Relazione allo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 9 luglio 1997, n. 461, 18 dicembre 1997, n. 466 e n. 467, e 2 settembre 1997, n. 314, recanti, rispettivamente, disposizioni in materia di redditi di capitale, di riordino delle imposte per favorire la capitalizzazione delle imprese, di imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio e di razionalizzazione delle disposizioni fiscali concernenti i redditi di lavoro dipendente.

TITOLOI

Articolo 1

Nell’articolo 1, comma 1, lettera a), sono state apportate alcune modifiche di coordinamento all’articolo 16-bis del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 volte a tenere conto del nuovo regime impositivo degli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi all’estero. Infatti per effetto delle disposizioni contenute nel successivo articolo 6, è stato esteso anche a tali titoli il regime di applicazione dell’imposta sostitutiva disciplinato dal decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239. Ciò ha reso necessario integrare il citato articolo 16-bis del Tuir prevedendo che il regime di imposizione sostitutiva attraverso la dichiarazione dei redditi trova applicazione non soltanto quando il reddito di fonte estera non è stato assoggettato a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche quando non è stato assoggettato all’imposta sostitutiva di cui al citato decreto legislativo n. 239 del 1996.

Articolo 2

L’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1), modifica i parametri utilizzati per la verifica della congruità del tasso di rendimento effettivo dei prestiti obbligazionari ai fini dell’applicazione della ritenuta alla fonte del 12,50%. Tenuto conto dell’attuale livello del tasso ufficiale di sconto, che si è attestato su valori di gran lunga inferiori a quelli del passato, si è reso necessario adeguare i predetti parametri non più rappresentativi del rendimento di riferimento.

Lo stesso articolo 2, comma 1, reca, alla lettera a), numero 2), disposizioni che modificano l’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e che si rendono necessarie al fine di tenere conto delle nuove disposizioni in tema di imposizione degli interessi ed altri proventi percepiti da soggetti residenti in relazione a obbligazioni e titoli similari emessi all’estero. Considerato che, nell’articolo 6 del presente decreto è stato esteso a tali proventi il regime impositivo previsto dal decreto legislativo n. 239 del 1996, è stato necessario modificare sia l’articolo 26, comma 3, del citato decreto n. 600 del 1973, il quale ora disciplina la ritenuta sugli interessi e altri proventi dei conti correnti e depositi bancari costituiti all’estero (compresi i certificati di deposito), nonché il prelievo della somma pari al 20 per cento sul rimborso anticipato di prestiti obbligazionari emessi da soggetti non residenti.

Con la lettera b) è stato modificato il primo periodo dell’articolo 27, comma 5, del decreto n. 600 del 1973, riguardante le modalità di applicazione della ritenuta a titolo di imposta sui dividendi. In particolare, è stato previsto che la predetta ritenuta venga applicata alle persone fisiche residenti che attestino di possedere i requisiti previsti dal comma 1 dello stesso articolo 27, ossia di possedere una partecipazione non rilevante a norma dell’articolo 81, comma 1, lettera c-bis), del Tuir e che le partecipazioni non siano relative all’impresa commerciale.

È rimasta ferma, la possibilità di richiedere la non applicazione della ritenuta all’atto della riscossione degli utili. Inoltre, la ritenuta continua in ogni caso ad essere applicata nei confronti di persone fisiche residenti non esercenti attività di impresa, soggetti non residenti, fondi immobiliari, fondi pensione e soggetti esenti da Irpeg, possessori di azioni di risparmio al portatore.

Con il comma 2, si conferma l’applicabilità, per quanto concerne gli adempimenti contabili e formali dei contribuenti previsti dal presente articolo, della disposizione dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, che prevede l’adozione di regolamenti di delegificazione per disciplinare tali materie.

Articolo 3

L’articolo 3 del presente decreto modifica l’articolo 4 del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, riguardante la rilevazione ai fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l’estero di denaro, titoli e valori.

Infatti, per effetto delle modifiche recate dall’articolo 6 del presente decreto, che ha esteso l’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui al decreto legislativo n. 239 del 1996 anche agli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi all’estero, è stato modificato l’articolo 4, comma 1, del citato provvedimento al fine di includere tali redditi tra quelli di fonte estera da indicare nella dichiarazione dei redditi ai sensi dell’articolo 16-bis del Tuir qualora non sia stata applicata la relativa imposta.

