INDICE IMPOSTE (DRE/ACCERTAM)
al 26/7/99
Nome del file |
Descrizione |
A2-019A6.DOC |
48227/94 - Contabilità professionisti metodologie di tenuta art. 19 |
A3-025A6.DOC |
116434/94 - Ritenute ex art. 25 bis e soggetti non residenti: Principato di Monaco |
A3-026A9.DOC |
3406/99 - Regime fiscale dei redditi di capitale delle SICAV immobiliari di diritto lussemburghese |
A3-028A8.DOC |
102367/94 - Rimborso di oneri alle imprese che assumono disabili - Applicabilità della ritenuta d’acconto ex art. 28 DPR n. 600/1973 |
A4-037A9.DOC |
78348/98 - Operazione di scissione di società a responsabilità limitata di gestione immobiliare |
A4-038A9.DOC |
24292/98 - Applicabilità delle disposizioni in materia di redditometro e autotutela |
A5-056A6.DOC |
63388/94 - Mancato versamento per illecito del professionista: aspetti penali |
dre/accertam/A2-019A6.DOC
48227/94Quesito
II.DD. - Professionisti in contabilità ordinaria - Registro cronologico - Annotazioni riepilogative degli incassi.
Risposta
Con la nota suindicata è stato proposto un quesito relativo alla corretta tenuta della contabilità ordinaria di un professionista che emette un numero particolarmente elevato di fatture nell’arco dell’anno.
Nel registro cronologico, tenuto con il metodo della partita doppia, per il predetto professionista sono state effettuate fino ad ora distinte registrazioni per ogni singola fattura emessa, al fine di ottemperare all’obbligo di legge in merito alla indicazione dei dati del singolo cliente, ed altre distinte registrazioni per rilevare l’incasso del compenso relativo ad ogni parcella.
Con il quesito proposto si chiede se il registro cronologico, di cui all’art. 19, comma 4, del DPR n° 600/1973, possa considerarsi regolarmente tenuto nel caso in cui si operi nel seguente modo:
- emissione delle fatture mediante bollettario "madre e figlia", prenumerato e vidimato dall’Ufficio Iva competente;
- registrazione giornaliera in contabilità ordinaria, con il metodo della partita doppia, dei corrispettivi quotidianamente incassati con riferimento alle fatture emesse.
A parere di questa Direzione il su esposto metodo di registrazione appare legittimo e possibile.
Lo schema di registro per i professionisti in contabilità ordinaria, approvato con D.M. 15/9/1990, prevede l’indicazione delle generalità del soggetto che ha effettuato il pagamento con l’esposizione del relativo incasso.
Va però considerato che l’art. 2 del D.M. 20.12.90 prevede che le annotazioni delle operazioni nel registro di cui al citato D.M. 15/9/1990 possono essere effettuate adottando il metodo contabile della partita doppia. Relativamente al libro giornale degli esercenti imprese commerciali, il Ministero delle Finanze, con risoluzione n. 9/1304 del 25.06.76, ha riconosciuto che può essere considerato validamente tenuto anche nel caso in cui su di esso vengano registrati, relativamente ad ogni giorno, i totali riepilogativi, quali emergono dai registri tenuti ai fini dell’IVA., preventivamente vidimati e bollati e analiticamente redatti nei termini di legge, in quanto "per le somme riepilogative giorno per giorno esso trae la sua attendibilità dalla regolare tenuta formale e sostanziale dei registri IVA".
Il bollettario a ricalco a madre e figlia, tenuto con le modalità di cui al D.M. 31.10.1974, sostituisce il registro IVA delle fatture emesse, di cui all’art. 23 del DPR 633/72, e contiene la specifica indicazione delle generalità di ogni cliente.
