

Relazione allo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative
e correttive dei decreti legislativi 9 luglio 1997, n. 461, 18 dicembre 1997, n.
466 e n. 467, e 2 settembre 1997, n. 314, recanti, rispettivamente, disposizioni
in materia di redditi di capitale, di riordino delle imposte per favorire la
capitalizzazione delle imprese, di imposta sostitutiva della maggiorazione di
conguaglio e di razionalizzazione delle disposizioni fiscali concernenti i
redditi di lavoro dipendente .
TITOLOI
Articolo 1
Nell’articolo 1, comma 1, lettera a), sono state apportate alcune modifiche di
coordinamento all’articolo 16-bis del Testo unico delle imposte sui redditi
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917
volte a tenere conto del nuovo regime impositivo degli interessi ed altri
proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi all’estero. Infatti per
effetto delle disposizioni contenute nel successivo articolo 6, è stato esteso
anche a tali titoli il regime di applicazione dell’imposta sostitutiva
disciplinato dal decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239. Ciò ha reso
necessario integrare il citato articolo 16-bis del Tuir prevedendo che il regime
di imposizione sostitutiva attraverso la dichiarazione dei redditi trova
applicazione non soltanto quando il reddito di fonte estera non è stato
assoggettato a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche quando non è
stato assoggettato all’imposta sostitutiva di cui al citato decreto
legislativo n. 239 del 1996.
Articolo 2
L’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1), modifica i parametri utilizzati
per la verifica della congruità del tasso di rendimento effettivo dei prestiti
obbligazionari ai fini dell’applicazione della ritenuta alla fonte del 12,50%.
Tenuto conto dell’attuale livello del tasso ufficiale di sconto, che si è
attestato su valori di gran lunga inferiori a quelli del passato, si è reso
necessario adeguare i predetti parametri non più rappresentativi del rendimento
di riferimento.
Lo stesso articolo 2, comma 1, reca, alla lettera a), numero 2), disposizioni
che modificano l’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n.
600 del 1973 e che si rendono necessarie al fine di tenere conto delle nuove
disposizioni in tema di imposizione degli interessi ed altri proventi percepiti
da soggetti residenti in relazione a obbligazioni e titoli similari emessi
all’estero. Considerato che, nell’articolo 6 del presente decreto è stato
esteso a tali proventi il regime impositivo previsto dal decreto legislativo n.
239 del 1996, è stato necessario modificare sia l’articolo 26, comma 3, del
citato decreto n. 600 del 1973, il quale ora disciplina la ritenuta sugli
interessi e altri proventi dei conti correnti e depositi bancari costituiti
all’estero (compresi i certificati di deposito), nonché il prelievo della
somma pari al 20 per cento sul rimborso anticipato di prestiti obbligazionari
emessi da soggetti non residenti.
Con la lettera b) è stato modificato il primo periodo dell’articolo 27, comma
5, del decreto n. 600 del 1973, riguardante le modalità di applicazione della
ritenuta a titolo di imposta sui dividendi. In particolare, è stato previsto
che la predetta ritenuta venga applicata alle persone fisiche residenti che
attestino di possedere i requisiti previsti dal comma 1 dello stesso articolo
27, ossia di possedere una partecipazione non rilevante a norma dell’articolo
81, comma 1, lettera c-bis), del Tuir e che le partecipazioni non siano relative
all’impresa commerciale.
È rimasta ferma, la possibilità di richiedere la non applicazione della
ritenuta all’atto della riscossione degli utili. Inoltre, la ritenuta continua
in ogni caso ad essere applicata nei confronti di persone fisiche residenti non
esercenti attività di impresa, soggetti non residenti, fondi immobiliari, fondi
pensione e soggetti esenti da Irpeg, possessori di azioni di risparmio al
portatore.
Con il comma 2, si conferma l’applicabilità, per quanto concerne gli
adempimenti contabili e formali dei contribuenti previsti dal presente articolo,
della disposizione dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996,
che prevede l’adozione di regolamenti di delegificazione per disciplinare tali
materie.