Articolo 4

Con il presente articolo sono state apportate modifiche all’articolo 9 della legge n. 77 del 1983, all’articolo 11 della legge n. 344 del 1993 e all’articolo 11-bis del decreto legge n. 512 del 1983, per disciplinare l’ipotesi in cui, per effetto della cessazione dell’attività di un organismo di investimento collettivo soggetto ad imposta sostitutiva sul risultato della gestione, non sia possibile utilizzare l’eventuale risultato negativo maturato.

È stato, quindi, previsto che, ricorrendo tale ipotesi, il partecipante all’organismo possa utilizzare tale risultato negativo in diminuzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi soggetti alle disposizioni degli articolo 5, 6 e 7 del Dlgs n. 461 del 1997. Per avvalersi di tale disposizione il partecipante deve ottenere dalla società di gestione un’apposita certificazione dalla quale risulti l’importo computabile in diminuzione.

Articolo 5

Con l’articolo 5, comma 1, lettera a), sono stati modificati i termini entro i quali gli intermediari devono rilasciare l’attestazione del versamento dell’imposta sostitutiva applicata ai sensi dell’articolo 6 del medesimo Dlgs n. 461 del 1997, prevedendo che detta attestazione debba essere rilasciata per tutti i versamenti effettuati nell’anno precedente entro il mese di febbraio ovvero entro il termine di 12 giorni dall’espressa richiesta da parte degli interessati.

Con la lettera b), sono state apportate modificazioni all’articolo 7 del citato decreto legislativo n. 461 del 1997. In particolare, la modifica operata nel comma 3, lettera a) è di mero coordinamento con quanto dispone il successivo articolo 6 che, come si vedrà, estende il regime dell’imposta sostitutiva di cui al decreto legislativo n. 239 del 1996 anche agli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi all’estero.

Con la lettera c), è stata effettuata una modifica all’articolo 7, comma 12, del decreto legislativo n. 461 del 1997 volta a disciplinare le modalità di comunicazione all’Amministrazione finanziaria dei versamenti dell’imposta sostitutiva da parte dei soggetti abilitati all’applicazione del regime del risparmio gestito di cui al medesimo articolo 7 diversi dalle società, come gli agenti di cambio.

Anche in tale caso, si è prevista, al comma 2, l’applicabilità, per quanto concerne gli adempimenti contabili e formali dei contribuenti previsti dal presente articolo, della disposizione dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996.

Articolo 6

Come già anticipato, nel presente articolo viene esteso il regime dell’imposta sostitutiva di cui al Dlgs n. 239 del 1996 agli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari emessi all’estero.

L’imposta sostitutiva è applicata dagli intermediari menzionati nel predetto decreto con l’aliquota del 12,50 per cento sugli interessi e altri proventi relativi alle obbligazioni emesse da soggetti non residenti aventi una scadenza non inferiore a 18 mesi, nonché sugli interessi e altri proventi dei titoli di cui all’articolo 31 del Dpr n. 601 del 1973 ed equiparati emessi all’estero a partire dal 10 settembre 1992, indipendentemente dalla scadenza.

L’imposta sostitutiva è, invece, applicata con l’aliquota del 27 per cento sugli interessi e altri proventi dei titoli emessi da non residenti con scadenza inferiore a 18 mesi.

L’imposta è dovuta dagli stessi soggetti per i quali trovano applicazione le disposizioni del Dlgs n. 239 del 1996, nonché dagli organismi di investimento collettivo di cui agli articoli 8, commi da 1 a 4, del Dlgs n. 461 del 1997, soggetti ad imposta sostitutiva limitatamente ai titoli, diversi da quelli di cui all’articolo 31 del Dpr n. 601 del 1973, aventi una scadenza inferiore a 18 mesi. Naturalmente resta confermato che i non residenti non sono soggetti passivi ai fini dell’imposta sugli interessi e altri proventi relativi ai titoli emessi da soggetti non residenti, oggetto del prelievo in commento.

Per effetto della predetta estensione dell’imposta sostitutiva, come chiarito a commento del precedente articolo, è stata altresì modificata la disposizione contenuta nell’articolo 7, comma 3, lettera a), del Dlgs n. 461 del 1997, affinché l’imposta sostitutiva prevista nella misura del 27 per cento sia comunque applicata anche nei confronti dei soggetti che abbiano optato per l’applicazione del regime del risparmio gestito. Pertanto, gli interessi ed altri proventi dei titoli emessi da soggetti non residenti (diversi da quelli di cui all’articolo 31 del Dpr n. 601 del 1973) aventi una scadenza inferiore a 18 mesi non concorrono a formare il risultato della gestione.