Pertanto, l’annotazione sul registro cronologico dei professionisti in contabilità ordinaria del totale riepilogativo degli incassi, analiticamente dettagliati nel registro delle fatture emesse tenuto ai fini IVA, può ritenersi legittima, considerato anche che tale tipo di modalità di registrazione non rende in alcun modo più difficoltoso l’esercizio dell’azione di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Si precisa, comunque, che sul registro cronologico di cui trattasi dovranno essere sempre indicate analiticamente le fatture emesse per le quali il pagamento non è contestuale all’emissione del documento fiscale, nonchè i relativi incassi.
dre/accertam/A3-026a9.DOC
3406/99Quesito
II.DD. - Regime fiscale dei redditi di capitale delle SICAV immobiliari di diritto lussemburghese.
Con le note sopra evidenziate codesto studio associato ha chiesto di conoscere il parere della scrivente in merito alla possibilità che le azioni di una SICAV immobiliare di diritto lussemburghese rientrino tra i titoli atipici di cui all’articolo 8, comma 1, del dl 512/83, cioè tra i titoli o certificati rappresentativi delle quote di partecipazione in organismi di investimento collettivo in valori immobiliari.
Nell’istanza viene ulteriormente precisato che la SICAV è costituita in forma di Societé Anonyme il cui capitale è diviso in azioni frazionabili e caratterizzate da un valore nominale fissato per tutto il periodo della sottoscrizione iniziale, mentre il valore nominale delle azioni sottoscritte nei periodi successivi è commisurato al valore netto del capitale. Le azioni conferiscono il diritto di voto e il diritto a ricevere dividendi e ne è prevista la quotazione in Lussemburgo.
In proposito, la scrivente osserva che non risultano precisazioni ufficiali con riguardo all’identificazione, in concreto, della natura dei "titoli rappresentativi delle quote di partecipazione in organismi di investimento collettivo in valori immobiliari" richiamati dall’articolo 8 citato.
Pertanto, si ritiene che, per stabilire se la SICAV in argomento rientri tra gli investimenti di organismo collettivo di cui all’articolo 8 del dl 512/83, si possa far riferimento alla definizione di organismo collettivo desumibile dall’articolo 1, comma 2, della Direttiva del Consiglio CEE 85/611/CEE, riferita peraltro alla disciplina degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari.
Da tale definizione può desumersi che per organismi di investimento collettivo si intendono gli organismi:
![]() | il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo dei capitali
raccolti presso il pubblico e il cui funzionamento sia soggetto al principio
della ripartizione del rischio;
![]() le cui quote siano, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate,
direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti
organismi. E’ assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un
organismo collettivo agisca per impedire che il corso delle sue quote sul
mercato borsistico si allontani sensibilmente dal valore netto di
inventario. | |
Gli organismi di investimento collettivo possono assumere anche forma societaria (articolo 1, comma 3, della direttiva citata). Tuttavia si differenziano dalle società di capitali in senso proprio, tra l’altro, per la variabilità del capitale e per la circostanza che il valore nominale delle azioni è commisurato al patrimonio netto dell’ente.
In conclusione, la scrivente ritiene che la circostanza che la SICAV abbia forma societaria non sia determinante al fine di escludere che questa rientri nel noverso di organismi di investimento collettivo e che la verifica in concreto della natura dell’ente debba essere effettuata sulla base dei criteri sopra enunciati.
dre/accertam\a4-038a9.doc
DRE LOMBARDIA - SERVIZIO I°, DIVISIONE I^
Prot. n. 24292/98
Oggetto: II.DD. Applicabilità delle disposizioni in materia di redditometro e autotutela. Quesito del Dr. ....
Con la nota sopra evidenziata la S.V. ha chiesto di conoscere il parere di questa Direzione in merito all'applicabilità delle disposizioni in materia di autotutela di cui all'articolo 2 quater della legge n. 656/94 nell'ipotesi di accertamento basato sul sistema del c.d. redditometro di cui all'articolo 38, comma 4, del dpr 600/73.
