
Estratto
(punti da 7 a 18) del parere votato dalla commissione dei Trenta sullo schema di
decreto legislativo sul regime fiscale dell’assegnazione di azioni ai
dipendenti e delle stock option.
Con riferimento alle disposizioni di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b)
n. 2, riferite al limite di esclusione dal reddito del valore delle azioni
distribuite ai dipendenti, la Commissione ritiene che esse debbano fare
esplicito riferimento alla norma generale stabilita per la determinazione
quantitativa e qualitativa dei fringe benefit goduti dal dipendente (valore
normale meno costo di acquisizione). Ciò consente di esplicitare che la
limitazione ai fini dell’esclusione dal reddito è riferita all’entità del
reddito trasferito attraverso l’attribuzione di azioni al di sotto del loro
valore normale; tale entità coincide con il valore delle azioni distribuite
solo nel caso in cui tale distribuzione avvenga a titolo gratuito.
La limitazione in questione appare restrittiva (tetto di esenzione basso) e
sarebbe opportuno che sia elevata. Al fine di rendere tale disposizione un utile
strumento di contrattazione tra le parti sociali, valuti il Governo di
trasformarla in limitazione individuale da rispettare (a scorrimento) nella
media di più anni (esempio 20 milioni in 5 anni). Consideri inoltre la
possibilità di fissare tale limite anche con riferimento alla retribuzione
annuale del dipendente.
È necessario che la normativa includa, tra le fattispecie che riportano la
distribuzione di azioni ai dipendenti nel campo di applicazione dell’Irpef,
anche l’esistenza di clausole di riacquisto da parte dell’impresa alla
scadenza del periodo previsto di detenzione (altrimenti quella distribuzione si
risolverebbe in un espediente per corrispondere una parte di retribuzione in
esenzione d’imposta).
Il Governo specifichi qual è il valore normale delle operazioni normate alla
lettera g) ai fini dell’imposta sui capital gain.
La Commissione invita il Governo a valutare se non sia preferibile, al fine
della certezza dei valori di carico in portafoglio e al fine di evitare fenomeni
elusivi, che il reddito da lavoro dipendente assoggettabile a tassazione per gli
importi eccedenti il tetto di esenzione (lettera g) sconti l’aliquota
marginale del periodo d’imposta relativo all’assegnazione delle azioni,
prevedendo allo scopo un debito d’imposta da corrispondere al momento della
cessione delle azioni.
Per quanto riguarda la lettera g-bis), si chiarisca che in caso di assegnazione
di diritti di opzione con valore di esercizio inferiore al valore normale del
titolo, concorre a formare il reddito unicamente la differenza tra i suddetti
valori.
Sempre con riferimento alla lettera g-bis), non è specificato il periodo
d’imposta in cui sorge per il contribuente l’obbligo di pagamento
dell’imposta sul reddito nel caso in cui vi sia una imponibilità, in sede
Irpef, della differenza positiva tra il valore normale e il costo delle azioni.
La Commissione suggerisce di riferirsi al periodo d’imposta in cui avviene la
cessione ed estende a questa fattispecie l’invito al Governo a valutare le
considerazioni esposte al punto 9).
È opportuno rendere esplicito, o con specifica formulazione o con richiamo alla
normativa di tassazione dei proventi finanziari (sotto la quale viene sussunta
l’acquisizione di azioni e diritti in portafoglio), che il periodo d’imposta
in cui sorge la tassazione dei capital gain è quello nel quale l’azione è
ceduta (non quello in cui avviene l’esercizio del diritto), salvo quanto
disposto per il risparmio gestito individualmente.
Al fine di evitare possibili contestazioni e contenzioso relativi alle
operazioni di stock option o di assegnazione di azioni poste in essere in
assenza di normativa specifica prima dell’entrata in vigore del presente
regime e per dare certezza del trattamento fiscale, il Governo è invitato a
varare una normativa transitoria che:
a) escluda qualsiasi tassabilità in sede Irpef delle operazioni già concluse
(con l’esercizio dell’opzione e la cessione delle azioni corrispondenti, o
con l’assegnazione di azioni) e di quelle già avviate (al 30 settembre 1999)
e non ancora concluse (sia perché non vi è stata cessione delle azioni
derivanti da un diritto esercitato, sia perché il diritto di esercizio
dell’opzione o il diritto all’assegnazione delle azioni maturerà oltre
l’entrata in vigore della presente normativa);
b) consideri inoltre che quanto sopra previsto deve applicarsi anche per le
assegnazioni di azioni previste da accordi con le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative del personale dipendente entro il 30 settembre
1999, nel contesto di ristrutturazioni o riorganizzazioni aziendali;
c) consideri esclusivamente l’avvenuta acquisizione di azioni sotto il profilo
del portafoglio, normato dalla legge 461 del 1997;
d) per le operazioni già avviate e non concluse come definite ai punti a) e b),
il valore d’ingresso nel nuovo regime sia in subordine non inferiore al valore
normale delle azioni al 31 dicembre 1999, costituendo esso la base per la
tassazione dei capital gain realizzati dal 1º gennaio 2000 in avanti;
e) qualora si segua l’opzione c), sia applicabile il credito d’imposta sulle
perdite in conto capitale solo nel caso in cui la cessione delle azioni avvenga
al di sotto del costo di acquisizione (e non semplicemente sotto il valore
d’ingresso).
La Commissione ritiene che le agevolazioni di cui alle lettere g) e g-bis)
dovrebbero essere estese anche a quei soggetti che, pur non essendo dipendenti,
prestino la propria attività continuativamente al servizio dell’impresa. La
Commissione non considera palesemente infondata la tesi che, avendo la legge 662
del 1996 delegato il Governo a rivedere la normativa Irpef, il punto possa
essere affrontato contestualmente al varo del provvedimento in questione,
riferito solo al trattamento fiscale del reddito dei lavoratori dipendenti. Si
invita altrimenti il Governo ad assumere le iniziative legislative necessarie.
La Commissione rileva che la normativa di cui alla lettera g) si attaglia male
alla specificità delle imprese a statuto cooperativo, dove gli scopi cui essa
si ispira sono già soddisfatti: la partecipazione dei soci lavoratori al
capitale di rischio e, in misura temperata, ai conseguenti dividendi annuali, è
regolata dalla legge e dallo statuto sociale, così come il percorso di
ammissione a socio cooperatore (per il quale è rilevante il rapporto
lavorativo). Le disposizioni di cui alla lettera g-bis), relative alle stock
option, sono generalmente inapplicabili nel caso in questione.
Al fine di rendere le agevolazioni di cui alla lettera g) accessibili anche a
tali imprese, nel rispetto della loro specificità statutaria e della loro
peculiarità, sembrerebbe opportuno che per esse — purché in presenza di
organica previsione statutaria di ammissibilità a socio del personale
dipendente che ne fa richiesta — il tetto di esclusione dal reddito delle
azioni o quote sociali assegnate, correlato anche all’integrazione retributiva
di cui all’articolo 11, ultimo comma del Dpr 601 del 1973, si applichi pure
nel caso in cui tale assegnazione sia riservata ai soci lavoratori.
La Commissione attira l’attenzione sul fatto che, per le società non quotate,
le azioni assegnate ai dipendenti e quelle che a essi pervengono tramite
l’istituto delle stock option possono determinare nel tempo una quota
significativa di capitale di una singola impresa in mano a un pubblico diffuso,
senza che ciò sia avvenuto con le dovute tutele per i risparmiatori implicati.