Con apposita disposizione che modifica l’articolo 3, comma 5, del Dlgs n. 239 del 1996, è stato inoltre previsto che presupposto per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui titoli esteri è anche il prelievo materiale dei titoli dai depositi costituiti presso gli intermediari.

L’estensione dell’imposta sostitutiva ai titoli esteri ha reso necessario l’introduzione di una disciplina di carattere transitorio con la quale sono stati regolati gli effetti della nuova disposizione sui titoli in circolazione. In particolare, è stato previsto che l’imposta sostitutiva si applica relativamente agli interessi e altri proventi divenuti esigibili a partire dal 1° luglio 2000. Tenuto conto che il meccanismo che regola gli accrediti e gli addebiti al conto unico prescinde dal periodo di maturazione del provento in capo al possessore del titolo, è previsto che con riferimento ai proventi maturati fino al 30 giugno 2000 l’intermediario presso il quale i titoli sono depositati deve accreditare il conto unico e, conseguentemente addebitare al cliente, dell’ammontare dell’imposta sostitutiva relativa agli interessi e altri proventi maturati nel periodo di possesso e contestualmente addebitare il conto unico dell’imposta sostitutiva commisurata agli interessi e altri proventi maturati dalla data in cui è iniziata la maturazione della cedola in corso oppure dell’imposta commisurata alla differenza, maturata al 30 giugno 2000, tra la somma dovuta alla scadenza e il prezzo di emissione. In tal modo, il contribuente non subisce alcun prelievo per effetto dell’entrata in vigore della nuova disposizione in commento la quale si applica per tutti i proventi che divengono esigibili fin dal 1° luglio 2000.

Naturalmente, l’entrata in vigore della norma che dispone l’applicazione dell’imposta sostitutiva sugli interessi, premi e altri frutti dei titoli obbligazionari emessi all’estero, fa venire meno l’applicazione della ritenuta di cui all’articolo 26, comma 3-bis, del Dpr n. 600 del 1973 su detti interessi. Tale ritenuta continua, invece, ad essere effettuata qualora oggetto dei contratti siano certificati di deposito.

Articolo 7

La disposizione attua un coordinamento relativamente ai termini e alle modalità di versamento di alcune ritenute e imposte sostitutive. In particolare, i termini e le modalità di versamento sono stati adeguati alle disposizioni generali contenute nel decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Articolo 8

Il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) ha modificato profondamente la disciplina applicabile agli organismi di investimento collettivo del risparmio.

In particolare, a seguito dell’entrata in vigore delle disposizioni di attuazione contenute nell’articolo 6 del citato decreto legislativo, gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (siano essi istituiti nella forma dei fondi aperti oppure dei fondi chiusi) possono investire, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa di vigilanza emanata dal Ministero del tesoro e dalla Banca d’Italia, in partecipazioni qualificate con diritto di voto in società quotate e non quotate.

Al fine di assicurare la necessaria omogeneità di trattamento tra la disciplina fiscale dell’investimento diretto in partecipazioni qualificate munite del diritto di voto e quella dell’investimento indiretto nelle medesime partecipazioni attraverso gli organismi d’investimento collettivo in strumenti finanziari, tenendo tuttavia conto della peculiarità degli organismi stessi che rappresentano comunque strumenti per l’impiego di risparmio raccolto presso il pubblico, è previsto che i fondi comuni di investimento mobiliare e le Sicav continuino ad applicare le disposizioni concernenti l’imposta sostitutiva sul risultato della gestione nella misura del 12,50 per cento qualora il patrimonio risulti investito in partecipazioni qualificate entro limiti predefiniti. Qualora, invece, l’organismo di investimento detenga partecipazioni in misura eccedente le percentuali prefissate, l’imposta sostitutiva deve essere applicata con l’aliquota del 27 per cento sulla parte del risultato della gestione riferibile alle partecipazioni qualificate.

Il comma 1 eleva, quindi, al 27 per cento l’aliquota dell’imposta sostitutiva applicabile a tali organismi relativamente alla parte di risultato della gestione riferibile alle partecipazioni qualificate da essi detenute.