Nella fattispecie si espone la seguente situazione:
- in data antecedente al 31.12.88 due persone fisiche possedevano disponibilità finanziarie per un importo superiore a 5 miliardi affidate in gestione ad una commissionaria di borsa di Milano;
- nel 1990 viene dichiarato il fallimento della predetta commissionaria;
- i comproprietari si insinuavano nel fallimento della commissionaria al fine di procedere al recupero delle somme;
- dalla dichiarazione ufficiale rilasciata dal curatore fallimentare della commissionaria risulta che, alla data del 22.11.1988 delle somme per le quali si era proceduto all'insinuazione nel passivo fallimentare per complessive 5.394.724.388, lire 36.400.000 erano riferibili esclusivamente ad una delle persone fisiche, lire 509.200.000 erano riferibili esclusivamente all'altra persona fisica mentre lire 4.428.537.200 erano in comproprietà tra le due persone fisiche.
Viene dunque chiesto di conoscere se, nell'ipotesi di accertamento sintetico formulato sulla base dell'importo insinuato nel fallimento, qualora i comproprietari dimostrassero che le somme per le quali, nel 1991, è avvenuta la predetta insinuazione, trovano ampia copertura nelle somme esistenti al 22.11.88 come documentato dalla dichiarazione ufficiale del curatore, tale accertamento possa ritenersi legittimo. Viene inoltre chiesto di conoscere se, in presenza di un avviso di accertamento fondato su tali erronei presupposti possa altresì ritenersi applicabile l'istituto dell'autotutela.
A parere di questa Direzione, gli elementi e le circostanze di fatto utilizzate per la formulazione di un accertamento sintetico a norma dell'articolo 38, comma 4, del dpr 600/73, non devono necessariamente riferirsi all'anno in contestazione. Tali fattori, infatti, possono essersi verificati in anni diversi e riflettersi sul periodo fiscale interessato, traducendosi in ulteriori e autonomi indici contributivi così come sottolineato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 13089 del 22.11.1995.
In ogni caso, il contribuente ha la possibilità di dimostrare l'inesistenza del reddito accertato attraverso l'accertamento sintetico, e, nell'ipotesi in cui l'Ufficio si sia basato su elementi relativi a precedenti periodi che non hanno alcun riflesso sul periodo di imposta in contestazione, è ragionevole ritenere che sia possibile l'attivazione del contribuente attraverso l'istituto dell'autotutela per far valere l'illegittimità dell'accertamento sintetico.
dre/accertam/A3-025A6.DOC
116434/94APPLICABILITA’ DELLA RITENUTA ALLA FONTE DI CUI ALL’ART. 25 BIS DEL DPR 600/73 IN RELAZIONE A COMPENSI PROVVIGIONALI EROGATI DA IMPRESE ITALIANE A SOGGETTI NON RESIDENTI.
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Riferimento: Direzione regionale delle entrate per la Lombardia Milano Prot. 116434 del 6 ottobre 1994 |
Quesito
Il quesito formulato dall’istante afferisce l’applicabilità o meno della ritenuta alla fonte ex art. 25 bis del DPR 600/73 sui compensi provvigionali erogati da imprese italiane ad un soggetto non residente.
In particolare viene prospettato il caso - senza peraltro fornire ulteriori specificazioni - che il soggetto percipiente risieda nel Principato di Monaco e che lo stesso svolga anche in Italia attività di "Agente di commercio", senza avere sul territorio dello Stato italiano una "stabile organizzazione".
La circolare 10 giugno 1983 n. 24/8/845 della Dir. Gentile. Imposte Dirette div. VIII, peraltro citata dallo stesso istante, prevede che "ai sensi dell’ottavo comma dell’art. 25 bis, le disposizioni concernenti l’effettuazione della ritenuta sono, inoltre, applicabili anche alle provvigioni corrisposte a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti. Di converso non sono assoggettabili alla ritenuta in esame le provvigioni erogate a favore di soggetti non residenti che non hanno nel territorio dello Stato una stabile organizzazione".
