DECRETO
7 settembre 1999
DECRETO 3 settembre 1999, n.321
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17 settembre 1999
NOTA ministero delle finanze 13 settembre 1999
DISEGNO DI LEGGE varato il 10.9.1999 dal consiglio dei ministri
CIRCOLARE 17.9.1999,
n. 186/E
“Attivazione dell'ufficio delle entrate di Orvieto e soppressione di taluni uffici finanziari." In breve L’ufficio delle entrate di Orvieto, attivato il 10.9.1999, prende il posto:
Il decreto direttoriale 21 giugno 1999, al fine di agevolare lo smaltimento dell'arretrato relativo al controllo formale delle dichiarazioni I.V.A., ha stabilito che l’attività di controllo formale delle dichiarazioni (art.54-bis D.P.R. 633/1972) resta presso gli uffici I.V.A. ancora operanti e di trasferirla, una volta soppressi i predetti uffici, esclusivamente agli uffici delle entrate dei capoluoghi provinciali, nel caso di specie Ufficio delle entrate di Terni, consentendo così agli altri uffici delle entrate di nuova attivazione di dedicarsi all'esecuzione dei controlli sostanziali. Gazzetta Ufficiale n. 216 del 14-09-1999 RISCOSSIONE – FORMAZIONE DEI RUOLI – Modalità DECRETO
3 settembre 1999, n.321
In particolare l'articolo 22 del predetto D.Lgs n. 46 del 1999, dispone che i decreti previsti dagli articoli 12, comma 2, e 24, del D.P.R. n. 602/73, sono adottati anche per le entrate iscritte a ruolo diverse dalle imposte sui redditi, sancendo quindi di fatto, la costituzione di un ruolo unico per tutti i tributi. E’ appena il caso di ricordare che la notifica della cartella di pagamento, ai sensi dell'articolo 21, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, vale anche come notificazione del ruolo stesso. Data, quest’ultima, dalla quale iniziano a decorrere i 60 giorni per proporvi ricorso. Appresso riassume il procedimento
di formazione dei nuovi ruoli Il nuovo ruolo avrà la natura di documento informatico e dovrà contenere i seguenti dati: a) l'ente creditore; Formazione dei ruoli
In entrambi i casi devono riportare un numero identificativo univoco a livello nazionale.
Nel secondo caso, quanto cioè l’ente creditore non può procedere alla compilazione diretta del ruolo, l’informatizzazione dei ruoli è affidata al CNC sulla base di Minute (comunicazioni) trasmesse dagli enti creditori. Nelle minute devono essere indicati, tutti i dati contenuti nei ruoli stessi non di conoscenza del CNC. Gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, disposti dall’art.20 del D.P.R. n. 602/73, (maggiori imposte accertate a seguito del controllo formale delle dichiarazioni), sia se calcolati direttamente dall’ente creditore ma anche se calcolati dal CNC decorronoi dal termine di presentazione della dichiarazione fino ai termini appresso indicati:
DECRETO
DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17 settembre 1999 “Termini per la trasmissione telematica delle dichiarazioni dei redditi delle società di capitali, enticommerciali ed equiparati, enti non commerciali ed equiparati e delle dichiarazioni dei contribuenti ai quali, per l'anno 1999, si applicano gli studi di settore.” In breve Il DPCM in commento ha disposto la proroga di alcuni termini per la trasmissione telematica delle dichiarazioni. Tale proroga è stata attuata operando un distinguo tra le dichiarazioni dei soggetti per i quali non operano gli studi di settore e quelle dei soggetti per i quali, invece, sono stati approvati i predetti studi e per i quali quindi devono essere trasmesse anche le schede relative agli studi stessi. I termini prorogati
per la trasmissione telematica sono infatti i seguenti:
Nessuna proroga,
invece, è stata prevista per la trasmissione telematica delle altre
dichiarazioni per le quali quindi restano ferme le seguenti scadenze:
Gazzetta
Ufficiale n. 220 del 18-09-1999