Articolo 3
L’articolo 3 del presente decreto modifica l’articolo 4 del decreto legge 28
giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, riguardante
la rilevazione ai fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l’estero di
denaro, titoli e valori.
Infatti, per effetto delle modifiche recate dall’articolo 6 del presente
decreto, che ha esteso l’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui al
decreto legislativo n. 239 del 1996 anche agli interessi e altri proventi delle
obbligazioni e titoli similari emessi all’estero, è stato modificato
l’articolo 4, comma 1, del citato provvedimento al fine di includere tali
redditi tra quelli di fonte estera da indicare nella dichiarazione dei redditi
ai sensi dell’articolo 16-bis del Tuir qualora non sia stata applicata la
relativa imposta.
Articolo 4
Con il presente articolo sono state apportate modifiche all’articolo 9 della
legge n. 77 del 1983, all’articolo 11 della legge n. 344 del 1993 e
all’articolo 11-bis del decreto legge n. 512 del 1983, per disciplinare
l’ipotesi in cui, per effetto della cessazione dell’attività di un
organismo di investimento collettivo soggetto ad imposta sostitutiva sul
risultato della gestione, non sia possibile utilizzare l’eventuale risultato
negativo maturato.
È stato, quindi, previsto che, ricorrendo tale ipotesi, il partecipante
all’organismo possa utilizzare tale risultato negativo in diminuzione dalle
plusvalenze e dagli altri redditi diversi soggetti alle disposizioni degli
articolo 5, 6 e 7 del Dlgs n. 461 del 1997. Per avvalersi di tale disposizione
il partecipante deve ottenere dalla società di gestione un’apposita
certificazione dalla quale risulti l’importo computabile in diminuzione.
Articolo 5
Con l’articolo 5, comma 1, lettera a), sono stati modificati i termini entro i
quali gli intermediari devono rilasciare l’attestazione del versamento
dell’imposta sostitutiva applicata ai sensi dell’articolo 6 del medesimo
Dlgs n. 461 del 1997, prevedendo che detta attestazione debba essere rilasciata
per tutti i versamenti effettuati nell’anno precedente entro il mese di
febbraio ovvero entro il termine di 12 giorni dall’espressa richiesta da parte
degli interessati.
Con la lettera b), sono state apportate modificazioni all’articolo 7 del
citato decreto legislativo n. 461 del 1997. In particolare, la modifica operata
nel comma 3, lettera a) è di mero coordinamento con quanto dispone il
successivo articolo 6 che, come si vedrà, estende il regime dell’imposta
sostitutiva di cui al decreto legislativo n. 239 del 1996 anche agli interessi e
altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi all’estero.
Con la lettera c), è stata effettuata una modifica all’articolo 7, comma 12,
del decreto legislativo n. 461 del 1997 volta a disciplinare le modalità di
comunicazione all’Amministrazione finanziaria dei versamenti dell’imposta
sostitutiva da parte dei soggetti abilitati all’applicazione del regime del
risparmio gestito di cui al medesimo articolo 7 diversi dalle società, come gli
agenti di cambio.
Anche in tale caso, si è prevista, al comma 2, l’applicabilità, per quanto
concerne gli adempimenti contabili e formali dei contribuenti previsti dal
presente articolo, della disposizione dell’articolo 3, comma 136, della legge
23 dicembre 1996.
Articolo 6
Come già anticipato, nel presente articolo viene esteso il regime
dell’imposta sostitutiva di cui al Dlgs n. 239 del 1996 agli interessi ed
altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi all’estero.
L’imposta sostitutiva è applicata dagli intermediari menzionati nel predetto
decreto con l’aliquota del 12,50 per cento sugli interessi e altri proventi
relativi alle obbligazioni emesse da soggetti non residenti aventi una scadenza
non inferiore a 18 mesi, nonché sugli interessi e altri proventi dei titoli di
cui all’articolo 31 del Dpr n. 601 del 1973 ed equiparati emessi all’estero
a partire dal 10 settembre 1992, indipendentemente dalla scadenza.
