare
dell'acconto ancorche' non versato. Identico procedimento deve essere seguito
anche nei casi di omesso o carente versamento dell'acconto quando lo stesso
deve essere versato in due rate. Quindi, diversamente dal passato, le somme
non versate in sede di acconto o di primo acconto non confluiscono, agli
effetti punitivi, nell'ammontare delle somme dovute a titolo di saldo o di
secondo acconto per essere (in caso di omesso o carente pagamento a saldo o in
acconto) nuovamente assoggettate a sanzione.
Anche il descritto criterio di commisurazione della sanzione sugli
importi non versati a titolo di acconto o di saldo opera retroattivamente, in
quanto piu' favorevole, sempre nel rispetto, ovviamente, delle disposizioni di
cui all'art. 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
La sanzione del trenta per cento si applica anche con riferimento alla
maggiore imposta liquidata ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R.
n. 600 del 1973.
1.2 Ritenute alla fonte
La sanzione del trenta per cento e' applicabile nei casi di omesso,
insufficiente o tardivo versamento delle ritenute alla fonte da parte del
sostituto d'imposta.
La nuova misura e' inferiore a quella prevista dal previgente art. 92
del D.P.R. n. 602 del 1973 (cinquanta per cento) ed e' quindi applicabile, in
quanto piu' favorevole, anche alle violazioni commesse prima del 1 aprile
1998, purche' a tale data le stesse non siano state ancora contestate o sia
comunque in corso il procedimento irrogativo delle sanzioni, come previsto
dall'art. 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.
Per le violazioni commesse fino al 31 marzo 1998 continuera' invece ad
applicarsi, in quanto piu' favorevole, la sanzione nella misura del dieci per
cento prevista dal citato art. 92 del D.P.R. n. 602 del 1973 nei casi di
versamento diretto eseguito entro i tre giorni successivi a quello di
scadenza.
1.3 Imposta sul valore aggiunto
La sanzione del trenta per cento e' applicabile nei casi di omesso,
insufficiente o tardivo versamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta in
base alle liquidazioni periodiche (mensili o trimestrali), a titolo di acconto
ed a titolo di conguaglio risultante dalla dichiarazione annuale.
Risulta, quindi, notevolmente mitigato il previgente regime
sanzionatorio delle violazioni della specie, contemplato dall'art. 44 del
D.P.R. n. 633 del 1972 che, com'e' noto, puniva con la soprattassa del cento
per cento (riducibile al sessanta per cento in caso di pagamento eseguito
entro trenta giorni dal ricevimento dell'avviso da parte dell'ufficio) sia gli
omessi versamenti periodici che quelli relativi al conguaglio. Pertanto la
nuova misura, in quanto piu' favorevole di quella passata, torna applicabile
anche per le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998, purche' a tale data
le stesse non siano state ancora contestate o sia, comunque, in corso il
procedimento irrogativo delle sanzioni secondo le prescrizioni dell'art. 25,
commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472. A tal proposito si chiarisce che l'avvenuta
iscrizione a ruolo della soprattassa del cento per cento non e' di ostacolo
all'applicazione del principio del favor rei, sempreche' la relativa cartella
di pagamento sia stata tempestivamente impugnata o non siano ancora scaduti,
alla suddetta data del 1 aprile 1998, i termini per la presentazione del
ricorso.
Fa eccezione l'omesso versamento dell'acconto di dicembre che
l'art. 6, comma 5, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, puniva con la piu'
tenue soprattassa del venti per cento delle somme non versate o versate in
meno. Le infrazioni riguardanti gli acconti del mese di dicembre 1998 e degli
anni successivi dovranno essere sanzionati con la nuova misura del trenta per
cento e, inoltre, per gli stessi non tornera' piu' applicabile (in quanto non
riproposta) la tolleranza del cinque per cento prevista nei casi in cui
l'acconto venga calcolato con il cosiddetto metodo "previsionale".
La disposizione contenuta nel comma 1 dell'art. 13 precisa che
l'importo sanzionabile a titolo di saldo o conguaglio va calcolato detraendo
l'ammontare dei versamenti periodici o di acconto "ancorche' non effettuati".
Va sottolineato, quindi, che agli effetti punitivi le somme non versate in
sede di liquidazione periodica (o di liquidazione dell'acconto) non possono
confluire nel saldo finale per essere (nel caso di mancato pagamento in sede
di dichiarazione annuale) nuovamente assoggettate a sanzione.
E' chiaro che, computando in detrazione l'eventuale credito dell'anno
precedente (riportato a nuovo) nonche' i versamenti periodici o di acconto,
anche se non effettuati, la differenza potrebbe anche risultare negativa. In
tal caso, nessuna sanzione e' dovuta sul saldo annuale, mentre resta ferma,
com'e' ovvio, l'applicazione autonoma della predetta misura del trenta per
cento sui versamenti periodici o sull'acconto, a suo tempo non eseguiti, a
nulla rilevando che il debito d'imposta abbia, per ipotesi, trovato
compensazione in un successivo credito.
Il suddetto criterio di determinazione del saldo, agli effetti
sanzionatori, opera anche retroattivamente, sempre nel rispetto, com'e' ovvio,
delle richiamate disposizioni contenute nei commi 1 e 2 dell'art. 25.
La seconda parte del comma 1 dell'art. 13 in esame prevede
l'applicazione della stessa sanzione del trenta per cento sulla maggiore
imposta (o sulla minore eccedenza detraibile) risultante in seguito alle
correzioni di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo
(automatizzato) della dichiarazione annuale.