NOTA ministero delle finanze 13 settembre 1999 “Invio telematico delle dichiarazioni – principali questioni emerse nella prima fase di attivazione del servizio telematico – convocazione riunione.” In breve La nota del direttore generale del Ministero delle finanze in oggetto oltre a fornire alcuni chiarimenti tecnici sulle principali questioni emerse nella prima fase di attivazione del servizio telematico, ha chiarito che la sanzione prevista dall’art.7-bis del D.Lgs 241/97 (norma inserita dal D.Lgs n. 490/98), risulta tra quelle di natura amministrativa alle quali restano applicabili le disposizioni generali sulle sanzioni amministrative previste dalla legge n. 689/81 e non quelle indicate dal D.Lgs n. 472/1997. Al fine di comprendere a pieno l’importanza di tale chiarimento e per anticipare parte del contenuto di uno schema di regolamento recentemente approvato dal Consiglio dei ministri è utile ricordare gli obblighi del contribuente e dell’intermediario nella presentazione e successiva trasmissione delle dichiarazioni. Come è noto, l’intermediario abilitato alla trasmissione telematica deve rilasciare al contribuente una copia della dichiarazione contenente l’impegno a trasmettere e la ricevuta della dichiarazione. Come anche chiarito nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione UNICO-99 Persone fisiche, § 5.3, pag. 6, la ricevuta rilasciata dall’intermediario fa piena prova per il contribuente dell’avvenuta presentazione della dichiarazione. In proposito si anticipa che uno schema di regolamento al D.P.R. n. 322/98 approvato il 3 settembre 1999 dal Consiglio dei ministri (Cfr Il sole 24 ore del 4.9.1999) prevede l’inserimento di tali disposizioni nell’art. 3 del D.P.R. n. 322/98, stabilendo quindi a regime, l’obbligo del rilascio della ricevuta da parte dell’intermediario e la netta separazione tra termini di presentazione (riferiti al contribuente) e termini di trasmissione (riferiti all’abilitato). Sulla base di quanto indicato l’abilitato che ha assunto l’impegno a trasmettere la dichiarazione dovrà quindi trasmettere in via telematica la dichiarazione nei termini fissati nel D.P.R. n. 322/98. Pertanto se la trasmissione telematica della dichiarazione viene effettuata con ritardo, l’errore è imputabile solamente all’intermediario. Il contribuente infatti ha validamente presentato la sua dichiarazione nel termine indicato sulla ricevuta rilasciata dall’abilitato stesso. Per l’omessa trasmissione della dichiarazione l’art.7-bis del D.Lgs 241/97 stabilisce una sanzione specifica da un minimo di 1 milione ad un massimo di 10 milioni. Tale sanzione, che si ricorda essere stata introdotta dall’art.2 del
D.Lgs n. 490/98 (entrato in vigore il 5 febbraio 1999), secondo quanto chiarito
dal ministero con la nota in esame non
rientra tra le sanzioni aventi
carattere tributario ma tra quelle di natura
amministrativa alle quali restano applicabili le disposizioni della L. n.
689/81. Conseguenza diretta di tale interpretazione è l’impossibilità di
ridurre la sanzione prevista in applicazione del ravvedimento operoso (at.13 del
D.Lgs 472/1997) nonché, in sede di irrogazione della sanzione,
l”’impossibilità“ della riduzione ad un quarto (definizione agevolata) ai
sensi dell’art. 16 dello stesso D.Lgs n. 472/97. Fra l’altro sempre la stessa nota ministeriale ha
chiarito che nel caso di specie, quando vengono commesse numerose violazioni
(come può accadere nell’ipotesi in cui venga scartata “una intera
fornitura”), “potrà essere applicato il cumulo giuridico previsto
dall’articolo 8 della richiamata legge n. 689/81 consistente nella irrogazione
della sanzione stabilita per la violazione
più grave aumentata fino al triplo”. Inoltre ancora la nota ministeriale
citata ha previsto una esimente, consistente nella non applicazione della
sanzione in parola, nelle ipotesi in cui “le dichiarazioni tempestivamente
trasmesse e scartate siano correttamente ritrasmesse non oltre cinque giorni
dalla data di restituzione delle ricevute che segnalano il motivo dello
scarto”. Gli
aspetti sanzionatori connessi all’applicazione del D.Lgs n. 472/97
L’applicabilità del ravvedimento operoso (comma 1 lett. b) art.13
D.Lgs 472/97) avrebbe portato all’applicazione di una sanzione ridotta a L.