L’imposta sostitutiva è, invece, applicata con l’aliquota del 27 per cento
sugli interessi e altri proventi dei titoli emessi da non residenti con scadenza
inferiore a 18 mesi.
L’imposta è dovuta dagli stessi soggetti per i quali trovano applicazione le
disposizioni del Dlgs n. 239 del 1996, nonché dagli organismi di investimento
collettivo di cui agli articoli 8, commi da 1 a 4, del Dlgs n. 461 del 1997,
soggetti ad imposta sostitutiva limitatamente ai titoli, diversi da quelli di
cui all’articolo 31 del Dpr n. 601 del 1973, aventi una scadenza inferiore a
18 mesi. Naturalmente resta confermato che i non residenti non sono soggetti
passivi ai fini dell’imposta sugli interessi e altri proventi relativi ai
titoli emessi da soggetti non residenti, oggetto del prelievo in commento.
Per effetto della predetta estensione dell’imposta sostitutiva, come chiarito
a commento del precedente articolo, è stata altresì modificata la disposizione
contenuta nell’articolo 7, comma 3, lettera a), del Dlgs n. 461 del 1997,
affinché l’imposta sostitutiva prevista nella misura del 27 per cento sia
comunque applicata anche nei confronti dei soggetti che abbiano optato per
l’applicazione del regime del risparmio gestito. Pertanto, gli interessi ed
altri proventi dei titoli emessi da soggetti non residenti (diversi da quelli di
cui all’articolo 31 del Dpr n. 601 del 1973) aventi una scadenza inferiore a
18 mesi non concorrono a formare il risultato della gestione.
Con apposita disposizione che modifica l’articolo 3, comma 5, del Dlgs n. 239
del 1996, è stato inoltre previsto che presupposto per l’applicazione
dell’imposta sostitutiva sui titoli esteri è anche il prelievo materiale dei
titoli dai depositi costituiti presso gli intermediari.
L’estensione dell’imposta sostitutiva ai titoli esteri ha reso necessario
l’introduzione di una disciplina di carattere transitorio con la quale sono
stati regolati gli effetti della nuova disposizione sui titoli in circolazione.
In particolare, è stato previsto che l’imposta sostitutiva si applica
relativamente agli interessi e altri proventi divenuti esigibili a partire dal 1°
luglio 2000. Tenuto conto che il meccanismo che regola gli accrediti e gli
addebiti al conto unico prescinde dal periodo di maturazione del provento in
capo al possessore del titolo, è previsto che con riferimento ai proventi
maturati fino al 30 giugno 2000 l’intermediario presso il quale i titoli sono
depositati deve accreditare il conto unico e, conseguentemente addebitare al
cliente, dell’ammontare dell’imposta sostitutiva relativa agli interessi e
altri proventi maturati nel periodo di possesso e contestualmente addebitare il
conto unico dell’imposta sostitutiva commisurata agli interessi e altri
proventi maturati dalla data in cui è iniziata la maturazione della cedola in
corso oppure dell’imposta commisurata alla differenza, maturata al 30 giugno
2000, tra la somma dovuta alla scadenza e il prezzo di emissione. In tal modo,
il contribuente non subisce alcun prelievo per effetto dell’entrata in vigore
della nuova disposizione in commento la quale si applica per tutti i proventi
che divengono esigibili fin dal 1° luglio 2000.
Naturalmente, l’entrata in vigore della norma che dispone l’applicazione
dell’imposta sostitutiva sugli interessi, premi e altri frutti dei titoli
obbligazionari emessi all’estero, fa venire meno l’applicazione della
ritenuta di cui all’articolo 26, comma 3-bis, del Dpr n. 600 del 1973 su detti
interessi. Tale ritenuta continua, invece, ad essere effettuata qualora oggetto
dei contratti siano certificati di deposito.
Articolo 7
La disposizione attua un coordinamento relativamente ai termini e alle modalità
di versamento di alcune ritenute e imposte sostitutive. In particolare, i
termini e le modalità di versamento sono stati adeguati alle disposizioni
generali contenute nel decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Articolo 8
Il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni
in materia di intermediazione finanziaria) ha modificato profondamente la
disciplina applicabile agli organismi di investimento collettivo del risparmio.
