Roma, in data 25.01.99

DIPARTIMENTO Entrate
Circolare n.23

                                INDICE                                        
Premessa                                                                      
CAPITOLO PRIMO - SANZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE                       
1. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE DELLE IMPOSTE DIRETTE               
   1.1 Omessa presentazione della dichiarazione                               
   1.2 Tardiva presentazione della dichiarazione                              
   1.3 Presentazione di dichiarazione infedele                                
   1.4 Presentazione di dichiarazione incompleta                              
2. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE DEI SOSTITUTI D'IMPOSTA             
   2.1 Omessa presentazione della dichiarazione                               
   2.2 Tardiva presentazione della dichiarazione                              
   2.3 Presentazione di dichiarazione infedele                                
3. OMESSA DENUNCIA DELLE VARIAZIONI DEI REDDITI FONDIARI                      
CAPITOLO SECONDO - SANZIONI IN MATERIA DI IMPOSTASUL VALORE AGGIUNTO          
1. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE ANNUALE                             
   1.1 Omessa  presentazione della dichiarazione annuale in presenza di debito
       d'imposta                                                              
   1.2 Omessa  presentazione  della dichiarazione annuale in assenza di debito
       d'imposta                                                              
   1.3 Tardiva presentazione della dichiarazione                              
   1.4 Presentazione di dichiarazione annuale infedele                        
   1.5 Omessa  o  incompleta  presentazione  della  dichiarazione  mensile  di
       acquisti intracomunitari                                               
   1.6 Omessa  presentazione  della  dichiarazione  per  l'attribuzione  della
       partita IVA in relazione ad acquisti intracomunitari                   
   1.7 Omessa  presentazione  della  dichiarazione  di  inizio,  variazione  o
       cessazione di attivita'                                                
   1.8 Richiesta di rimborso in difformita' della dichiarazione               
2. VIOLAZIONE  DEGLI  OBBLIGHI  RELATIVI ALLA DOCUMENTAZIONE, REGISTRAZIONE ED
   INDIVIDUAZIONE DELLE OPERAZIONI SOGGETTE ALL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO   
   2.1 Omessa fatturazione o registrazione di operazioni imponibili           
   2.2 Omessa annotazione di fatture relative ad acquisti intracomunitari     
       imponibili                                                             
   2.3 Consegna   o  spedizione  di  prodotti  sprovvisti  di  contrassegno  o
       etichetta                                                              
   2.4 Omessa  fatturazione  o  registrazione  di  operazioni non imponibili o
       esenti                                                                 
   2.5 Mancata emissione della ricevuta o scontrino fiscale                   
   2.6 Mancata emissione del documento di trasporto                           
   2.7 Omessa regolarizzazione da parte del cessionario o committente         
   2.8 Illegittima detrazione dell'imposta addebitata sulle operazioni passive
3. VIOLAZIONI RELATIVE ALLE ESPORTAZIONI                                      
   3.1 Mancato    trasporto    o    spedizione   dei beni fuori del territorio
       dell'Unione europea                                                    
   3.2 Mancata   regolarizzazione   delle cessioni a viaggiatori domiciliati o
       residenti fuori della Comunita' europea                                
   3.3 Effettuazione   di   operazioni senza addebito d'imposta in mancanza di
       dichiarazione d'intento                                                
   3.4 Acquisto   o   importazione   senza pagamento d'imposta in mancanza dei
       presupposti previsti                                                   
   3.5 Mancata   esportazione dei beni acquistati senza pagamento dell'imposta
       nelle c.d. operazioni triangolari                                      
   3.6 Dichiarazione  in dogana di quantita', qualita' o corrispettivi diversi
       da quelli reali                                                        
CAPITOLO TERZO   -  DISPOSIZIONI COMUNI ALLE IMPOSTE DIRETTE E ALL'IMPOSTA SUL
VALORE AGGIUNTO                                                               
1. VIOLAZIONI RELATIVE AL CONTENUTO E ALLA DOCUMENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI 
   1.1 Dichiarazioni irregolari                                               
   1.2 Mancanza o incompletezza di atti e documenti                           
2. VIOLAZIONI DEGLI OBBLIGHI RELATIVI ALLA CONTABILITA'                       
   2.1 Omessa tenuta o conservazione delle scritture contabili                
   2.2 Irregolare tenuta della contabilita'                                   
   2.3 Rifiuto di esibizione o sottrazione alla verifica di documenti         
   2.4 Obblighi documentali e contabili particolari in materia di IVA         
   2.5 Inosservanza di obblighi per superamento del volume d'affari           
   2.6 Violazione degli organi di controllo delle societa'                    
       2.6.1 Omessa sottoscrizione della dichiarazione                        
       2.6.2 Omessa denuncia della mancanza delle scritture contabili         
3. VIOLAZIONI DEGLI OBBLIGHI DEGLI OPERATORI FINANZIARI                       
4. ALTRE   VIOLAZIONI   IN  MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE E DI IMPOSTA SUL VALORE
   AGGIUNTO                                                                   
   4.1 Violazioni   di   obblighi   derivanti dall'attivita' istruttoria degli
       uffici                                                                 
   4.2 Violazioni    di    obblighi    di comunicazione prescritti dalla legge
       tributaria                                                             
   4.3 Compensazione di partite                                               
   4.4 Violazioni in materia di agevolazioni                                  
   4.5 Violazioni relative agli elenchi INTRASTAT                             
       4.5.1 Regime   sanzionatorio   previsto dall'art. 34 del D.L. n. 41 del
             1995                                                             
       4.5.2 Regime sanzionatorio in vigore dal 1 aprile 1998                 
       4.5.3 Quadro sinottico                                                 
       4.5.4 Violazioni commesse prima del 24 febbraio 1995                   
       4.5.5 Violazioni statistiche                                           
   4.6 Violazioni   relative   agli   apparecchi  per l'emissione di scontrini
       fiscali                                                                
   4.7 Violazioni del destinatario dello scontrino o della ricevuta fiscale   
   4.8 Violazioni dei pubblici uffici in materia di acquisti intracomunitari  
5. SANZIONI ACCESSORIE                                                        
   5.1 Sanzioni   accessorie   che  presuppongono l'avvenuta irrogazione della
       sanzione principale                                                    
   5.2 Sanzioni  accessorie che non presuppongono l'avvenuta irrogazione della
       sanzione principale                                                    
   5.3 Sospensione o revoca di autorizzazioni                                 
CAPITOLO QUARTO - SANZIONI IN MATERIA DI RISCOSSIONE                          
1. Omesso, insufficiente o tardivo versamento                                 
   1.1 Imposte sui redditi                                                    
   1.2 Ritenute alla fonte                                                    
   1.3 Imposta sul valore aggiunto                                            
2. Versamenti ad ufficio incompetente                                         
3. Violazioni dell'obbligo di esecuzione delle ritenute alla fonte            
4. incompletezza dei documenti di versamento                                  
                                  * * * * *                                   
Premessa.                                                                     
        Il decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, emanato in attuazione
della delega   di   cui   all'art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662,  disciplina le sanzioni amministrative in vigore dal 1 aprile 1998 per
le violazioni   di  norme tributarie in materia di imposte dirette, di imposta
sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi.                             
        Nell'ambito della complessiva riforma del sistema sanzionatorio per le
violazioni di norme tributarie, con il decreto legislativo n. 471 si e' inteso
realizzare nelle  predette materie un sistema coordinato tendente a perseguire
prioritariamente le violazioni di natura sostanziale anziche' quelle meramente
formali.                                                                      
        Le nuove    previsioni    del    d.lgs.  n. 471, alla luce anche delle
disposizioni generali  in materia di sanzioni amministrative per le violazioni
di norme    tributarie    recate    nel    d.lgs. n. 472 del 1997 e successive
modificazioni ed     integrazioni,     riformano    sostanzialmente il sistema
sanzionatorio tributario    non    penale    e rilevano, se piu' favorevoli al
trasgressore, anche per le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998.       
        Con la   presente circolare si illustrano le principali fattispecie di
violazioni disciplinate   dal d.lgs. n. 471 del 1997, tenuto conto anche delle
integrazioni e correzioni apportate con il d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203.      
        Ovviamente, in sede di applicazione e di determinazione delle sanzioni
si deve  necessariamente tener conto delle disposizioni generali contenute nel
citato d.lgs. n. 472 del 1997, che sono state oggetto di una prima analisi con
la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998.                                     
                             CAPITOLO PRIMO                                   
                  SANZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE                      
        Il Capo   I   del   d.lgs.   n. 471 del 1997 contempla e disciplina le
violazioni relative   alle dichiarazioni delle imposte dirette e dei sostituti
d'imposta, nonche'   quelle riguardanti l'omessa denuncia delle variazioni dei
redditi fondiari.                                                             
1. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE DELLE IMPOSTE DIRETTE               
        L'art. 1   del   d.lgs. n. 471 disciplina le violazioni di omessa e di
infedele presentazione  della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi,
precedentemente previste dagli abrogati articoli 46 e 49 del D.P.R. n. 600 del
1973.                                                                         
        Inoltre, l'art.   4  dispone che le dichiarazioni incomplete, previste
dall'art. 46, secondo e terzo comma del D.P.R. n. 600 del 1973, si considerano
comprese tra le dichiarazioni infedeli previste dall'art. 1, comma 2.         
1.1 Omessa presentazione della dichiarazione.                                 
        La fattispecie    dell'omessa    presentazione  della dichiarazione si
realizza, oltre che nell'ipotesi di mancata presentazione, anche nelle ipotesi
in cui   la   presentazione   della dichiarazione e' espressamente considerata
omessa o nulla, e precisamente:                                               
a) dichiarazione presentata con ritardo superiore a trenta giorni. In tal caso
   la dichiarazione   e'   considerata   omessa,  ma costituisce titolo per la
   riscossione dell'imposta   dovuta  in base agli imponibili in essa indicati
   (art. 2, comma 7, del D.P.R. n. 322 del 1998);                             
b) dichiarazione   redatta   su stampati non conformi ai modelli approvati con
   decreto ministeriale.    In    tal    caso  la dichiarazione e' nulla e non
   costituisce titolo    per    la    riscossione  delle imposte relative agli
   imponibili in essa indicati (art. 1, comma 1, del D.P.R. n. 322 del 1998). 
   Si precisa   che   la redazione della dichiarazione su stampati conformi al
   modello approvato   con   decreto   ministeriale ma non in conformita' allo
   stesso non   comporta  la nullita' della dichiarazione, bensi' l'irregolare
   compilazione della   stessa sanzionabile ai sensi dell'art. 8, comma 1, del
   d.lgs. n. 471;                                                             
c) dichiarazione   non  sottoscritta o sottoscritta da soggetto sfornito della
   rappresentanza legale   o  negoziale. In tal caso la dichiarazione e' nulla
   (art. 1,  commi 3 e 4, del D.P.R. n. 322 del 1998) e non costituisce titolo
   per la riscossione delle imposte relative agli imponibili in essa indicati.
   La nullita'   e'  peraltro sanata se il contribuente o il soggetto tenuto a
   sottoscrivere la    dichiarazione    vi    provvede entro trenta giorni dal
   ricevimento  dell'invito da parte dell'ufficio territorialmente competente.
   Nel richiamare le indicazioni fornite al riguardo con la circolare 75/E del
   4 marzo    1998,    si    evidenzia   che l'intervenuta sanatoria impedisce
   l'applicazione delle  sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione
   e che,   quindi,   in  caso di rettifica dei redditi dichiarati si rendera'
   applicabile la sanzione per infedele presentazione della dichiarazione.    
        Nei casi  di omessa presentazione della dichiarazione, l'art. 1, comma
1, del   d.lgs.   n.   471   del  1997, prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa dal   centoventi   al duecentoquaranta per cento dell'ammontare
delle imposte   dovute,   con   un minimo di lire cinquecentomila. Se non sono
dovute imposte   e'   prevista, invece, una sanzione da lire cinquecentomila a
lire due   milioni,   aumentabile   fino  al doppio nei confronti dei soggetti
obbligati alla tenuta delle scritture contabili.                              
        Inoltre, il   comma   3   del   citato  art. 1 prevede che se l'omessa
dichiarazione riguarda   redditi prodotti all'estero, la sanzione e' aumentata
di un terzo con riferimento alle imposte relative a tali redditi, riproponendo
di fatto la previsione  di cui all'art. 46, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del
1973.                                                                         
        Rispetto alle   previgenti previsioni di cui all'art. 46, primo comma,
del D.P.R.  n. 600 del 1973, non e' stata modificata la base di commisurazione
della sanzione   che e' costituita dall'ammontare delle  imposte relative agli
imponibili accertati,   al netto delle ritenute alla fonte operate sui redditi
accertati e delle  detrazioni d'imposta spettanti; sono state invece apportate
le seguenti variazioni:                                                       
. sono   state   diminuite le misure minime e massime rapportate all'ammontare
  delle imposte  dovute (dal centoventi al duecentoquaranta per cento anziche'
  dal duecento al quattrocento per cento);                                    
. e'   stato   aumentato l'importo minimo della sanzione (lire cinquecentomila
  anziche' lire trecentomila);                                                
. sono stati aumentati gli importi minimi e massimi della sanzione applicabile
  nei casi in cui non sono dovute imposte.                                    
        Tali variazioni   devono   essere  considerate dagli uffici in sede di
determinazione delle  sanzioni relativamente a violazioni commesse prima del 1
aprile 1998,  in base alle disposizioni contenute negli articoli 3, comma 3, e
25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.                                  
        Si evidenzia   che, relativamente alle violazioni commesse prima del 1
aprile 1998,   continueranno ad essere applicabili, in quanto piu' favorevoli,
le previgenti   disposizioni   quando   non   sono dovute imposte e quando, in
presenza di   imposte   dovute, la sanzione concretamente irrogabile e' pari o
inferiore a lire cinquecentomila.                                             
        Si precisa   inoltre che, nei casi in cui l'omessa presentazione della
dichiarazione rileva   ai   fini   di piu' tributi, nella determinazione della
sanzione, anche se vengono applicate le previgenti disposizioni in quanto piu'
favorevoli, si deve tener conto delle regole stabilite nell'art. 12 del d.lgs.
n. 472 del 1997 che disciplina il concorso di violazioni e la continuazione.  
1.2 Tardiva presentazione della dichiarazione.                                
        Ai sensi   dell'art.   2,   comma   7,  del D.P.R. n. 322 del 1998, la
dichiarazione dei   redditi  presentata entro trenta giorni dalla scadenza del
termine e'   considerata  valida, salva restando l'applicazione della sanzione
amministrativa per il ritardo.                                                
        Ai soli    effetti    sanzionatori    (e    quindi   non anche ai fini
dell'esperibilita' dell'accertamento induttivo sulla base di presunzioni prive
dei requisiti di gravita', precisione e concordanza), la tardiva presentazione
della dichiarazione e' equiparata all'omessa presentazione.                   
        Peraltro, poiche'   la   dichiarazione  presentata entro trenta giorni
dalla scadenza del termine e' "valida", l'eventuale omesso o carente pagamento
delle imposte   dichiarate   configura  la violazione di omesso, in tutto o in
parte, versamento   delle imposte risultanti dalla dichiarazione, punibile con
la sanzione   amministrativa   pari   al  trenta per cento di ogni importo non
versato, prevista dall'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997.          
        La tardiva   presentazione  della dichiarazione e' invece punibile, ai
sensi dell'art.  1, comma 1, del d.lgs. n. 471, con la sanzione amministrativa
da lire   cinquecentomila   a lire due milioni, aumentabile fino al doppio nei
confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.          
        Per le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998, e' applicabile, in
quanto piu'   favorevole,  la sanzione prevista nell'art. 46, sesto comma, del
D.P.R. n.   600   del   1973   (lire settantacinquemila, elevabile fino a lire
settecentocinquantamila nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle
scritture contabili).                                                         
        La sanzione   in   parola   puo'  essere autonomamente irrogata con il
procedimento disciplinato   dall'art.   16   del   d.lgs. n. 472 del 1997 e la
controversia puo' essere definita ai sensi del comma 3 dello stesso art. 16.  
        In caso di rettifica dei redditi indicati nella dichiarazione tardiva,
con riferimento alla maggiore imposta o alla differenza del credito accertati,
si rendera'    applicabile    la    sanzione per infedele dichiarazione di cui
all'art. 1, comma 2, anziche' quella per omessa dichiarazione.                
        Alla luce    delle    considerazioni    svolte in ordine alle sanzioni
applicabili nel caso di tardiva presentazione della dichiarazione dei redditi,
si rende   necessario   rivedere   talune indicazioni fornite con la circolare
n. 192/E  del 23 luglio 1998 relativamente alle modalita' di regolarizzazione,
mediante ravvedimento operoso, della violazione in rassegna, e precisamente:  
. la  mancata presentazione della dichiarazione entro il termine previsto puo'
  essere regolarizzata, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera c), del d.lgs.
  n. 472   del   1997,  a condizione che la dichiarazione venga presentata con
  ritardo non   superiore   a   trenta giorni e che nello stesso termine venga
  effettuato il  pagamento di una sanzione di lire sessantaduemila, pari ad un
  ottavo di lire cinquecentomila;                                             
. l'omesso,   in   tutto o in parte, versamento delle imposte risultanti dalla
  dichiarazione tardiva   puo'   essere  regolarizzato, ai sensi dell'art. 13,
  comma 1,    lettere    a)    o    b)   del d.lgs. n. 472 del 1997, eseguendo
  spontaneamente entro   i   rispettivi   termini stabiliti il pagamento delle
  imposte, dei   relativi  interessi calcolati al tasso legale con maturazione
  giorno per   giorno e della sanzione in misura ridotta. La sanzione prevista
  nella misura   del  30 per cento di ogni importo non versato alle prescritte
  scadenze e'    ridotta    ad    un    ottavo, ossia al 3,75 per cento, se la
  regolarizzazione si  perfeziona entro il termine di trenta giorni dalla data
  in cui   la   violazione  e' stata commessa; la sanzione del 30 per cento e'
  invece ridotta  ad un sesto, ossia al 5 per cento, se la regolarizzazione si
  perfeziona entro    il    termine   per la presentazione della dichiarazione
  relativa all'anno nel corso del quale e' stata commessa la violazione;      
. gli errori e le omissioni incidenti sulla determinazione o sul pagamento del
  tributo, relativi  ad una dichiarazione presentata con ritardo non superiore
  a trenta  giorni, possono essere regolarizzati, ai sensi dell'art. 13, comma
  1, lettera   b), del d.lgs. n. 472 del 1997, eseguendo spontaneamente, entro
  il termine   per  la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel
  corso del quale e' stata commessa la violazione, il pagamento della maggiore
  imposta o  del minor credito, dei relativi interessi al tasso legale e della
  sanzione ridotta   ad   un   sesto del minimo (pari al 16,66 per cento della
  maggiore imposta o del minor credito). Diversamente da quanto indicato nella
  richiamata circolare n. 192/E del 23 luglio 1998, l'ammontare della sanzione
  dovuta ai   fini   del  ravvedimento non diverge a seconda che la violazione
  dell'obbligo di   presentare la dichiarazione entro i termini prescritti sia
  stata o   meno regolarizzata ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera c), del
  d.lgs. n. 472 del 1997, secondo le modalita' precedentemente illustrate.    
1.3 Presentazione di dichiarazione infedele.                                  
        La fattispecie    della    presentazione  di dichiarazione infedele si
realizza nelle ipotesi in cui nella dichiarazione:                            
. e'  indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore
  a quello   accertato  o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un
  credito superiore a quello spettante;                                       
. sono    esposte    indebite   detrazioni d'imposta ovvero indebite deduzioni
  dall'imponibile, anche   se   esse sono state attribuite in sede di ritenute
  alla fonte.                                                                 
        Per detta   violazione  l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997,
prevede l'applicazione   di  una sanzione amministrativa dal cento al duecento
per cento della maggiore imposta o della differenza del credito.              
        Inoltre, il   comma 3 dello stesso art. 1 prevede che se la violazione
riguarda redditi prodotti all'estero, la sanzione e' aumentata di un terzo con
riferimento alle   maggiori   imposte relative a tali redditi, riproponendo di
fatto la   previsione   di cui all'art. 46, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del
1973.                                                                         
        La base  di commisurazione della sanzione e' costituita dalla maggiore
imposta o dalla differenza del credito.                                       
        Il comma  4 dell'art. 1 precisa che per maggiore imposta si intende la
differenza tra   l'ammontare  del tributo liquidato in base all'accertamento e
quello liquidabile   in base alle dichiarazioni, ai sensi degli artt. 36-bis e
36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973.                                            
        Rispetto alla  previgente previsione di cui all'art. 46, quinto comma,
del D.P.R.   n.  600 del 1973 e' stata sostituita la parola "liquidata" con la
parola "liquidabile".                                                         
        Per effetto   della predetta modifica, la base di commisurazione della
sanzione per   infedele   dichiarazione non deve comprendere anche le maggiori
imposte  liquidabili ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600
del 1973,  ancorche' le stesse siano rilevate in sede di controllo sostanziale
della dichiarazione,   relativamente alle quali e' applicabile la sanzione del
30 per cento prevista dall'art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997.      
        Nella determinazione della base di calcolo della sanzione per infedele
dichiarazione si  deve tener conto, come in passato, anche del minor credito o
del minor rimborso spettanti a seguito della rettifica.                       
        La sanzione   dal cento al duecento per cento (corrispondente a quella
prevista dal  previgente art. 46, quarto comma, del D.P.R. n. 600 del 1973) si
applica anche,  come gia' detto, nelle ipotesi in cui nella dichiarazione sono
esposte indebite     detrazioni     d'imposta     ovvero    indebite deduzioni
dall'imponibile, anche  se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla
fonte.                                                                        
        Per tali   fattispecie   (quale,  a titolo esemplificativo, l'indebita
fruizione delle deduzioni ai fini dell'ILOR. di cui all'art. 120 del T.U.I.R.)
l'art. 49 del D.P.R. n. 600 del 1973 prevedeva invece la piu' gravosa sanzione
da due a quattro volte la maggiore imposta dovuta.                            
        La nuova   previsione, in quanto piu' favorevole, si rende applicabile
anche alle violazioni commesse prima del 1 aprile 1998.                       
        Non e'   stata   invece   riproposta la previsione di cui all'art. 46,
quarto comma,   ultimo   periodo,   del D.P.R. n. 600 del 1973, concernente la
riduzione alla   meta'   della sanzione nei casi in cui la maggiore imposta e'
inferiore ad   un   quarto   di quella accertata; detta previsione continuera'
comunque ad   applicarsi,  in quanto piu' favorevole, alle violazioni commesse
prima del 1 aprile 1998.                                                      
        Si  evidenzia    che,    nei    casi    in  cui la presentazione della
dichiarazione infedele   rileva  ai fini di piu' tributi, nella determinazione
della sanzione,   anche   se   vengono applicate le previgenti disposizioni in
quanto piu'    favorevoli,    si    deve    tener conto delle regole stabilite
nell'art. 12   del   d.lgs.   n.   472  del 1997 che disciplina il concorso di
violazioni e la continuazione.                                                
1.4 Presentazione di dichiarazione incompleta.                                
        Nei casi in cui nella dichiarazione presentata non sono compresi tutti
i singoli   redditi posseduti, l'art. 46, secondo comma, del D.P.R. n. 600 del
1973 prevedeva   l'applicazione  di una pena pecuniaria da due o quattro volte
l'ammontare delle imposte e delle maggiori imposte in relazione ai redditi non
dichiarati.                                                                   
        Poiche' la   fattispecie   dell'incompleta   dichiarazione non e' piu'
autonomamente disciplinata,   l'art.  4 del d.lgs. n. 471 del 1997 equipara le
dichiarazioni incomplete alle dichiarazioni infedeli.                         
        Conseguentemente, anche alle dichiarazioni incomplete presentate prima
del 1  aprile 1998, si rende applicabile la piu' favorevole sanzione dal cento
al duecento   per   cento della maggiore imposta dovuta, prevista dall'art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 471.                                                   
2. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE DEI SOSTITUTI D'IMPOSTA             
        L'art. 2   del   d.lgs. n. 471 disciplina le violazioni di omessa e di
infedele presentazione     della     dichiarazione    del sostituto d'imposta,
precedentemente previste dall'abrogato art. 47 del D.P.R. n. 600 del 1973.    
2.1 Omessa presentazione della dichiarazione.                                 
        Analogamente a   quanto  previsto per la dichiarazione dei redditi, la
fattispecie dell'omessa    presentazione    della  dichiarazione dal sostituto
d'imposta si  realizza, oltre che nell'ipotesi di mancata presentazione, anche
nelle ipotesi   in   cui la presentazione della dichiarazione e' espressamente
considerata omessa o nulla, e precisamente:                                   
. dichiarazione presentata con ritardo superiore a trenta giorni;             
. dichiarazione   redatta   su  stampati non conformi ai modelli approvati con
  decreto ministeriale;                                                       
. dichiarazione   non   sottoscritta o sottoscritta da soggetto sfornito della
  rappresentanza legale o negoziale, non regolarizzata entro trenta giorni dal
  ricevimento dell'invito da parte dell'ufficio.                              
        Relativamente alla     violazione     di    omessa presentazione della
dichiarazione del   sostituto   d'imposta, l'art. 2 del d.lgs. n. 471 del 1997
prevede l'applicazione delle sanzioni amministrative di seguito elencate:     
. sanzione    amministrativa    dal   centoventi al duecentoquaranta per cento
  dell'ammontare delle    ritenute     non    versate,   con un minimo di lire
  cinquecentomila (art. 2, comma 1);                                          
. sanzione   amministrativa   da  lire cinquecentomila a lire quattro milioni,
  quando le   ritenute relative ai compensi, interessi ed altre somme, benche'
  non dichiarate, sono state interamente versate (art. 2, comma 3);           
. sanzione  amministrativa di lire centomila per ogni percipiente non indicato
  nella dichiarazione che avrebbe dovuto essere presentata (art. 2, comma 4). 
        E' di   tutta evidenza come le sanzioni previste nei commi 1 e 3 siano
alternative, nel   senso  che la comminazione dell'una esclude la comminazione
dell'altra e  viceversa. Perche' torni applicabile la prima e' sufficiente che
anche una sola delle ritenute risulti non versata alla data in cui si realizza
la violazione di omessa presentazione della dichiarazione.                    
        La sanzione   prevista   nel comma 4, invece, si aggiunge sia a quella
stabilita nel   comma   1 sia, in alternativa, a quella stabilita nel comma 3,
anche se,   come  si vedra', nella determinazione del quantum complessivamente
dovuto si   deve   tener   conto   delle  disposizioni relative al concorso di
violazioni.                                                                   
        Rispetto alle   previgenti previsioni di cui all'art. 47, primo comma,
del D.P.R.   n. 600 del 1973, sono state apportate significative variazioni, e
precisamente:                                                                 
. la  base di commisurazione della sanzione e' costituita dall'ammontare delle
  ritenute non   versate   anziche'  dall'ammontare complessivo delle ritenute
  relative ai compensi, interessi ed altre somme non dichiarati;              
. sono   state   diminuite   le   misure   minime e massime (dal centoventi al
  duecentoquaranta per    cento    anziche'   dal duecento al quattrocento per
  cento);                                                                     
. e'    stata    introdotta    una    misura minima fissa della sanzione (lire
  cinquecentomila) nelle   ipotesi   in   cui  non sono state versate tutte le
  ritenute;                                                                   
. e' stata introdotta una sanzione in misura variabile da lire cinquecentomila
  a lire   quattro   milioni nelle ipotesi in cui tutte le ritenute sono state
  versate;                                                                    
. e' stata introdotta, in aggiunta alla sanzione per omessa presentazione, una
  sanzione in    misura    fissa    per    ogni percipiente non indicato nella
  dichiarazione che  avrebbe dovuto essere presentata; nel sistema previgente,
  tale sanzione   era   prevista (nella misura da lire trecentomila a lire tre
  milioni) con   riferimento   all'ipotesi   di presentazione di dichiarazione
  infedele e non invece nei casi di omessa presentazione.                     