166.666 (1.000.000/6). Tuttavia la
stessa sanzione ridotta si sarebbe applicata su ogni dichiarazione tardivamente
trasmessa, stante l’impossibilità di applicazione del cumulo delle sanzioni
(art.12 del D.Lgs 472/97) chiarita dal Ministero delle finanze con la C.M.
n. 180/E del 1998. Per converso nel caso in cui l’abilitato non avesse operato
ravvedimento operoso, in caso cioè di accertamento della violazione,
tornava applicabile la sanzione piena con applicazione del cumulo giuridico
delle sanzioni previsto dall’art.12 del D.Lgs n. 472/97. Con l’ulteriore
riduzione ad ¼ della sanzione in caso di definizione agevolata prevista
dall’art.16, comma 3 dello stesso decreto sulle sanzioni amministrative
tributarie. Supponendo che l’intermediario per errore o dimenticanza non trasmette
300 dichiarazioni, in applicazione del ravvedimento operoso, la sanzione è pari
a L. 50.000.000 circa (166.666*300), al contrario in caso di accertamento della
violazione, applicando l’art.12 (cumulo delle sanzioni) e l’art. 16 comma 3
(definizione agevolata) del D.Lgs n. 472/97, la sanzione irrogabile poteva
essere al massimo tra un minimo di L. 750.000 [(1000.000+2000.000)*1/4] ad un
massimo di L 7.500.000 [(10.000.000+20.000.000)*1/4] Appare evidente che per un numero consistente di dichiarazioni non
trasmesse conveniva attendere la possibile irrogazione delle sanzioni. Aspetti
sanzionatori in applicazione della
L. 689/1981
L’interpretazione ministeriale, come si è detto, portando ad
escludere l’applicabilità del D.Lgs n. 472/1997 determina l’applicazione
della legge che fissa i principi generali delle sanzioni amministrative. Pertanto, come anche chiarito dalla stesa nota ministeriale in parola,
per le violazioni resta applicabile il cumulo giuridico della sanzioni
amministrative stabilito dall’art.8 della legge n. 689/1981, non operando
invece il cumulo materiale (tante sanzioni per quante violazioni commesse) come
nel caso di applicazione del ravvedimento operoso. Applicando tale principio all’esempio effettuato nel paragrafo
precedente la sanzione irrogabile varia da un minimo di L. 3.000.000
(1.000.000*3) ad un massimo di L. 30.000.0000 (10.000.000*3). In base all’art.13 della L. n. 689/81 l’accertamento delle
violazioni in questione risulta comunque essere affidato al Ministero delle
finanze, il quale, tuttavia, deve determinare l’ammontare della sanzione
irrogabile applicando i principi fissati dalla legge generale sulle sanzioni
amministrative. Dal momento in cui l’accertamento,
è affidato comunque dagli “organi addetti al controllo sull'osservanza
delle disposizioni violate, sarà opportuno che il Ministero delle finanze,
chiarisca se per l’irrogazione delle sanzioni restano applicabili le
disposizioni indicate dall’art.16 del D.Lgs n. 472/97. In caso affermativo
infatti tornerebbe applicabile la definizione agevolata
prevista dal comma 3 dell’articolo da ultimo citato, il quale
porterebbe la sanzione sopra determinata da L. 3.000.000 a L. 750.000
(3.000.000*1/4) ovvero da L. 30.000.000 a L. 7.500.000. Inoltre è utile tenere presente che la sanzione prevista
dall’art.7-bis del D.Lgs n. 241/97 di cui si discute, come sopra evidenziato,
è stata introdotta a far data dal 5.2.1999. Pertanto per le eventuali
violazioni poste in essere prima di tale data, in virtù del favor rei,
principio indicato dall’art.1 della L. n. 689/1981 (analogo al principio
indicato dall’art.3, comma 1 del D.Lgs 472/97),
la sanzione prevista dal neo art.7-bis non è applicabile. Invero prima dell’entrata in vigore dell’articolo da ultimo citato
il Ministero delle finanze nella Circolare n. 192/E del 1998, § 1.5, aveva
chiarito che l’omessa trasmissione della dichiarazione per analogia soggiaceva
alla sanzione prevista per l’omessa trasmissione della dichiarazione prevista
dall’art.1 comma 1 del D,Lgs 471/97, da un minimo di L. 500.000 a L. 2
milioni. La quale peraltro poteva essere sanata in applicazione del ravvedimento
operoso con il versamento della sanzione pari a L. 62.500 pari ad un ottavo di
L. 500.000. Rimane fermo che l’omessa trasmissione costituisce grave omissione che
potrebbe portare alla revoca dell’abilitazione secondo quanto disposto
all’art.8, comma 1 del D.M. 31.7.1998 (Cfr C.T. n. 61/98). Perciò si consiglia di trasmettere comunque le dichiarazioni non