In particolare, a seguito dell’entrata in vigore delle disposizioni di
attuazione contenute nell’articolo 6 del citato decreto legislativo, gli
organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (siano essi istituiti
nella forma dei fondi aperti oppure dei fondi chiusi) possono investire, nel
rispetto di quanto previsto dalla normativa di vigilanza emanata dal Ministero
del tesoro e dalla Banca d’Italia, in partecipazioni qualificate con diritto
di voto in società quotate e non quotate.
Al fine di assicurare la necessaria omogeneità di trattamento tra la disciplina
fiscale dell’investimento diretto in partecipazioni qualificate munite del
diritto di voto e quella dell’investimento indiretto nelle medesime
partecipazioni attraverso gli organismi d’investimento collettivo in strumenti
finanziari, tenendo tuttavia conto della peculiarità degli organismi stessi che
rappresentano comunque strumenti per l’impiego di risparmio raccolto presso il
pubblico, è previsto che i fondi comuni di investimento mobiliare e le Sicav
continuino ad applicare le disposizioni concernenti l’imposta sostitutiva sul
risultato della gestione nella misura del 12,50 per cento qualora il patrimonio
risulti investito in partecipazioni qualificate entro limiti predefiniti.
Qualora, invece, l’organismo di investimento detenga partecipazioni in misura
eccedente le percentuali prefissate, l’imposta sostitutiva deve essere
applicata con l’aliquota del 27 per cento sulla parte del risultato della
gestione riferibile alle partecipazioni qualificate.
Il comma 1 eleva, quindi, al 27 per cento l’aliquota dell’imposta
sostitutiva applicabile a tali organismi relativamente alla parte di risultato
della gestione riferibile alle partecipazioni qualificate da essi detenute.
Trattandosi di norma che interessa soltanto le modalità di imposizione dei
plusvalori relativi ad una porzione del patrimonio dell’organismo di
investimento, e cioè quelli riferibili alle partecipazioni qualificate, restano
confermate le altre disposizioni contenute nell’articolo 8, commi da 1 a 4,
del Dlgs 21 novembre 1997, n. 461 che consentono al fondo di conseguire i
proventi senza applicazione della ritenuta del 12,50 per cento per assoggettarli
ad imposta sostitutiva sul risultato della gestione con la medesima aliquota.
Con il comma 2 viene fissata la nozione di partecipazione qualificata per
l’applicazione delle disposizioni del comma 1, facendo riferimento
esclusivamente a quelle detenute da ciascun organismo che rappresentano almeno
il 10 o il 50 per cento del capitale con diritto di voto della società
partecipata. Analogamente con quanto previsto nell’articolo 81, comma 1,
lettera c) del Tuir, nel computo delle predette percentuali occorre considerare
anche i titoli, diritti o rapporti attraverso cui possono essere acquistate le
partecipazioni.
Il comma 3 attua il necessario coordinamento con le disposizioni riguardanti
l’utilizzo del risultato della gestione, il regime tributario dei proventi
(per i quali è previsto la non concorrenza alla formazione del reddito se non
conseguiti nell’esercizio di impresa commerciale), la presentazione delle
dichiarazioni e l’applicazione delle disposizioni in materia di accertamento,
riscossione e sanzioni.
Per quanto riguarda il credito d’imposta è previsto che esso spetti alle
imprese commerciali nella misura del 15 per cento o del 36,98 per cento a
seconda che il risultato della gestione sia stato assoggettato ad imposta
sostitutiva in misura pari al 12,50 per cento o 27 per cento. I proventi devono
essere computati distintamente a seconda che essi si riferiscano al risultato
della gestione soggetto ad imposta sostitutiva nella misura del 12,50 per cento
ovvero del 27 per cento, sulla base di appositi elementi di determinazione resi
noti dalla società di gestione.