        Tali variazioni   devono   essere  considerate dagli uffici in sede di
determinazione delle sanzioni relativamente alle violazioni commesse prima del
1 aprile 1998, in base alle disposizioni contenute negli articoli 3, commi 1 e
3, e 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.                             
        In particolare,   relativamente   alle violazioni commesse prima del 1
aprile 1998, si evidenzia che:                                                
. nelle   ipotesi   in   cui le ritenute non sono state interamente versate si
  rendera', di  regola, applicabile la sanzione prevista nell'art. 2, comma 1,
  del d.lgs.   n.   471;   la sanzione prevista nell'art. 47, primo comma, del
  D.P.R. n.  600 del 1973, si rendera' invece applicabile unicamente  nei casi
  in cui   essa   sia   concretamente pari od inferiore a lire cinquecentomila
  (come, ad   esempio, quando l'ammontare delle ritenute relative ai compensi,
  interessi ed   altre   somme   non   dichiarati   e' pari o inferiore a lire
  duecentocinquantamila e la sanzione e' determinata nella misura minima);    
. nelle ipotesi in cui le ritenute sono state interamente versate, si rendera'
  applicabile la   sanzione di importo inferiore tra quella risultante in base
  alla previgente   disposizione e quella risultante in base all'art. 2, comma
  3, del d.lgs. n. 471;                                                       
. non   e'   applicabile, ai sensi dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 472 del
  1997, la  sanzione di lire centomila per ogni percipiente non indicato nella
  dichiarazione che   avrebbe   dovuto  essere presentata, in quanto come gia'
  detto la fattispecie non era prima sanzionabile.                            
        La sanzione prevista nell'art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 471 e' invece
applicabile, ovviamente,   relativamente alle violazioni commesse dal 1 aprile
1998. Si  evidenzia, peraltro, che nella determinazione della sanzione si deve
tener conto delle regole stabilite nell'art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 che
disciplina il concorso di violazioni e la continuazione.                      
        Infatti, l'omessa    presentazione    della   dichiarazione e l'omessa
indicazione dei  percipienti i compensi corrisposti configurano una ipotesi di
concorso formale,   per la quale l'art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 472 prevede
l'applicazione di   un'unica sanzione rappresentata da quella stabilita per la
violazione piu' grave, aumentata da un quarto al doppio.                      
        A titolo    esemplificativo,    si    illustrano    i   criteri per la
determinazione della   sanzione   da   irrogare, considerando le misure minime
previste, nell'ipotesi  di omessa presentazione della dichiarazione per l'anno
1998 nel   corso del quale sono stati corrisposti compensi, pari a complessive
lire venti   milioni,   a   tre  professionisti e le relative ritenute, pari a
complessive lire   quattro milioni, sono state: a) interamente versate; b) non
versate.                                                                      
a)      - sanzione minima ex art. 2, c. 1.:                   L.   500.000    
        - sanzione minima ex art. 2, c. 4 (n. 3 x 100.000):   L.   300.000    
        - sanzione minima ex art. 12, c. 1                                    
          (500.000 + 1/4 di 500.000):  ú                      L.   625.000    
        - sanzione minima irrogabile:   ú                     L.   625.000    
b)      - sanzione minima ex art. 2, c. 1                                     
          (120% di 4.000.000):  ú                             L. 4.800.000    
        - sanzione minima ex art. 2, c. 4 (n. 3 x 100.000):   L.   300.000    
        - sanzione minima ex art. 12, c. 1                                    
          (4.800.000 + 1/4 di 4.800.000):                     L. 6.000.000    
        - sanzione minima irrogabile ex art 12, c. 7:   ú     L. 5.100.000    
        Si evidenzia,   infine,   che   alle sanzioni per omessa dichiarazione
devono aggiungersi  quelle previste per le eventuali violazioni degli obblighi
di esecuzione   di   ritenute   alla fonte e di versamento delle ritenute alle
prescritte scadenze.                                                          
2.2 Tardiva presentazione della dichiarazione.                                
        La dichiarazione   presentata   entro trenta giorni dalla scadenza del
termine e'   considerata  valida, salva restando l'applicazione della sanzione
amministrativa per il ritardo.                                                
        Ai soli    effetti    sanzionatori,    la  tardiva presentazione della
dichiarazione e' equiparata all'omessa presentazione.                         
        Peraltro, poiche'   la   dichiarazione  presentata entro trenta giorni
dalla scadenza   del   termine   e'   "  valida", l'eventuale omesso o carente
versamento delle   ritenute relative ai compensi dichiarati e' punibile con la
sanzione amministrativa  pari al trenta per cento di ogni importo non versato,
prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997.                             
        La tardiva   presentazione  della dichiarazione e' invece punibile, ai
sensi dell'art.  2, comma 3, del d.lgs. n. 471, con la sanzione amministrativa
da lire cinquecentomila a lire quattro milioni.                               
        Per le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998, e' applicabile, in
quanto piu'  favorevole, la sanzione prevista dal combinato disposto dei commi
primo, secondo  periodo, e sesto dell'art. 46 del D.P.R. n. 600 del 1973 (lire
settantacinquemila, elevabile    fino    a    lire settecentocinquantamila nei
confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili).      
        Alla luce    delle    considerazioni    svolte in ordine alle sanzioni
applicabili nel    caso    di   tardiva presentazione  della dichiarazione del
sostituto di  imposta, si rende necessario rivedere talune indicazioni fornite
con la   circolare n. 192/E del 23 luglio 1998 relativamente alle modalita' di
regolarizzazione, mediante ravvedimento operoso, della violazione in rassegna,
e precisamente:                                                               
. la  mancata presentazione della dichiarazione entro il termine previsto puo'
  essere regolarizzata,   ai   sensi   dell'art.  13, comma 1, lettera c), del
  d.lgs. n.   472 del 1997, a condizione che la dichiarazione venga presentata
  con ritardo   non superiore a trenta giorni e che nello stesso termine venga
  effettuato il  pagamento di una sanzione di lire sessantaduemila, pari ad un
  ottavo  di lire cinquecentomila;                                            
. in   caso di omesso, in tutto o in parte, versamento delle ritenute relative
  ai compensi indicati nella dichiarazione tardiva, non regolarizzato ai sensi
  dell'art. 13,   comma   1,   lettere a) o b), del d.lgs. n. 472, si rendera'
  applicabile  la  sanzione del trenta per cento di cui all'art. 13 del d.lgs.
  n. 471.                                                                     
2.3 Presentazione di dichiarazione infedele.                                  
        La fattispecie    della    presentazione  di dichiarazione infedele si
realizza quando   l'ammontare  dei compensi, interessi ed altre somme indicati
nella dichiarazione validamente presentata e' inferiore a quello accertato dal
competente ufficio.                                                           
        La medesima    fattispecie    si    realizza  anche quando gli importi
assoggettabili a   ritenuta   alla  fonte sono indicati nella dichiarazione in
misura inferiore    a    quella    prevista,   pur in presenza di una corretta
esposizione degli   ammontari   lordi   dei compensi, interessi ed altre somme
corrisposti.                                                                  
        Per la   violazione  in rassegna, l'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 471
del 1997,   prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa dal cento al
duecento per   cento   dell'importo delle ritenute non versate riferibili alla
differenza, con un minimo di lire cinquecentomila.                            
        Il comma  3 dello stesso art. 2 prevede, invece, l'applicazione di una
sanzione amministrativa   da lire cinquecentomila a lire quattro milioni se le
ritenute relative   ai  compensi, interessi ed altre somme non dichiarati sono
state interamente versate.                                                    
        Inoltre, il   comma 4, prevede, in aggiunta alle sanzioni previste nei
commi 2   e 3, l'applicazione di una sanzione amministrativa di lire centomila
per ogni percipiente non indicato nella dichiarazione presentata.             
        Rispetto alle   previgenti   previsioni   di cui all'art. 47,  secondo
comma, del   D.P.R.   n.   600   del  1973, sono state apportate significative
variazioni, e precisamente:                                                   
. la  base di commisurazione della sanzione e' costituita dall'ammontare delle
  ritenute non   versate   anziche'  dall'ammontare delle ritenute relative ai
  compensi non dichiarati;                                                    
. sono   state diminuite le misure minime e massime (dal cento al duecento per
  cento anziche' dal duecento al quattrocento per cento);                     
. e'    stata    introdotta    una    misura minima fissa della sanzione (lire
  cinquecentomila) nelle  ipotesi in cui non sono state interamente versate le
  ritenute relative ai maggiori compensi accertati;                           
. e' stata introdotta una sanzione in misura variabile da lire cinquecentomila
  a lire   quattro milioni nelle ipotesi in cui sono state interamente versate
  le ritenute relative ai maggiori compensi accertati;                        
. e' stata diminuita la sanzione (lire centomila anziche' da lire trecentomila
  a lire tre milioni) per ogni percipiente non indicato nella dichiarazione.  
        Tali variazioni   devono   essere  considerate dagli uffici in sede di
determinazione delle sanzioni relativamente alle violazioni commesse prima del
1 aprile  1998, in base alle disposizioni contenute negli articoli 3, comma 3,
e 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.                                
        In particolare,   si   evidenzia  che per la violazione riguardante la
mancata indicazione nella dichiarazione dei nominativi di tutti i percipienti,
anche se   commessa  prima del 1 aprile 1998, si rende applicabile la sanzione
prevista  nell'art.   2,   comma 4, del d.lgs. n. 471, in concorso, secondo le
regole stabilite   nell'art.   12   del   d.lgs. n. 472, con la violazione per
infedele dichiarazione.                                                       
        Si evidenzia,   infine,   che alle sanzioni per infedele dichiarazione
devono aggiungersi  quelle previste per le eventuali violazioni degli obblighi
di esecuzione   di   ritenute   alla fonte e di versamento delle ritenute alle
prescritte scadenze.                                                          
3. OMESSA DENUNCIA DELLE VARIAZIONI DEI REDDITI FONDIARI                      
        L'art. 3,   comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997 prevede l'applicazione
di una  sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire quattro milioni
in caso   di omessa denuncia, nel termine previsto per legge, delle situazioni
che danno   luogo a variazioni in aumento del reddito dominicale e del reddito
agrario dei terreni.                                                          
        Ai sensi   dell'art.  27, commi 1 e 2, del T.U.I.R., le variazioni del
reddito dominicale    o    del    reddito agrario devono essere denunciate dal
contribuente all'ufficio  tecnico erariale (ovvero all'ufficio del territorio,
ove gia'   istituito) entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui
si sono verificate le situazioni che le determinano.                          
        Rispetto  alla  previgente  disposizione di cui all'art. 50 del D.P.R.
n. 600   del   1973,   si  rileva che e' stata ridotta la misura massima della
sanzione (lire quattro milioni anziche' lire cinque milioni).                 
        Pertanto, anche per le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998, la
misura della sanzione non potra' essere superiore a lire quattro milioni.     
CAPITOLO SECONDO                                                              
SANZIONI IN MATERIA DI IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO                            
        Il capo  II del d.lgs. n. 471 del 1997, costituito dagli articoli 5, 6
e 7,   contempla  e disciplina le principali ipotesi di violazione nel settore
dell'imposta sul    valore    aggiunto,   comprese quelle relative agli scambi
intracomunitari, perseguendo,   come   si vedra', la tendenza complessiva alla
mitigazione delle    relative    sanzioni    rispetto  a quelle previste dalla
previgente normativa,  in conformita' ai criteri desumibili dalle legislazioni
dei Paesi dell'Unione Europea.                                                
        In particolare   l'art. 5 attiene, in via prioritaria, alle violazioni
riguardanti la   dichiarazione  annuale, l'art. 6 detta la disciplina relativa
alle infrazioni    degli    obblighi    di    documentazione, registrazione ed
individuazione delle   operazioni   soggette al tributo e l'art. 7 concerne le
specifiche violazioni relative alle esportazioni.                             
1. VIOLAZIONI RELATIVE ALLA DICHIARAZIONE ANNUALE                             
        L'art. 5   del  d.lgs. n. 471 ha un contenuto piu' ampio di quanto non
dica il    titolo.    Esso,    infatti,   oltre alle violazioni riguardanti la
dichiarazione annuale   (e   i  rimborsi chiesti in difformita' della stessa),
disciplina anche   le   infrazioni  relative alle dichiarazioni mensili  degli
acquisti intracomunitari,   alla   richiesta di attribuzione della partita IVA
degli enti   non   commerciali,   alle   dichiarazioni di inizio, variazione e
cessazione di attivita'.                                                      
        Le altre violazioni riguardanti il contenuto e la documentazione della
dichiarazione annuale sono invece previste dall'art. 8 dello stesso decreto n.
471.                                                                          
        Le ipotesi   di   violazione   contemplate   dal citato art. 5 sono le
seguenti:                                                                     
- omessa   presentazione   della   dichiarazione annuale in presenza di debito
  d'imposta (art.   5,   comma  1, che sostituisce l'art. 43, primo comma, del
  D.P.R. n. 633 del 1972);                                                    
- omessa   presentazione   della   dichiarazione  annuale in assenza di debito
  d'imposta (art.   5,   comma  3, che sostituisce l'art. 43, terzo comma, del
  D.P.R.n. 633);                                                              
- presentazione   di   dichiarazione   annuale  infedele (art. 5, comma 4, che
  sostituisce l'art. 43, secondo comma, del D.P.R. n. 633);                   
- omessa   o  incompleta presentazione della dichiarazione mensile di acquisti
  intracomunitari (art.   5,  comma 2, che sostituisce l'art. 54, comma 3, del
  D.L. n. 331 del 1993 convertito in legge n. 427 del 1993);                  
- omessa   presentazione  della richiesta di attribuzione della partita IVA in
  relazione ad   acquisti   intracomunitari  (art. 5, comma 3, che sostituisce
  l'art. 54, comma 5, del D.L. n. 331 del 1993);                              
- omessa  presentazione della dichiarazione di inizio, variazione o cessazione
  di attivita'  (art. 5, comma 6, che sostituisce l'art. 43, quinto comma, del
  D.P.R. n. 633);                                                             
- richiesta   di rimborso in difformita' della dichiarazione (art. 5, comma 5,
  che non trova riscontro nella previgente normativa).                        
1.1 Omessa   presentazione   della dichiarazione annuale in presenza di debito
    d'imposta.                                                                
        L'art. 5,    comma    1,    dispone   che l'omessa presentazione della
dichiarazione annuale    e'    punita    con    la  sanzione dal centoventi al
duecentoquaranta per   cento   dell'imposta  dovuta per l'anno solare o per le
operazioni che, in relazione a un piu' breve periodo, avrebbero dovuto formare
oggetto di   dichiarazione.  In ogni caso la sanzione irrogata non puo' essere
inferiore a lire cinquecentomila.                                             
        Dal 1   gennaio  1999 la sanzione in parola tornera' applicabile anche
per l'omessa   presentazione  delle dichiarazioni periodiche di cui all'art. 1
del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 100.                                             
        La nuova  misura sostituisce la pena pecuniaria da due a quattro volte
l'imposta dovuta   prevista   dall'art.  43, primo comma, del D.P.R. n. 633 ed
assorbe quella   fissa,  prima applicabile congiuntamente, stabilita dal terzo
comma dello stesso articolo.                                                  
        Parificabile all'omissione e' la presentazione della dichiarazione con
un ritardo superiore a trenta giorni e la presentazione di dichiarazione priva
di sottoscrizione,   non   regolarizzata   entro trenta giorni dal ricevimento
dell'invito da parte dell'ufficio.                                            
        La seconda   parte  del comma 1 in esame chiarisce che per determinare
l'imposta dovuta,    ossia    la    base    di  commisurazione della sanzione,
dall'ammontare dell'IVA   a  debito risultante dall'accertamento devono essere
computati in detrazione:                                                      
- tutti i versamenti effettuati relativi al periodo d'imposta;                
- il credito dell'anno precedente non richiesto a rimborso;                   
- le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite.  
        Tale disposizione che, sotto certi aspetti, va considerata integrativa
di quella   contenuta   nell'art.   55,   primo  comma, del D.P.R. n. 633, nel
prevedere espressamente   la   detraibilita'  del credito dell'anno precedente
riportato a   nuovo,  recepisce il recente orientamento della Suprema Corte di
Cassazione, desumibile dalla sentenza 2 ottobre 1996, n. 8602.                
        Va precisato,   inoltre,   che l'imposta detraibile relativa al quarto
trimestre (assolta    da    quei    contribuenti  che, per opzione, eseguono i
versamenti trimestralmente) va computata ugualmente in detrazione agli effetti
sanzionatori, se   la  relativa liquidazione risulti di fatto eseguita, pur in
assenza della   dichiarazione  annuale. In caso contrario detta imposta rimane
dovuta e   concorre,   quindi,   a determinare la base di commisurazione della
sanzione, fermo   restando,  peraltro, che il relativo diritto alla detrazione
potra' essere   esercitato   successivamente,  ai sensi del combinato disposto
degli articoli 19, comma 1, e 28, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, come di
recente modificati,   entro   il  termine di presentazione della dichiarazione
relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione
e' sorto.                                                                     
        Le nuove    previsioni,    in   base alle disposizioni contenute negli
articoli 3, comma 3, e 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, si rendono
applicabili, in   quanto  piu' favorevoli, anche relativamente alle violazioni
commesse prima del 1 aprile 1998.                                             
1.2 Omessa   presentazione   della  dichiarazione annuale in assenza di debito
    d'imposta                                                                 
        Nelle ipotesi   in   cui  vengono effettuate esclusivamente operazioni
per le   quali  non e' dovuta l'imposta ovvero nelle ipotesi in cui l'eseguita
computazione in   detrazione   prevista   dal   comma 1 dia luogo a un credito
d'imposta o  ad un'imposta "dovuta" pari a zero, viene ovviamente a mancare la
base di   commisurazione   e   quindi   la possibilita' stessa di applicare la
sanzione proporzionale dal centoventi al duecentoquaranta per cento.          
        In tali   evenienze   e sempreche', ovviamente, ne sussista l'obbligo,
l'omessa presentazione   della dichiarazione e' punita con la sanzione da lire
cinquecentomila a   lire   quattromilioni prevista dal comma 3. Detta sanzione
sostituisce la    pena    pecuniaria    da lire seicentomila a lire tremilioni
stabilita dall'art. 43, terzo comma, del decreto n. 633.                      
1.3 Tardiva presentazione della dichiarazione                                 
        La dichiarazione   presentata   entro trenta giorni dalla scadenza dei
termini e'   considerata  valida, salva restando l'applicazione della sanzione
amministrativa per il ritardo.                                                
        Ai soli    effetti    sanzionatori    (e    quindi   non anche ai fini
dell'esperibilita' dell'accertamento induttivo di cui all'art. 55 del D.P.R.  
n. 633   del  1972) la tardiva presentazione della dichiarazione e' equiparata
all'omissione.                                                                
        Peraltro, poiche'    la    dichiarazione    presentata con ritardo non
superiore a   trenta   giorni   e'   "valida", dalla stessa non puo' risultare
un'imposta dovuta   (nel   senso   voluto   dall'art.  5, comma 1) ma, semmai,
un'imposta dichiarata   e non versata, come tale da assoggettare alla sanzione
del trenta per cento prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471.                 
        La tardiva   presentazione  della dichiarazione e' invece punibile, ai
sensi dell'art.  5, comma 3, del d.lgs. n. 471, con la sanzione amministrativa
da lire   cinquecentomila   a  quattro milioni, irrogabile con il procedimento
disciplinato dall'art. 16 del d.lgs. n. 472 del 1997.                         
        In caso    di    rettifica   della dichiarazione, con riferimento alla
maggiore imposta dovuta ovvero alla minore eccedenza detraibile o rimborsabile
spettante, si   rendera' applicabile la sanzione per infedele dichiarazione di
cui all'art. 5, comma 4.                                                      
        La mancata presentazione della dichiarazione entro il termine previsto
puo' essere   regolarizzata,   ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera c), del
d.lgs. n. 472 del 1997, qualora entro trenta giorni dalla scadenza del termine
venga presentata   la   dichiarazione   e venga effettuato il pagamento di una
sanzione di lire sessantaduemila, pari ad un ottavo di lire cinquecentomila.  
        1.4 Presentazione       di       dichiarazione       annuale  infedele
        Se dalla   dichiarazione   presentata   risulta un'imposta inferiore a
quella dovuta ovvero un'eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella
spettante, si   applica,  secondo quanto previsto dal comma 4, la sanzione dal
cento al duecento per cento della differenza.                                 
        La misura    non    differisce,    quanto alla sua entita', dalla pena
pecuniaria prevista  dall'art. 43, secondo comma, del D.P.R. n. 633. Tuttavia,
a differenza   di   quest'ultima,   la  nuova disposizione non prevede piu' la
tolleranza di   un   decimo,   per cui anche una minima differenza tra imposta
accertata e    imposta    dichiarata    (oppure   tra credito risultante dalla
dichiarazione e   credito   risultante   dalla  rettifica) rende "infedele" la
dichiarazione e, di conseguenza, applicabile la sanzione.                     
        La scomparsa   del   limite  di inapplicabilita' della misura punitiva
(tendente ad avvicinare, per quanto possibile, la disciplina dell'IVA a quella
delle imposte   sui   redditi)   rende ininfluente il quesito se la differenza
d'imposta o   dell'eccedenza  detraibile, che concretizza il presupposto della
violazione in   esame,   debba   intendersi al lordo o al netto dei versamenti
periodici eseguiti   nel   corso  dell'anno e dell'eventuale credito dell'anno
precedente non    richiesto    a    rimborso.    Vengono cosi' meno i problemi
interpretativi legati   alle   suddette  questioni che, in passato, sono stati
spesso motivo di contenzioso.                                                 
        L'infedelta' della   dichiarazione   puo'  scaturire, per esempio, dal
recupero:                                                                     
- dell'imposta   relativa  a specifiche operazioni imponibili non dichiarate e
  precedentemente non documentate e/o non registrate;                         
- dell'imposta   relativa   ad   operazioni erroneamente ritenute esenti o non
  imponibili;                                                                 
- della   maggiore   imposta dovuta, in relazione a specifiche operazioni, per
  l'avvenuta applicazione di aliquota inferiore a quella pertinente;          
- della maggiore imposta risultante da accertamento induttivo;                
-  dell'imposta indebitamente detratta.                                       
        Ove si  verifichino, singolarmente o cumulativamente, una o piu' delle
fattispecie suddette  o di altre ipotizzabili, la base di commisurazione della
sanzione in esame sara' costituita, a seconda dei casi:                       
- dalla   differenza  tra l'imposta complessivamente accertata e quella minore
  indicata nella dichiarazione annuale;                                       
- dalla   differenza   tra  il credito risultante dalla dichiarazione e quello
  minore spettante;                                                           
- dalla   differenza tra il credito risultante dalla dichiarazione e l'imposta
  accertata a debito, operandosi nell'ipotesi la somma dei due elementi.      
        Come gia'   chiarito con la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998, per
effetto dell'art.    12,    comma    2,   del d.lgs. n. 472, tra le infrazioni
prodromiche all'evasione    (quali    l'omessa fatturazione e/o registrazione,
l'omesso rilascio   di   scontrini   o   ricevute) e la violazione di infedele
dichiarazione, nella   quale   si concreta l'evasione, viene ad instaurarsi un
rapporto del  tutto nuovo, che consente alla sanzione che dovrebbe infliggersi
per la   violazione   piu'   grave   (in  linea di massima, quella di infedele
dichiarazione), congruamente   aumentata  da un quarto al doppio, di assorbire
tutte le  sanzioni relative alle infrazioni ad essa collegate. Deve, pertanto,
ritenersi non   piu'   operante il cumulo materiale delle sanzioni anzicitate,
gia' ritenuto  legittimo anche dalla Cassazione (cfr. sentenza 20 giugno 1996,
n. 5716).                                                                     
        Da ultimo,   e' da tener presente che non puo' considerarsi realizzata
la violazione   di infedele dichiarazione (ma, ove ne ricorrano i presupposti,
quella di   omesso  versamento) quando la minore imposta o il maggiore credito
risultanti dalla   dichiarazione siano esclusiva conseguenza di un mero errore
materiale o   di  calcolo commesso dal contribuente. Al riguardo si rimanda ai
chiarimenti forniti con la circolare n. 114/E del 17 aprile 1997.             
1.5 Omessa  o incompleta presentazione della dichiarazione mensile di acquisti
    intracomunitari                                                           
        Il D.M.   16   febbraio   1993   prescrive all'art. 1 che gli enti non
commerciali e  i produttori agricoli esonerati che abbiano effettuato acquisti
intracomunitari per   importi   superiori a sedici milioni ovvero che, pur non
avendo superato   detto limite, abbiano optato per l'applicazione dell'imposta
sugli acquisti    intracomunitari,    devono    presentare  entro ciascun mese
un'apposita dichiarazione    (mod.    IVA    INTRA  12) relativa agli acquisti
registrati nel mese precedente, dalla quale devono risultare l'ammontare degli
acquisti, quello   dell'imposta dovuta e gli estremi del relativo attestato di
versamento.                                                                   
        In caso    di    omessa    presentazione    di tale dichiarazione o di
presentazione di   essa   con   indicazione dell'ammontare delle operazioni in
misura inferiore   al   vero,   e'  prevista l'applicazione della sanzione dal
centoventi al    duecentoquaranta    per  cento, commisurata, rispettivamente,
all'imposta o  alla maggiore imposta dovuta. In ogni caso la sanzione non puo'
essere inferiore a lire cinquecentomila.                                      
        Anche nella    suddetta    fattispecie,    pertanto,   la nuova misura
sanzionatoria risulta   notevolmente   ridimensionata  rispetto a quella (pena
pecuniaria da due a quattro volte) prevista dall'art. 54, comma 3, del D.L. n.
331 del 1993.                                                                 
1.6 Omessa presentazione  della dichiarazione per l'attribuzione della partita
    IVA in relazione ad acquisti intracomunitari                              
        L'art. 50,   comma  4, del D.L. n. 331 del 1993 prescrive che gli enti
non commerciali   che non abbiano optato per l'applicazione dell'imposta sugli
acquisti intracomunitari, sono tenuti a dichiarare preventivamente all'ufficio
competente nei   loro   confronti  l'effettuazione di acquisti intracomunitari
soggetti ad imposta (mod. IVA INTRA 13) e, al superamento del limite di sedici
milioni di   acquisti, a presentare la dichiarazione di cui all'art. 35, primo
comma, del D.P.R. n. 633 per l'attribuzione del numero della partita IVA.     