trasmesse nei termini e attendere l’irrogazione della sanzione. La Nota del Ministero delle finanze in commento ha messo in evidenza la
sanzione accessoria consistente nella revoca dell’abilitazione nei casi in cui
l’abilitato commetta gravi errori nella trasmissione delle dichiarazioni
(Articolo 8, comma 1 del D.M. 31.7.1998). Data la rilevanza della sanzione si vuole chiarire il concetto di errore
grave espresso nella l’art.8 del decreto ministeriale che regola l’attività
di trasmissione delle dichiarazioni. La revoca avviene solamente nei casi dettagliatamente previsti
dall’art.8, comma 1 del D.M. 31.7.1998. In particolare la lett. f)
dell’articolo da ultimo citato prevede la revoca nel caso di mancato invio o
trasmissione delle dichiarazioni o nel caso in cui i dati trasmessi siano
difformi da quelli contenuti nelle copie rilasciate al contribuente ovvero da
quelli contenuti nelle copie consegnate dal contribuente all'intermediario nella
"percentuale superiore al 5% delle dichiarazioni complessivamente ricevute
dall'utente, in riferimento ai dati:
Nelle more del Ministero delle finanze si deve ritenere che, la franchigia del 5% sia da calcolare in riferimento relativamente alle dichiarazioni trasmesse per ciascun periodo d’imposta. In caso di revoca resta comunque l'obbligo (comma 4) di completare
l'invio di tutte le dichiarazioni per le quali si sia già rilasciato al
contribuente la copia, sottoscritta dall'utente stesso, contenente l'impegno a
trasmettere in via telematica i dati in essa contenuti. Nella altre ipotesi di errore che non comportano il blocco nella
procedura di controllo (errori indicati con uno o due asterischi) sta
all’abilitato verificare che la dichiarazione presentata dal contribuente
ovvero la copia rilasciata dall’abilitato sia conforme a quella trasmessa. Se
tale coerenza è verificata eventuali errori od omissioni commessi nella
dichiarazione configurano altre fattispecie sanzionatorie che esulano da quelle
previste dall’arrt.8 del D.M. 31.7.1998. Italia oggi
martedì 14 settembre 1999, 27 DISEGNO DI LEGGE varato il 10.9.1999 dal Consiglio dei ministri “Disegno di legge concernente modifiche e integrazioni ai
decreti legislativi 31 dicembre 1992, 545 e n. 546 per il riordino del processo
tributario.” In breve Il disegno di legge in parola deve ancora affrontare l'intero iter parlamentare, pertanto potrebbero essere ancora molti gli aggiustamenti e modifiche al testo appresso commentato. Si cercherà quindi di fornire solamente una sintesi delle linee di tendenza indicate nelle varie modifiche. Modifiche di carattere amministrativo L'articolo 1 del provvedimento apporta delle modifiche al D.Lgs n. 545/92. Le modifiche che possono avere una certa rilevanza per l'attività professionale di assistenza in contenzioso sono sostanzialmente tre:
Ø agli impiegati delle carriere dirigenziale, direttiva e di concetto dell'amministrazione finanziaria, nonché gli ufficiali della guardia di finanza, collocati a riposo dopo almeno venti anni di effettivo (art.63 del D.P.R. n. 600/73, comma 3); Ø ai soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, limitatamente alle materie concernenti le imposte di registro, di successione, i tributi locali, l'IVA, l'IRPEF, l'ILOR e l'IRPEG Ø ai dipendenti delle associazioni delle categorie rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (C.N.E.L.) e i dipendenti delle imprese, o delle loro controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, primo comma, numero 1), limitatamente alle controversie nelle quali sono parti, rispettivamente gli associati e le imprese o loro controllate. I soggetti indicati negli ultimi due punti devono inoltre aver conseguito un diploma di laurea in giurisprudenza economia o equipollente ovvero essere ragionieri commercialisti. I soggetti sopra indicati, oltre
ad essere dotati dei requisiti necessari, devono essere iscritti in elenchi che,
secondo il neo comma 2-bis dell'art.24