TITOLOII
Articolo 10
L’utilizzabilità del credito limitato solo fino a concorrenza della quota
della imposta dovuta relativa al dividendo cui esso afferisce, ha reso
necessaria la predisposizione da parte del legislatore anche dei criteri per
determinare tale quota e siffatti criteri, che si fondano sul confronto fra il
dividendo stesso e il reddito complessivo, pongono sostanzialmente la
presunzione secondo cui il reddito imponibile si considera formato, fino a
concorrenza, con il dividendo "de quo", sicché, ai fini dello
scomputo del credito limitato, l’imposta dovuta deve assumersi come
prioritariamente riferibile proprio al dividendo assistito dal credito in
parola.
Questa impostazione, che si basa su precise motivazioni logico-sistematiche
coerenti con i principi di fondo dell’istituto del credito limitato (diretto,
come è noto, a trasferire ai soci i regimi agevolativi goduti dalla società
partecipata), viene tuttavia contraddetta per ciò che concerne il trattamento
delle perdite pregresse. Nel rapporto di cui si discute, infatti, il confronto
viene posto dalla norma fra il dividendo (comprensivo del credito limitato) e il
reddito complessivo "al lordo delle perdite di precedenti periodi ammessi
in deduzione". Ne consegue che in questo modo le perdite vengono
"addossate" figurativamente, sia pur in parte, a riduzione del
dividendo e quindi della quota di imposta ad esso relativa, in deroga al
criterio presuntivo dianzi esposto. Tale deroga, peraltro, non presenta alcuna
giustificazione logico-sistematica, anzi introduce nel sistema un elemento di
perturbazione che opera in modo del tutto casuale, se si considera che le
perdite fatte oggetto di riporto assumono, proprio in coerenza con le finalità
stesse dell’istituto del riporto, la medesima valenza nella determinazione
dell’imponibile dei componenti negativi di periodo e quindi identico ne
dovrebbe essere il trattamento anche ai fini in esame.
Le modifiche, dunque, di cui alle lettere a) e b) mirano a rimuovere questa
incongruenza individuando l’imposta riferibile al dividendo assistito da
credito di imposta limitato sulla base "sic et simpliciter" del
rapporto fra tale dividendo (comprensivo del credito) e il reddito complessivo
imponibile, al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in
deduzione", anziché al lordo.
TITOLOI
Articolo 11
La modifica recata dall’articolo 11, comma 1, lettera a), all’articolo 6,
comma 1, del decreto legislativo n. 466 del 1997 è volta a consentire
l’applicazione delle disposizioni concernenti l’aliquota Dit ridotta a tutte
le società i cui titoli di partecipazione sono ammessi a quotazione non
soltanto in uno dei mercati regolamentati italiani, ma anche in uno dei mercati
regolamentati dei Paesi aderenti alla Unione Europea.
Con la modifica di cui alla lettera b), si esclude la possibilità per le società
di grandi dimensioni, di fruire delle aliquote ridotte che spettano per i primi
tre periodi d’imposta alle società che si quotano nei mercati regolamentati.
In particolare, viene esclusa l’applicabilità della disciplina
dell’articolo 6, comma 1, del citato decreto a tutte le società il cui
patrimonio netto risulti superiore a 500 miliardi di lire. Tale limite va
verificato sulla base delle risultanze del bilancio dell’esercizio precedente
a quello cui si riferisce la dichiarazione dei redditi nella quale viene chiesta
l’applicazione dell’aliquota ridotta.
È stato, inoltre, espressamente previsto che la nuova disposizione non abbia
alcun effetto sui versamenti degli acconti dell’Irpeg relativi al periodo
d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 1999 se già effettuati alla data
di entrata in vigore del presente decreto. Ciò al fine di evitare
l’applicazione di sanzioni qualora i contribuenti abbiano versato acconti
tenendo conto delle disposizioni vigenti prima delle presenti modifiche e tali
acconti risultino, per effetto di dette modifiche, insufficiente.
TITOLOI
Articolo 13
L’articolo 13, comma 1, lettera a), apporta una modifica di carattere
assolutamente formale. Infatti, nell’articolo 47, comma 1, lettera i), del
Tuir erano ancora richiamate alcune lettere del testo dell’articolo 10
previgente alle modifiche apportate con il decreto legge 6 dicembre 1993, n.