Trattandosi di norma che interessa soltanto le modalità di imposizione dei plusvalori relativi ad una porzione del patrimonio dell’organismo di investimento, e cioè quelli riferibili alle partecipazioni qualificate, restano confermate le altre disposizioni contenute nell’articolo 8, commi da 1 a 4, del Dlgs 21 novembre 1997, n. 461 che consentono al fondo di conseguire i proventi senza applicazione della ritenuta del 12,50 per cento per assoggettarli ad imposta sostitutiva sul risultato della gestione con la medesima aliquota.

Con il comma 2 viene fissata la nozione di partecipazione qualificata per l’applicazione delle disposizioni del comma 1, facendo riferimento esclusivamente a quelle detenute da ciascun organismo che rappresentano almeno il 10 o il 50 per cento del capitale con diritto di voto della società partecipata. Analogamente con quanto previsto nell’articolo 81, comma 1, lettera c) del Tuir, nel computo delle predette percentuali occorre considerare anche i titoli, diritti o rapporti attraverso cui possono essere acquistate le partecipazioni.

Il comma 3 attua il necessario coordinamento con le disposizioni riguardanti l’utilizzo del risultato della gestione, il regime tributario dei proventi (per i quali è previsto la non concorrenza alla formazione del reddito se non conseguiti nell’esercizio di impresa commerciale), la presentazione delle dichiarazioni e l’applicazione delle disposizioni in materia di accertamento, riscossione e sanzioni.

Per quanto riguarda il credito d’imposta è previsto che esso spetti alle imprese commerciali nella misura del 15 per cento o del 36,98 per cento a seconda che il risultato della gestione sia stato assoggettato ad imposta sostitutiva in misura pari al 12,50 per cento o 27 per cento. I proventi devono essere computati distintamente a seconda che essi si riferiscano al risultato della gestione soggetto ad imposta sostitutiva nella misura del 12,50 per cento ovvero del 27 per cento, sulla base di appositi elementi di determinazione resi noti dalla società di gestione.

TITOLOII

Articolo 10

L’utilizzabilità del credito limitato solo fino a concorrenza della quota della imposta dovuta relativa al dividendo cui esso afferisce, ha reso necessaria la predisposizione da parte del legislatore anche dei criteri per determinare tale quota e siffatti criteri, che si fondano sul confronto fra il dividendo stesso e il reddito complessivo, pongono sostanzialmente la presunzione secondo cui il reddito imponibile si considera formato, fino a concorrenza, con il dividendo "de quo", sicché, ai fini dello scomputo del credito limitato, l’imposta dovuta deve assumersi come prioritariamente riferibile proprio al dividendo assistito dal credito in parola.

Questa impostazione, che si basa su precise motivazioni logico-sistematiche coerenti con i principi di fondo dell’istituto del credito limitato (diretto, come è noto, a trasferire ai soci i regimi agevolativi goduti dalla società partecipata), viene tuttavia contraddetta per ciò che concerne il trattamento delle perdite pregresse. Nel rapporto di cui si discute, infatti, il confronto viene posto dalla norma fra il dividendo (comprensivo del credito limitato) e il reddito complessivo "al lordo delle perdite di precedenti periodi ammessi in deduzione". Ne consegue che in questo modo le perdite vengono "addossate" figurativamente, sia pur in parte, a riduzione del dividendo e quindi della quota di imposta ad esso relativa, in deroga al criterio presuntivo dianzi esposto. Tale deroga, peraltro, non presenta alcuna giustificazione logico-sistematica, anzi introduce nel sistema un elemento di perturbazione che opera in modo del tutto casuale, se si considera che le perdite fatte oggetto di riporto assumono, proprio in coerenza con le finalità stesse dell’istituto del riporto, la medesima valenza nella determinazione dell’imponibile dei componenti negativi di periodo e quindi identico ne dovrebbe essere il trattamento anche ai fini in esame.

Le modifiche, dunque, di cui alle lettere a) e b) mirano a rimuovere questa incongruenza individuando l’imposta riferibile al dividendo assistito da credito di imposta limitato sulla base "sic et simpliciter" del rapporto fra tale dividendo (comprensivo del credito) e il reddito complessivo imponibile, al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in deduzione", anziché al lordo.