Da ciò discende che le provvigioni erogate ad un "soggetto non residente" e "senza stabile organizzazione in Italia" non sono assoggettabili alla ritenuta prevista dall’art. 25 bis del DPR 600/73.
In questa sede, non si può non richiamare l’attenzione del destinatario della presente - non disponendo la scrivente di alcun elemento che vada al di là della mera affermazione di parte dell’istante - sulla necessità di operare una puntuale verifica circa la sussistenza del requisito della "non residenza" quale si evince dall’art. 2 del DPR 917/86 e della assenza di "stabile organizzazione in Italia".
Per l’individuazione di quest’ultimo aspetto, atteso che il nostro ordinamento fiscale non ne da compiuta definizione e che non esiste allo stato una Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni con il Principato di Monaco da cui evincere il contenuto, occorrerà fare riferimento in armonia con quanto disposto dalle Circolari 30 aprile 1977 n. 7/1486 e 12/510 del 29 gennaio 1979 a quella formulata dall’O.C.S.E.: "Il termine organizzazione stabile intende una installazione permanente di affari dove l’impresa esercita tutta, o in parte, la sua attività".
Al riguardo di una corretta valutazione, non deve essere dimenticato il disposto della Legge 3 maggio 1985 n. 204 afferente la disciplina dell’attività di agente e rappresentante di commercio.
In particolare, secondo l’articolo 1 di tale legge "l’attività di agente di commercio si intende esercitata da chiunque venga stabilmente incaricato da una o più imprese di promuovere la conclusione di contratti in una o più zone determinate"; inoltre, all’art. 5 si legge che "per ottenere l’iscrizione nel ruolo il richiedente deve essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) essere cittadino italiano o cittadino di uno degli Stati membri della Comunità economica europea, ovvero straniero residente nel territorio della Repubblica italiana".
Occorre, infatti, tenere conto che in base all’art. 9 della legge citata "è fatto divieto a chi non è iscritto al ruolo di cui alla presente legge di esercitare l’attività di agente o rappresentante di commercio".
Risposta
II.DD. - Provvigioni erogate da imprese italiane ad agente residente nel Principato di Monaco - Applicabilità della ritenuta d’acconto ex art. 25 bis DPR 600/73.
Con la nota suindicata è stato chiesto di conoscere se la ritenuta alla fonte di cui all’art. 25 bis del DPR n. 600/1973 debba o meno essere applicata alle provvigioni erogate da imprese italiane ad una persona fisica residente nel Principato di Monaco, che svolge anche in Italia l’attività di agente di commercio, senza avere sul territorio dello Stato italiano una stabile organizzazione.
La risposta al quesito proposto è contenuta nella Circolare Ministeriale n. 24/8/845 del 10.6.83, richiamata peraltro nello stesso quesito.
In detta Circolare è stato precisato che non sono assoggettabili alla ritenuta di cui al citato art. 25 bis le provvigioni erogate a favore di soggetti non residenti, che non hanno nel territorio una stabile organizzazione.
dre/accertam/A3-028A8.DOC
102367/94Quesito
II.DD. - Rimborso di oneri alle imprese che assumono disabili - Applicabilità della ritenuta d’acconto ex art. 28 DPR n. 600/1973.
Risposta
Con la nota suindicata è stato chiesto di conoscere se siano da assoggettare alla ritenuta d’acconto del 4%, ai sensi dell’art. 28, comma 2, del DPR n. 600/1973, i rimborsi che codesta USSL corrisponde alle imprese a copertura del 50% degli oneri sostenuti per l’assunzione di soggetti con handicap mentali, fisici e sensoriali, in conformità a quanto previsto dall’art. 79 della L.R. 1/1986.
E’ stato altresì chiesto se, nel caso in cui i predetti rimborsi debbano essere assoggettati a ritenuta, ricorra l’obbligo per l’ente erogante di effettuare la comunicazione di cui all’art. 20, comma 2, del DPR n. 605/1973.