503, reiterato più volte fino al decreto 31 maggio 1994, n. 330, convertito
dalla legge 27 luglio 1994, n. 473. Con tale provvedimento, infatti, gli oneri
sono stati distinti in oneri deducibili e oneri che danno diritto ad una
detrazione d’imposta (articoli 10 e 13-bis del Tuir). L’articolo 3, comma 5,
del provvedimento citato ha provveduto a stabilire che tutti i riferimenti
contenuti in altre disposizioni normative alle lettere del previgente articolo
10 del Tuir devono intendersi operati alle corrispondenti lettere dei rispettivi
articoli 10 e 13-bis del Tuir. Per una più agevole lettura della disposizione,
quindi, si è provveduto ad apportare le opportune modifiche nel predetto
articolo 47 del Tuir.
Con la successiva lettera b), vengono apportate alcune correzioni all’articolo
48, comma 2, del Tuir. In particolare, sono sostituite le lettere f) e g) del
citato comma 2.
Per quanto riguarda la modifica della lettera f), la stessa è stata suddivisa
in due lettere, f) e f-bis), al fine di eliminare dalla disposizione oggi
vigente la previsione generale di esclusione dalla formazione del reddito di
lavoro dipendente delle somme erogate per le finalità dell’articolo 65, comma
1, del Tuir, con esclusione di quelle di assistenza sociale e sanitaria,
mantenendo la previsione di non concorrenza soltanto per le somme destinate a
borse di studio, asili nido e colonie climatiche. Infatti, il riferimento alle
somme era stato inserito proprio per tenere conto che queste fattispecie
fruivano dell’esclusione dalla base imponibile previdenziale e tale esclusione
voleva essere garantita. Per tale motivo, al momento dell’unificazione delle
basi imponibili fiscali e previdenziali, era stata estesa anche al settore
fiscale. Tuttavia, la previsione generica rischia di generare fenomeni elusivi
e, quindi, va ricondotta alle sole ipotesi che si intendevano tutelare.
Pertanto, la nuova lettera f) che viene proposta riproduce sostanzialmente la
lettera e) dell’articolo 48 nel testo vigente prima della sostituzione operata
con il decreto legislativo n. 314 del 1997, concernente l’utilizzo delle opere
e dei servizi messi a disposizione dal datore di lavoro alla generalità dei
dipendenti e dei familiari per finalità di educazione, istruzione, ricreazione,
assistenza sanitaria e sociale eccetera. La successiva lettera f-bis), invece,
dispone la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente
delle somme erogate per borse di studio, asili nido e colonie climatiche a
favore dei familiari del dipendente.
Per quanto riguarda, invece, la modifica alla lettera g) del comma 2
dell’articolo 48 del Tuir, che disciplina la non concorrenza al reddito di
lavoro dipendente delle azioni assegnate ai lavoratori dipendenti, si precisa
quanto segue. Come noto, la citata disposizione dispone che non concorre a
formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni di nuova
emissione sottoscritte dai dipendenti ai sensi degli articoli 2349 e 2441,
ultimo comma, del codice civile. Analoga esclusione è prevista se tali azioni
sono emesse da società che direttamente o indirettamente controllano
l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che
controlla l’impresa.
Tuttavia, la mancanza di precise condizioni, finalità e limiti di spettanza
della norma agevolativa, ha generato diffusi fenomeni elusivi in base ai quali,
soprattutto per le società quotate nei mercati regolamentati, la facile ed
immediata monetizzazione delle azioni assegnate ha di fatto trasformato questo
istituto in un fringe benefit non imponibile, senza creare peraltro i
presupposti in virtù dei quali era stato inizialmente introdotto e cioè la
partecipazione azionaria diffusa tra i lavoratori dipendenti ed il godimento dei
risultati d’esercizio.