        Ove detta  dichiarazione non venga presentata, si rende applicabile la
sanzione da   lire cinquecentomila a lire quattromilioni, ai sensi del comma 3
dell'art. 5 in esame.                                                         
        E' questa una delle poche fattispecie in cui la nuova sanzione risulta
piu' alta   di  quella previgente (pena pecuniaria da lire duecentomila a lire
duemilioni stabilita   dall'art.   54, comma 5, del D.L. n. 331 del 1993), che
continuera' quindi ad essere applicabile per le violazioni commesse fino al 31
marzo 1998.                                                                   
1.7 Omessa    presentazione    della    dichiarazione  di inizio, variazione o
cessazione di attivita'                                                       
        Il comma   6   dell'art. 5 punisce con la sanzione da lire unmilione a
lire quattromilioni    chiunque,    essendovi  ovviamente obbligato, ometta di
presentare una   delle   dichiarazioni   di inizio, variazione o cessazione di
attivita', previste   nel  primo o terzo comma dell'art. 35 del D.P.R. n. 633,
nei termini  ivi stabiliti, oppure presenti tali dichiarazioni con indicazioni
incomplete o inesatte tali da non consentire l'individuazione del contribuente
o dei   luoghi   ove e' esercitata l'attivita' o in cui sono conservati libri,
registri, scritture e documenti.                                              
        La sanzione   in   questione   risulta meno elevata rispetto alla pena
pecuniaria da  lire unmilioneduecentomila a lire seimilioni prevista dall'art.
43, quinto   comma,   del   D.P.R. n. 633; inoltre la stessa va ridotta a lire
duecentomila (un  quinto del minimo) nel caso in cui l'obbligato provveda alla
regolarizzazione della    dichiarazione    presentata,    entro  trenta giorni
dall'invito dell'ufficio.                                                     
        Tale attenuante   specifica, prevista dall'ultimo periodo del comma 5,
non esclude  la possibilita' di regolarizzazione spontanea, senza pagamento di
sanzioni, entro  tre mesi dall'omissione o dalla presentazione con indicazioni
incomplete o   inesatte,   ai sensi dell'art. 13, comma 4, del  d.lgs. n. 472,
oppure entro   il   piu' ampio termine previsto dal comma 1, lettera b), dello
stesso art.   13,   con   il pagamento della sanzione, in questo caso, di lire
centosessantasettemila (pari ad un sesto del minimo).                         
1.8 Richiesta di rimborso in difformita' della dichiarazione                  
        Il comma 5 del piu' volte citato art. 5 introduce una nuova ipotesi di
infrazione giustificata   dal  fatto che la richiesta di rimborso dell'imposta
puo' essere    avanzata    direttamente   al concessionario della riscossione,
indipendentemente dalla   presentazione  della dichiarazione annuale, e quindi
anche in   caso   di   richiesta   in   tutto  o in parte non risultante dalla
dichiarazione stessa.                                                         
        E', pertanto, previsto che la richiesta di un rimborso non dovuto o in
misura eccedente    il    dovuto,    in quanto difforme dalle risultanze della
dichiarazione, rende   applicabile la sanzione da una a due volte la somma non
spettante.                                                                    
        Presupposto della violazione (di pericolo) non e' il conseguimento, ma
la semplice    richiesta    di    un    rimborso che non trova riscontro nella
dichiarazione, per cui la sanzione va irrogata anche se il rimborso stesso non
sia stato ottenuto.                                                           
        Un caso   particolare di applicazione della norma in esame si verifica
quando il   soggetto   obbligato omette di presentare la dichiarazione annuale
dopo aver  inoltrato richiesta di rimborso al concessionario. In tale ipotesi,
ferma restando   l'irrogazione della sanzione, la domanda di rimborso non puo'
aver seguito.                                                                 
2. VIOLAZIONI   DEGLI  OBBLIGHI RELATIVI ALLA DOCUMENTAZIONE, REGISTRAZIONE ED
   INDIVIDUAZIONE DELLE OPERAZIONI SOGGETTE ALL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO   
        L'art. 6  del d.lgs. n. 471 del 1997 reca la disciplina sanzionatoria,
profondamente innovativa  rispetto alla precedente, relativa alla inosservanza
degli obblighi    di    documentazione,   registrazione e individuazione delle
operazioni rientranti       nell'ambito       applicativo      dell'IVA, anche
intracomunitaria, ossia   di   tutta   quella  serie di adempimenti cosiddetti
strumentali o  prodromici posti a carico del contribuente al fine di pervenire
ad una corretta determinazione del debito d'imposta.                          
        Le disposizioni   contenute  in tale articolo sostituiscono, pertanto,
sia gli   articoli   41   e  42 del decreto IVA, sia le norme inerenti le piu'
significative violazioni  sulle ricevute fiscali, scontrini fiscali, documenti
di trasporto, contrassegni IVA e operazioni intracomunitarie.                 
        In particolare   le   ipotesi   di  violazione prese in considerazione
dell'art. 6 sono le seguenti:                                                 
- omessa  fatturazione o registrazione di operazioni imponibili (art. 6, comma
  1, che   sostituisce   gli  articoli 41, primo e quarto comma, e 42, primo e
  terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972);                                   
- omessa  annotazione di fatture relative ad acquisti intracomunitari (art. 6,
  commi 1   e 7, che sostituiscono l'art. 54, commi 1 e 2, del D.L. n. 331 del
  1993 convertito in legge n. 427 del 1993);                                  
- consegna   o   spedizione di prodotti sprovvisti di contrassegno o etichetta
  (art. 6,  comma 1,  che  sostituisce l'art. 73-bis, quarto comma, del D.P.R.
  n. 633);                                                                    
- omessa    fatturazione    o    registrazione  di operazioni non imponibili o
  esenti (art.    6,    comma   2, che sostituisce l'art. 41, secondo comma, e
  l'art. 47, n. 3, del D.P.R. n. 633);                                        
- mancata emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale (art. 6, comma 3,
  che sostituisce  l'art. 8, quarto comma, della legge 10 maggio 1976, n. 249,
  e l'art. 2, primo comma, della legge 26 gennaio 1983, n. 18);               
- mancata   emissione   del   documento   di   trasporto (art. 6, comma 3, che
  sostituisce l'art. 7, primo comma, del D.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627);      
- omessa   regolarizzazione  da parte del cessionario o committente in caso di
  mancato ricevimento  della fattura o di ricevimento della fattura irregolare
  (art. 6,   comma   8,  che  sostituisce  l'art. 41,  sesto comma, del D.P.R.
  n. 633);                                                                    
- illegittima   detrazione   dell'imposta   assolta  o dovuta sulle operazioni
  passive (art. 6, comma 6, che non trova riscontro specifico nella precedente
  normativa).                                                                 
2.1 Omessa fatturazione o registrazione di operazioni imponibili              
        Il comma 1 dell'art. 6 prende, anzitutto, in considerazione le ipotesi
di violazioni   degli   obblighi di fatturazione e registrazione (di fatture o
corrispettivi) relative     ad     operazioni    imponibili, gia' disciplinate
dall'art. 41,   primo e quarto comma, e dall'art. 42, primo e terzo comma, del
D.P.R. n.   633,   stabilendo   al   riguardo  che la mancata documentazione o
registrazione di   tali   operazioni   e'  punita "con sanzione amministrativa
compresa tra    il    cento    e   il duecento per cento dell'imposta relativa
all'imponibile non    correttamente    documentato    o   registrato nel corso
dell'esercizio". La  sanzione irrogata per ogni violazione non puo', comunque,
essere inferiore a lire unmilione, ai sensi del comma 4 dello stesso art. 6.  
        La violazione   di   cui   trattasi e' ugualmente realizzata quando la
fatturazione e/o  la registrazione di operazioni imponibili vengono effettuate
senza indicazione   d'imposta   o con indicazione d'imposta inferiore a quella
dovuta, essendo   l'esatta   esposizione dell'imposta requisito essenziale per
dare rilevanza   al   documento o alla registrazione. Pertanto, la sanzione va
applicata anche    nell'ipotesi    di    fatturazione  e/o registrazione di un
corrispettivo esatto   ma   con   applicazione  di aliquota inferiore a quella
prevista dalla legge.                                                         
        Da notare   che   la   citata   misura dal cento al duecento per cento
dell'imposta e'   quella   risultante   dall'art.  6, comma 1, come sostituito
dall'art.1, comma   1,   lettera   b),   del  d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203. La
precedente formulazione   della   norma   di   cui   al d.lgs. n. 471 del 1997
prevedeva, invece, che le infrazioni della specie fossero da assoggettare alla
sanzione compresa   tra   il dieci e il quindici per cento dell'imponibile non
documentato o non registrato.                                                 
        Sorge, quindi,   il   problema   di  stabilire il periodo temporale di
operativita' delle due norme.                                                 
        Al riguardo  si fa presente che l'art. 5 del citato decreto n. 203 del
1998 dispone che le disposizioni integrative e correttive in esso contenute si
applicano a decorrere dal 1 aprile 1998 (data di entrata in vigore del d.lgs. 
n. 471)   tranne   quelle  che introducono nuovi illeciti ovvero modificano il
trattamento sanzionatorio (degli illeciti gia' previsti) in senso peggiorativo
per il contribuente.                                                          
        Pertanto, mentre e' chiaro che le violazioni commesse a partire dal 16
luglio 1998   devono   essere punite con la sanzione dal cento al duecento per
cento dell'imposta, per quelle commesse dal 1 aprile al 15 luglio 1998, tra le
due sanzioni   succedutesi   nel tempo (quella prevista dal d.lgs. n. 471 e la
successiva introdotta dal d.lgs. n. 203) dovra' essere applicata quella che in
concreto risultera' piu' favorevole al trasgressore.                          
        E' evidente,   poi,  che per le infrazioni commesse anteriormente al 1
aprile 1998,   ai   fini dell'applicazione del principio del favor rei, le due
misure anzidette  dovranno essere entrambe tenute presenti per poter applicare
quella in concreto piu' favorevole all'interessato.                           
        Il comma  1 dell'art. 6 in parola si riferisce, come si e' detto, agli
obblighi di   documentazione   e  registrazione di operazioni imponibili. Tali
adempimenti, per   un   verso,   vanno   considerati in maniera distinta e, se
richiesti per  la medesima operazione, devono quindi essere entrambi osservati
per non   incorrere  nel compimento dell'infrazione. Di talche' la sanzione si
rende applicabile in presenza di fattura regolarmente emessa ma non registrata
nei termini,  nei prescritti registri. Per altro verso, i due obblighi (sempre
che siano entrambi richiesti per la stessa operazione) sono legati da un nesso
di pregiudizialita'-dipendenza, per cui l'inosservanza dell'uno (fatturazione)
rende impossibile   l'osservanza  dell'altro (registrazione). Ne consegue che,
nel caso   di   omesso  rilascio del documento e della conseguente sua mancata
registrazione, la    sanzione    si    applica   una sola volta, come previsto
espressamente dal comma 5 dell'art. 6.                                        
        L'infrazione di  omissione si perfeziona anche con il mancato rispetto
dei termini previsti per la fatturazione e/o registrazione, termini che devono
ritenersi essenziali.   Pertanto,  l'adempimento tardivo, ancorche' spontaneo,
configura ugualmente   l'illecito in questione, ferma restando la possibilita'
di ravvedimento ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997.             
        Parificabile all'omessa   documentazione   e'  da considerare, poi, la
falsa indicazione   in fattura della data di emissione che, avendo lo scopo di
riportare nei  termini l'operazione, costituisce una modalita' esecutiva dello
specifico illecito.                                                           
        E', inoltre,    importante    far  presente che l'individuazione delle
operazioni occultate non costituisce presupposto necessario perche' si intenda
realizzata la  violazione. La stessa, pertanto, sussiste anche nell'ipotesi di
maggiore volume d'affari ricostruito induttivamente o nel caso di operativita'
della presunzione   legale   di cui all'art. 1 del D.P.R. 10 novembre 1997, n.
441.                                                                          
        Ancora, va   evidenziato   che   la   sanzione di cui si discute torna
applicabile, tra l'altro, anche nei seguenti casi:                            
- omesso rilascio di fattura nonostante la richiesta della controparte, per le
  operazioni indicate   nell'art.   22,  primo comma, del D.P.R. n. 633. Detta
  norma, infatti,   rende obbligatoria l'emissione del documento, se richiesto
  contestualmente all'effettuazione dell'operazione;                          
- mancata   emissione   del  documento rettificativo di cui all'art. 26, primo
  comma, del D.P.R. n. 633, in caso di variazione in aumento dell'imponibile o
  dell'imposta;                                                               
- mancata   osservanza dei termini previsti per la fatturazione differita, pur
  risultando emesso il documento di trasporto;                                
- effettuazione   di  fatturazione differita nei previsti termini, in mancanza
  del documento   di  trasporto dal quale risulti la consegna o spedizione dei
  beni;                                                                       
- mancata autofatturazione per autoconsumo;                                   
- mancata   emissione   della  fattura per acquisti da non residenti (art. 17,
  terzo comma,   D.P.R.  n. 633) o da agricoltori esonerati (art. 34, comma 6,
  stesso decreto)   o   da   agenzie  di viaggio (art. 74-ter, comma 8, stesso
  decreto).                                                                   
        A proposito    dell'obbligo    di  fatturazione relativo agli acquisti
effettuati da   non  residenti o da agricoltori esonerati, e' da ricordare che
l'art. 41,   quinto comma, del decreto IVA prevedeva l'applicazione della sola
pena pecuniaria    di    carattere    residuale    da lire trecentomila a lire
unmilioneduecentomila se le violazioni di tale obbligo non avessero dato luogo
a variazioni   nelle   risultanze   delle liquidazioni periodiche o in sede di
dichiarazione annuale.   Poiche'   tale previsione non e' stata riproposta, le
infrazioni della   specie commesse dopo il 1 aprile 1998 sono da assoggettare,
comunque, alla    misura    proporzionale    dal   cento al duecento per cento
dell'imposta relativa   ai corrispettivi non documentati. La previsione di cui
all'art. 41,   quinto comma, e' applicabile invece, in quanto piu' favorevole,
alle violazioni commesse fino al 31 marzo 1998.                               
Per finire   e'   necessaria   un'ultima  importante precisazione sul rapporto
intercorrente tra   l'art. 6, comma 1, in parola e l'art. 12 del d.lgs. n. 472
che disciplina   il concorso di violazioni e la continuazione. In particolare,
il comma   2   del   citato  art. 12 dispone che e' punito con la sanzione che
dovrebbe infliggersi   per la violazione piu' grave, aumentata da un quarto al
doppio, chi,  anche in tempi diversi, commette piu' violazioni che, nella loro
progressione, pregiudicano    o    tendono    a pregiudicare la determinazione
dell'imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo. Orbene, la
norma appena   citata   puo'  trovare applicazione nei casi di ripetute omesse
fatturazioni e/o   registrazioni   commesse dallo stesso soggetto sia quando a
tali violazioni   non   faccia   seguito  l'infedele dichiarazione (ipotesi di
progressione che   tende a pregiudicare la determinazione dell'imponibile) sia
quando alla    mancata    fatturazione    e/o   registrazione segua l'infedele
dichiarazione (progressione che pregiudica la determinazione dell'imponibile).
Tutto cio'   purche'   la  progressione non sia interrotta dalla constatazione
della violazione, secondo quanto stabilito dal comma 6 dell'art. 12.          
2.2 Omessa    annotazione    di   fatture relative ad acquisti intracomunitari
imponibili                                                                    
        Tra le   violazioni   cui  si applica la sanzione prevista dal comma 1
dell'art. 6   e'   da  ricomprendere anche l'omessa o inesatta annotazione nei
prescritti registri    degli    acquisti    intracomunitari  di beni e servizi
imponibili, in   precedenza  punita dall'art. 54, comma 1, del D.L. n. 331 del
1993 con   la pena pecuniaria da due a quattro volte l'imposta o la differenza
d'imposta relativa alle operazioni non annotate.                              
        Anche per   le   infrazioni   in  parola vale quanto gia' osservato al
precedente punto  2.1 in ordine alla misura minima della sanzione stabilita in
lire un   milione per ogni violazione, all'applicabilita' della sanzione nelle
ipotesi di   annotazione   eseguite con indicazioni inesatte tali da importare
un'imposta inferiore, ai criteri di operativita' dell'istituto del concorso in
caso di ripetute violazioni.                                                  
        Con il   comma   7 dell'art. 6, viene riproposta la disposizione, gia'
prevista nella   precedente  normativa, secondo cui condizione imprescindibile
perche' un   acquisto intracomunitario possa essere considerato non imponibile
e' che   il cessionario o committente nazionale comunichi il proprio numero di
partita IVA   (come  integrato agli effetti delle operazioni intracomunitarie)
all'altra parte  contraente. In difetto di tale comunicazione, la sanzione dal
cento al    duecento    per    cento dell'imposta nei confronti dell'operatore
nazionale si   applica anche se l'operazione sia stata assoggettata ad imposta
in altro Stato membro.                                                        
        Si rappresenta   infine   che la violazione di cui trattasi, oltre che
dalla mancata o irregolare annotazione nei registri previsti dagli articoli 23
e 24   del  D.P.R. n. 633, puo' dipendere da omesse o inesatte annotazioni nel
registro di  cui all'art. 47, comma 3, del D.L. n. 331 del 1993 da parte degli
enti non commerciali e degli agricoltori esonerati.                           
        2.3 Consegna   o   spedizione di prodotti sprovvisti di contrassegno o
etichetta                                                                     
        Il comma   1 dell'art. 6 non si limita a prendere in considerazione le
violazioni degli   obblighi   relativi  alla documentazione o registrazione di
operazioni imponibili,   ma   prevede l'applicazione della stessa sanzione dal
cento al   duecento   per   cento dell'imposta anche a carico di chi viola gli
obblighi inerenti "all'individuazione di prodotti determinati".               
        Tale disposizione,  com'e' evidente, sostituisce l'art. 73-bis, quarto
comma, del D.P.R. n. 633, che prevedeva la comminazione di una pena pecuniaria
da due   a   quattro volte l'imposta relativa all'operazione nei confronti dei
produttori o    importatori    ovvero    degli  acquirenti intracomunitari che
consegnano o   spediscono,   anche  a titolo non traslativo ma per la vendita,
taluni prodotti   (appartenenti  alle categorie indicate nel primo comma dello
stesso art.    73-bis)    sprovvisti    di contrassegno o etichetta ovvero con
contrassegno o   etichetta   privi   del   numero di partita IVA o dei dati di
identificazione del    prodotto    o    del   numero progressivo o con la loro
indicazione incompleta o inesatta.                                            
        Ove compiano  tali inadempienze i soggetti suindicati sono ora puniti,
come si   e'   detto,  con la sanzione compresa tra il cento e il duecento per
cento dell'imposta  ma, in ogni caso, non inferiore a lire un milione per ogni
violazione.                                                                   
        Da notare,  poi, che il citato art. 73-bis, quarto comma, prevedeva la
riduzione a   un  quarto della pena pecuniaria se per la cessione dei prodotti
sprovvisti dei  dati identificativi risultasse emessa la fattura. Poiche' tale
disposizione non   e' stata riproposta, la stessa non puo' piu' operare per le
violazioni commesse dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 471 del 1997.      
2.4 Omessa  fatturazione o registrazione di operazioni non imponibili o esenti
        Com'e' noto,   l'art.   21,   sesto   comma,  del D.P.R. n. 633 impone
l'obbligo di   emettere   la  fattura anche per le cessioni relative a beni in
transito o  depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale, non imponibili
a norma   dell'art.   7,   secondo comma, dello stesso decreto, nonche' per le
operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis, 9 (e di quelli che ad
essi rinviano)  e 38-quater del medesimo decreto e per le operazioni esenti di
cui all'art. 10 dello stesso decreto, tranne quelle indicate al n. 6. Inoltre,
l'obbligo in   parola e' previsto anche dall'art. 46, comma 2, del D.L. n. 331
del 1993   per   le  cessioni e prestazioni intracomunitarie ivi indicate, non
soggette all'imposta,  nonche' dall'art. 42 dello stesso decreto-legge per gli
acquisti intracomunitari non imponibili o esenti.                             
        In tutti   i   casi   suddetti,  la fattura, in luogo dell'indicazione
dell'ammontare dell'imposta,   deve   recare   l'annotazione  che si tratta di
operazione non  imponibile, esente o non soggetta, con la specificazione della
relativa norma.                                                               
        L'art. 41,   secondo   comma,   del   D.P.R. n. 633 puniva con la pena
pecuniaria da    lire    trecentomila    a lire unmilioneduecentomila l'omessa
fatturazione di   operazioni  non imponibili, esenti o non soggette, ovvero la
fatturazione delle  stesse con indicazioni di corrispettivi inferiori a quelli
reali. L'omessa registrazione delle operazioni medesime, poi, era punita dalla
misura di carattere residuale di cui all'art. 47, n. 3), dello stesso decreto,
in assenza   di  riferimenti espliciti in altre disposizioni sanzionatorie. Le
suddette penalita'   erano   ovviamente   ragguagliate  al numero di documenti
omessi, irregolari o non registrati, salva la possibile applicazione dell'art.
8 della legge 7 gennaio 1929, n. 4.                                           
        Oggi l'art.  6, comma 2, del d.lgs. n. 471, invece, colpisce chi viola
gli obblighi   inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni
non imponibili,  esenti o non soggette, con l'unica sanzione compresa tra il 5
e il   10   per cento dei corrispettivi non documentati o non registrati e, in
ogni caso, non inferiore a lire un milione per singola violazione.            
        La previsione   di   una   sanzione  proporzionale, in luogo di quella
precedente stabilita   in   misura  fissa, si spiega con la circostanza che le
infrazioni  in  parola,  in  qualche  caso  rilevanti  anche  ai fini IVA (es.
incidenza delle    operazioni    esenti    sul  calcolo del pro-rata), possono
soprattutto agevolare    evasioni    in    altri    settori tributari. Occorre
considerare, peraltro,   che  quando la violazione non rileva ne' agli effetti
dell'IVA ne'   ai   fini   della determinazione del reddito, e' dovuta solo la
sanzione da lire cinquecentomila a lire quattro milioni.                      
        Per quanto   concerne   le operazioni esenti da imposta (tranne quelle
indicate ai numeri 11, 18 e 19 dell'art. 10) sembra opportuno ricordare che il
contribuente puo'    essere    dispensato    dall'obbligo    di fatturazione e
registrazione, ai sensi dell'art. 36-bis del decreto IVA, previa comunicazione
all'ufficio, fermo   restando,   tuttavia,  l'obbligo di rilasciare la fattura
quando essa sia richiesta dal cliente.                                        
        In merito,   poi, alla operativita' dell'art. 12 del d.lgs. n. 472 del
1997 per le violazioni in esame,  si fa presente che puo' trovare applicazione
il comma   1 di tale articolo (concorso) se l'omessa fatturazione non ha avuto
conseguenze  sulla determinazione dell'imposta ai fini IVA o di altri tributi.
In caso  contrario, puo' rendersi applicabile l'istituto della progressione di
cui al successivo comma 2.                                                    
2.5 Mancata emissione della ricevuta o scontrino fiscale                      
        L'art. 8,  quarto comma, della legge 10 maggio 1976, n. 249, prevedeva
l'applicazione di    una    pena    pecuniaria da lire quattrocentomila a lire
unmilioneottocentomila in   caso di mancata emissione della ricevuta fiscale o
di emissione    della    stessa    con    indicazione  (quando prescritta) del
corrispettivo in   misura   inferiore a quello reale. La pena era ridotta a un
quarto se la ricevuta, pur emessa, non fosse stata consegnata al destinatario.
        Identica disposizione   (a   parte la non configurabile ipotesi di non
indicazione del   corrispettivo)   era  recata dall'art. 2, primo comma, della
legge 26 gennaio 1983, n. 18, in materia di scontrini fiscali.                
        Le pene pecuniarie suddette erano ovviamente applicate in relazione al
numero dei documenti non emessi o irregolarmente emessi e tale criterio poteva
comportare (es.   imprenditore   commerciale che effettua numerose cessioni di
beni di   modesto   valore   unitario) l'irrogazione di penalita' di ammontare
sproporzionato rispetto   alla effettiva pericolosita' o rilevanza (in termini
di evasione) della condotta illecita.                                         
        E' pur    vero    che,    in   materia, erano operanti i meccanismi di
attenuazione del   cumulo   materiale delle sanzioni, previsti per le ricevute
dall'art. 6   del D.L. n. 697 del 1982, convertito in legge n. 887 del 1982, e
per lo   scontrino   dall'art.   8   della legge n. 4 del 1929. Tuttavia, tali
disposizioni agevolative    non    sempre potevano rimediare all'inconveniente
suddetto, sia   perche'   l'applicazione   delle  stesse non era automatica ma
subordinata alla   sussistenza  di determinati presupposti, sia perche' spesso
l'ammontare delle     sanzioni,     pur    ridimensionato, rimaneva ugualmente
esorbitante.                                                                  
        Completamente diverso   e'   il nuovo regime sanzionatorio relativo ai
documenti suddetti,  quale risulta dal combinato disposto degli articoli 6 del
d.lgs. n. 471 e 12 del d.lgs. n. 472.                                         
        Dispone, infatti,   il comma 3 del citato art. 6, nel testo introdotto
dal d.lgs.    n.    203    del   1998, che quando le violazioni (inerenti alla
documentazione delle    operazioni)    consistono   nella mancata emissione di
ricevute o   scontrini   fiscali,  ovvero nell'emissione di tali documenti per
importi inferiori   a   quelli   reali, la sanzione e' pari al cento per cento
dell'imposta corrispondente    all'importo    non    documentato. Ai sensi del
successivo comma  4, la sanzione non puo' essere applicata in misura inferiore
a lire   un   milione   per   singola infrazione. La medesima sanzione, con il
rispetto dello   stesso   minimo,  si applica in caso di omesse annotazioni su
apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione, in caso di
mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali.       
        Poiche' l'originaria   formulazione del comma 3 in parola prevedeva in
materia una  sanzione pari al quindici per cento dell'importo non documentato,
per le violazioni commesse fino al 15 luglio 1998, fra le due misure (quindici
per cento dell'imponibile o cento per cento dell'imposta) tornera' applicabile
quella in concreto piu' favorevole al trasgressore.                           
        Va, peraltro,   evidenziato che la previsione di un importo minimo per
ogni singola violazione commessa non puo' piu' comportare, come in passato, la
quantificazione delle sanzioni in misura abnorme, soccorrendo in proposito, in
caso di   piu'   violazioni, i ben piu' incisivi istituti del concorso o della
progressione, previsti   dall'art.  12 del d.lgs. n. 472, secondo le modalita'
gia' chiarite in precedenza (vedi punto 2.1).                                 
        Da notare,   poi,   che il citato comma 3 dell'art. 6 non prevede piu'
alcuna sanzione  (sia pure di ammontare ridotto) per la mancata consegna della
ricevuta o   scontrino al cliente. Tale comportamento, pertanto, non puo' piu'
essere punito,   anche   se,   com'e' ovvio, permane il diritto del cliente di
pretendere che  il documento gli sia rilasciato, per non correre il rischio di
essere sanzionato a sua volta.                                                
2.6 Mancata emissione del documento di trasporto                              
        Il comma   3   dell'art.   6 prende in considerazione anche la mancata
emissione dei documenti di trasporto, prevedendo per tale violazione la stessa
sanzione stabilita in materia di ricevute e scontrini fiscali (cento per cento
dell'imposta corrispondente all'importo non documentato).                     
        Al riguardo    e'    opportuno    chiarire  subito che, con il termine
"documenti di   trasporto",   il   citato   comma 3 non ha inteso riferirsi al
documento disciplinato     dall'art.    1, comma 3, del D.P.R. 14 agosto 1996,
n. 472,   la   cui   emissione,  com'e' noto, non costituisce un obbligo ma un
semplice onere che il contribuente e' tenuto ad osservare qualora egli intenda
avvalersi del  meccanismo della fatturazione differita, previsto dall'art. 21,
quarto comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972.                    