Con riferimento alla prima questione proposta, si evidenzia che il citato secondo comma dell’art. 28 del DPR 600/1973 prevede che tutti i contributi erogati alle imprese da parte di enti pubblici devono essere assoggettati alla ritenuta d’acconto del 4%, con la sola esclusione dei contributi finalizzati all’acquisto di beni strumentali, come peraltro ben chiarito nella risoluzione ministeriale n. 8/351 dell’8.5.1980.
Pertanto, i rimborsi di cui trattasi devono essere assoggettati alla ritenuta d’acconto del 4%, in quanto costituiscono contributi erogati alle imprese.
Per quanto attiene al secondo quesito proposto, si precisa che per le predette erogazioni effettuate a favore di imprese commerciali, sussiste sempre in capo all’ente erogante l’obbligo, previsto dall’art. 20, comma 2, del DPR 605/1973, di comunicare all’Ufficio delle imposte del domicilio fiscale dell’impresa percipiente l’ammontare e la causale dei pagamenti fatti, nonché l’importo delle ritenute effettuate.
dre/accertam/a4-037a9.doc
SERVIZIO I
DIVISIONE I
Prot. n. 78348/98
Oggetto: II.DD. Operazione di scissione di società a responsabilità limitata di gestione immobiliare
Con la nota sopra evidenziata è stato chiesto di conoscere il parere della scrivente in merito alla corretta interpretazione delle disposizioni tributarie nell'ambito di una procedura di scissione. Deve essere preliminarmente sottolineato che l'istanza in oggetto non rientra tra le fattispecie di cui all'articolo 37 bis del dpr 600/73, in quanto, come disposto dal dm 259/98, l'istanza stessa deve essere indirizzata all'Ufficio finanziario competente ai fini dell'accertamento.
Ciò posto, nel quesito viene prospettata l'ipotesi di una scissione totale di una società a responsabilità limitata che svolge l'attività di gestione immobiliare con costituzione di tre società con identici diritti patrimoniali dei soci. Viene ulteriormente precisato che:
- l'attività viene svolta con immobili ereditati dai soci (tre fratelli);
- a ciascuna delle tre società verrà assegnato, sulla base di una specifica valutazione, un terzo degli immobili sociali;
- la società scissa si estinguerà al termine dell'operazione;
- le quote delle tre nuove società saranno attribuite ai tre fratelli in modo che a ciascuno sia intestato l'intero capitale di una società;
- l'operazione viene assunta come non proporzionale e nella quale è previsto l'intervento di un perito nominato dal Tribunale per il giudizio di congruità sulla correttezza della divisione;
- l'operazione non dovrebbe dar luogo a concambio tra i soci;
- l'iscrizione degli immobili nel bilancio delle società beneficiarie avverrà al valore fiscale attualmente riscontrabile nel bilancio della società scissa.
Viene chiesto dunque di conoscere se la prospettata operazione possa comportare conseguenze in merito alla possibile applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 37 bis del dpr 600/73.
Deve essere osservato che le disposizioni sopra richiamate prevedono l’inopponibilità all'amministrazione finanziaria degli atti privi di ragioni economiche valide, finalizzati esclusivamente ad aggirare obblighi o divieti posti dall'ordinamento tributario, ottenendo riduzioni o rimborsi di imposte. Posto che l'operazione di scissione descritta appare, limitatamente agli elementi indicati nell'istanza, effettuata in osservanza dei dettami civilistici, dovrà essere valutata la sussistenza delle valide ragioni economiche e se da queste conseguano possibili riduzioni delle imposte dovute ovvero realizzino condizioni ai fini di eventuali rimborsi.