Al fine di correggere tali incongruenze era stata proposta una modifica
normativa in base alla quale veniva stabilito che in caso di cessione delle
azioni assegnate, era considerato capital gain l’intero importo del
corrispettivo percepito. Questo tipo di intervento normativo non è stato
condiviso dalla Commissione parlamentare appositamente costituita per l’esame
dei decreti legislativi di attuazione delle deleghe contenute nella legge n. 662
del 1996. La medesima Commissione ha suggerito, invece, di ricondurre la
fattispecie nell’ambito del reddito di lavoro dipendente e di prevedere:
1. l’esclusione dalla formazione del reddito a favore dell’azionariato
diffuso e della generalità dei dipendenti;
2. l’estensione di tale beneficio anche alle azioni già circolanti;
3. un obbligo di mantenimento delle azioni da parte del dipendente per un
periodo minimo;
4. l’introduzione di vincoli riferiti alle retribuzioni nelle assegnazioni
delle azioni e di un tetto massimo di esclusione dalla formazione del reddito.
Alla stregua di quanto richiesto dalla Commissione, la lettera g) del comma 2
dell’articolo 48 del Tuir viene ora suddivisa in due distinte lettere: la
lettera g) e la lettera g-bis). Con la prima viene disciplinato il vero e
proprio "azionariato popolare ai dipendenti". Sulla base di tale nuova
disposizione, infatti, ai fini della non imponibilità sono poste le seguenti
condizioni: le azioni devono essere offerte a tutti i dipendenti e, inoltre, è
richiesto che le azioni rimangano in possesso dei medesimi dipendenti per almeno
tre anni. In ogni caso, il valore delle azioni offerte non concorre alla
formazione del reddito di lavoro dipendente fino all’importo massimo di lire 3
milioni nel periodo d’imposta. È infine previsto che nel caso in cui non
venga rispettato il predetto termine triennale l’intero valore delle azioni
deve essere assoggettato ad imposizione, quale reddito di lavoro dipendente, nel
periodo d’imposta in cui si verifica la cessione delle stesse.
Con la successiva lettera g-bis, invece, si è ritenuto opportuno in ogni caso
mantenere un regime di favore per i piani di azionariato che hanno l’obiettivo
di fidelizzare determinate categorie di dipendenti e premiare quelli più
meritevoli.
È infatti previsto che in caso di assegnazione di azioni ad un dipendente,
l’importo che non concorre a formare il reddito è costituito dalla differenza
tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e quanto corrisposto
dal dipendente. Perché ricorrano i presupposti agevolativi della disposizione,
l’ammontare corrisposto dal dipendente per l’acquisto delle azioni deve
essere almeno pari al valore delle azioni stesse al momento dell’offerta. Non
verificandosi tale condizione, ossia che il prezzo pagato è inferiore al valore
delle azioni al momento dell’offerta, la differenza costituisce reddito di
lavoro dipendente imponibile. La non imponibilità è esclusa, tuttavia, nei
casi in cui il dipendente sia titolare di diritti di voto esercitabili
nell’assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale o al patrimonio
superiore al 10 per cento. In tal modo, si evita di riconoscere l’agevolazione
a soggetti che potrebbero utilizzare la presente disposizione per eludere altre
disposizioni di legge. La verifica del rispetto del predetto limite va
effettuata con riferimento al periodo d’imposta in cui l’assegnazione viene
eseguita tenendo conto anche dei titoli acquisiti per effetto dell’esercizio
del diritto di opzione.
Inoltre, considerato che la norma disciplina esclusivamente l’ipotesi in cui
il dipendente mantenga il diritto di opzione fino alla data di esercizio dello
stesso, rimane fermo che l’assegnazione di un diritto di opzione cedibile deve
essere assoggettato a tassazione come reddito di lavoro dipendente fin dal
momento della medesima assegnazione. Qualora, invece, il diritto di opzione non
sia cedibile l’assegnazione dello stesso non è di per sé tassabile, essendo,
invece, assoggettabili a tassazione i titoli e i valori acquistati con
l’esercizio dell’opzione (salvo la sussistenza delle condizioni che in base
alla disposizione in esame ne escludono l’imponibilità). Tuttavia, qualora un
diritto non cedibile perda successivamente tale requisito, nel periodo
d’imposta in cui è reso trasferibile il relativo importo è assoggettato a
tassazione.