        Il documento   in   parola,  inoltre, puo' essere emesso allo scopo di
superare le   presunzioni stabilite dal D.P.R. n. 441 del 1997 e, pero', anche
in tale   evenienza   il  soggetto interessato non adempie ad un obbligo ma si
assume un   onere.   Ancora,   va ricordato che, secondo la circolare n. 249/E
dell'11 ottobre   1996,   il   documento in questione non deve necessariamente
scortare le  merci trasportate, potendo invece essere spedito al destinatario,
entro il   giorno in cui e' iniziata la movimentazione dei beni, anche tramite
servizio postale.                                                             
        Escluso per   i  suddetti motivi che la previsione normativa di cui al
comma 3   dell'art. 6 possa riguardare il piu' volte citato documento, risulta
evidente che  la stessa si riferisce al "documento di accompagnamento dei beni
viaggianti" (c.d.   bolla di accompagnamento) di cui al D.P.R. 6 ottobre 1978,
n. 627,   limitatamente, com'e' ovvio, a quelle ipotesi residuali per le quali
e' rimasto   l'obbligo di emissione dopo il 27 settembre 1996, data di entrata
in vigore   del   D.P.R.   n. 472 del 1996, escluse, peraltro, quelle tra esse
soggette alla   specifica   sanzione  di cui all'art. 49 del D.P.R. 26 ottobre
1995, n. 504.                                                                 
        Con specifico     riferimento     alle     suddette  ipotesi residuali
(circolazione di   tabacchi   lavorati e fiammiferi), la mancata emissione del
documento accompagnatorio   da   parte  del mittente o l'emissione di esso per
importo inferiore   a  quello reale (gia' sanzionata con la pena pecuniaria da
lire quattro   milioni   a   lire dodici milioni dall'art. 7, primo comma, del
D.P.R. n.   627   del 1978) e' ora punita, come gia' anticipato, con la misura
proporzionale del  cento per cento dell'imposta corrispondente all'importo non
documentato.                                                                  
        Anche la   sanzione di cui trattasi non puo' essere irrogata in misura
inferiore a   lire   unmilione   per   singola   violazione e, in caso di piu'
violazioni,  la   stessa  va  determinata applicando pure l'art. 12 del d.lgs.
n. 472, secondo le modalita' piu' volte illustrate in precedenza.             
        Si fa   presente,   infine,   che  rimane ferma la sanzione (gia' pena
pecuniaria) da lire centomila a lire trecentosessantamila prevista dall'art.7,
terzo comma,   del   D.P.R.   n.   627/1978 (non espressamente ne' tacitamente
abrogato dalla   nuova   normativa)   a carico del conducente del veicolo che,
durante l'esecuzione   del  trasporto dei beni suindicati, non sia in grado di
esibire gli esemplari del documento che devono scortare le merci o li esibisca
privi di   sottoscrizione. Va osservato, infatti, che tale violazione non puo'
essere ricondotta in alcuna della fattispecie sanzionate dal d.lgs. n. 471.   
        Limitatamente ai    casi    in    cui permane l'obbligo di emettere il
documento accompagnatorio   delle   merci   e  con riferimento alle violazioni
commesse anteriormente   al 1 aprile 1998,  si rendera' ovviamente applicabile
la disposizione  sanzionatoria piu' favorevole, ai sensi dell'art. 3, comma 3,
del d.lgs. n. 472 del 1997.                                                   
        Per le   restanti ipotesi in cui tale obbligo e' venuto meno, in forza
del cennato principio del favor rei, gli uffici provvederanno:                
- ad   archiviare  i processi verbali per i quali non e' stato ancora emesso o
  notificato il provvedimento sanzionatorio;                                  
- ad   annullare   i   provvedimenti sanzionatori notificati per i quali, al 1
  aprile 1998, non siano scaduti i termini per l'impugnazione;                
- a comunicare la sopravvenuta inapplicabilita' della sanzione alle competenti
  commissioni tributarie ove siano ancora pendenti le controversie.           
        Ovviamente, restano   ferme   le   sanzioni irrogate con provvedimento
divenuto definitivo alla suddetta data del 1 aprile 1998.                     
2.7 Omessa regolarizzazione da parte del cessionario o committente            
        Con disposizione analoga a quella contenuta nell'art. 41, sesto comma,
del D.P.R.   n.   633,   il  comma 8 dell'art. 6 prevede l'applicazione di una
autonoma sanzione (ferma restando la responsabilita' del cedente o prestatore)
nei confronti   del  cessionario o committente che, nell'esercizio di imprese,
arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa
fattura nei    termini    previsti    dalla   legge o con emissione di fattura
irregolare.                                                                   
        La violazione  di cui trattasi, peraltro, non si realizza nello stesso
istante in   cui  si perfeziona quella del cedente o prestatore ma nel momento
successivo in   cui siano inutilmente scaduti i termini prescritti dalla legge
perche' il    cessionario    o    committente (operatore economico) provveda a
regolarizzare l'operazione.                                                   
        Piu' precisamente   il   citato comma 8 stabilisce che, per evitare di
essere sanzionato, il soggetto che acquista beni o servizi deve:              
- se non ha ricevuto la fattura entro quattro mesi dalla data di effettuazione
  dell'operazione, presentare    all'ufficio    competente nei suoi confronti,
  previo pagamento   dell'imposta,   entro il trentesimo giorno successivo, un
  documento in   duplice   esemplare  dal quale risultino tutte le indicazioni
  prescritte dall'art. 21 del decreto IVA, relativo alla fatturazione;        
- se  ha ricevuto una fattura irregolare (intendendosi per tale quella recante
  un'imponibile oppure  un'imposta inferiore), presentare allo stesso ufficio,
  entro il   trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione, un
  documento integrativo  in duplice esemplare recante le indicazioni medesime,
  previo versamento della maggiore imposta eventualmente dovuta.              
        Osservati i   suddetti   adempimenti,  un esemplare del documento, con
l'attestazione dell'eseguita   regolarizzazione, viene restituito dall'ufficio
al contribuente, che e' tenuto ad annotarlo sul registro degli acquisti.      
        L'omessa regolarizzazione   nei   prescritti termini rende, invece, il
cessionario o  committente autore dell'illecito, in via del tutto indipendente
rispetto alla  controparte, con la conseguenza che nei suoi confronti si rende
applicabile la   sanzione   stabilita  dal citato comma 8 dell'art. 6, pari al
cento per   cento   dell'imposta,   con  un minimo di lire cinquecentomila per
singola violazione.                                                           
        Poiche' l'originaria formulazione del comma 8 prevedeva in materia una
sanzione pari   al   quindici   per cento del corrispettivo, per le violazioni
commesse fino   al   15 luglio 1998, tra le due misure (quindici per cento del
corrispettivo o   cento per cento dell'imposta) tornera' applicabile quella in
concreto piu' favorevole al trasgressore.                                     
        L'infrazione in   esame deve intendersi realizzata anche se la mancata
regolarizzazione riguardi   operazioni  non imponibili o esenti (nel qual caso
l'adempimento del   cessionario  consistera' semplicemente nella presentazione
del documento   in   duplice copia all'ufficio) e nell'ipotesi di operativita'
della  presunzione   legale   di  cui  all'art. 3 del D.P.R. 10 novembre 1997,
n. 441.                                                                       
        Da notare,   infine,  che la nuova normativa non prevede, nei suddetti
casi di   omessa   regolarizzazione, il recupero dell'imposta nei riguardi del
cessionario, diversamente  da quanto stabiliva il citato art. 41, sesto comma,
del decreto IVA. Tuttavia, per le violazioni commesse sotto il vigore di detta
norma permane   a  carico del cessionario l'obbligo del pagamento del tributo,
non potendo   trovare  applicazione nei confronti di quest'ultimo il principio
del favor   rei.   Tale principio si rendera' invece applicabile limitatamente
alle misure sanzionatorie.                                                    
2.8 Illegittima detrazione dell'imposta addebitata sulle operazioni passive.  
        Il comma    6    dell'art.    6    disciplina l'ipotesi di illegittima
computazione in    detrazione    dell'IVA   assolta, dovuta o addebitata sulle
operazioni passive, prevedendo in tal caso l'applicazione di una sanzione pari
all'ammontare della detrazione illegalmente operata.                          
        Nella previgente    normativa    tale    violazione   non era presa in
considerazione autonomamente   e,  pertanto, si riteneva compresa in quella di
infedele dichiarazione.    L'illegittima    detrazione   effettuata in sede di
liquidazione periodica   poteva, invece, essere punita solo con la sanzione di
carattere residuale   prevista    dall'art.   47, n. 3), del D.P.R. n 633, non
essendo configurabile   l'omesso   versamento  di cui all'art. 44 dello stesso
decreto, se non nei casi in cui l'irregolare detrazione fosse dipesa da errori
materiali o di calcolo.                                                       
        L'efficacia deterrente della specifica previsione contenuta nel citato
comma 6 si manifestera' soprattutto in corso d'anno, contrastando essa, com'e'
evidente, comportamenti    tesi    quanto    meno    a  ritardare il pagamento
dell'imposta.                                                                 
        Qualora, poi,    la    illegittima   detrazione operata durante l'anno
determini l'infedele   dichiarazione,   potra'  tornare applicabile l'istituto
della progressione di cui all'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472.            
3. VIOLAZIONI RELATIVE ALLE ESPORTAZIONI                                      
        I ripetuti    interventi    normativi    nello specifico settore delle
esportazioni hanno sempre cercato di mediare tra due fondamentali esigenze: da
un lato,   quella   di   agevolare gli operatori che vendono i propri prodotti
all'estero e,   dall'altro,  quella di evitare che le disposizioni agevolative
possano tradursi in un veicolo per facilitare l'evasione d'imposta.           
        Le nuove  disposizioni sanzionatorie in materia, contenute nell'art. 7
del d.lgs. n. 471 del 1997 privilegiano la prima delle due anzidette esigenze,
in quanto   attenuano  in maniera sensibile la misura delle sanzioni, le quali
peraltro, come si vedra', rimangono rapportate all'ammontare dell'imposta.    
        Le ipotesi   di   violazione   contemplate   dal citato art. 7 sono le
seguenti:                                                                     
- mancato   trasporto   o spedizione dei beni fuori del territorio dell'Unione
  europea (art.   7,   comma 1, che sostituisce l'art. 46, primo  comma, primo
  periodo, del D.P.R. n. 633);                                                
- mancata    regolarizzazione    delle    cessioni a viaggiatori domiciliati o
  residenti fuori   della  Comunita' europea (art. 7, comma 2, che sostituisce
  l'art. 46, primo comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633);                
- effettuazione   di   operazioni   senza addebito d'imposta in mancanza della
  dichiarazione d'intento   (art.  7, comma 3, che sostituisce l'art. 2, primo
  comma, del D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, convertito nella legge 27 febbraio
  1984, n. 17);                                                               
- acquisto   o  importazione di beni e servizi senza pagamento dell'imposta in
- mancanza   dei   presupposti   previsti (art. 7, comma 4, primo periodo, che
  sostituisce gli   articoli   46,   terzo comma, primo periodo, e 70, secondo
  comma, del D.P.R. n. 633);                                                  
- mancata  esportazione di beni acquistati senza addebito d'imposta nelle c.d.
  operazioni triangolari   (art.  7, comma 4, secondo periodo, che sostituisce
- l'art. 46, terzo comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633);                
- dichiarazione   in  dogana di quantita', qualita' o corrispettivi diversi da
  quelli reali  (art. 7, comma 5, che sostituisce l'art. 46, ultimo comma, del
  D.P.R. n. 633).                                                             
3.1 Mancato   trasporto o spedizione dei beni fuori del territorio dell'Unione
    europea                                                                   
        L'art. 8,    primo    comma,    lett.  b), del D.P.R. n. 633 considera
operazioni non   imponibili   le  cessioni eseguite con trasporto o spedizione
fuori del   territorio della Comunita' economica europea, entro novanta giorni
dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto.         
        Il beneficio   della non imponibilita' (che, peraltro, non riguarda la
cessione di  beni destinati a dotazione o provvista di bordo di imbarcazioni o
navi da   diporto,   di   aeromobili  da turismo o di qualsiasi altro mezzo di
trasporto ad   uso   privato o dei beni da trasportarsi nei bagagli personali)
viene meno   se   il   termine anzidetto non viene rispettato. In tal caso, il
cedente e'    punito    con    la    sanzione dal cinquanta al cento per cento
dell'imposta, ai   sensi   del   comma   1 dell'art. 7 in esame. Tale sanzione
sostituisce la   pena   pecuniaria da due a quattro volte l'imposta, stabilita
dall'art. 46, primo comma, del D.P.R. n. 633.                                 
        Lo stesso   cedente,   ove   non   sia  in grado di provare l'avvenuto
trasporto o spedizione, e' altresi' soggetto al pagamento dell'imposta.       
        Il cedente ha comunque la possibilita' di evitare l'applicazione della
sanzione se,   entro  i trenta giorni successivi al termine dei novanta giorni
prima  indicato,  regolarizza la fattura ed esegue il versamento dell'imposta.
Da notare   che,   ai   fini  della regolarizzazione, non e' piu' richiesta la
maggiorazione del   dieci   per   cento di cui all'art. 46, secondo comma, del
D.P.R. n. 633.                                                                
        Resta, in    ogni    caso,   ferma la possibilita' di regolarizzazione
spontanea, con   riduzione   della   sanzione  a un sesto del minimo, ai sensi
dell'art. 13, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 472.                           
3.2 Mancata   regolarizzazione   delle   cessioni  a viaggiatori domiciliati o
    residenti fuori della Comunita' europea                                   
        L'art. 38-quater,   primo comma, del D.P.R. n. 633 dispone che possono
essere effettuate    senza    pagamento    dell'imposta le cessioni a soggetti
domiciliati o    residenti    fuori    della  Comunita' europea di beni per un
complessivo importo,   comprensivo   dell'IVA,  superiore a lire trecentomila,
destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali
fuori del territorio doganale della Comunita' medesima.                       
        Il beneficio   in  questione e', peraltro, subordinato alla condizione
che sia    emessa    fattura    recante  anche l'indicazione degli estremi del
passaporto del   cessionario   e   che   i  beni siano trasportati fuori della
Comunita' entro    il    terzo    mese    successivo a quello di effettuazione
dell'operazione. Inoltre,  l'esemplare della fattura consegnato al cessionario
deve essere   restituito   al cedente, vistato dall'ufficio doganale di uscita
dalla Comunita',    entro    il    quarto    mese successivo all'effettuazione
dell'operazione.                                                              
        Ove non   si  verifichino le condizioni suddette e, in particolare, in
caso di mancata restituzione dell'esemplare della fattura debitamente vistato,
il cedente   deve   procedere   alla  regolarizzazione dell'operazione a norma
dell'art. 26, primo comma, del D.P.R. n. 633, entro un mese dalla scadenza del
suddetto termine (cinque mesi dall'effettuazione dell'operazione).            
        L'omessa regolarizzazione nel termine previsto e' punita, ai sensi del
comma 2   dell'art.   7,   con   la  sanzione dal cinquanta al cento per cento
dell'imposta a carico del cedente, che rimane altresi' obbligato al versamento
dell'imposta.                                                                 
        Anche per   la   violazione  in esame e' consentita la possibilita' di
regolarizzazione ai sensi dell'art. 13, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 472. 
3.3 Effettuazione   di   operazioni   senza  addebito d'imposta in mancanza di
    dichiarazione d'intento                                                   
        Il comma  3 dell'art. 7 stabilisce che i cedenti, i loro commissionari
e i   prestatori   di servizi che effettuano le operazioni, senza il pagamento
dell'imposta, nei confronti di operatori nazionali, pur non avendo ricevuto la
dichiarazione (c.d. d'intento) dai cessionari o committenti prevista dall'art.
1, primo   comma,  lett. c), del citato D.L. n. 746 del 1983, sono soggetti al
pagamento della   sanzione   dal  cento al duecento per cento dell'imposta che
risulta non applicata, oltre a quello dell'imposta stessa.                    
        L'entita' della sanzione per le infrazioni del genere risulta, quindi,
notevolmente ridimensionata   rispetto alla pena pecuniaria da due a sei volte
l'imposta prevista dall'art. 2, primo comma, del D.L. n. 746 del 1983.        
        Da notare   che,   ferma   restando   la responsabilita' dei cedenti o
prestatori, la  violazione di cui trattasi ha dei riflessi anche nei confronti
dei cessionari  o committenti. Per questi ultimi, infatti, il mancato addebito
dell'IVA si   traduce nell'acquisto di beni o servizi con emissione di fattura
irregolare, punita   con la sanzione pari al cento per cento dell'imposta (con
un  minimo di lire cinquecentomila), prevista dall'art. 6, comma 8, del d.lgs.
n. 471,   sempreche'   non  si provveda alla regolarizzazione nei modi e tempi
previsti alla lettera b) dello stesso comma.                                  
        Vale, inoltre,   sia   per i cedenti che per i cessionari, quanto gia'
detto ai    precedenti    punti    3.1    e 3.2 in ordine alla possibilita' di
ravvedimento operoso ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 472.                 
3.4 Acquisto    o    importazione    senza pagamento d'imposta in mancanza dei
    presupposti previsti                                                      
        Il comma 4 dell'art. 7 prevede l'applicazione della sanzione dal cento
al duecento    per    cento    dell'imposta   a carico di chi, in mancanza dei
presupposti previsti   dalla   legge   (status  di operatore agevolato, ecc.),
dichiara all'altro   contraente o in dogana di volersi avvalere della facolta'
di acquistare   o   importare  beni e servizi senza pagamento dell'imposta, ai
sensi dell'art. 2, comma 2, della legge 18 febbraio 1997, n. 28.              
        La stessa   sanzione   si applica anche a chi si avvale della suddetta
facolta' oltre    il    limite    consentito dal proprio "plafond", costituito
dall'ammontare complessivo   delle   cessioni  e delle prestazioni di cui agli
articoli 8,   primo comma, lettere a) e b), 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633, delle
cessioni intracomunitarie   e   delle  prestazioni di servizi nei confronti di
soggetti passivi   di   altro   Stato membro, non soggette ad imposta, a norma
dell'art. 40,  comma 9, del D.L. n. 331 del 1993, registrate per l'anno solare
precedente (plafond annuale) o per i dodici mesi precedenti (plafond mensile).
        La misura anzidetta sostituisce la piu' gravosa pena pecuniaria da due
a sei  volte l'imposta, prevista dall'art. 46, terzo comma, del D.P.R. n. 633,
richiamato dall'art. 70, secondo comma, dello stesso decreto.                 
        I cessionari,   committenti   od   importatori,  che hanno commesso le
violazioni suddette,    oltre    che    la  sanzione sono anche tenuti, in via
esclusiva, a  norma del secondo periodo del comma 3, al pagamento dell'imposta
che avrebbe dovuto essere addebitata nei loro confronti.                      
        Va rilevato   che,   in relazione all'infrazione in esame, non e' piu'
operante la   circostanza   esimente  prevista dall'art. 48, quinto comma, del
D.P.R. n.   633   (tolleranza del dieci per cento in ordine al superamento del
"plafond"), espressamente abrogato dall'art. 16 del d.lgs. n. 471.            
        E', inoltre,    opportuno    evidenziare    che  nel nuovo ordinamento
sanzionatorio tributario, l'istituto del ravvedimento operoso ha trovato ormai
una sistemazione organica ed una disciplina unitaria per tutti i tributi.     
Pertanto, la   possibilita' di regolarizzazione spontanea secondo le modalita'
previste dal   combinato  disposto dei commi 1, lett. b), e 2 dell'art. 13 del
d.lgs. n.   472   del 1997 riguarda, tra l'altro, tutti i casi di utilizzo del
"plafond" oltre i limiti consentiti, comprese le ipotesi in cui il superamento
di detto limite sia avvenuto per effetto di un'operazione di importazione.    
3.5 Mancata   esportazione   dei  beni acquistati senza pagamento dell'imposta
    nelle c.d. operazioni triangolari                                         
        Secondo quanto   dispone   l'art. 8, secondo comma, del D.P.R. n. 633,
l'operatore che   abbia  un plafond costituito dall'ammontare delle cosiddette
"esportazioni triangolari", ne puo' usufruire:                                
- integralmente,  per gli acquisti di beni da esportare nello stato originario
  e nel termine di sei mesi dalla loro consegna (c.d. plafond vincolato);     
- nei   limiti della differenza corrispettivi-costi, per gli acquisti di altri
  beni e servizi attinenti alla sua attivita' agevolata.                      
        Orbene, se   vengono  superati i limiti di utilizzazione del plafond a
causa della    mancata    esportazione    da   parte del cessionario o del suo
commissionario dei beni acquistati per essere esportati nello stato originario
entro sei mesi, torna applicabile la sanzione dal cinquanta al cento per cento
dell'imposta relativa  alle operazioni effettuate. Tale sanzione, prevista dal
comma 4, secondo periodo, dell'art. 7, sostituisce la pena pecuniaria da due a
quattro volte stabilita dall'art. 46, terzo comma, secondo periodo, del D.P.R.
n. 633.                                                                       
        Nella stessa   ipotesi,  la sanzione non si applica se il cessionario,
entro trenta   giorni   dalla   scadenza   del termine di sei mesi, provvede a
regolarizzare la fattura e a versare la relativa imposta.                     
        La misura   e',   invece,   ridotta   a un sesto del minimo in caso di
regolarizzazione eseguita   spontaneamente  nel termine previsto dall'art. 13,
comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 472.                                       
3.6 Dichiarazioni  in dogana di quantita', qualita' o corrispettivi diversi da
    quelli reali                                                              
        Ai sensi  del comma 5 dell'art. 7, i cedenti che nelle fatture o nelle
dichiarazioni in    dogana    relative   a cessioni all'esportazione, indicano
quantita', qualita'   o corrispettivi diversi da quelli reali, sono puniti con
la sanzione dal cento al duecento per cento dell'imposta che sarebbe dovuta se
i beni   presentati in dogana fossero stati ceduti nel territorio dello Stato,
calcolata sulle differenze dei corrispettivi o dei valori normali dei beni.   
        Per espressa    previsione    della   norma non sono tuttavia punibili
differenze quantitative non superiori al cinque per cento.                    
        La sanzione  in parola sostituisce la pena pecuniaria da due a quattro
volte prevista dall'art. 46, ultimo comma, del D.P.R. n. 633.                 
CAPITOLO TERZO                                                                
DISPOSIZIONI COMUNI ALLE IMPOSTE DIRETTE E ALL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO    
1. VIOLAZIONI RELATIVE AL CONTENUTO E ALLA DOCUMENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI 
        L'art. 8   del   d.lgs.   n. 471 disciplina le violazioni di carattere
formale relative   al  contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni. La
norma reca disposizioni comuni per le violazioni in materia di imposte dirette
e di imposta sul valore aggiunto (commi 1 e 2) ed una previsione specifica per
le violazioni riguardanti i sostituti d'imposta (comma 3).                    
        1.1 Dichiarazioni irregolari                                          
        Il comma   1   dell'art.  8 stabilisce che, fuori dai casi di omessa o
infedele presentazione  della dichiarazione, se la dichiarazione presentata ai
fini delle    imposte    dirette    o    dell'imposta   sul valore aggiunto e'
irregolarmente compilata,   si   applica   la  sanzione amministrativa da lire
cinquecentomila a lire quattro milioni.                                       
        In particolare,    secondo    la    citata  norma, la dichiarazione va
considerata irregolare se:                                                    
- non   e'   redatta   in conformita' al modello approvato dal Ministero delle
  finanze;                                                                    
- in   essa  sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e completa dati
  rilevanti per   l'individuazione   del contribuente o, se diverso da persona
  fisica, del suo rappresentante;                                             
- in   essa  sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e completa dati
  rilevanti per la determinazione del tributo;                                
- in   essa   non e' indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento
prescritto per il compimento dei controlli.                                   
        Le predette   violazioni relative al contenuto della dichiarazione dei
redditi erano   precedentemente   disciplinate  dall'art. 48, primo comma, del
D.P.R. n. 600 del 1973, che prevedeva l'applicazione di una pena pecuniaria da
lire trecentomila a lire tre milioni.                                         
        In materia   di  imposta sul valore aggiunto, tali irregolarita' erano
invece diversamente disciplinate, e precisamente:                             
- la   presentazione  della dichiarazione con indicazioni inesatte era punita,
  indipendentemente dalle    sanzioni    irrogabili    per   omessa o infedele
  dichiarazione, con   la   pena   pecuniaria  da lire seicentomila a lire tre
  milioni (art. 43, terzo comma, del D.P.R. n. 633);                          
- la   redazione della dichiarazione su stampati conformi al modello approvato
  con decreto   ministeriale   ma non in conformita' allo stesso non aveva una
  specifica regolamentazione   e,   pertanto,   veniva  sanzionata con la pena
  pecuniaria da   lire   trecentomila  a lire unmilioneduecentomila, stabilita
  dalla norma residuale di cui all'art. 47, n. 3), del D.P.R. n. 633;         
- l'omessa  o inesatta indicazione del numero di partita IVA era punito con la
  pena pecuniaria da lire duecentomila a lire quattro milioni.                
        Nell'ambito del   nuovo   sistema sanzionatorio che tende a perseguire
prioritariamente le violazioni di natura sostanziale anziche' quelle meramente
formali, le   irregolarita'   relative   al contenuto delle dichiarazioni sono
sanzionabili quando   rilevano   ai  fini del compimento dei controlli e al di
fuori dei casi di omessa o infedele presentazione della dichiarazione.        
        Un esempio   di violazione che, in materia di IVA, assume rilevanza ai
fini del   compimento   dei   previsti controlli e', come gia' chiarito con la
circolare n. 209/E del 27 agosto 1998, la mancata indicazione in dichiarazione
dell'opzione o   della   revoca dei regimi di determinazione dell'imposta o di
regimi contabili   di   cui all'art. 1 del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442. Al
riguardo, va   ricordato   che,   secondo  la previgente normativa in materia,
l'omissione o   l'errata   indicazione   di  cui trattasi non era direttamente
punibile ma   esponeva   il soggetto a tutte le conseguenze negative del caso,
legate alla   circostanza   di   operare concretamente in un regime diverso da
quello che la legge considerava prescelto dallo stesso interessato.           
        Con l'entrata in vigore del citato regolamento, invece, l'opzione e la
revoca relative    ai    vari    regimi  previsti si desumono da comportamenti
concludenti del   contribuente   e,   pero', l'esatta indicazione delle stesse
costituisce un   obbligo   (necessario per il compimento dei controlli) la cui
inosservanza e'   autonomamente  punibile con la suddetta misura stabilita dal
comma 1 dell'art. 8.                                                          
        Non e'   invece   sanzionabile, come gia' detto, la mancata o inesatta
indicazione di    dati    che    non    pregiudicano   il regolare svolgimento
dell'attivita' di controllo, configurandosi in tal caso una mera irregolarita'
formale non meritevole di essere perseguita.                                  
        Inoltre, nei   casi   in  cui si realizza la fattispecie dell'omessa o
dell'infedele presentazione    della    dichiarazione,    la sanzione prevista
dall'art. 8,   comma   1,   e' assorbita da quella relativa alle violazioni di
natura sostanziale.                                                           
        Tali indicazioni  rilevano anche per le violazioni commesse fino al 31
marzo 1998,   in base alle disposizioni di cui agli articoli 3, commi 2 e 3, e
25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997; ovviamente, qualora le violazioni
in questione   siano effettivamente punibili dovra' applicarsi la disposizione
piu' favorevole al trasgressore.                                              
        Le osservazioni   esposte valgono anche per le violazioni al contenuto
della dichiarazione del sostituto d'imposta, per le quali il comma 3 dell'art.