TITOLOI

Articolo 11

La modifica recata dall’articolo 11, comma 1, lettera a), all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 466 del 1997 è volta a consentire l’applicazione delle disposizioni concernenti l’aliquota Dit ridotta a tutte le società i cui titoli di partecipazione sono ammessi a quotazione non soltanto in uno dei mercati regolamentati italiani, ma anche in uno dei mercati regolamentati dei Paesi aderenti alla Unione Europea.

Con la modifica di cui alla lettera b), si esclude la possibilità per le società di grandi dimensioni, di fruire delle aliquote ridotte che spettano per i primi tre periodi d’imposta alle società che si quotano nei mercati regolamentati. In particolare, viene esclusa l’applicabilità della disciplina dell’articolo 6, comma 1, del citato decreto a tutte le società il cui patrimonio netto risulti superiore a 500 miliardi di lire. Tale limite va verificato sulla base delle risultanze del bilancio dell’esercizio precedente a quello cui si riferisce la dichiarazione dei redditi nella quale viene chiesta l’applicazione dell’aliquota ridotta.

È stato, inoltre, espressamente previsto che la nuova disposizione non abbia alcun effetto sui versamenti degli acconti dell’Irpeg relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 1999 se già effettuati alla data di entrata in vigore del presente decreto. Ciò al fine di evitare l’applicazione di sanzioni qualora i contribuenti abbiano versato acconti tenendo conto delle disposizioni vigenti prima delle presenti modifiche e tali acconti risultino, per effetto di dette modifiche, insufficiente.

TITOLOI

Articolo 13

L’articolo 13, comma 1, lettera a), apporta una modifica di carattere assolutamente formale. Infatti, nell’articolo 47, comma 1, lettera i), del Tuir erano ancora richiamate alcune lettere del testo dell’articolo 10 previgente alle modifiche apportate con il decreto legge 6 dicembre 1993, n. 503, reiterato più volte fino al decreto 31 maggio 1994, n. 330, convertito dalla legge 27 luglio 1994, n. 473. Con tale provvedimento, infatti, gli oneri sono stati distinti in oneri deducibili e oneri che danno diritto ad una detrazione d’imposta (articoli 10 e 13-bis del Tuir). L’articolo 3, comma 5, del provvedimento citato ha provveduto a stabilire che tutti i riferimenti contenuti in altre disposizioni normative alle lettere del previgente articolo 10 del Tuir devono intendersi operati alle corrispondenti lettere dei rispettivi articoli 10 e 13-bis del Tuir. Per una più agevole lettura della disposizione, quindi, si è provveduto ad apportare le opportune modifiche nel predetto articolo 47 del Tuir.

Con la successiva lettera b), vengono apportate alcune correzioni all’articolo 48, comma 2, del Tuir. In particolare, sono sostituite le lettere f) e g) del citato comma 2.

Per quanto riguarda la modifica della lettera f), la stessa è stata suddivisa in due lettere, f) e f-bis), al fine di eliminare dalla disposizione oggi vigente la previsione generale di esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente delle somme erogate per le finalità dell’articolo 65, comma 1, del Tuir, con esclusione di quelle di assistenza sociale e sanitaria, mantenendo la previsione di non concorrenza soltanto per le somme destinate a borse di studio, asili nido e colonie climatiche. Infatti, il riferimento alle somme era stato inserito proprio per tenere conto che queste fattispecie fruivano dell’esclusione dalla base imponibile previdenziale e tale esclusione voleva essere garantita. Per tale motivo, al momento dell’unificazione delle basi imponibili fiscali e previdenziali, era stata estesa anche al settore fiscale. Tuttavia, la previsione generica rischia di generare fenomeni elusivi e, quindi, va ricondotta alle sole ipotesi che si intendevano tutelare. Pertanto, la nuova lettera f) che viene proposta riproduce sostanzialmente la lettera e) dell’articolo 48 nel testo vigente prima della sostituzione operata con il decreto legislativo n. 314 del 1997, concernente l’utilizzo delle opere e dei servizi messi a disposizione dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti e dei familiari per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sanitaria e sociale eccetera. La successiva lettera f-bis), invece, dispone la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente delle somme erogate per borse di studio, asili nido e colonie climatiche a favore dei familiari del dipendente.