Per completezza di argomento, va sottolineato che mediante l’inserimento di un
apposito comma aggiuntivo è stato chiarito che tutta la disciplina agevolativa
relativa alle azioni offerte ai dipendenti si applica alle azioni emesse dalla
società in cui il dipendente presta la propria attività, ma anche a quelle
emesse da società che direttamente o indirettamente, controllano l’impresa,
ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla
l’impresa.
È appena il caso di ricordare che tutte le suesposte modifiche apportate
all’articolo 48 del Tuir hanno effetto per la determinazione della base
imponibile del reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali e previdenziali.
Articolo 14
Il presente articolo apporta alcune modifiche agli articoli 23 e 24 del Dpr n.
600 del 1973. In particolare, il comma 1, lettera a), riduce dall’1 per cento
allo 0,50 per cento l’interesse mensile che il sostituto d’imposta deve
applicare in caso di incapienza della retribuzione a subire il prelievo delle
imposte derivanti dalle operazioni di conguaglio di fine anno. Tale interesse,
come noto, si applica a decorrere dal periodo di paga successivo a quello in cui
cessano di avere effetto le conseguenze economiche del conguaglio di fine anno,
ossia dal periodo di paga di marzo. Tale modifica è finalizzata a rendere
omogenea la misura del tasso di interesse a quello applicato in situazioni
analoghe dal soggetto che presta l’assistenza fiscale.
Il comma 1, lettera b), sopprimendo il quinto periodo del terzo comma
dell’articolo 23 e il secondo comma dell’articolo 24 del Dpr n. 600 del
1973, intende eliminare la previsione in base alla quale i compensi corrisposti
da terzi in relazione alla qualifica di lavoratore dipendente erano assoggettati
alle ordinarie ritenute alla fonte da parte dell’erogante e comunicati al
datore di lavoro che ne teneva conto per le operazioni di conguaglio di fine
anno. Per effetto di tali modifiche, i compensi in questione devono essere
assoggettati alle ritenute alla fonte da parte dell’ente erogante, il quale è
tenuto ad effettuare le operazioni di conguaglio e a consegnare la relativa
certificazione al percipiente. Quest’ultimo può consegnare (entro il 12
gennaio dell’anno successivo) la certificazione al datore di lavoro con la
richiesta di tenerne conto nelle operazioni di conguaglio fine anno, rimanendo,
in tal modo, esonerato dal presentare la dichiarazione dei redditi. In
alternativa o per le comunicazioni che il dipendente dovesse ricevere oltre il
12 gennaio, il percipiente è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi
(modello 730 o Unico persone fisiche).
Con il comma 3, si conferma l’applicabilità, per quanto concerne gli
adempimenti contabili e formali dei contribuenti previsti dal presente articolo,
della disposizione dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996,
che prevede l’adozione di regolamenti di delegificazione per disciplinare tali
materie.
Articolo 15
Con la presente disposizione viene concesso un credito d’imposta ai datori di
lavoro che impiegano lavoratori dipendenti che prestano la loro attività
all’estero, in misura pari all’ammontare delle ritenute gravanti sul
relativo reddito di lavoro dipendente.
Con tale disposizione si è inteso ricondurre nell’ambito delle agevolazioni a
favore delle imprese e con l’obiettivo di evitare l’aumento del costo del
lavoro, la norma di favore in precedenza contenuta nell’articolo 3, comma 3,
lettera c), del Tuir che stabiliva la non concorrenza alla formazione del
reddito complessivo dei redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in
via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto. Come noto,
quest’ultima disposizione è stata soppressa dall’articolo 5, comma 1,
lettera a), n. 2, del Dlgs n. 314 del 1997 con effetto dal periodo d’imposta
successivo a quello in corso al 31 dicembre 2000.
L’attribuzione del predetto credito d’imposta decorre dal 1° gennaio 2001
ossia dalla medesima data in cui ha effetto l’abolizione del citato articolo
3, comma 3, lettera c), del Tuir.
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