del D.Lgs n. 545/92, sono tenuti dal Consiglio della giustizia tributaria. Modifiche al D.Lgs n. 546/92 L'articolo due del disegno di legge modifica alcuni articoli del decreto che regola il processo tributario. Tra le altre le novità si segnalano quelle di maggior rilievo: § Allargamento delle - La lettera b) dell'art.2 del disegno di legge modifica interamente l'art.2 del decreto sul processo tributaria, cambiandone la logica e la filosofia. Il nuovo articolo 2 non limita, come quello attualmente in vigore, la giurisdizione delle commissioni tributarie alle controversie riguardanti i tributi tassativamente indicati e alle relative sanzioni. Il nuovo articolo adopera una definizione di giurisdizione generale, comprendente tutti i tributi di "ogni genere e specie compresi quelli regionali provinciali e comunali". Inoltre il riferimento alle sanzioni, ora previsto solamente per le sanzioni riferite ai tributi tassativamente previsti, sarà anch'esso di carattere generale comprendendo tutte le sanzioni irrogate da uffici finanziari. Un esempio di sanzione non riferita a tributi è quella prevista dal'art.7-bis del D.Lgs n. 241/97, per l'omessa trasmissione telematica delle dichiarazioni da parte dei soggetti abilitati. Tale sanzione infatti non è legata a tributi e non è neanche legata al contribuente. Secondo il neo art.2 del D.Lgs 546/92, resterebbero esclusi dalla giurisdizione tributaria gli atti si esecuzione forzata necessaria per riscuotere i ruoli dopo la notifica della cartelle di pagamento. La modifica in esame è strettamente connessa con l'evoluzione dell'ordinamento tributario in corso orientata verso un fisco sempre più decentrato (federalismo fiscale). Continuare a definire la giurisdizione tributaria con norma di carattere positivo, rendeva necessarie ulteriori modifiche ogni volta che un comune provincia o regione introduceva u nuovo tributo o una nuova sanzione; § Assistenza tecnica - Nell'art.12, comm. 5, riguardante la possibilità per i singoli contribuenti di stare autonomamente in giudizio, viene eliminato sia il riferimento all'art.10 del DPR 787/1980 (ricorso avverso il ruolo dei centri di servizio) sia il riferimento agli atti impositivi disposti dai comuni o altri enti locali. Il riferimento all'art.10 viene eliminato perché come si vedrà più avanti, ove il disegno di legge venisse approvato nelle versione attuale anche i ruoli sono impugnati secondo le regole ordinarie. Per quanto riguarda i tributi locali il riferimento non è più necessario dal momento che come dopo le modifiche tutti i tributi da chiunque disposti rientrano nelle giurisdizione dei giudici tributari. Sempre in materia di assistenza tecnica la lettera e) dell'art.2 dispone che il valore limite dei 5 milioni verrà adeguato al costo della vita tramite regolamento § Spese di giudizio - La lettera g) del'art.2 in esame modifica l'art.15 del D.Lgs n. 546/92 consentendo di superare i limiti tariffari previsti dagli albi professionali per il calcolo delle spese del processo in relazione alla facilità delle controversia e la concreta attività processuale svolta dai difensori. § Ricorsi contro gli atti emessi dai centri di servizio - In passato la proposizione del ricorso avverso i ruoli formati dai centri di servizio avveniva secondo le regole dettate dall’art.10 del del D.P.R. n. 787/80. In base a tale norma, il ricorso doveva essere notificato al Centro di servizio che ha provveduto all’iscrizione a ruolo entro 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento. La costituzione in giudizio, avveniva con il successivo deposito del ricorso nella cancelleria della commissione tributaria provinciale decorsi sei mesi e non più di due anni. La modifica apportata dalla lettera i) dell’art.2 del provvedimento in rassegna introduce anche per i suddetti ricorsi la procedura ordinaria: notifica nei 60 giorni e deposito nei 30 successivi alla notifica. La nuova procedura per la proposizione del ricorso, si applicherà solamente per i ruoli notificati dopo l’entrata in vigore del disegno di legge in parola. La procedura di proposizione del ricorso avverso i ruoli, attualmente in vigore, ha lo scopo di dare tempo a i Centri si servizio di verificare prioritariamente le pretese del contribuente al fine di decidere se entrare in contenzioso o procedere con lo sgravio d’ufficio. Dopo l’informatizzazione della formazione dei ruoli e le dichiarazioni telematica questa procedura ha perso di rilevanza. §
Giudizio di equità per le
controversie di valore inferiore ai 5 milioni - Per
le controversie di valore inferiore a lire 5 milioni, quelle nelle quali il
contribuente può stare in giudizio anche senza assistenza tecnica, la lettera
l) del disegno di legge prevede un rito diversificato su richiesta delle parti.