8 prevede   una   sanzione   da lire un milione a lire otto milioni, mentre il
previgente art.   48,   secondo   comma, del D.P.R. n. 600, prevedeva una pena
pecuniaria da lire seicentomila a lire sei milioni.                           
        Come gia'  illustrato con la circolare n. 192/E del 23 luglio 1997, le
violazioni in   rassegna   possono  essere regolarizzate mediante ravvedimento
operoso ai   sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997. In particolare, ai
sensi del comma 4 del citato art. 13, l'applicazione della sanzione e' esclusa
quando la   regolarizzazione   spontanea   degli  errori e delle omissioni non
incidenti sulla   determinazione o sul pagamento del tributo avviene entro tre
mesi dalla   commissione   della   violazione. Decorso tale termine, e' invece
possibile regolarizzare   la   violazione   entro  il termine stabilito per la
presentazione della   dichiarazione   relativa all'anno nel corso del quale e'
stata presentata  la dichiarazione irregolare, ai sensi dell'art. 13, comma 1,
lettera b);  in tal caso, il ravvedimento si perfeziona con il pagamento della
sanzione ridotta ad un sesto del minimo.                                      
        Per quanto  riguarda le violazioni formali relative alle dichiarazioni
dei redditi,   comprese  quelle unificate, presentate nell'anno 1998, il comma
3-bis dell'art. 25 del d.lgs. n. 472, introdotto dall'art. 6, comma 1, lettera
b), del   d.lgs.   19 novembre 1998, n. 422, prevede la non applicazione delle
sanzioni se  l'autore delle violazioni provvede alla loro regolarizzazione nel
termine di trenta giorni dall'invito dell'ufficio.                            
        La richiamata   disposizione  transitoria consente quindi a coloro che
hanno presentato nell'anno 1998 una dichiarazione dei redditi, compresa quella
unificata, "irregolare"    di    non   attivarsi direttamente per rimuovere le
violazioni di   natura formale ma di attendere l'invito del competente ufficio
per provvedere alla loro regolarizzazione senza pagamento di sanzioni anche in
misura ridotta. Ovviamente, in linea con le indicazioni contenute nel presente
paragrafo, gli    uffici    limiteranno    gli    inviti  alle sole ipotesi di
irregolarita' relative   al contenuto delle dichiarazioni che rilevano ai fini
del compimento dei controlli di competenza.                                   
        Si precisa  infine che per le persone fisiche titolari di partita IVA,
la predetta   norma   riguarda  le violazioni di carattere formale relative al
contenuto del   Modello  UNICO 98, e quindi anche quelle relative al contenuto
delle parti del Modello concernenti la dichiarazione IVA, la dichiarazione del
sostituto d'imposta e la dichiarazione dei dati relativi all'acconto IRAP.    
1.2 Mancanza o incompletezza di atti e documenti                              
        Il comma    2    dell'art.    8 prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa da   lire   cinquecentomila  a lire quattro milioni nei casi di
mancanza o   incompletezza  degli atti e dei documenti dei quali e' prescritta
l'allegazione alla    dichiarazione,    la   conservazione ovvero l'esibizione
all'ufficio.                                                                  
        Le violazioni   in   rassegna  sono riferite agli atti e documenti che
attengono a   dati  ed elementi indicati o da indicare nelle dichiarazioni; le
violazioni riferite   ai documenti che attengono alle scritture contabili sono
invece disciplinate dall'art. 9 dello stesso d.lgs. n. 471.                   
        La norma   disciplina   unitariamente   le situazioni di mancanza o di
incompletezza degli  atti e dei documenti relativi a dati od elementi indicati
o da   indicare  nelle dichiarazioni, indipendentemente dal fatto che per tali
atti sia   prevista l'allegazione alle dichiarazioni ovvero la conservazione e
l'esibizione in caso di richiesta da parte dell'ufficio.                      
        In caso  di mancanza o incompletezza degli allegati alle dichiarazioni
dei redditi,   l'abrogato  art. 48, secondo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973,
prevedeva l'applicazione   della   pena pecuniaria da lire seicentomila a lire
seimilioni. Quindi,   anche  relativamente alle violazioni commesse fino al 31
marzo 1998, si rende applicabile, ai sensi degli artt. 3, comma 3, e 25, commi
1 e  2, del d.lgs. n. 472 del 1997, la sanzione da lire cinquecentomila a lire
quattromilioni in quanto piu' favorevole.                                     
        Tra gli   atti   e   documenti   dei quali, in passato, era prescritta
l'allegazione alla   dichiarazione   ai  fini dell'imposta sul valore aggiunto
merita di   essere ricordato il prospetto (prima semestrale poi annuale) delle
annotazioni degli    acquisti    effettuati   e delle importazioni fatte senza
pagamento dell'imposta   ai   sensi dell'art. 8, lettera c), del D.P.R. n. 633
(mod. IVA    99-bis).    La    mancata   allegazione o l'inesatta o incompleta
compilazione di   tale  modello era sanzionata dall'art. 2, secondo comma, del
D.L. n.   746   del   1983   convertito   in legge n. 17 del 1984, con la pena
pecuniaria da lire unmilione a lire cinquemilioni.                            
        L'obbligo di   allegare   tale prospetto, sospeso dal D.M. 16 dicembre
1994 (in   quanto   sostituito   dalla compilazione di apposito riquadro della
dichiarazione) e   ripristinato dal D.M. 19 dicembre 1996 (vedi mod. 11/E), e'
stato nuovamente   sospeso   dal   D.M. 15 gennaio 1998, con il quale e' stato
approvato il   modello   di   dichiarazione   IVA  relativo al 1997, in quanto
sostituito dalla   compilazione   del   quadro  VU della dichiarazione (quadro
riproposto  nel  modello di dichiarazione relativo al 1998, approvato con D.M.
18 dicembre 1998).                                                            
        Non essendo mai venuto meno l'obbligo di compilazione del prospetto in
questione (ma,   come   si   e'   detto, essendo solo cambiata la modalita' di
presentazione all'ufficio)   permane la punibilita' delle eventuali mancanze o
inesattezze dello   stesso, anche riguardanti anni passati, con l'applicazione
della nuova    piu'    favorevole    sanzione   da lire cinquecentomila a lire
quattromilioni, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472.             
        La sanzione   in  questione si rende altresi' applicabile, nell'ambito
delle societa'   di   gruppo   che  si avvalgono del particolare regime di cui
all'art. 73,   terzo  comma, del D.P.R. n. 633, per la mancata presentazione o
l'inesatta o  incompleta compilazione da parte della societa' controllante del
mod. IVA-26LP   (prospetto  delle liquidazioni periodiche) e del mod. IVA-26PR
(prospetto riepilogativo   dell'IVA   di   gruppo), anche se detti modelli non
devono essere    uniti    alla    dichiarazione della societa' controllante ma
presentati autonomamente    all'ufficio,    tramite    il concessionario della
riscossione.                                                                  
2. VIOLAZIONI DEGLI OBBLIGHI RELATIVI ALLA CONTABILITA'                       
        L'art. 9    del    d.lgs.    n.  471 disciplina in maniera uniforme le
violazioni degli   obblighi  concernenti la contabilita' in materia di imposte
dirette e   di   imposta   sul   valore aggiunto, prevedendo l'applicazione di
un'unica sanzione    per    entrambi    i  settori impositivi e per le diverse
infrazioni configurabili,    discostandosi    cosi' dalla previgente normativa
recata  dai  soppressi  articoli 45 del D.P.R. n. 633 del 1972 e 51 del D.P.R.
n. 600 del   1973  che stabilivano, invece, pene pecuniarie di diversa entita'
in relazione ai due tributi anzidetti e alle varie ipotesi di inadempienze.   
2.1 Omessa tenuta o conservazione delle scritture contabili                   
        Il comma   1  dell'articolo 9 in esame punisce con la sanzione da lire
duemilioni a   lire   quindici milioni chi non tiene o non conserva secondo le
prescrizioni le   scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle
leggi in  materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto ovvero i
libri, i   documenti   e   registri  la cui tenuta e conservazione e' prevista
obbligatoriamente da altre disposizioni di carattere tributario.              
        L'ipotesi della omessa tenuta delle scritture contabili, oltre al caso
in cui le stesse non siano state materialmente istituite, ricorre anche quando
ne sia   stata   omessa la bollatura ai sensi dell'art. 2215 del codice civile
ovvero in   presenza   di   irregolarita'   gravi,  numerose e ripetute da far
risultare inattendibili nel loro complesso le scritture medesime. Al riguardo,
si ritiene   opportuno far presente che, secondo la recente sentenza 13 luglio
1998, n.    13,    delle    Sezioni    Unite penali della Corte di Cassazione,
l'imprenditore o    l'esercente    arti   e professioni deve obbligatoriamente
procedere alla   bollatura   delle  scritture contabili "antecedentemente alla
prima operazione da registrare".                                              
        Va altresi'    ricordato    che    la    conservazione delle scritture
(regolarmente costituite) e' obbligatoria fino a quando non siano definiti gli
accertamenti relativi   al   corrispondente  periodo d'imposta, anche oltre il
termine previsto dall'art. 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie,
salvo che   l'impresa sia stata liquidata e, a norma dell'art. 2457 del codice
civile, i libri siano stati conservati per dieci anni.                        
        Il comma    3,    secondo   periodo, dell'articolo in commento prevede
un'ipotesi aggravata   della  violazione in questione, che si realizza quando,
oltre all'omessa tenuta o conservazione delle scritture contabili, venga anche
accertata in   un   determinato   esercizio  un'evasione dei tributi diretti e
dell'IVA di   importo   complessivo   superiore   a lire centomilioni. In tale
evenienza, la   sanzione   si   applica in misura doppia e va, pertanto, da un
minimo di   lire   quattro   milioni   ad un massimo di lire trentamilioni. Il
superamento della  soglia di cento milioni puo' conseguire sia da accertamenti
riguardanti entrambi   i   settori   impositivi sia da evasione relativa ad un
singolo tributo.                                                              
        Va osservato,   peraltro,   che la suddetta sanzione (raddoppiata) non
puo' trovare    autonoma    irrogazione    allorche' nello stesso contesto sia
constatata anche   l'infrazione di omessa o infedele dichiarazione, atteso che
in tal  caso deve essere applicata la sanzione prevista per la violazione piu'
grave (appunto   quella per l'omessa o infedele dichiarazione) aumentata da un
quarto al doppio, ai sensi dell'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997. 
        Relativamente alle   violazioni  commesse antecedentemente al 1 aprile
1998, si evidenzia che:                                                       
- in  materia di imposte dirette, la sanzione prevista dal comma 1 dell'art. 9
  non  torna  applicabile dal momento che l'art. 51, secondo comma, del D.P.R.
  n. 600 del 1973 assoggettava l'infrazione alla piu' lieve pena pecuniaria da
  lire unmilioneduecentomila   a  lire dodicimilioni. Peraltro, in presenza di
  accertamenti d'imposta  (ancora pendenti) di importo superiore a lire cinque
  milioni (ma non a cento) va applicata la nuova sanzione da lire duemilioni a
  lire quindici   milioni, in applicazione del principio del favor rei, tenuto
  conto che   per  tale fattispecie la previgente normativa prevedeva una pena
  pecuniaria piu' gravosa che andava da lire duemilioniquattrocentomila a lire
  ventiquattromilioni;                                                        
- in   materia   di imposta sul valore aggiunto, l'art. 45, secondo comma, del
  D.P.R. n.  633 del 1972 assoggettava la violazione di cui trattasi (peraltro
  con specifico   riferimento   ai   registri   IVA, alle fatture emesse, alle
  ricevute e    alle    bollette    doganali)    alla  pena pecuniaria da lire
  unmilioneduecentomila a  lire trenta milioni, ossia ad una misura piu' bassa
  nel minimo   e piu' alta nel massimo rispetto a quella attuale. Per l'omessa
  tenuta del   registro  di prima nota da parte dei commercianti al minuto, la
  pena non   poteva essere inferiore a lire quattro milioni. Di tutto cio' gli
  uffici dovranno   ovviamente tener conto, per i rapporti ancora pendenti, ai
  fini dell'eventuale applicazione del principio del favor rei.               
2.2 Irregolare tenuta della contabilita'                                      
        Gli articoli  39 del D.P.R. n. 633 del 1972 e 22 del D.P.R. n. 600 del
1973 recano  le disposizioni che i contribuenti devono rispettare agli effetti
di una  regolare tenuta della contabilita'. L'inosservanza di tali norme viene
talora  considerata alla stessa stregua dell'omessa tenuta della contabilita'.
Cio' si   verifica,   come   gia' detto, nelle ipotesi di irregolarita' gravi,
numerose e   ripetute   da   far  ritenere inattendibili nel loro complesso le
scritture contabili.                                                          
        Ove, invece,   le  irregolarita' rilevate nei libri e nei registri o i
documenti mancati   siano di scarsa rilevanza e sempreche' non ne sia derivato
ostacolo all'accertamento delle imposte dovute, le infrazioni commesse vengono
autonomamente punite,  ai sensi del comma 3, primo periodo, dell'art. 9 con la
sanzione di  cui al comma 1, riducibile fino alla meta' del minimo, ossia fino
a lire unmilione.                                                             
        Relativamente alle   violazioni  commesse antecedentemente al 1 aprile
1998, si osserva che:                                                         
- in materia di imposte sui redditi, l'art. 51, terzo comma, del D.P.R. n. 600
  del 1973,   puniva   la   tenuta delle scritture in difformita' delle regole
  previste con  la pena pecuniaria da lire seicentomila a lire sei milioni. In
  caso di   scarsa   rilevanza   delle irregolarita' la pena era ridotta ad un
  quinto del   minimo, ossia a lire centoventimila. E' evidente, pertanto, che
  le nuove sanzioni non possono trovare applicazione, in quanto piu' gravose; 
- in   materia   di imposta sul valore aggiunto, l'art. 45, secondo comma, del
  D.P.R. n.    633    del    1972    assoggettava alla pena pecuniaria da lire
  unmilioneduecentomila a   lire   trenta   milioni  la tenuta dei registri in
  difformita' delle   prescrizioni stabilite, prevedendo tuttavia la riduzione
  fino ad   un   quinto  del minimo, ossia fino a duecentoquarantamila, per le
  irregolarita' (o   la   mancanza  di documenti) di scarsa rilevanza. In tale
  seconda ipotesi   non   puo',   pertanto, trovare applicazione la nuova piu'
  elevata sanzione di cui al comma 3 dell'art. 9.                             
2.3 Rifiuto di esibizione o sottrazione alla verifica di documenti.           
        Il comma 2 dell'art. 9 stabilisce che la sanzione da lire duemilioni a
lire quindicimilioni   si applica anche a chi nel corso degli accessi eseguiti
ai fini   dell'accertamento   in  materia di imposte dirette e IVA, rifiuta di
esibire o   dichiara di non possedere  o comunque sottrae all'ispezione e alla
verifica i   documenti,   i registri e le scritture obbligatorie, ovvero altri
registri, documenti  e scritture, ancorche' non obbligatori, dei quali risulti
con certezza l'esistenza.                                                     
        Al riguardo,   va  sottolineata anzitutto la maggiore estensione della
fattispecie in   esame, che riguarda indistintamente tutti i libri, registri e
documenti posseduti,   compresi  quelli non obbligatori, rispetto a quella del
comma 1   che, come gia' detto, prevede la sanzionabilita' solo per la mancata
tenuta e conservazione della documentazione obbligatoria.                     
        E' opportuno  altresi' evidenziare che l'art. 52 del D.P.R. n. 633 del
1972, nel   disciplinare   i poteri di accesso e di verifica degli uffici IVA,
dispone al  quinto comma che "i libri,  registri, scritture e documenti di cui
e' rifiutata  l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore
del contribuente    ai    fini    dell'accertamento   in sede amministrativa o
contenziosa" precisando   che "per rifiuto di esibizione si intendono anche la
dichiarazione di   non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la
sottrazione di essi all'ispezione".                                           
        La disposizione   anzidetta   e' applicabile ai sensi dell'art. 33 del
D.P.R. n. 600 del 1973 anche nel settore delle imposte dirette.               
        Tanto il     comma    2   dell'art.   9  quanto la disposizione di cui
all'art. 52, quinto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 contemplano, dunque, tre
distinte ipotesi:                                                             
- il rifiuto di esibizione dei documenti;                                     
- la sottrazione, ovvero l'occultamento degli stessi;                         
- la dichiarazione di non possederli.                                         
        Ora, non   puo' dubitarsi che nella nozione di rifiuto, come in quella
della sottrazione   (o occultamento), e' insita l'intenzionalita' del soggetto
di ostacolare   il   compito dei verificatori, per cui operano comunque sia la
disposizione strettamente   sanzionatoria   che quella stabilita dall'art. 52,
quinto comma.                                                                 
        Per quanto   riguarda,   invece,   la dichiarazione di non possedere i
documenti (a   parte  l'ipotesi di dichiarazione coscientemente non veritiera,
parificabile sostanzialmente  alle prime due figure di illecito) perche' torni
applicabile la   sanzione   prevista dal comma 2 dell'art. 9 e si verifichi di
conseguenza la   causa   ostativa   in   sede amministrativa o contenziosa, e'
quantomeno necessario   che   la   dichiarazione   negativa sia dovuta a colpa
imputabile a    imperizia,     imprudenza,    negligenza  o inosservanza delle
disposizioni circa   gli obblighi di conservazione della documentazione, come,
ad esempio,   momentanea   irreperibilita'  o smarrimento della documentazione
richiesta.                                                                    
        In altre   parole,   mentre   per   un verso non e' indispensabile che
sussista un comportamento doloso (bastando la semplice colpa), per altro verso
non e'   sufficiente    la sola volontarieta' della condotta, neppure sorretta
dalla colpa,   come avviene, per esempio, quando ricorre il caso fortuito o la
forza maggiore (Cass. 24 giugno 1995, n. 7161).                               
        Anche per   le   infrazioni  in argomento opera l'aggravante di cui al
comma 3,  secondo periodo, dell'art. 9 (sanzione irrogata in misura doppia) in
presenza di evasioni d'imposta di importo superiore a lire centomilioni.      
        Relativamente alle   violazioni  commesse antecedentemente al 1 aprile
1998, si evidenzia che:                                                       
- in  materia di imposte dirette, la sanzione prevista dal comma 1 dell'art. 9
  (richiamata dal  comma 2) non torna applicabile, atteso che l'art. 51, primo
  comma, del  D.P.R. n. 600 del 1973 assoggettava l'infrazione alla piu' lieve
  pena pecuniaria da lire unmilioneduecentomila a lire dodicimilioni.         
  Tuttavia, in   caso   di accertamenti di imposta di importo superiore a lire
  cinquemilioni (ma   non   a   cento)  va applicata la nuova sanzione da lire
  duemilioni a    lire    quindicimilioni    in  quanto meno gravosa di quella
  (raddoppiata) prevista dal citato art. 51;                                  
- in   materia   di  imposta sul valore aggiunto, la nuova sanzione non e' mai
  applicabile perche'   piu'   elevata   rispetto alla pena pecuniaria da lire
  unmilioneduecentomila a  lire seimilioni prevista dall'art. 45, primo comma,
  del D.P.R. n. 633 del 1972.                                                 
2.4 Obblighi documentali e contabili particolari in materia di IVA.           
        Per quanto  concerne in particolare il settore dell'imposta sul valore
aggiunto, sembra   opportuno   far   presente  che tra le violazioni cui torna
applicabile la    sanzione    da    lire    duemilioni  a lire quindicimilioni
(eventualmente riducibile  fino a unmilione) prevista dal comma 1 dell'art. 9,
sono da ricomprendere:                                                        
- l'emissione   di  fatture che non contengono le indicazioni prescritte dalla
  legge o   che   contengono   indicazioni   incomplete o inesatte tali da non
  consentire l'identificazione   delle  parti. Detta infrazione era sanzionata
  dall'art. 41,  terzo comma, del D.P.R. n. 633 con la pena pecuniaria da lire
  seicentomila a   lire   tremilioni, ossia con una misura in linea di massima
  piu' tenue.   Era inoltre esclusa espressamente la punibilita' del cedente o
  prestatore nei casi di irregolarita' della fattura imputabili esclusivamente
  al cessionario   del   bene   o  al committente del servizio. Tale esimente,
  ancorche' non   ribadita   in   maniera specifica, deve ritenersi ugualmente
  operante, alla luce dei principi di carattere generale introdotti dal d.lgs.
  n. 472 del 1997;                                                            
- l'eseguita    annotazione    nel    registro degli acquisti, con indicazioni
  incomplete o  inesatte, tali da non consentire l'identificazione dei cedenti
  dei beni  o dei prestatori di servizi, gia' punita con la pena pecuniaria da
  lire seicentomila   a  lire tremilioni prevista dall'art. 42, secondo comma,
  del D.P.R. n. 633;                                                          
- la   mancata   tenuta   o conservazione delle bolle d'accompagnamento per il
  periodo stabilito dall'art. 39 del D.P.R. n. 633 da parte del mittente o del
  destinatario o,   per almeno due anni da parte del vettore (limitatamente ai
  casi in cui permane l'obbligo di emissione del documento);                  
- il   rifiuto   di esibire la sottrazione all'ispezione, in sede di verifica,
  delle citate bolle;                                                         
- la   mancata   o   irregolare tenuta e/o conservazione dei registri previsti
  dall'art. 10   del   D.M.   29 novembre 1978 da parte delle tipografie e dei
  rivenditori autorizzati   alla   stampa  e alla fornitura di stampati (bolle
  d'accompagnamento e ricevute fiscali);                                      
- il   rifiuto di esibire o la sottrazione all'ispezione, in sede di verifica,
  dei registri di cui al precedente punto;                                    
- la   mancata  o irregolare tenuta e/o conservazione dei registri di carico e
  scarico degli   stampati   o   il rifiuto di esibirli o la sottrazione degli
  stessi in sede di verifica;                                                 
- l'omessa   annotazione   degli   stampati nel registro di carico e scarico o
  nell'apposita  sezione dei registri di cui agli artt. 23, 24 e 25 del D.P.R.
  n. 633,   secondo   le prescrizioni del quinto comma dell'art. 10 del citato
  D.M. 29 novembre 1978.                                                      
        Per quanto    riguarda    la    violazione di omessa annotazione degli
stampati, si   fa   presente che in passato essa veniva sanzionata con la pena
pecuniaria da      lire    trecentomila    a lire unmilioneduecentomila di cui
all'art. 47,  n. 3, del D.P.R. n. 633, per le bolle d'accompagnamento e con la
pena pecuniaria    da    lire    quarantamila a lire quattrocentomila prevista
dall'art. 8,  sesto comma, della legge 10 maggio 1976, n. 249, per le ricevute
fiscali.                                                                      
        Ma cio'  che, del previgente regime, e' piu' importante evidenziare e'
che, secondo   la   circolare dell'ispettorato compartimentale per il Lazio 12
settembre 1986, n.130/12057, le sanzioni suddette dovevano essere comminate in
relazione ad ogni singolo documento non annotato e non con riguardo a ciascuna
fornitura (che,   di solito, contiene migliaia di stampati). Ne scaturiva che,
spesso, l'omessa   annotazione   anche   di   una sola partita dava luogo alla
irrogazione di   penalita'   per   importi esorbitanti nonostante la possibile
applicazione delle attenuanti previste dall'art. 8 della legge n. 4 del 1929 e
del D.M. 1 settembre 1931.                                                    
        Siffatti inconvenienti non possono ormai piu' verificarsi, sia perche'
le violazioni   della specie sono ora inquadrate nella nozione, essenzialmente
unitaria, di   irregolare   tenuta  della contabilita', sia perche' le singole
infrazioni vanno,   comunque,   cumulate giuridicamente ai sensi dell'art. 12,
comma 1,   del d.lgs. n. 472. Di cio' si dovra', ovviamente, tener conto anche
per le   violazioni   commesse   anteriormente   al 1 aprile 1998 e non ancora
definite a tale data, ai fini dell'applicazione del principio del favor rei.  
2.5 Inosservanza di obblighi per superamento del volume d'affari.             
        Com'e' noto,   l'attuale   normativa   dell'IVA consente a determinati
soggetti di   poter   adempiere  in maniera semplificata i principali obblighi
esistenti in    materia    o,    talvolta,   di essere esonerati dagli stessi,
subordinando tali    possibilita'    alla   circostanza che il volume d'affari
realizzato non superi certi limiti prefissati dalla stessa legge.             
        Cosi', ad   esempio,   i  contribuenti che nell'anno solare precedente
hanno realizzato      un      volume      d'affari      non   superiore a lire
trecentosessantamilioni (se trattasi di imprese aventi per oggetto prestazioni
di servizi   o   di   soggetti esercenti arti e professioni) ovvero di lire un
miliardo (se  trattasi di imprese aventi per oggetto altre attivita') possono,
ai sensi    dell'art.    32    del    D.P.R. n. 633, osservare gli obblighi di
fatturazione e di registrazione mediante la tenuta di un bollettario a madre e
figlia. Gli   stessi   contribuenti   (dalla legge definiti "minori") possono,
inoltre, ai   sensi  del successivo art. 33, effettuare i versamenti periodici
con cadenza   trimestrale anziche' mensile, previa comunicazione all'ufficio e
provvedendo a maggiorare dell'1,50 per cento gli importi da versare.          
        Cosi', ancora,   i produttori agricoli che nell'anno solare precedente
hanno realizzato   un   volume  d'affari non superiore a cinquemilioni di lire
(costituito per  almeno due terzi da cessioni di determinati prodotti agricoli
o ittici)   sono   esonerati,   ai sensi dell'art. 34, comma 6, dal versamento
dell'imposta e   da   tutti  gli obblighi documentali e contabili, compresa la
dichiarazione annuale.                                                        
        Analoghe disposizioni agevolative sono prevista in materia di IVA e di
imposte sui   redditi dall'art. 3, commi da 166 a 180, della legge 23 dicembre
1996, n. 662.                                                                 
        Il superamento   dei  suddetti limiti relativi al volume d'affari o ad
altri parametri   indicati  dalla legge (acquisti, beni strumentali, compensi,
ecc.), dovuto   ad accertamento eseguito dall'ufficio, dovrebbe determinare, a
stretto rigore,   il   venir   meno   dei  benefici goduti, con la conseguente
realizzazione delle   violazioni agli obblighi di fatturazione, registrazione,
ecc.                                                                          
        Per evitare   che dette conseguenze possano verificarsi anche quando i
limiti  vengano  oltrepassati  di non molto, il comma 4 dell'art. 9 del d.lgs.
n. 471  prevede al riguardo una tolleranza del cinquanta per cento, disponendo
che in   caso   di  superamento non eccedente tale misura, in luogo delle piu'
gravose sanzioni    previste    per    lo  specifico obbligo violato, si rende
applicabile la sanzione da lire cinquecentomila a lire cinquemilioni.         
        Analoghe disposizioni   erano contenute nell'art. 48, terzo comma, del
D.P.R. n.  633 e nei commi 169 e 180 dell'art. 3 della citata legge n. 662 del
1996, ai quali, per brevita', si fa rinvio.                                   
2.6 Violazioni degli organi di controllo delle societa'.                      
        Il comma   5 dell'art. 9, come integrato dall'art. 1, comma 1, lettera
c), del  d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203, disciplina le specifiche violazioni dei
componenti gli   organi   di   controllo  delle societa' e degli enti soggetti
all'imposta sui  redditi delle persone giuridiche. In particolare, il predetto
comma 5   disciplina le ipotesi di omessa sottoscrizione della dichiarazione e
di omessa denuncia della mancanza delle scritture contabili.                  