Per quanto riguarda, invece, la modifica alla lettera g) del comma 2 dell’articolo 48 del Tuir, che disciplina la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente delle azioni assegnate ai lavoratori dipendenti, si precisa quanto segue. Come noto, la citata disposizione dispone che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni di nuova emissione sottoscritte dai dipendenti ai sensi degli articoli 2349 e 2441, ultimo comma, del codice civile. Analoga esclusione è prevista se tali azioni sono emesse da società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.

Tuttavia, la mancanza di precise condizioni, finalità e limiti di spettanza della norma agevolativa, ha generato diffusi fenomeni elusivi in base ai quali, soprattutto per le società quotate nei mercati regolamentati, la facile ed immediata monetizzazione delle azioni assegnate ha di fatto trasformato questo istituto in un fringe benefit non imponibile, senza creare peraltro i presupposti in virtù dei quali era stato inizialmente introdotto e cioè la partecipazione azionaria diffusa tra i lavoratori dipendenti ed il godimento dei risultati d’esercizio.

Al fine di correggere tali incongruenze era stata proposta una modifica normativa in base alla quale veniva stabilito che in caso di cessione delle azioni assegnate, era considerato capital gain l’intero importo del corrispettivo percepito. Questo tipo di intervento normativo non è stato condiviso dalla Commissione parlamentare appositamente costituita per l’esame dei decreti legislativi di attuazione delle deleghe contenute nella legge n. 662 del 1996. La medesima Commissione ha suggerito, invece, di ricondurre la fattispecie nell’ambito del reddito di lavoro dipendente e di prevedere:

1. l’esclusione dalla formazione del reddito a favore dell’azionariato diffuso e della generalità dei dipendenti;

2. l’estensione di tale beneficio anche alle azioni già circolanti;

3. un obbligo di mantenimento delle azioni da parte del dipendente per un periodo minimo;

4. l’introduzione di vincoli riferiti alle retribuzioni nelle assegnazioni delle azioni e di un tetto massimo di esclusione dalla formazione del reddito.

Alla stregua di quanto richiesto dalla Commissione, la lettera g) del comma 2 dell’articolo 48 del Tuir viene ora suddivisa in due distinte lettere: la lettera g) e la lettera g-bis). Con la prima viene disciplinato il vero e proprio "azionariato popolare ai dipendenti". Sulla base di tale nuova disposizione, infatti, ai fini della non imponibilità sono poste le seguenti condizioni: le azioni devono essere offerte a tutti i dipendenti e, inoltre, è richiesto che le azioni rimangano in possesso dei medesimi dipendenti per almeno tre anni. In ogni caso, il valore delle azioni offerte non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente fino all’importo massimo di lire 3 milioni nel periodo d’imposta. È infine previsto che nel caso in cui non venga rispettato il predetto termine triennale l’intero valore delle azioni deve essere assoggettato ad imposizione, quale reddito di lavoro dipendente, nel periodo d’imposta in cui si verifica la cessione delle stesse.

Con la successiva lettera g-bis, invece, si è ritenuto opportuno in ogni caso mantenere un regime di favore per i piani di azionariato che hanno l’obiettivo di fidelizzare determinate categorie di dipendenti e premiare quelli più meritevoli.

È infatti previsto che in caso di assegnazione di azioni ad un dipendente, l’importo che non concorre a formare il reddito è costituito dalla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e quanto corrisposto dal dipendente. Perché ricorrano i presupposti agevolativi della disposizione, l’ammontare corrisposto dal dipendente per l’acquisto delle azioni deve essere almeno pari al valore delle azioni stesse al momento dell’offerta. Non verificandosi tale condizione, ossia che il prezzo pagato è inferiore al valore delle azioni al momento dell’offerta, la differenza costituisce reddito di lavoro dipendente imponibile. La non imponibilità è esclusa, tuttavia, nei casi in cui il dipendente sia titolare di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 10 per cento. In tal modo, si evita di riconoscere l’agevolazione a soggetti che potrebbero utilizzare la presente disposizione per eludere altre disposizioni di legge. La verifica del rispetto del predetto limite va effettuata con riferimento al periodo d’imposta in cui l’assegnazione viene eseguita tenendo conto anche dei titoli acquisiti per effetto dell’esercizio del diritto di opzione.