In linea di principio, deve essere ritenuto, a parere della scrivente, che le valide ragioni economiche possano sussistere nell'ipotesi in cui la finalità del contribuente sia quella di costituire tre distinte società attraverso le quali i soci della società originaria possano perseguire differenziati interessi economici. Eventuali risparmi di imposta conseguenti all'operazione di per sé non costituirebbero comportamento elusivo, in quanto naturale conseguenza di una operazione che l'ordinamento tributario ammette come legittima. Rimane altresì da sottolineare, ovviamente, che qualora l'operazione di scissione si inserisca in un contesto di atti o fatti, anche collegati tra loro, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario, troveranno applicazione le disposizioni di cui al richiamato articolo 37 bis del dpr 600/73.
dre/accertam/A5-056A6.DOC
63388/94Quesito
Ci permettiamo di sottoporVi il seguente quesito di cui attendiamo una Vostra cortese risposta.
La società ..................................... con sede in Corsico (Mi) Via V. Monti n° 10, in data 14.1.1993, versava al proprio commercialista la somma di L. 4.750.000 per il pagamento entro il 15.1.1993 presso la competente Esattoria della ritenuta d’acconto per gli emolumenti percepiti dalla Signora ................................ nel mese di Dicembre 1992.
Tale somma non veniva versata dal commercialista in tempo utile, ma bensì in due soluzioni di comodo la prima in data 11.8.1993 (un decimo del dovuto) e la seconda in data 27.10.1993 (per la rimanenza).
Stabilito che la ritardata operazione comporta il pagamento di una sanzione amministrativa di L. 2.375.000 gravata di interessi di L. 325.000 e che tale sanzione viene addebitata (in seguito a precisi accordi) al commercialista la Signora ....................... e con Lei la società ...................... teme anche un possibile risvolto in sede giudiziaria in quanto sulla competente dichiarazione (mod. 740) ha dichiarato di aver effettuato un versamento che in realtà è avvenuto solo dopo la presentazione della stessa.
Pertanto si chiede cortesemente se tale timore può avere un sostanziale fondamento o se il pagamento delle sanzioni addizionate degli interessi sanerà l’inadempienza.
Grati per una Vostra cortese risposta porgiamo cordiali saluti.
Risposta
II.DD. Ritardato versamento di ritenute per comportamento illecito del professionista. Risvolti penalmente rilevanti
Con la nota suindicata è stato chiesto il parere di questa Direzione in merito ai risvolti di carattere penale derivanti dal tardivo versamento di ritenute alla fonte effettuate da una società. La società, in data 14.1.1993 forniva al proprio commercialista la somma di Lire 4.750.000 per il pagamento, entro il 15.1.1993 presso la competente Esattoria della ritenuta d’acconto sugli emolumenti corrisposti nel mese di dicembre 1992. Il professionista non ottemperava al versamento in tempo utile, ma effettuava i pagamenti in due momenti distinti versando una parte dell’importo in data 11.8.1993 e l’altra parte in data 27.10.1993.
Da tale comportamento scaturiva la sanzione irrogata dall’ufficio in misura di 2.375.000 gravata di interessi di L. 325.000 che veniva addebitata, in seguito a precisi accordi, al professionista. Viene chiesto quindi se, da tale comportamento possano scaturire conseguenze di carattere penale in capo alla società o al soggetto nei confronti del quale è stata operata la ritenuta.
Nel caso in esame, il versamento della ritenuta, pur se tardivo, è avvenuto entro il termine di presentazione della dichiarazione modello 770, fissato, per l’anno di imposta 1992, nel 31.10.1993. Si è reso quindi applicabile il comma 1 dell’articolo 92 del DPR 602/73 con l’irrogazione della soprattassa del 50% maggiorata degli interessi legali. Il caso in esame, non rientra nelle fattispecie penalmente rilevanti previste nella legge n. 516/82 con riguardo all’omesso versamento, oltre i limiti fissati dalla norma, delle ritenute operate. Presupposto per la rilevanza penale del comportamento è dunque l’omesso e non il ritardato versamento delle ritenute stesse, purchè intervenuto entro il termine di presentazione della dichiarazione modello 770.
Si rammenta inoltre che, recentemente, la legge n. 423 dell’11 ottobre 1995 ha introdotto delle forme di tutela del contribuente nelle ipotesi di illecito comportamento del professionista iscritto in albi.