2.6.1 Omessa sottoscrizione della dichiarazione.                              
        Analogamente  a quanto stabilito dall'art. 8, quinto comma, del D.P.R.
n. 600  del 1973, l'art. 1, comma 5, del D.P.R. n. 322 del 1998 dispone che la
dichiarazione delle   societa'   e degli enti soggetti all'imposta sul reddito
delle persone   giuridiche,   presso i quali esiste un organo di controllo, e'
sottoscritta anche dalle persone fisiche che lo costituiscono o dal presidente
se si tratta di organo collegiale.                                            
        Tale sottoscrizione,  a differenza di quella del rappresentante legale
o negoziale,  non e' richiesta a pena di nullita', per cui la dichiarazione e'
comunque valida.                                                              
        In caso di omessa sottoscrizione senza giustificato motivo, il comma 5
dell'art. 9   prevede   l'applicazione  di una sanzione amministrativa da lire
cinquecentomila a   lire   quattro   milioni. La punibilita' e' quindi esclusa
quando risulta   che   la   mancata  sottoscrizione e' frutto di una precisa e
giustificata volonta'   del  soggetto obbligato (come, ad esempio, nei casi in
cui i   dati   della   dichiarazione   non corrispondono alle risultanze delle
scritture contabili   ovvero   sia   stata denunciata la mancanza di scritture
contabili).                                                                   
        Per le    violazioni    commesse    fino   al 31 marzo 1998, e' ancora
applicabile, in  quanto piu' favorevole, la sanzione prevista dall'art. 53 del
D.P.R. n.   600   del  1973 (da lire a trecentomila a lire tre milioni), ferma
restando la    non    punibilita'    nei   casi di omessa sottoscrizione della
dichiarazione per giustificato motivo.                                        
        La sanzione    deve    essere    irrogata,  anche con riferimento alle
violazioni commesse    fino    al    31   marzo 1998, seguendo il procedimento
disciplinato dall'art.   16   del d.lgs. n. 472 del 1997, mediante la notifica
dell'atto di   contestazione   all'autore   della violazione che nelle proprie
deduzioni difensive   puo'   ovviamente  rappresentare i motivi giustificativi
della mancata sottoscrizione della dichiarazione.                             
        La violazione    in    rassegna    puo' essere regolarizzata, ai sensi
dell'art. 13   del   d.lgs.  n. 472 del 1997, mediante l'inoltro al competente
ufficio delle   entrate   o  ufficio distrettuale delle imposte dirette di una
comunicazione in   carta libera con la quale l'autore della violazione attesta
di sottoscrivere la dichiarazione presentata dalla societa' o ente di cui egli
rappresenta l'organo di controllo.                                            
        Se la   comunicazione   e'   inoltrata   entro  tre mesi dalla data di
commissione della violazione, la regolarizzazione non comporta il pagamento di
alcuna sanzione   (comma 4 dell'art. 13); se, invece, decorso tale termine, la
comunicazione e'   inoltrata   entro   un anno dalla data di commissione della
violazione, la regolarizzazione si perfeziona a condizione che entro lo stesso
termine  venga   effettuato   il pagamento della sanzione ridotta ad sesto del
minimo, pari cioe' a lire ottantatremila (comma 1, lettera b, dell'art. 13).  
        2.6.2 Omessa    denuncia    della   mancanza delle scritture contabili
        Il comma   5, primo periodo, dell'art. 9 prevede l'applicazione di una
sanzione da    lire    quattromilioni    a lire ventimilioni nei confronti dei
componenti degli   organi   di  controllo delle societa' e degli enti soggetti
all'imposta sul    reddito    delle    persone giuridiche che sottoscrivono la
dichiarazione dei  redditi o la dichiarazione annuale ai fini dell'imposta sul
valore aggiunto    senza    denunciare   la mancanza delle scritture contabili
obbligatorie.                                                                 
        Una misura   punitiva   per tale tipo di violazione era prevista anche
dall'art. 51,    ultimo    comma,    del    D.P.R. n. 600 del 1973. Rispetto a
quest'ultima, la nuova norma ha apportato i seguenti cambiamenti:             
- e'    stata    notevolmente    elevata l'entita' della sanzione, prevista in
  precedenza da    lire    duecentomila    a    lire  duemilioni e ora da lire
  quattromilioni a lire ventimilioni;                                         
- sono stati esclusi, quali destinatari della sanzione, gli amministratori, in
  quanto perseguibili   per   le   violazioni   degli obblighi di tenuta delle
  scritture contabili, ai sensi del comma 1 dell'art. 9;                      
- e'   stata  espressamente qualificata come sanzione amministrativa la misura
  irrogabile, laddove    il    testo    originario dell'art. 51, ultimo comma,
  prevedeva l'applicazione     di    una    multa,  poi depenalizzata ai sensi
  dell'art. 39, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.            
        Poiche' la nuova sanzione e' di importo piu' elevato rispetto a quella
previgente, la stessa non puo' trovare applicazione per le violazioni commesse
antecedentemente al 1 aprile 1998.                                            
        La sanzione  e' irrogabile, con il procedimento disciplinato dall'art.
16 del   d.lgs.   n.  472, nei confronti dei componenti degli organi che hanno
sottoscritto la   dichiarazione   senza denunciare la mancanza delle scritture
contabili. Non   e'   invece punibile per la violazione di norme tributarie il
componente dell'organo   di  controllo che non ha denunciato la mancanza delle
scritture contabili   e  non ha sottoscritto la dichiarazione della societa' o
ente.                                                                         
        E' necessario,  pertanto, che nei casi di mancata sottoscrizione della
dichiarazione da    parte    del   rappresentante dell'organo di  controllo, i
competenti uffici  assumano tempestivamente le opportune iniziative al fine di
appurare il    motivo    della    mancata   sottoscrizione sia per l'eventuale
irrogazione della prevista sanzione sia per intraprendere i controlli del caso
nei confronti della societa' o ente.                                          
        Anche la   violazione   in rassegna puo' essere regolarizzata ai sensi
dell'art. 13,   commi   4  e 1, lettera b), del d.lgs. n. 472 del 1997, con la
presentazione della denuncia della mancanza delle scritture contabili e con il
pagamento, se   la  regolarizzazione avviene decorsi tre mesi ed entro un anno
dalla data di commissione della violazione, della sanzione ridotta ad un sesto
del minimo (pari cioe' a lire ottantatremila).                                
3. VIOLAZIONI DEGLI OBBLIGHI DEGLI OPERATORI FINANZIARI                       
        L'art. 10   del  d.lgs. n. 471 disciplina le violazioni da parte degli
operatori finanziari   (banche,   poste   italiane S.p.A., societa' ed enti di
assicurazione che   effettuano  istituzionalmente riscossioni e  pagamenti per
conto di   terzi   ovvero attivita' di gestione ed intermediazione finanziaria
anche in   forma   fiduciaria)  degli obblighi scaturenti da richieste operate
nell'esercizio dei   poteri  inerenti all'accertamento delle imposte dirette o
dell'imposta sul valore aggiunto.                                             
        I poteri    istruttori,    dall'esercizio   dei quali scaturiscono gli
obblighi le   cui  violazioni sono disciplinate dall'art. 10 in commento, sono
quelli previsti   dagli articoli 32, primo comma, nn. 5 e 7, del D.P.R. n. 600
del 1973   e  51, secondo comma, nn. 5 e 7, del D.P.R. n.633 del 1972, che gli
uffici possono    esercitare    nell'ambito    dell'attivita' di controllo nei
confronti di   contribuenti che abbiano intrattenuto rapporti, individuati nei
citati articoli, con operatori finanziari.                                    
        Le violazioni   degli   obblighi scaturenti da richieste  rivolte agli
operatori finanziari   nell'ambito dell'attivita' di controllo svolta nei loro
diretti  confronti  sono invece disciplinate dall'art. 11, comma 1, del d.lgs.
n. 471.                                                                       
        Ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 10 sono punibili le condotte di:   
- omessa trasmissione dei dati, delle notizie e dei documenti richiesti;      
- oltrealla   mancata   trasmissione e' considerata omessa la trasmissione non
  eseguita nel termine fissato dall'ufficio richiedente;                      
- trasmissione   di   dati, notizie o documenti non rispondenti al vero ovvero
  incompleti.                                                                 
        Per tali  infrazioni, l'art. 10 prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa da   lire quattro milioni a lire quaranta milioni, ridotta alla
meta' se il ritardo non eccede i quindici giorni.                             
        La sanzione deve essere irrogata seguendo il procedimento disciplinato
dall'art. 16   del   d.lgs. n. 472 del 1977, mediante la notifica dell'atto di
contestazione all'autore della violazione.                                    
        Il comma   2  dell'art. 10 presume che, fino a prova contraria, autori
della violazione   siano   coloro   che   hanno sottoscritto le risposte e, in
mancanza di risposta, i legali rappresentanti della banca, societa' o ente.   
        La previsione   intende   facilitare l'attivita' degli uffici che sono
legittimati, fatti   salvi   ovviamente   i   casi  in cui sussistono cause di
esclusione della   punibilita',   a   notificare l'atto di contestazione della
violazione:                                                                   
- al   soggetto   che   ha   sottoscritto  la risposta recante dati, notizie o
  documenti non rispondenti al vero ovvero incompleti;                        
- al   legale  rappresentante della banca, societa' o ente, in caso di mancata
  risposta.                                                                   
        E' fatta  salva la prova contraria, per cui il soggetto al quale viene
addebitata la   violazione   puo',   ad   esempio, dar prova che la competenza
inerente al compimento dell'attivita' illegittima non gli apparteneva.        
        Le violazioni   in   rassegna   possono  essere regolarizzate ai sensi
dell'art. 13,   comma   1,   lettera   b),  del d.lgs. n. 472 del 1997, con la
rimozione spontanea dell'infrazione e con il pagamento di una sanzione pari ad
un sesto    del    minimo    (lire    seicentosessantasettemila ridotte a lire
trecentotrentatremila se il ritardo non eccede i quindici giorni).            
        Il ravvedimento    si    perfeziona    a   condizione che la rimozione
dell'infrazione e il pagamento della sanzione ridotta vengano effettuati entro
un anno   dalla   data  di commissione della violazione e comunque prima della
constatazione della   violazione  o dell'inizio di attivita' amministrative di
accertamento finalizzate   ad   acquisire i dati, le notizie e i documenti non
trasmessi o irregolarmente trasmessi.                                         
        Si fa   presente che le violazioni in argomento, pur se conseguenti ad
omissioni o   errori che non incidono sulla determinazione o sul pagamento del
tributo, ostacolano   un'attivita'  di accertamento in corso e quindi non sono
regolarizzabili senza   pagamento   di   una sanzione, per effetto della nuova
formulazione del comma 4 dell'art. 13 introdotta dall'art. 6, comma 1, lettera
a), punto 2), del d.lgs. 19 novembre 1998, n. 422.                            
        Relativamente alle    violazioni    degli    obblighi  degli operatori
finanziari commesse   fino al 31 marzo 1998, continueranno ad essere applicate
le sanzioni previste dalla previgente disciplina di cui agli articoli 52 e 53,
primo comma,   numero   2), del D.P.R. n. 600 del 1973, secondo le indicazioni
fornite con   la   circolare n. 116/E del 10 maggio 1996. Le previgenti misure
sanzionatorie, differenziate   in   relazione alle possibili diverse richieste
istruttorie ed   ai   soggetti   inadempienti, sono tutte infatti meno gravose
rispetto a quelle stabilite dall'art. 10 del d.lgs. n. 471.                   
        In ogni  caso, come previsto dal comma 4 dell'art. 10, all'irrogazione
delle sanzioni provvede l'ufficio delle entrate (ovvero l'ufficio distrettuale
delle imposte o l'ufficio IVA ancora attivi) nella cui circoscrizione si trova
il domicilio fiscale del contribuente al quale si riferisce la richiesta.     
        Anche per   le  violazioni commesse fino al 31 marzo 1998, la sanzione
pecuniaria deve    essere    irrogata    seguendo il procedimento disciplinato
dall'art. 16   del   d.lgs. n. 472 e puo' essere definita ai sensi del comma 3
dello stesso articolo.                                                        
        Non e'   invece   piu'  irrogabile, in quanto non prevista nella nuova
disciplina, la  sanzione accessoria contemplata dall'abrogato art. 52, secondo
comma, del   D.P.R. n. 600 del 1973; conseguentemente, i procedimenti pendenti
alla data  del 1 aprile 1998 devono essere abbandonati ai sensi degli articoli
3, comma 2, e 25, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.                        
4. ALTRE   VIOLAZIONI   IN  MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE E DI IMPOSTA SUL VALORE
   AGGIUNTO                                                                   
        Con l'art.   11   del   d.lgs. n. 471 vengono poste una serie di norme
sanzionatorie di   chiusura,   tendenti   sostanzialmente a coprire le residue
fattispecie di   infrazioni   in   materia di imposte dirette e di imposta sul
valore aggiunto.                                                              
        Il contenuto dell'art. 11 e', pertanto, estremamente vario e comprende
violazioni che scaturiscono da:                                               
- comportamenti   che mirano a frapporre ostacoli all'attivita' di controllo e
  di verifica da parte dell'Amministrazione finanziaria (comma 1);            
- indebita  effettuazione di compensazioni di partite in sede di redazione del
  bilancio (comma 2);                                                         
- indebita fruizione di agevolazioni (comma 3);                               
- omissioni o irregolarita' concernenti gli elenchi INTRASTAT (comma 4);      
- mancata   esibizione   dello scontrino o della ricevuta fiscale da parte dei
  destinatari (comma 6);                                                      
- inosservanze   dei   pubblici  uffici in materia di acquisti intracomunitari
  (comma 7).                                                                  
4.1. Violazioni di obblighi derivanti dall'attivita' istruttoria degli uffici.
        Il comma   1  dell'art. 11 riproduce essenzialmente quelle violazioni,
gia'  sanzionate  dagli articoli 53 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 47 del D.P.R.
n. 633   del   1972,   relative  a specifici obblighi che sorgono a carico dei
contribuenti o   dei   terzi,   allorche'   gli stessi vengano in qualche modo
coinvolti in   sede   istruttoria   dagli   uffici o dalla Guardia di finanza,
nell'esercizio dei   poteri   di   verifica  o di accertamento a questi ultimi
attribuiti dalla   legge in materia di imposte dirette e di imposta sul valore
aggiunto.                                                                     
        Dispone la   nuova   norma   che   sono punite con la sanzione da lire
cinquecentomila a lire quattromilioni le seguenti ipotesi di violazione:      
- omissione di ogni comunicazione (legittimamente) richiesta al contribuente o
  ai terzi o invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri; 
- mancata   restituzione   dei questionari inviati al contribuente o a terzi o
  loro restituzione con risposte incomplete o non veritiere;                  
- inottemperanza all'invito a comparire o a qualsiasi altra richiesta avanzata
  dagli uffici   o   dalla  Guardia di finanza, nell'esercizio dei poteri loro
  conferiti dalla legge.                                                      
        Si precisa  che non e' invece sanzionabile l'inottemperanza all'invito
a comparire,   di   cui  all'articolo 5 del d.lgs. n. 218 del 1997, inviato al
contribuente per l'avvio del procedimento di accertamento con adesione.       
        In relazione   alle   suddette fattispecie, sembra opportuno ricordare
che, ai   sensi   degli   articoli  32, secondo comma, del D.P.R. n. 600 e 51,
secondo comma,   del  D.P.R. n. 633, gli inviti e le richieste di cui trattasi
devono essere    notificati    anche    a  mezzo di raccomandata con avviso di
ricevimento, fissando   per  l'adempimento un termine non inferiore a quindici
giorni. L'inutile    decorso    del    termine   accordato realizza ovviamente
l'inadempimento sanzionabile.                                                 
        Si evidenzia   che   per   le violazioni in questione non puo' trovare
applicazione la disposizione sul ravvedimento di cui all'art. 13, comma 4, del
d.lgs. n.  472. La stessa, com'e' noto, consente agli interessati di procedere
entro tre mesi alla regolarizzazione di infrazioni di carattere formale, senza
effettuare alcun    pagamento    a    titolo di sanzione. Tale possibilita' di
regolarizzazione, tuttavia,   in   base   al   nuovo testo del citato comma 4,
introdotto dall'art.  6, comma 1, lett. a), n. 2, del d.lgs. 19 novembre 1998,
n. 422,   riguarda solo quei casi di omissione o di errore "che non ostacolano
un'attivita' di   accertamento   in  corso", laddove, e' chiaro che l'invio di
questionari, di   richieste  di comunicazioni o l'invito a comparire preludono
proprio lo svolgimento di un'attivita' accertatrice (in senso lato).          
        Resta ferma,  ovviamente, la possibilita' di ravvedimento ai sensi del
comma 1, lett. b), dell'art. 13, entro un anno dalla data di commissione della
violazione (con  riduzione della sanzione a lire 83.000), anche se, scaduto il
termine fissato,   per   motivi   di   coerenza, gli uffici dovranno procedere
tempestivamente a   contestare  la violazione con il procedimento disciplinato
dall'art. 16 del d.lgs. n. 472 e a proseguire l'attivita' istruttoria.        
        Ancora va   notato che, secondo la previgente normativa, le violazioni
relative alle   comunicazioni   richieste agli "operatori finanziari" venivano
sanzionate alla  stessa stregua di quelle richieste ai contribuenti o ad altri
soggetti, mentre, come si e' visto, adesso ricadono nella specifica previsione
di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 472.                                         
        Relativamente alle   violazioni  commesse antecedentemente al 1 aprile
1998, continueranno   ad  applicarsi, in quanto piu' favorevoli, le previgenti
misure sanzionatorie (da lire trecentomila a lire tremilioni per le infrazioni
in materia     di     imposte     dirette;     da     lire trecentomila a lire
unmilioneduecentomila per quelle in materia di imposta sul valore aggiunto).  
4.2 Violazioni di obblighi di comunicazione prescritti dalla legge tributaria.
        Il comma   1,   lett.   a), dell'art. 11, come modificato dal d.lgs. 5
giugno 1998,  n. 203, prevede che la medesima sanzione da lire cinquecentomila
a lire   quattromilioni  si applica anche nell'ipotesi in cui la violazione di
omissione, incompletezza  o non veridicita' riguardi obblighi di comunicazione
specificamente prescritti  dalla legge tributaria e, quindi, non scaturenti da
autonome richieste da parte degli uffici finanziari o dalla Guardia di finanza
nell'esercizio dei poteri istruttori loro attribuiti.                         
        A titolo esemplificativo si richiama l'obbligo di trasmissione di atti
e notizie agli uffici cui sono tenuti, ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 600
del 1973,   le   societa', comprese quelle in nome collettivo e in accomandita
semplice, e    gli    enti    soggetti   all'imposta sul reddito delle persone
giuridiche, nonche'   i pubblici ufficiali nei casi in cui e' richiesto l'atto
pubblico.                                                                     
        L'inadempimento di   tale  obbligo era sanzionato dall'art. 53, ultimo
comma, di   tale decreto con la piu' lieve pena pecuniaria da lire centomila a
lire unmilione   e,   pertanto,   la nuova norma non puo' trovare applicazione
retroattiva.                                                                  
        Sono altresi'   sanzionabili, ai sensi della disposizione in commento,
le violazioni   concernenti la mancata o tardiva consegna delle certificazioni
previste dall'art.  7-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero il rilascio delle
certificazioni con   dati   incompleti   o non veritieri da parte dei soggetti
indicati nel    titolo    terzo    del    D.P.R.    n. 600 del 1973, obbligati
all'effettuazione delle   ritenute   alla   fonte sulle somme o valori da essi
corrisposti.                                                                  
        In materia  di IVA rientra, per esempio, nella previsione normativa in
esame l'omessa   presentazione, entro il termine previsto, del mod. IVA-26-bis
con il   quale  gli enti o societa' controllanti sono tenuti a comunicare agli
uffici le variazioni dei dati richiesti nelle dichiarazioni di cui all'art. 3,
comma 4, del D.M. 13 dicembre 1979, intervenute nel corso dell'anno.          
        Naturalmente, non rientrano nell'ambito applicativo della disposizione
in commento   quelle   violazioni di obblighi di comunicazione per le quali la
legge che li prevede disponga, contestualmente, una specifica sanzione.       
4.3 Compensazione di partite.                                                 
        Il comma   2   dell'art.   11   prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa da   lire   cinquecentomila  a lire quattro milioni quando sono
state effettuate   compensazioni  di partite in violazione alle previsioni del
codice civile ovvero in caso di mancata evidenziazione nell'apposito prospetto
di cui agli articoli 3 e 5 del D.P.R. n. 600 del 1973, nel quale devono essere
indicati, qualora non risultanti dal bilancio, i ricavi, i costi, le rimanenze
e gli altri elementi necessari per la determinazione del reddito d'impresa.   
        La predetta   sanzione e' applicabile solo nel caso in cui il compenso
di partite non determini un'infrazione piu' gravemente punita.                
        Rispetto alla   previgente  previsione di cui all'art. 2, comma 6-bis,
del D.L.   27   aprile 1990, n. 90, convertito con modificazioni dalla Legge 6
giugno 1990,   n.   165,   sono state ridotte le misure minime e massime della
sanzione (da   lire   cinquecentomila   a lire quattromilioni anziche' da lire
novecentomila a lire novemilioni).                                            
        La nuova   previsione, in quanto piu' favorevole, si rendera' pertanto
applicabile anche alle violazioni commesse fino al 31 marzo 1998, in base alle
disposizioni contenute   negli   articoli   3, comma 3, e 25, commi 1 e 2, del
d.lgs. n. 472 del 1997.                                                       
4.4 Violazioni in materia di agevolazioni.                                    
        Il comma    3    dell'art.   11 disciplina una particolare fattispecie
sanzionatoria riguardante     le     agevolazioni     concesse   dal Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato alle piccole e medie imprese,
ai sensi della legge 5 ottobre 1991, n. 317.                                  
        La norma   prevede,   in caso di revoca delle agevolazioni concesse ai
sensi della   predetta   legge  n. 317 del 1991, l'applicazione della sanzione
amministrativa dal   cinquanta   al  cento per cento dell'intero ammontare dei
crediti di   imposta   e dei contributi in conto capitale dei quali le imprese
abbiano indebitamente fruito.                                                 
        Al riguardo,   si evidenzia che l'art. 13, comma 2, della legge n. 317
del 1991 prevedeva l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria in
misura da   due   a   quattro   volte   l'importo dei crediti di imposta o dei
contributi in conto capitale indebitamente fruiti.                            
        La nuova   previsione, in quanto piu' favorevole, si rendera' pertanto
applicabile anche alle violazioni commesse fino al 31 marzo 1998, in base alle
disposizioni contenute   negli   articoli   3, comma 3, e 25, commi 1 e 2, del
d.lgs. n. 472 del 1997.                                                       
4.5 Violazioni relative agli elenchi Intrastat.                               
           L'art. 11,   comma4,   del  d.lgs. n. 471 detta la nuova disciplina
sanzionatoria delle violazioni relative agli    elenchi riepilogativi    (c.d.
elenchi INTRASTAT),   di   cui all'art. 50, comma 6, del D.L. n. 331 del 1993,
convertito in   legge   n.   42 del 1993, che i soggetti che effettuano scambi
intracomunitari sono   tenuti   a presentare agli uffici doganali, con cadenza
differenziata (mensile,   trimestrale   o  annuale) in relazione all'ammontare
delle operazioni intracomunitarie effettuate annualmente, utilizzando stampati
conformi ai   modelli   INTRA-1 (per le cessioni) e INTRA-2 (per gli acquisti)
approvati con il D.M. 21 ottobre 1992.                                        
        Prima di analizzare le nuove disposizioni, sembra opportuno passare in
rassegna, sia   pure  brevemente, quelle contenute nella previgente normativa,
recata dall'art.   34   del D.L. n. 41 del 1995 convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 85 del 1995 (in vigore dal 24 febbraio 1995 al 31 marzo 1998). 
Dal confronto   delle  due discipline risultera' chiaro che le sanzioni di cui
all'art. 11,   comma 4, sono quasi sempre meno gravose delle precedenti e che,
pertanto, le   stesse   possono   trovare applicazione anche per le violazioni
commesse prima   del   1  aprile 1998, sempreche' si verifichino le condizioni
richieste dall'art. 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472.                       
4.5.1 Regime sanzionatorio previsto dall'art. 34 del D.L. n. 41 del 1995.     
        Nella disciplina    sanzionatoria    degli    elenchi INTRASTAT recata
dall'art. 34   del D.L. n. 41 del 1995 era possibile enucleare diverse ipotesi
di violazioni.                                                                
        Una prima   fattispecie,   prevista   dal comma 2 di tale articolo, si
realizzava quando   il contribuente, invece di presentare l'elenco nei termini
previsti dalla    legge,    vi    provvedeva  spontaneamente nei trenta giorni
successivi. In   tal   caso,  la sanzione applicabile per la tardivita' era la
soprattassa pari  al venti per cento della pena pecuniaria minima (pari quindi
a lire duecentomila).                                                         
        I trenta   giorni   successivi   alla scadenza costituivano un termine
dilatorio incondizionatamente   usufruibile   dagli interessati. Detto termine
doveva, pertanto,   decorrere inutilmente e per intero prima che gli organi di
controllo potessero assumere iniziative.                                      
        Scaduto invano    il    citato    termine di trenta giorni, gli uffici
abilitati a   ricevere  gli elenchi o incaricati del controllo, prima di poter
contestare l'omissione,    erano    tenuti    ad  inviare richiesta scritta ai
contribuenti con l'invito a presentare l'elenco entro un termine non inferiore
a trenta   giorni.   A  questo punto, in caso di presentazione dell'elenco nel
termine indicato   nell'invito,   si rendeva applicabile la pena pecuniaria da
lire unmilione   a  lire quattromilioni (lo stesso dicasi per la presentazione
spontanea con ritardo superiore a trenta giorni dalle prescritte scadenze). In
caso contrario,   cioe'   di   persistenza nell'inadempimento, la misura della
sanzione si  raddoppiava e variava, quindi, da un minimo di lire duemilioni ad
un massimo di lire ottomilioni.                                               
        Da notare che tutte le penalita' suddette si rendevano dovute per ogni
elenco non   presentato   a   tempo   debito   e che, comunque, era ammessa la
definizione in   via   breve della contestazione ex art. 58, quarto comma, del
D.P.R. n. 633.                                                                
        Una seconda   fattispecie sanzionabile, prevista dal comma 3 dell'art.
34, si    configurava    per    l'avvenuta presentazione di elenchi contenenti
irregolarita' rilevanti   ed   imputabili  al contribuente. Verificandosi tale
ipotesi, si    rendeva    applicabile    una  specifica sanzione per ogni riga
dell'elenco in     cui     si     riscontrava   l'omissione, l'irregolarita' o
l'inesattezza. Anche   in   questo   caso,   tuttavia, gli uffici non potevano
contestare immediatamente    gli    addebiti    ma dovevano prima invitare gli
interessati a   rimuovere   le  irregolarita' entro un termine non inferiore a
trenta giorni.                                                                
        L'avvenuta regolarizzazione     nel     termine   indicato nell'invito
comportava l'applicazione  di una pena pecuniaria da lire cinquantamila a lire
duecentomila per ciascuna riga corretta od integrata senza pero' che l'importo
complessivo massimo    potesse    superare    lire  quattromilioni. In caso di
inottemperanza all'invito, la penalita' si raddoppiava e, pertanto, variava da
lire centomila  a lire quattrocentomila per ogni riga omessa o non debitamente
compilata, con un importo complessivo massimo di lire ottomilioni.            