Inoltre, considerato che la norma disciplina esclusivamente l’ipotesi in cui il dipendente mantenga il diritto di opzione fino alla data di esercizio dello stesso, rimane fermo che l’assegnazione di un diritto di opzione cedibile deve essere assoggettato a tassazione come reddito di lavoro dipendente fin dal momento della medesima assegnazione. Qualora, invece, il diritto di opzione non sia cedibile l’assegnazione dello stesso non è di per sé tassabile, essendo, invece, assoggettabili a tassazione i titoli e i valori acquistati con l’esercizio dell’opzione (salvo la sussistenza delle condizioni che in base alla disposizione in esame ne escludono l’imponibilità). Tuttavia, qualora un diritto non cedibile perda successivamente tale requisito, nel periodo d’imposta in cui è reso trasferibile il relativo importo è assoggettato a tassazione.

Per completezza di argomento, va sottolineato che mediante l’inserimento di un apposito comma aggiuntivo è stato chiarito che tutta la disciplina agevolativa relativa alle azioni offerte ai dipendenti si applica alle azioni emesse dalla società in cui il dipendente presta la propria attività, ma anche a quelle emesse da società che direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.

È appena il caso di ricordare che tutte le suesposte modifiche apportate all’articolo 48 del Tuir hanno effetto per la determinazione della base imponibile del reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali e previdenziali.

Articolo 14

Il presente articolo apporta alcune modifiche agli articoli 23 e 24 del Dpr n. 600 del 1973. In particolare, il comma 1, lettera a), riduce dall’1 per cento allo 0,50 per cento l’interesse mensile che il sostituto d’imposta deve applicare in caso di incapienza della retribuzione a subire il prelievo delle imposte derivanti dalle operazioni di conguaglio di fine anno. Tale interesse, come noto, si applica a decorrere dal periodo di paga successivo a quello in cui cessano di avere effetto le conseguenze economiche del conguaglio di fine anno, ossia dal periodo di paga di marzo. Tale modifica è finalizzata a rendere omogenea la misura del tasso di interesse a quello applicato in situazioni analoghe dal soggetto che presta l’assistenza fiscale.

Il comma 1, lettera b), sopprimendo il quinto periodo del terzo comma dell’articolo 23 e il secondo comma dell’articolo 24 del Dpr n. 600 del 1973, intende eliminare la previsione in base alla quale i compensi corrisposti da terzi in relazione alla qualifica di lavoratore dipendente erano assoggettati alle ordinarie ritenute alla fonte da parte dell’erogante e comunicati al datore di lavoro che ne teneva conto per le operazioni di conguaglio di fine anno. Per effetto di tali modifiche, i compensi in questione devono essere assoggettati alle ritenute alla fonte da parte dell’ente erogante, il quale è tenuto ad effettuare le operazioni di conguaglio e a consegnare la relativa certificazione al percipiente. Quest’ultimo può consegnare (entro il 12 gennaio dell’anno successivo) la certificazione al datore di lavoro con la richiesta di tenerne conto nelle operazioni di conguaglio fine anno, rimanendo, in tal modo, esonerato dal presentare la dichiarazione dei redditi. In alternativa o per le comunicazioni che il dipendente dovesse ricevere oltre il 12 gennaio, il percipiente è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi (modello 730 o Unico persone fisiche).

Con il comma 3, si conferma l’applicabilità, per quanto concerne gli adempimenti contabili e formali dei contribuenti previsti dal presente articolo, della disposizione dell’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, che prevede l’adozione di regolamenti di delegificazione per disciplinare tali materie.

Articolo 15

Con la presente disposizione viene concesso un credito d’imposta ai datori di lavoro che impiegano lavoratori dipendenti che prestano la loro attività all’estero, in misura pari all’ammontare delle ritenute gravanti sul relativo reddito di lavoro dipendente.

Con tale disposizione si è inteso ricondurre nell’ambito delle agevolazioni a favore delle imprese e con l’obiettivo di evitare l’aumento del costo del lavoro, la norma di favore in precedenza contenuta nell’articolo 3, comma 3, lettera c), del Tuir che stabiliva la non concorrenza alla formazione del reddito complessivo dei redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto. Come noto, quest’ultima disposizione è stata soppressa dall’articolo 5, comma 1, lettera a), n. 2, del Dlgs n. 314 del 1997 con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2000.

L’attribuzione del predetto credito d’imposta decorre dal 1° gennaio 2001 ossia dalla medesima data in cui ha effetto l’abolizione del citato articolo 3, comma 3, lettera c), del Tuir.

 
 
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Aggiornato il: 27 novembre 1999