Al riguardo, per quanto concerne le procedure automatizzate di
liquidazione dell'IVA risultante dalla dichiarazione, la norma in commento
richiama espressamente l'art. 54-bis del D.P.R n. 633 del 1972 (introdotto
dall'art. 1, comma 1, lett. a, del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241) che trovera'
applicazione con riferimento alle dichiarazioni che saranno presentate a
decorrere dal 1 gennaio 1999. Va osservato, tuttavia, che l'assimilazione,
quanto al regime sanzionatorio, della maggiore imposta risultante dalla
correzione di meri errori all'omesso versamento e' gia' prevista dal sesto
comma dell'art. 60 del D.P.R. n. 633 (aggiunto, con decorrenza 20 giugno 1996,
dall'art. 10, comma 2, lett. c, del D.L. 20 giugno 1996, n. 323, come
modificato dalla legge 8 agosto 1996, n. 425), tuttora in vigore per le parti
che non contrastano con le nuove disposizioni. Pertanto, l'assimilazione di
cui trattasi, nel passaggio dal previgente al nuovo regime, opera senza
soluzione di continuita' e riguarda anche i rapporti tributari pendenti al 20
giugno 1996, in forza della disposizione contenuta nel comma 2-ter dello
stesso art. 10.
2. Versamenti ad ufficio incompetente
Il comma 3 dell'art. 13 stabilisce che la sanzione del trenta per
cento non si applica quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti
ad ufficio o concessionario diverso da quello competente.
La norma riproduce sostanzialmente quella contenuta nell'art. 48,
quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 che stabiliva la non applicazione
delle sanzioni previste per le violazioni dell'obbligo di versamento quando il
versamento era stato eseguito ad un ufficio diverso da quello competente.
La nuova previsione peraltro non e' limitata alla sola imposta sul
valore aggiunto ma riguarda tutti i versamenti diretti.
Pertanto, dal 1 aprile 1998, non e' piu' irrogabile la sanzione
prevista dall'abrogato art. 93 del D.P.R. n. 602 del 1973 per i versamenti
diretti ad ufficio incompetente.
Per le violazioni disciplinate dal citato art. 93 del D.P.R. n. 602
commesse fino al 31 marzo 1998, gli uffici provvederanno:
- ad archiviare le segnalazioni per le quali non e' stato ancora emesso o
notificato il provvedimento sanzionatorio;
- ad annullare i provvedimenti sanzionatori notificati, per i quali, al 1
aprile 1998, non siano scaduti i termini per l'impugnazione;
- a comunicare la sopravvenuta inapplicabilita' della sanzione alle competenti
commissioni tributarie ove siano ancora pendenti le controversie.
Restano, ovviamente, ferme le sanzioni irrogate con provvedimento
divenuto definitivo alla data del 1 aprile 1998.
3. Violazioni dell'obbligo di esecuzione delle ritenute alla fonte
L'art. 14 del d.lgs. n. 471 prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa pari al venti per cento dell'ammontare non trattenuto nei
confronti dei soggetti che violano l'obbligo di esecuzione, in tutto o in
parte, delle ritenute alla fonte (a titolo sia d'acconto che d'imposta).
Rimane salva l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 13 (trenta per
cento) per il caso di omesso versamento delle ritenute alle prescritte
scadenze.
La norma ripropone sostanzialmente la previsione dell'abrogato art. 95
del D.P.R. n. 602 del 1973, confermando la misura della sanzione nel venti per
cento dell'ammontare non trattenuto.
Si evidenzia, peraltro, che, nei casi in cui siano state commesse piu'
violazioni dell'obbligo di esecuzione delle ritenute, ai fini della
determinazione della sanzione si deve tener conto delle regole stabilite
nell'art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 che disciplina il concorso di
violazioni e la continuazione. In particolare, il comma 1 del predetto art. 12
prevede, nelle ipotesi in cui siano commesse, anche con piu' azioni o
omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione,
l'applicazione di un'unica sanzione rappresentata da quella stabilita per la
violazione piu' grave aumentata da un quarto al doppio.
Tali regole trovano applicazione, ai sensi dell'art. 25, commi 1 e 2,
dello stesso d.lgs. n. 472, anche con riferimento alle violazioni commesse
fino al 31 marzo 1998.
4. Incompletezza dei documenti di versamento
L'art. 15 prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa da
lire duecentomila a lire un milione nei casi in cui i documenti utilizzati per
i versamenti diretti non contengono gli elementi necessari per
l'identificazione del soggetto che li esegue e per l'imputazione della somma
versata.
Rispetto alla previgente disposizione di cui all'art. 94 del D.P.R.
n. 602 del 1973, sono state aumentate le misure minime e massime della
sanzione (da lire duecentomila a lire un milione anziche' da lire diciottomila
a lire centoventimila).
Le previgenti sanzioni continueranno quindi ad essere applicate, in
quanto piu' favorevoli, alle violazioni commesse fino al 31 marzo 1998.
Ai fini della determinazione della sanzione, nei casi in cui siano
state commesse piu' violazioni nella compilazione dei documenti utilizzati per
i versamenti diretti, si deve tener conto delle regole stabilite nell'art. 12
del d.lgs. n. 472 del 1997 che disciplina il concorso di violazioni e la
continuazione. Tali regole trovano applicazione, ai sensi dell'art. 25, commi
1 e 2, dello stesso d.lgs. n. 472, anche con riferimento alle violazioni
commesse fino al 31 marzo 1998.
Le violazioni in rassegna possono essere regolarizzate ai sensi
dell'art. 13, commi 1, lettera b), e 4, del d.lgs. n. 472 del 1997. Al
riguardo, si precisa che la comunicazione dell'infrazione da parte del
concessionario della riscossione all'ufficio o all'ente impositore, prevista
dall'art. 15, comma 2, non preclude la possibilita' di regolarizzare
l'infrazione medesima mediante ravvedimento operoso.

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