        Ovviamente l'avvenuta irrogazione delle penalita' previste dal comma 2
dell'art. 34   non   escludeva   che   potessero essere applicate anche quelle
contemplate nel comma successivo.                                             
        Cio' avveniva,    per    esempio,    nel caso di elenco spontaneamente
presentato nei   trenta   giorni  successivi alla scadenza, ma con omissioni o
irregolarita' tali    da    rendere    necessario   l'invito dell'ufficio alla
regolarizzazione oppure   nel   caso   in  cui alla richiesta di presentazione
dell'elenco il    contribuente    avesse   ottemperato in maniera incompleta o
imperfetta in   modo  tale da indurre l'ufficio a reiterare l'invito, stavolta
per chiedere l'integrazione o la correzione del modello.                      
        La terza   ed   ultima   fattispecie non contemplava l'applicazione di
sanzioni e si realizzava quando:                                              
- il   contribuente  provvedeva spontaneamente, nei trenta giorni successivi a
  quelli in    cui   aveva   presentato l'elenco, a rettificarlo od integrarlo
  (art. 34, comma 3, ultimo periodo, aggiunto in sede di conversione);        
- i   dati   mancanti   od   omessi   erano privi di rilevanza e l'interessato
  provvedeva, comunque,    alla    regolarizzazione   entro il termine fissato
  dall'ufficio (art. 34, comma 3, penultimo periodo);                         
- le    omissioni    o   inesattezze riscontrate potevano essere regolarizzate
  direttamente dall'ufficio (art. 34, comma 1, primo periodo).                
4.5.2 Regime sanzionatorio in vigore dal 1 aprile 1998.                       
        L'art. 11,   comma  4, del d.lgs. n. 471 dispone, invece, che l'omessa
presentazione degli   elenchi  INTRASTAT ovvero la loro incompleta, inesatta o
irregolare compilazione   sono punite con la sanzione da lire unmilione a lire
duemilioni per ciascuno di essi, ridotta a meta' nel caso di presentazione nel
termine di   trenta   giorni  dalla richiesta inviata dagli uffici abilitati a
riceverli o   incaricati   del loro controllo. La sanzione non si applica se i
dati mancanti   o   inesatti   vengono integrati o corretti anche a seguito di
richiesta.                                                                    
        A) Omessa o tardiva presentazione.                                    
        Ove si    tengano    presenti   anche le disposizioni sul ravvedimento
contenute nell'art. 13 del d.lgs. n. 472, si possono, anzitutto, verificare le
due ipotesi seguenti:                                                         
presentazione spontanea  dell'elenco entro tre mesi dalla scadenza dei termini
previsti:                                                                     
- la   violazione   si   intende regolarizzata ed e' esclusa l'applicazione di
  sanzioni (art.13, comma 4);                                                 
- presentazione  spontanea dell'elenco entro il termine di presentazione della
  dichiarazione annuale   relativa   all'anno   nel   corso del quale e' stata
  commessa la   violazione:   la   regolarizzazione  comporta, entro lo stesso
  termine, il  pagamento della sanzione ridotta di lire centosessantasettemila
  (art. 13, comma 1, lett. b).                                                
        Si ricorda   che  la possibilita' di regolarizzare e' subordinata alla
circostanza che,   decorsi   gli  ordinari termini previsti dalla legge per la
presentazione del  modello, non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o
altre attivita'  amministrative (es. inviti a presentare l'elenco) delle quali
gli interessati abbiano avuto formale conoscenza.                             
        Scaduti gli  anzidetti ordinari termini, gli uffici possono, comunque,
provvedere immediatamente   ad  inviare formale richiesta di presentazione del
modello, avvertendo  il trasgressore che, ottemperando all'invito entro trenta
giorni, beneficera' della riduzione a meta' della sanzione.                   
        Se il   contribuente adempie, si rende applicabile la sanzione da lire
cinquecentomila a lire unmilione. La stessa misura e' dovuta, ovviamente (anzi
a maggior   ragione),   qualora   la  presentazione, ancorche' tardiva avvenga
spontaneamente senza, peraltro, che si perfezioni il ravvedimento.            
        Se l'interessato,   invece, lascia scadere infruttuosamente il termine
di trenta   giorni,  la sanzione  dovuta puo' variare da lire unmilione a lire
duemilioni.                                                                   
        Essendo, come   si   vede,   le nuove misure piu' favorevoli di quelle
precedenti, esse   trovano  applicazione retroattiva (principio del favor rei)
purche' non   siano   gia' intervenuti provvedimenti di irrogazione definitivi
(art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 472).                                        
        Da tener   presente,   poi,   che nel caso di piu' violazioni si rende
applicabile l'istituto   del concorso di cui all'art. 12, comma 1, del decreto
appena citato   e   che,  avvenuta la contestazione, la relativa pendenza puo'
essere definita   con   il   pagamento,   entro sessanta giorni dalla notifica
dell'atto di   contestazione,   di un quarto della sanzione irrogata (art. 16,
comma 3, stesso decreto).                                                     
        B) Presentazione di modello irregolare.                               
        Nell'ipotesi in   cui   vengano  presentati elenchi INTRASTAT con dati
mancanti o   inesatti,  gli uffici abilitati a riceverli o incaricati del loro
controllo possono  immediatamente inviare agli interessati formale invito alla
regolarizzazione fissando un termine per l'adempimento.                       
        Anche se  la legge non stabilisce la durata minima di tale termine, si
ritiene opportuno che venga concesso un limite di almeno trenta giorni.       
        Ove l'interessato aderisca all'invito, provvedendo nel termine fissato
dall'ufficio ad  integrare i dati mancanti e a correggere quelli inesatti, non
si rende    dovuta    alcuna    sanzione,  indipendentemente dalla circostanza
(rilevante secondo  la previgente normativa) che tali dati siano di secondaria
importanza o   non   imputabili  al contribuente. Tale disposizione si applica
anche retroattivamente,    in    applicazione    del  principio del favor rei,
considerato che,   in  passato, in una evenienza del genere era applicabile la
pena pecuniaria   da   lire   cinquantamila  a lire duecentomila per ogni rigo
corretto o   integrato.   Gli   uffici  provvederanno, pertanto, a definire le
controversie pendenti   secondo  le modalita' indicate al precedente punto 2.6
del capitolo secondo. La retroattivita' non opera tuttavia se il provvedimento
di irrogazione  della sanzione sia divenuto definitivo prima del 1 aprile 1998
(art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 472).                                        
        Se il   contribuente non ottempera all'invito o lo fa oltre il termine
fissato e' punito con la sanzione da lire unmilione a lire duemilioni per ogni
elenco non   regolarizzato.   Poiche'   nella stessa fattispecie la previgente
normativa stabiliva,   come si e' detto, l'applicazione di una pena pecuniaria
da lire   centomila   a   lire   quattrocentomila   per ogni riga omessa o non
debitamente compilata   occorrera', in caso di violazioni commesse prima del 1
aprile 1998,    individuare    in    concreto  le sanzioni piu' favorevoli, in
applicazione del principio del favor rei.                                     
        Anche per    le    violazioni    in  questione puo' ovviamente trovare
applicazione l'istituto   del   ravvedimento  e del concorso di cui si e' gia'
detto.                                                                        
4.5.3 Quadro sinottico.                                                       
        Ai fini di una pronta consultazione da parte degli organi             
verificatori, si riporta qui di seguito un quadro sinottico che evidenzia le  
differenze tra la nuova e la previgente normativa in materia:                 
------------------------------------------------------------------------------
Art. 34 D.L. n. 41/1995 conv. legge n. 85/1995                                
(in vigore dal 24/02/1995 al                                                  
31/03/1998)                                  Art. 11, comma 4, d.lgs. n. 471  
                                              (in vigore dal 1 aprile 1998)   
----------------------------------------------------------------------------- 
Presentazione spontanea entro 30 giorni                                       
dalla prevista scadenza: soprattassa di                                       
lire 200.000 per elenco                                                       
                                            Presentazione spontanea entro 3   
                                            mesi dalla prevista scadenza:     
                                            nessuna sanzione (favor rei)      
------------------------------------------------------------------------------
resentazione tardiva ma entro il termine                                      
fissatodall'ufficio:pena pecuniaria da                                        
lire 1.000.000 a lire 4.000.000 per                                           
elenco                                      Presentazione tardiva ma entro il 
                                            termine fissato dall'ufficio:     
                                            sanzione da lire 500.000 a lire   
                                            1.000.000 per elenco (favor rei)  
------------------------------------------------------------------------------
Omessa presentazione nel termine fissato                                      
dall'ufficio: pena pecuniaria da lire                                         
2.000.000 a lire 8.000.000 per elenco       Omessa presentazione nel termine  
                                            fissato dall'ufficio: sanzione da 
                                            lire 1.000.000 a lire 2.000.000   
                                            per elenco (favor rei)            
------------------------------------------------------------------------------
Regolarizzazione di elenco contenente errori,                                 
omissioni o inesattezze, entro il termine                                     
fissato dall'ufficio: pena pecuniaria da                                      
lire 50.000 a lire 200.000 per                                                
ciascuna riga corretta o integrata, con un                                    
massimo di lire 4.000.000                    Regolarizzazione di elenco       
                                             contenente errori, omissioni o   
                                             inesattezze, entro il termine    
                                             fissato dall'ufficio:            
                                             nessuna sanzione (favor rei).    
------------------------------------------------------------------------------
Mancata regolarizzazione dell'elenco nel                                      
termine fissato dall'ufficio: pena                                            
pecuniaria da lire 100.000 a lire 400.000                                     
per ciascuna rigaerrata, omessa o                                             
inesatta, con un massimo di lire                                              
8.000.000                                 Mancata regolarizzazione dell'elenco
                                          nel termine fissato dall'ufficio:   
                                          sanzione da lire 1.000.000 a lire   
                                          2.000.000 per elenco (favor rei     
                                          eventuale)                          
------------------------------------------------------------------------------
a) Regolarizzazione spontanea entro 30                                        
giorni dalla presentazione dell'elenco;                                       
b) Regolarizzazione di dati mancanti o                                        
inesatti privi di rilevanza o non                                             
imputabili al contribuente;                                                   
c)Regolarizzazione eseguita direttamente                                      
dall'ufficio:                                                                 
nessuna sanzione                                                              
                                        a) Regolarizzazione spontanea entro 30
                                           giorni dalla presentazione         
                                           dell'elenco;                       
                                        b) Regolarizzazione di dati mancanti  
                                           o inesatti privi di rilevanza o non
                                           imputabili al contribuente;        
                                        c) Regolarizzazione eseguita          
                                           direttamente dall'ufficio;         
                                           nessuna sanzione                   
------------------------------------------------------------------------------
4.5.4 Violazioni commesse prima del 24 febbraio 1995                          
             Sembra opportuno   far  presente che prima dell'entrata in vigore
dell'art. 34   del   D.L.   n. 41 del 1995 le violazioni in materia di elenchi
INTRASTAT  venivano sanzionate, ai sensi dell'art. 45, terzo comma, del D.P.R.
n. 633,   con   la  pena pecuniaria da lire duemilioni a lire ventimilioni per
ciascun elenco   non   presentato  o contenente dati incompleti o inesatti. La
sanzione poteva   essere   ridotta fino a lire quattrocentomila (un quinto del
minimo) se   i   dati   mancanti o inesatti erano di scarsa rilevanza. La pena
pecuniaria, poi, non si applicava se i dati mancanti o inesatti erano privi di
rilevanza o,    comunque,    se    il  contribuente provvedeva ad integrarli o
rettificarli entro il mese successivo a quello di presentazione.              
        E' chiaro,  quindi, che per le violazioni commesse fino al 23 febbraio
1995 e  non ancora definite, ai fini dell'applicazione del principio del favor
rei, il   raffronto  tra le sanzioni dovra' essere effettuato tenendo conto di
tutte le disposizioni succedutesi nel tempo.                                  
4.5.5 Violazioni statistiche                                                  
        Com'e' noto,   oltre  ai dati fiscali, negli elenchi INTRASTAT mensili
devono essere    indicati    anche    dati  aventi esclusiva rilevanza ai fini
statistici. Tale   indicazione   riguarda   le   colonne da 6 a 15 dell'elenco
acquisti e   le colonne da 5 a 13 dell'elenco cessioni. A partire dal 1998 non
occorre piu'   indicare   il   valore  statistico (col. 10) per i soggetti che
nell'anno precedente abbiano effettuato acquisti intracomunitari per un valore
inferiore a  lire tremiliardi e mezzo, ovvero cessioni intracomunitarie per un
valore inferiore a lire settemiliardi.                                        
        Le violazioni    relative    ai   dati statistici continuano ad essere
sanzionate ai   sensi dell'art. 34, comma 5, del D.L. n. 41 del 1995, il quale
dispone che   per   l'omissione   o le inesattezze in materia si applicano "le
sanzioni amministrative   stabilite dall'articolo 11 del decreto legislativo 6
settembre 1989, n. 322, i cui limiti edittali sono ridotti alla meta' nei casi
di ottemperanza  all'invito di cui al comma 1; si applicano le disposizioni di
cui all'ultimo  periodo del comma 2 e gli ultimi due periodi del comma 3 per i
casi ivi previsti".                                                           
        Per comodita'   di   consultazione, si riporta di seguito un prospetto
riepilogativo delle  sanzioni stabilite per le violazioni statistiche commesse
nel periodo dal 24 febbraio 1995 al 31 marzo 1998                             
                      SANZIONI DI NATURA STATISTICA                           
                    (ART. 11 D.LGS. 6 SETTEMBRE  1989, N. 322)                
VIOLAZIONE                                    SANZIONE                        
Omissione o inesattezze dei dati          Persone fisiche: da L. 400.000 a    
                                          L. 4 milioni                        
                                          Enti e societa': da L. 1 milione a  
                                          L. 10 milioni                       
Omissioni o inesattezze dei dati,                                             
purche' integrati nel termine fissato                                         
dall'ufficio                             Persone fisiche: da L. 200.000 a     
                                         L. 2 milioni                         
                                         Enti e societa': da L. 500.000 a     
                                         L. 5 milioni                         
Presentazione degli elenchi entro 30                                          
giorni dalla scadenza                    Persone fisiche: L. 80.000           
                                         Enti e societa': L. 200.000          
Dati mancanti o inesatti privi di                                             
rilevanza o non imputabili al contribuente,                                   
purche' integrati o corretti spontaneamente                                   
o a seguito di comunicazione dell'ufficio     NESSUNA SANZIONE                
Rettifica spontanea entro 30 giorni dalla                                     
presentazione degli elenchi                   NESSUNA SANZIONE                
    Da ultimo,  si fa presente che dal 1 aprile 1998 le disposizioni di cui ai
commi 2   e 3 dell'art. 34 sono state abrogate e che pertanto la riduzione (al
20 per   cento del minimo) e le esimenti previste dagli ultimi due periodi del
comma 3 di tale articolo non sono piu' applicabili.                           
4.6 Violazioni relative agli apparecchi per l'emissione di scontrini fiscali  
        La previgente  normativa in materia di scontrini fiscali, recata dalla
legge 26   gennaio   1983,   n.   18, non contemplava l'applicazione di alcuna
sanzione di   carattere  pecuniario nei confronti di chi, essendovi obbligato,
omette di   installare   nei   locali  in cui svolge la propria attivita', gli
speciali registratori di cassa per l'emissione di detti scontrini.            
        L'art. 2,   comma nono, della suddetta legge n. 18 prevedeva soltanto,
in relazione   all'illecito   in   questione,  l'applicazione di una penalita'
accessoria (da    taluni    non    definita   tale, in mancanza della sanzione
principale) consistente  nella sospensione della licenza o dell'autorizzazione
all'esercizio dell'attivita'   per   un periodo non inferiore a quindici e non
superiore a sessanta giorni.                                                  
        L'art. 11,   comma   5, del d.lgs. n. 471, ha invece introdotto per la
violazione dell'omessa installazione la sanzione pecuniaria da lire duemilioni
a lire   ottomilioni,   mentre   il  successivo art. 12, comma 3, ripropone la
sanzione accessoria,   confermativa,  anche nella durata, della precedente. Di
quest'ultima sanzione   si   dira'  in maniera piu' approfondita al successivo
paragrafo 5.                                                                  
        Sempre in  materia di apparecchi misuratori fiscali e' da far presente
che l'art.  6, comma 3, ultimo periodo, del citato decreto legislativo dispone
che la   mancata   tempestiva  richiesta di intervento per la manutenzione del
registratore di cassa e' punito con la sanzione da lire cinquecentomila a lire
quattromilioni, ossia    con    una    misura  piu' gravosa rispetto alla pena
pecuniaria da    lire    quarantamila   a lire quattrocentomila prima prevista
dall'art. 8, secondo comma, della legge n. 18 del 1983.                       
        Al riguardo  va, tuttavia, precisato che la violazione in esame e' ora
sanzionabile autonomamente    solo    se    non    constano omesse annotazioni
nell'apposito registro    dei    corrispettivi,   sostitutivo dell'apparecchio
momentaneamente non funzionante. Pertanto, se vi sono state omesse annotazioni
e' dovuta solo la sanzione pari al cento per cento dell'imposta corrispondente
all'importo non   documentato (con un minimo di lire un milione) mentre quella
relativa alla mancata richiesta di manutenzione rimane assorbita.             
4.7 Violazioni del destinatario dello scontrino o della ricevuta fiscale      
         Il comma   6  dell'art. 11 del d.lgs. n. 471 ripropone la penalita' a
carico del   destinatario   dello   scontrino  o della ricevuta fiscale che, a
richiesta degli   organi   accertatori,   nel  luogo della prestazione o nelle
immediate adiacenze non sia in grado di esibire il documento.                 
        La sanzione   prevista   in   tali casi varia da lire centomila a lire
duemilioni e   si  applica anche se il documento esibito reca un corrispettivo
inferiore a  quello reale. Essa risulta piu' elevata rispetto a quella da lire
cinquantamila a   lire   duecentomila prevista dagli articoli 8, quinto comma,
della legge   n.   249  del 1976 e 2, terzo comma, della legge n. 18 del 1983,
anche se,   agli   effetti   pratici, e' da tenere presente la riduzione ad un
quarto di   cui  puo' usufruire l'interessato, ai sensi dell'art. 16, comma 3,
del d.lgs. n. 472.                                                            
        La richiesta   di   esibizione   del   documento da parte degli organi
accertatori puo'   essere   formulata   nei confronti del cliente fruitore del
servizio o   all'interno  dell'esercizio in cui e' stata resa la prestazione o
nelle immediate adiacenze.                                                    
        Relativamente alla   dizione   "immediate vicinanze", va ricordato che
essa, come   chiarito   con  la circolare n. 25 del 13 giugno 1980, implica un
rapporto di  immediatezza temporale e spaziale tra il comportamento addebitato
e la constatazione di esso, per cui quest'ultima puo' avvenire anche fuori dal
luogo dove   la  prestazione e' stata eseguita ma in luoghi i quali assicurino
che la   constatazione   stessa avvenga immediatamente dopo l'uscita del luogo
dove la   prestazione   e' stata eseguita. Quanto, poi, all'espressione "luogo
della prestazione" si rammenta che essa, come precisato con la circolare n. 48
del 23  dicembre 1980, deve essere intesa in senso generico e, quindi, sia con
riferimento alla cessione di beni che alla prestazione di servizi.            
4.8 Violazioni dei pubblici uffici in materia di acquisti intracomunitari     
        Com'e' noto, l'art. 53, comma 3, del D.L. n. 331 del 1993, dispone che
i pubblici   uffici non possono procedere all'immatricolazione, all'iscrizione
in pubblici registri o all'emanazione di provvedimenti equipollenti relativi a
mezzi di   trasporto   nuovi,   oggetto   di acquisto intracomunitario, se gli
obblighi relativi   all'applicazione  dell'imposta non risultano adempiuti. Lo
stesso comma    prevede,    inoltre,    che  i pubblici uffici cooperano con i
competenti uffici   dell'Amministrazione  finanziaria per il reperimento degli
elementi utili   ai fini dell'accertamento dell'IVA dovuta, della legittimita'
del rimborso   (spettante   al   momento della cessione, dell'IVA compresa nel
prezzo d'acquisto),    della    repressione   delle violazioni nonche' ai fini
dell'accertamento della sussistenza dei requisiti che qualificano come nuovi i
mezzi di trasporto.                                                           
        In caso  di mancata osservanza delle prescrizioni suddette, l'art. 11,
comma 7,    del    d.lgs.    n.    472 stabilisce a carico dei pubblici uffici
responsabili l'applicazione   di   una sanzione da lire cinquecentomila a lire
quattromilioni.                                                               
5. SANZIONI ACCESSORIE                                                        
        Alle specifiche  sanzioni pecuniarie previste in via principale per le
violazioni in   materia   di   imposte dirette e IVA, esaminate in precedenza,
possono aggiungersi,   ai   sensi  dell'art. 12 del d.lgs. n. 471, le sanzioni
accessorie che   consistono, in genere, in temporanee limitazioni di facolta',
poteri o   status   inerenti  alla sfera giuridica del soggetto che ne subisce
l'applicazione e   che   hanno   la funzione di rendere piu' incisiva l'azione
amministrativa volta   a  contrastare taluni illeciti ritenuti particolarmente
pericolosi.                                                                   
        Per quanto   concerne   il   tipo di conseguenza punitiva in cui dette
sanzioni accessorie   si   sostanziano,   si rimanda all'elencazione contenuta
nell'art. 21 del d.lgs. n. 472.                                               
        In ordine, invece, ai presupposti di applicazione stabiliti dal citato
art. 12, si ritiene utile operare una distinzione di massima a seconda che, ai
fini dell'applicabilita'   della norma che dispone la sanzione accessoria, non
si richieda   ovvero   sia   necessaria  l'avvenuta irrogazione della sanzione
principale e   a   seconda    che la sanzione principale medesima debba o meno
essere stata applicata in via definitiva.                                     
        La distinzione anzidetta assume particolare rilevanza, come si vedra',
soprattutto agli   effetti   del computo del termine di decadenza previsto per
l'applicazione delle sanzioni di cui trattasi.                                
5.1 Sanzioni    accessorie    che   presuppongono l'avvenuta irrogazione della
sanzione principale.                                                          
A) Iniziando la disamina delle sanzioni accessorie il cui presupposto (minimo)
di applicabilita'  e' costituito dalla irrogazione di una sanzione principale,
va esaminata   anzitutto  la previsione contenuta nel comma 1 dell'art. 12, in
virtu' della   quale   deve   essere  applicata, a seconda dei casi, una delle
sanzioni accessorie di cui al citato art. 21 del d.lgs. n. 472, per un periodo
da uno   a tre mesi, alla duplice condizione che la sanzione irrogata superi i
centomilioni e   quella   edittale prevista per la piu' grave delle violazioni
accertate non   sia   inferiore   nel minimo a ottanta milioni e nel massimo a
centosessanta milioni. La durata delle sanzioni accessorie puo' essere elevata
fino a sei mesi, se quella principale sia stata irrogata in misura superiore a
lire duecentomilioni   e   quella   edittale  prevista per la piu' grave delle
violazioni accertate non sia inferiore nel minimo a centosessanta milioni.    
        Poiche' il   presupposto di applicazione (a parte quello relativo alle
misure edittali)   e' costituito, come si e' detto, dalla semplice irrogazione
della sanzione  pecuniaria e non dalla intervenuta definitivita' della stessa,
la norma   di   cui   al comma 1 dell'art. 12 e' destinata ad operare anche se
l'atto di    irrogazione    sia    stato  impugnato e sia pendente la relativa
controversia.                                                                 
        Tuttavia, come   espressamente   previsto   dall'art. 16, comma 3, del
d.lgs. n.   472  del 1997, l'irrogazione delle sanzioni accessorie e' impedita
dalla definizione   agevolata delle sanzioni principali. Il predetto principio
riveste portata   generale e quindi l'irrogazione delle sanzioni accessorie e'
preclusa non   solo   nelle   ipotesi  di definizione agevolata della sanzione
principale  ai   sensi  degli  articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del d.lgs.
n. 472, ma anche in quelle di definizione del procedimento di accertamento del
tributo, ai sensi degli articoli 1 e 15 del d.lgs. n. 218 del 1997.           
        Tanto chiarito,  si fa peraltro presente che gia' nello stesso atto di
contestazione della   sanzione  principale puo' essere determinata la sanzione
accessoria, con   l'individuazione   del   soggetto  destinatario, del tipo di
sanzione e  della durata della stessa, con l'avvertenza che il pagamento di un
quarto della  sanzione pecuniaria indicata nell'atto rende priva di effetto la
comunicazione relativa   alla   misura   accessoria.  Ove siano state proposte
deduzioni difensive  contro l'atto di contestazione, l'ufficio procede, se del
caso, ad   irrogare   sia  la sanzione principale che quella accessoria con lo
stesso  provvedimento,  nel  termine fissato dall'art. 16, comma 7, del d.lgs.
n. 472,   avendo cura di motivare il provvedimento stesso anche in ordine alle
deduzioni. In   mancanza   di  definizione agevolata o di deduzioni difensive,
l'atto di  contestazione puo' essere impugnato entro sessanta giorni dalla sua
notificazione, in   quanto  e' da considerare provvedimento di irrogazione sia
per la sanzione principale che per quella accessoria.                         
        Analogamente e'  possibile procedere con l'avviso di accertamento o di
rettifica, irrogando,    contestualmente    a   quella principale, la sanzione
accessoria. In   tal   caso, com'e' ovvio, l'efficacia della irrogazione della
misura accessoria rimane subordinata al decorso del termine di sessanta giorni
previsto per   la   definizione   agevolata  della sanzione pecuniaria, di cui
all'art. 17,   comma  2, del d.lgs. n. 472, ovvero dei termini previsti per la
definizione del procedimento di accertamento del tributo, di cui agli articoli
1 e 15 del d.lgs. n. 218 del 1997.                                            
        In ogni   caso,  e' da tenere presente che la sanzione accessoria puo'
essere eseguita   solo   dopo  che il provvedimento di irrogazione e' divenuto
definitivo, come prevede espressamente l'art. 19, comma 7, del d.lgs. n. 472. 
        Dopo le  suddette indicazioni di carattere essenzialmente procedurale,
sembra opportuno    far    notare    che    gli  istituti del concorso e della
continuazione di   cui   all'art.  12 del d.lgs. n. 472, influenzano, sia pure
indirettamente, l'applicazione della sanzione accessoria di cui trattasi.     
Essa, infatti,   e'   condizionata,   tra l'altro, dall'entita' della sanzione
principale, determinata  in concreto anche in relazione a piu' tributi, tenuto
conto appunto dei criteri previsti dal citato art. 12.                        
        Per quanto riguarda, poi, l'individuazione della tipologia di sanzione
accessoria da   applicare   in   concreto tra quelle elencate nell'art. 21 del
d.lgs. n.    472,    essa    dipende  dal soggetto responsabile della sanzione
principale. Cosi',   per esempio, se si tratta di un amministratore, sindaco o
revisore di societa', la misura accessoria sara' quella di cui alla lettera a)
dell'art. 21,   se   il   responsabile e' un soggetto titolare di una licenza,
concessione o  autorizzazione amministrativa, sara' quella di cui alla lettera
b) e cosi' via.                                                               
        Si fa presente, infine, che nell'ipotesi di concorso di persone di cui
all'art. 9 del d.lgs. n. 472 e' configurabile la contemporanea applicazione di
sanzioni accessorie diverse.                                                  
B) Il presupposto dell'avvenuta irrogazione della sanzione principale e' anche
richiesto per   l'applicazione   della  misura accessoria prevista dal comma 4
dell'art. 12.                                                                 
        Dispone tale   norma   che  in caso di recidiva delle violazioni degli
obblighi degli   operatori finanziari (previsti in via principale dall'art. 10
del d.lgs.   n.   471)  l'autore delle medesime e' interdetto dalle cariche di
amministratore della banca, societa' o ente, per un periodo da tre a sei mesi.
        Anche con   riguardo   a   tale   norma  e' opportuno ricordare che la
definizione agevolata delle sanzioni principali impedisce l'applicazione della
pena accessoria, sia perche' in tal caso viene a mancare la recidiva, ai sensi
dell'art. 7,  comma 3, del d.lgs. n. 472, sia per effetto di quanto dispone il
gia' citato    art.    16,    comma    3, ultimo periodo, dello stesso decreto
legislativo.                                                                  
        Per quanto   concerne  gli aspetti procedurali, risulta chiaro che, in
questo caso,   la  possibilita' di determinare la pena accessoria nello stesso
atto di   contestazione   della sanzione principale (secondo quanto esposto al
precedente punto   A)   rimane subordinata alla circostanza che almeno uno dei
precedenti atti   di   contestazione, notificato al medesimo soggetto, non sia
stato  definito  in  via  agevolata ai sensi dell'art. 16, comma 3, del d.lgs.
n. 472.                                                                       
        In ogni    caso,    e'    indubbio    che  il termine di decadenza per
l'irrogazione della   sanzione in esame non puo' iniziare il suo decorso prima
che si sia verificata la recidivita'.                                         
5.2 Sanzioni   accessorie   che non presuppongono l'avvenuta irrogazione della
sanzione principale.                                                          
A) Tra   le   sanzioni accessorie che non hanno come presupposto indefettibile
l'irrogazione della   sanzione   principale va annoverata la sospensione della
licenza o     dell'autorizzazione     all'esercizio     dell'attivita', ovvero
all'esercizio dell'attivita' medesima, per un periodo da quindici giorni a due
mesi, disposta   dal   comma   2   dell'art.  12 in esame "qualora siano state
definitivamente accertate,    in    tempi    diversi,  tre distinte violazioni
dell'obbligo di   emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute
in giorni diversi nel corso di un quinquennio".                               
        Rispetto alla   previgente normativa disciplinante la materia (art. 8,
ottavo comma,   della   legge  10 maggio 1976, n. 249, e art. 2, quinto comma,
della legge   26   gennaio   1983,   n.   18) le misure minime e massime della
sospensione sono   state dalla nuova disposizione elevate, rispettivamente, da
tre a   quindici   giorni  e da un mese a due mesi. La nuova norma, inoltre, a
differenza della   precedente, prevede anche un'ipotesi aggravata (sospensione
da due   a   sei   mesi)   se   i  corrispettivi non documentati nel corso del
quinquennio eccedono   la   somma   di lire duecentomilioni (art. 12, comma 2,
ultimo periodo).                                                              
        La sanzione   accessoria di cui si discute va essenzialmente applicata
quand'anche il   soggetto   interessato   abbia   definito in via agevolata la
sanzione principale   e, di conseguenza, non sia stato possibile in precedenza
irrogare alcuna   pena accessoria. Ed invero, derogando dalla regola contenuta
nel piu'  volte citato art. 16, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 472, il
comma 2   dell'art.   12   del decreto n. 471 stabilisce che la sospensione e'
disposta "anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione
delle disposizioni  del decreto legislativo recante i principi generali per le
sanzioni amministrative in materia tributaria".                               
        Sotto questo   aspetto,  pertanto, nulla e' innovato rispetto a quanto
gia' disponevano  gli articoli 8, nono comma, della legge n. 249 del 1976 e 2,
sesto comma, della legge n. 18 del 1983.                                      
        Ai fini   della individuazione del dies a quo per il computo dell'arco
temporale entro il quale, ai fini dell'applicazione della sanzione accessoria,
le violazioni  devono essere state commesse, non puo' che farsi riferimento al
momento del   compimento della prima infrazione, risultando invece ininfluenti
tanto la  data di constatazione da parte degli organi verbalizzanti, quanto la
data del    pagamento    della    somma    dovuta per la definizione agevolata
dell'illecito.                                                                
        Partendo, quindi,   dalla   data   in   cui e' stata commessa la prima
violazione e   con   una   proiezione  temporale di cinque anni, perche' possa
scattare il   procedimento   di  sospensione, occorre che il medesimo soggetto
abbia commesso   -   in   tale lasso di tempo - almeno altre due infrazioni e,
inoltre, che tutte e tre le infrazioni siano state "definitivamente" accertate
in tempi diversi.                                                             
        La definitivita'  dell'accertamento - e' bene ricordarlo - interviene,
a parte   l'ipotesi   della   definizione   in  via breve, nel caso di mancata
impugnazione dell'atto  di contestazione o del provvedimento di irrogazione o,
ancora, quando si sia formato il giudicato in sede contenziosa.               
        E' importante   sottolineare  che la norma esige che le tre violazioni
siano state  accertate "in tempi diversi", con cio' significando che le stesse
siano state sanzionate distintamente, ricorrendo l'ipotesi dell'art. 12, comma
6, del    d.lgs.    n.472,    ossia   in mancanza dei presupposti previsti per
l'operativita' del concorso o della continuazione.                            
        In altre parole, se le tre sanzioni sono da cumulare giuridicamente in
applicazione degli  anzidetti istituti, il presupposto per l'irrogazione della
sanzione accessoria non viene a realizzarsi, a nulla rilevando che le relative
violazioni siano state commesse in giorni diversi.                            
        Con riguardo   all'identificazione   delle violazioni il cui reiterato
compimento comporta  l'applicazione della sanzione accessoria, va sottolineato
che devono   essere prese in considerazione non solo quelle aventi per oggetto
la mancata   emissione dei documenti, cui fa espresso riferimento la norma, ma
anche quelle    consistenti    nell'emissione   della ricevuta o scontrino con
corrispettivo inferiore a quello reale. Tale conclusione e' avvalorata sia dal
fatto che  tali ultime violazioni, per quanto concerne la sanzione pecuniaria,
sono equiparate    all'infrazione    di    mancata  emissione (cento per cento
dell'imposta corrispondente     all'importo     non    documentato), sia dalla
circostanza che  la piu' lunga durata della sospensione, prevista dal comma 2,
ultimo periodo, dell'art. 12, viene stabilita, come si e' detto, con esclusivo
riferimento all'entita'   del   corrispettivo   non  documentato nel corso del
quinquennio (superiore   ai duecento milioni) a nulla rilevando se tale limite
venga superato    per    effetto    della    mancata emissione del documento o
dell'emissione dello     stesso     con     inesatta  indicazione dell'importo
dell'operazione.                                                              
        Si osserva,   infine,  per quanto concerne il termine di decadenza per
l'irrogazione della  pena accessoria in esame, che il riferimento, ai fini del
computo dei   cinque anni, non puo' che essere costituito dalla data ultima in
cui si e' perfezionata la definitivita' delle tre violazioni.                 
B) Una   sanzione   accessoria   del tutto svincolata dalla applicazione della
sanzione principale   (della quale si e' accennato al precedente punto 4.6) e'
quella prevista dal comma 3 dell'art. 12.                                     
        Dispone tale   norma che, qualora sia accertata l'omessa installazione
degli apparecchi   misuratori previsti dall'art. 1 della legge n. 18 del 1983,
e' disposta   la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio
dell'attivita' nei   locali   ad   essa  destinati (cioe' i locali nei quali i
suddetti apparecchi   avrebbero   dovuto  essere installati) per un periodo da
quindici giorni a due mesi.                                                   
        Fin qui   la   disposizione   in   esame conferma quella previgente in
materia, contenuta   nell'art. 2, nono comma, della richiamata legge n. 18 del
1983.                                                                         
        Per altro  la nuova norma, a differenza di quella passata, attribuisce
specifica rilevanza   anche  al persistere della violazione, prevedendo che in
caso di recidiva la sospensione e' disposta da due a sei mesi.                
        Pur se   non espressamente sancito dalla nuova legge, la installazione
di apparecchi   misuratori   diversi  da quelli prescritti va considerata alla
stessa stregua   dell'omessa installazione, con quel che ne consegue in ordine
all'applicazione delle relative sanzioni.                                     
5.3 Sospensione o revoca di autorizzazioni                                    
        Si evidenzia  che il nuovo regime sanzionatorio, se non ha confermato,
non ha    certamente    fatto    venir   meno la potesta' dell'Amministrazione
finanziaria di    sospendere    o    revocare  le autorizzazioni in materia di
contrassegni, concesse ai sensi dell'art. 3 della legge 2 maggio 1976, n. 160,
o di   revocare   le   autorizzazioni  alla stampa o alla vendita di documenti
fiscali, concesse a tipografie e rivenditori ai sensi dell'art. 10 del D.M. 29
novembre 1978.                                                                
        Infatti, il   potere   di revoca e' insito in quello di autorizzazione
(dove esiste   l'uno   esiste necessariamente l'altro) e la sua permanenza non
aveva, quindi, bisogno di essere confermata.                                  
        Esercitando il   potere   di revoca, l'Amministrazione finanziaria non
irroga una    sanzione    accessoria    di    natura tributaria, atteso che le
autorizzazioni in  parola, come piu' volte chiarito in passato, non trovano il
proprio fondamento   giuridico   in   un   rapporto di carattere fiscale ma di
intuitus personae   che,   una   volta venuto meno, non puo' che comportare la
revoca dell'autorizzazione.                                                   
CAPITOLO QUARTO                                                               
SANZIONI IN MATERIA DI RISCOSSIONE                                            
        Il Titolo II del d.lgs. n. 471, costituito dagli articoli 13, 14 e 15,
disciplina unitariamente  le violazioni in materia di riscossione dei tributi,
precedentemente contemplate   nelle  singole leggi d'imposta o, in prevalenza,
nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.                                         
1. Omesso, insufficiente o tardivo versamento                                 
        L'art. 13,    con    previsione    di   carattere generale, disciplina
unitariamente le infrazioni degli obblighi di versamento dei tributi, soggette
ad una   sanzione  amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non
versato alle prescritte scadenze.                                             
        La sanzione del trenta per cento si applica in ogni ipotesi di mancato
pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto.           
        Sono espressamente   esclusi i casi di tributi per i quali e' prevista
in via   ordinaria la riscossione mediante iscrizione a ruolo, quali, a titolo
esemplificativo, la   tassa   per   lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e
l'I.R.Pe.F. relativa    ai    redditi    soggetti a tassazione separata, fatta
eccezione per   la quota che deve essere versata a titolo di acconto, ai sensi
dell'art. 1,   comma   3,  del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla
legge 28 febbraio 1997, n. 30.                                                
        Si evidenzia   che,   in caso di ripetute violazioni degli obblighi di
versamento, non  torna applicabile l'istituto del concorso di cui all'art. 12,
comma 1,   del   d.lgs.   n.   472, non trattandosi nella specie di infrazioni
formali. Pertanto,  la predetta misura del trenta per cento si rende dovuta su
ogni importo   non   versato   alle prescritte scadenze, senza possibilita' di
cumulare giuridicamente le singole sanzioni.                                  
        Le sanzioni   per  omesso, insufficiente o ritardato pagamento possono
essere irrogate   mediante iscrizione a ruolo e senza previa contestazione, ai
sensi dell'art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997.                      
        Come gia'   precisato  nella circolare n. 180/E del 10 luglio 1998, il
procedimento di  irrogazione immediata disciplinato dall'art. 17, comma 3, non
deve essere   obbligatoriamente   utilizzato   in tutte le ipotesi di omesso o
ritardato pagamento dei tributi. In particolare, e' necessario fare ricorso al
procedimento di   cui  all'art. 16 dello stesso d.lgs. n. 472 nelle ipotesi in
cui si  configuri che la violazione sia stata commessa con dolo o colpa grave,
essendo indispensabile    la    specifica   motivazione in ordine all'elemento
soggettivo.                                                                   
        Indipendentemente dal     procedimento     di  irrogazione utilizzato,
relativamente alle   sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi non
si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17,
comma 2, del d.lgs. n. 472.                                                   
        Si evidenzia,   peraltro,  che, con riferimento alle dichiarazioni che
saranno presentate   dal   1  gennaio 1999 (relative quindi sostanzialmente ai
periodi di   imposta  1998 e successivi), gli articoli 2 e 3 del d.lgs. n. 462
del 1997   prevedono   una  specifica modalita' di definizione agevolata delle
sanzioni per   omesso   o   ritardato   pagamento dei tributi risultanti dalle
dichiarazioni, anche   a   seguito   dei  controlli automatici e formali delle
stesse.                                                                       
        In particolare, l'ammontare della sanzione dovuta e' ridotta:         
- ad un terzo (e quindi al 10 per cento) nel caso in cui le somme dovute siano
  pagate entro   trenta  giorni dal ricevimento della comunicazione dell'esito
  della liquidazione  automatica effettuata ai sensi degli articoli 36-bis del
  D.P.R. n.   600   del   1973  e 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 (nei testi
  introdotti con gli articoli 13 e 14 del d.lgs. n. 241 del 1997);            
- ai   due   terzi  (e quindi al 20 per cento) nei casi in cui le somme dovute
  siano pagate    entro    trenta   giorni dal ricevimento della comunicazione
  dell'esito del   controllo  formale della dichiarazione, effettuato ai sensi
  dell'art. 36-ter   del   D.P.R.   n.  600 del 1973 (nel testo introdotto con
  l'art. 13 del d.lgs. n. 241 del 1997).                                      
        Cio'  premesso,  si  esaminano le disposizioni dell'art. 13 del d.lgs.
n. 471   con   riferimento  alle violazioni degli obblighi di versamento delle
imposte sui   redditi,   delle   ritenute alla fonte e dell'imposta sul valore
aggiunto.                                                                     
1.1 Imposte sui redditi                                                       
        La sanzione   del  trenta per cento e' applicabile nei casi di omesso,
insufficiente o   tardivo   versamento,   in  acconto o a saldo, delle imposte
risultanti dalla dichiarazione.                                               
        La nuova  misura e' inferiore a quella prevista dal previgente art. 92
del D.P.R.   n. 602 del 1973 (quaranta per cento) ed e' quindi applicabile, in
quanto piu'   favorevole,   anche  alle violazioni commesse prima del 1 aprile
1998, purche'   a tale data le stesse non siano state ancora contestate o sia,
comunque, in   corso  il procedimento irrogativo delle sanzioni, come previsto
dall'art. 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.                        
        Per le violazioni commesse fino al 31 marzo 1998 continuera' invece ad
applicarsi, in  quanto piu' favorevole, la sanzione del tre per cento prevista
dal citato   art. 92 del D.P.R. n. 602 del 1973 nei casi di versamento diretto
eseguito entro i tre giorni successivi a quello di scadenza.                  
        In presenza  di omessi o carenti versamenti in acconto o a saldo delle
imposte risultanti  dalla dichiarazione, la sanzione del trenta per cento deve
essere rapportata   alla   frazione   di   importo non versata alle rispettive
scadenze. E'   infatti previsto che, nei casi di omesso o carente versamento a
saldo, la   sanzione   e'   applicata sull'importo dovuto detratto l'ammontare
dell'acconto ancorche'  non versato. Identico procedimento deve essere seguito
anche nei   casi  di omesso o carente versamento dell'acconto quando lo stesso
deve essere   versato  in due rate. Quindi, diversamente dal passato, le somme
non versate   in   sede   di acconto o di primo acconto non confluiscono, agli
effetti punitivi,   nell'ammontare   delle somme dovute a titolo di saldo o di
secondo acconto per essere (in caso di omesso o carente pagamento a saldo o in
acconto) nuovamente assoggettate a sanzione.                                  
        Anche il   descritto   criterio di commisurazione della sanzione sugli
importi non  versati a titolo di acconto o di saldo opera retroattivamente, in
quanto piu' favorevole, sempre nel rispetto, ovviamente, delle disposizioni di
cui all'art. 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.                     
        La sanzione del trenta per cento si applica anche con riferimento alla
maggiore  imposta liquidata ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R.
n. 600 del 1973.                                                              
1.2 Ritenute alla fonte                                                       
        La sanzione   del  trenta per cento e' applicabile nei casi di omesso,
insufficiente o   tardivo   versamento  delle ritenute alla fonte da parte del
sostituto d'imposta.                                                          
        La nuova  misura e' inferiore a quella prevista dal previgente art. 92
del D.P.R.  n. 602 del 1973 (cinquanta per cento) ed e' quindi applicabile, in
quanto piu'   favorevole,   anche  alle violazioni commesse prima del 1 aprile
1998, purche'   a  tale data le stesse non siano state ancora contestate o sia
comunque in   corso   il procedimento irrogativo delle sanzioni, come previsto
dall'art. 25, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 472 del 1997.                        
        Per le violazioni commesse fino al 31 marzo 1998 continuera' invece ad
applicarsi, in  quanto piu' favorevole, la sanzione nella misura del dieci per
cento prevista   dal   citato   art. 92 del D.P.R. n. 602 del 1973 nei casi di
versamento diretto   eseguito   entro   i   tre  giorni successivi a quello di
scadenza.                                                                     
1.3 Imposta sul valore aggiunto                                               
        La sanzione   del  trenta per cento e' applicabile nei casi di omesso,
insufficiente o  tardivo versamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta in
base alle liquidazioni periodiche (mensili o trimestrali), a titolo di acconto
ed a titolo di conguaglio risultante dalla dichiarazione annuale.             
        Risulta, quindi,     notevolmente     mitigato    il previgente regime
sanzionatorio delle   violazioni   della  specie, contemplato dall'art. 44 del
D.P.R. n.   633 del 1972 che, com'e' noto, puniva con la soprattassa del cento
per cento   (riducibile   al  sessanta per cento in caso di pagamento eseguito
entro trenta giorni dal ricevimento dell'avviso da parte dell'ufficio) sia gli
omessi versamenti   periodici   che quelli relativi al conguaglio. Pertanto la
nuova misura,   in quanto piu' favorevole di quella passata, torna applicabile
anche per  le violazioni commesse prima del 1 aprile 1998, purche' a tale data
le stesse   non   siano   state ancora contestate o sia, comunque, in corso il
procedimento irrogativo   delle sanzioni secondo le prescrizioni dell'art. 25,
commi 1   e  2, del d.lgs. n. 472. A tal proposito si chiarisce che l'avvenuta
iscrizione a   ruolo  della soprattassa del cento per cento non e' di ostacolo
all'applicazione del  principio del favor rei, sempreche' la relativa cartella
di pagamento   sia stata tempestivamente impugnata o non siano ancora scaduti,
alla suddetta   data   del   1 aprile 1998, i termini per la presentazione del
ricorso.                                                                      
        Fa eccezione      l'omesso    versamento  dell'acconto di dicembre che
l'art. 6,   comma  5, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, puniva con la piu'
tenue soprattassa   del   venti per cento delle somme non versate o versate in
meno. Le  infrazioni riguardanti gli acconti del mese di dicembre 1998 e degli
anni successivi  dovranno essere sanzionati con la nuova misura del trenta per
cento e,  inoltre, per gli stessi non tornera' piu' applicabile (in quanto non
riproposta) la   tolleranza   del   cinque  per cento prevista nei casi in cui
l'acconto venga calcolato con il cosiddetto metodo "previsionale".            
        La disposizione   contenuta   nel   comma   1 dell'art. 13 precisa che
l'importo sanzionabile   a titolo di saldo o conguaglio va calcolato detraendo
l'ammontare  dei versamenti periodici o di acconto "ancorche' non effettuati".
Va sottolineato,   quindi,   che agli effetti punitivi le somme non versate in
sede di   liquidazione  periodica (o di liquidazione dell'acconto) non possono
confluire nel   saldo finale per essere (nel caso di mancato pagamento in sede
di dichiarazione annuale) nuovamente assoggettate a sanzione.                 
        E' chiaro  che, computando in detrazione l'eventuale credito dell'anno
precedente (riportato   a  nuovo) nonche' i versamenti periodici o di acconto,
anche se   non effettuati, la differenza potrebbe anche risultare negativa. In
tal caso,   nessuna  sanzione e' dovuta sul saldo annuale, mentre resta ferma,
com'e' ovvio,   l'applicazione   autonoma della predetta misura del trenta per
cento sui   versamenti   periodici o sull'acconto, a suo tempo non eseguiti, a
nulla rilevando    che    il    debito   d'imposta abbia, per ipotesi, trovato
compensazione in un successivo credito.                                       
        Il suddetto    criterio    di   determinazione del saldo, agli effetti
sanzionatori, opera anche retroattivamente, sempre nel rispetto, com'e' ovvio,
delle richiamate disposizioni contenute nei commi 1 e 2 dell'art. 25.         
        La seconda    parte    del    comma    1 dell'art. 13 in esame prevede
l'applicazione della   stessa   sanzione   del trenta per cento sulla maggiore
imposta (o   sulla   minore   eccedenza detraibile) risultante in seguito alle
correzioni di   errori   materiali  o di calcolo rilevati in sede di controllo
(automatizzato) della dichiarazione annuale.                                  
        Al riguardo,    per    quanto   concerne le procedure automatizzate di
liquidazione dell'IVA   risultante   dalla dichiarazione, la norma in commento
richiama espressamente   l'art.   54-bis del D.P.R n. 633 del 1972 (introdotto
dall'art. 1,  comma 1, lett. a, del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241) che trovera'
applicazione con   riferimento   alle   dichiarazioni che saranno presentate a
decorrere dal   1   gennaio 1999. Va osservato, tuttavia, che l'assimilazione,
quanto al   regime   sanzionatorio,   della  maggiore imposta risultante dalla
correzione di   meri   errori all'omesso versamento e' gia' prevista dal sesto
comma dell'art. 60 del D.P.R. n. 633 (aggiunto, con decorrenza 20 giugno 1996,
dall'art. 10,   comma   2,   lett.   c,  del D.L. 20 giugno 1996, n. 323, come
modificato dalla  legge 8 agosto 1996, n. 425), tuttora in vigore per le parti
che non   contrastano  con le nuove disposizioni. Pertanto, l'assimilazione di
cui trattasi,   nel   passaggio   dal  previgente al nuovo regime, opera senza
soluzione di  continuita' e riguarda anche i rapporti tributari pendenti al 20
giugno 1996,   in   forza   della disposizione contenuta nel comma 2-ter dello
stesso art. 10.                                                               
2. Versamenti ad ufficio incompetente                                         
        Il comma   3   dell'art.  13 stabilisce che la sanzione del trenta per
cento non   si applica quando i versamenti sono stati tempestivamente eseguiti
ad ufficio o concessionario diverso da quello competente.                     
        La norma   riproduce   sostanzialmente  quella contenuta nell'art. 48,
quarto comma,   del   D.P.R. n. 633 del 1972 che stabiliva la non applicazione
delle sanzioni previste per le violazioni dell'obbligo di versamento quando il
versamento era stato eseguito ad un ufficio diverso da quello competente.     
        La nuova   previsione   peraltro non e' limitata alla sola imposta sul
valore aggiunto  ma riguarda tutti i versamenti diretti.                      
        Pertanto, dal   1   aprile   1998,  non e' piu' irrogabile la sanzione
prevista dall'abrogato   art.   93 del D.P.R. n. 602 del 1973 per i versamenti
diretti ad ufficio incompetente.                                              
        Per le   violazioni  disciplinate dal citato art. 93 del D.P.R. n. 602
commesse fino al 31 marzo 1998, gli uffici provvederanno:                     
- ad   archiviare   le  segnalazioni per le quali non e' stato ancora emesso o
  notificato il provvedimento sanzionatorio;                                  
- ad   annullare   i  provvedimenti sanzionatori notificati, per i quali, al 1
  aprile 1998, non siano scaduti i termini per l'impugnazione;                
- a comunicare la sopravvenuta inapplicabilita' della sanzione alle competenti
  commissioni tributarie ove siano ancora pendenti le controversie.           
        Restano, ovviamente,   ferme   le  sanzioni irrogate con provvedimento
divenuto definitivo alla data del 1 aprile 1998.                              
3. Violazioni dell'obbligo   di esecuzione delle ritenute alla fonte          
        L'art. 14   del   d.lgs. n. 471 prevede l'applicazione di una sanzione
amministrativa pari   al   venti   per cento dell'ammontare non trattenuto nei
confronti dei   soggetti   che  violano l'obbligo di esecuzione, in tutto o in
parte, delle ritenute alla fonte (a titolo sia d'acconto che d'imposta).      
Rimane salva   l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 13 (trenta per
cento) per   il   caso   di   omesso versamento delle ritenute alle prescritte
scadenze.                                                                     
        La norma ripropone sostanzialmente la previsione dell'abrogato art. 95
del D.P.R. n. 602 del 1973, confermando la misura della sanzione nel venti per
cento dell'ammontare non trattenuto.                                          
        Si evidenzia, peraltro, che, nei casi in cui siano state commesse piu'
violazioni dell'obbligo    di    esecuzione    delle   ritenute, ai fini della
determinazione della   sanzione   si   deve tener conto delle regole stabilite
nell'art. 12   del   d.lgs.   n.   472  del 1997 che disciplina il concorso di
violazioni e la continuazione. In particolare, il comma 1 del predetto art. 12
prevede, nelle   ipotesi   in   cui   siano  commesse, anche con piu' azioni o
omissioni, diverse     violazioni     formali     della medesima disposizione,
l'applicazione di   un'unica sanzione rappresentata da quella stabilita per la
violazione piu' grave aumentata da un quarto al doppio.                       
        Tali regole  trovano applicazione, ai sensi dell'art. 25, commi 1 e 2,
dello stesso   d.lgs.   n. 472, anche con riferimento alle violazioni commesse
fino al 31 marzo 1998.                                                        
4. Incompletezza dei documenti di versamento                                  
        L'art. 15   prevede   l'applicazione di una sanzione amministrativa da
lire duecentomila a lire un milione nei casi in cui i documenti utilizzati per
i versamenti     diretti     non     contengono     gli elementi necessari per
l'identificazione del   soggetto che li esegue e per l'imputazione della somma
versata.                                                                      
        Rispetto  alla  previgente  disposizione di cui all'art. 94 del D.P.R.
n. 602   del   1973,   sono   state aumentate le misure minime e massime della
sanzione (da lire duecentomila a lire un milione anziche' da lire diciottomila
a lire centoventimila).                                                       
        Le previgenti   sanzioni  continueranno quindi ad essere applicate, in
quanto piu' favorevoli, alle violazioni commesse fino al 31 marzo 1998.       
        Ai fini   della   determinazione della sanzione, nei casi in cui siano
state commesse piu' violazioni nella compilazione dei documenti utilizzati per
i versamenti  diretti, si deve tener conto delle regole stabilite nell'art. 12
del d.lgs.   n.   472   del 1997 che disciplina il concorso di violazioni e la
continuazione. Tali  regole trovano applicazione, ai sensi dell'art. 25, commi
1 e   2,   dello   stesso d.lgs. n. 472, anche con riferimento alle violazioni
commesse fino al 31 marzo 1998.                                               
        Le violazioni   in   rassegna   possono  essere regolarizzate ai sensi
dell'art. 13,   commi   1,   lettera   b), e 4, del d.lgs. n. 472 del 1997. Al
riguardo, si   precisa   che   la   comunicazione dell'infrazione da parte del
concessionario della   riscossione all'ufficio o all'ente impositore, prevista
dall'art. 15,    comma    2,    non  preclude la possibilita' di regolarizzare
l'infrazione medesima mediante ravvedimento operoso.                          

 
 
 
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Aggiornato il: 13 novembre 1999