Il “nuovo” art. 35-bis decreto sul processo tributario prevede che per tali
contenziosi non sia più necessario presentare l’istanza di trattazione in
pubblica udienza della controversia in quanto a differenza del rito ordinario
per tali pendenze la pubblica udienza è automatica.
L’istanza dovrà essere invece presentata per richiedere che venga
introdotto il giudizio di equità. Tale rito consente in via breve di definire
la controversia tra contribuente e amministrazione finanziaria con la presenza
del giudice tributario; alla decisione non può essere fatto appello alla
commissione tributaria regionale. Ovviamente rimane fermo l’eventuale appello
in Cassazione per eventuali vizzi
di diritto della decisione. §
Eliminato l’obbligo del
deposito della sentenza notificata per abbreviare il termine di appello. Nel
processo tributario per proporre appello avverso una sentenza esistono due
termini: ü
il termine ordinario di 1
anno e 46 giorni (giorni del riposo estivo) dal deposito della sentenza
nella segreteria nella commissione tributaria. ü
termine breve di sessanta
giorni dalla notifica della sentenza alla controparte. Al fine della riduzione del termine, la parte uscita vittoriosa dal grado inferiore, doveva depositare l’originale della sentenza notificata nei successivo 30 giorni. La lettera m) dell’art.2 del disegno di legge elimina l’obbligo del successivo deposito della sentenza notificata nella segreteria della commissione tributaria o della cancelleria della Cassazione § Estinzione del processo - Le spese processuali in caso di estinzione del giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate non in tutti i casi ma solo nelle ipotesi di definizione della pendenza tributaria in base a norme di condono o di sanatoria (salvo che non sia diversamente disposto dalla legge). § Sospensione dell’esecuzione - La Commissione tributaria regionale può sospendere l’esecuzione applicando, in quanto compatibili, le disposizioni che regolano la sospensione dell’atto impugnato da parte della Commissione provinciale (art. 47, D.Lgs. n. 546/1992). § Pagamento del tributo in pendenza di giudizio - Nell’art.68 del D.Lgs 546/92 viene soppressa la parola provinciale nel secondo comma. Tale modifica dovrebbe avere una valenza solamente formale. In sostanza dalla modifica risulta che ove il contenzioso abbia esito positivo per il contribuente allo stesso deve essere restituito quanto versato in sede di riscossione maggiorato degli interessi. Il sole 24
ore di martedì 14 settembre 1999, pag. 25 Italia
oggi di martedì 14 settembre 1999. Pag. 29 “Termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo delle
imposte indirette e dell’iva ai sensi del D,Lgs 26-2-1999, n. 46” In breve La circolare ministeriale ha fornito un importante chiarimento in ordine al termine ultimo per l’iscrizione a ruolo delle somme dovute in base agli accertamenti d’ufficio ora disciplinati dall’art.17 lett. c) del D.P.R. n. 602/73. Infatti Sebbene le disposizioni indicate dall’articolo 17, comma 1, lettera c), del DPR 602/73, come modificato dal D.lgs. 46 del 1999 sono riferite alle sole imposte dirette, l’articolo 23 del D.Lgs n. 46/1999,estende l’applicabilità di tale disposizione anche all’Iva. La lettera c) dell’art.17 citato stabilisce che l’imposta dovuta
in base ad accertamenti d’ufficio deve essere iscritta in ruoli esecutivi a
pena di decadenza entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui
l’accertamento stesso è divenuto definitivo. Il documento ha chiarito, in primo luogo, che la predetta disposizione
ha portata innovativa e che pertanto essa deve essere applicata agli avvisi di
rettifica e di irrogazione delle sanzioni divenuti definitivi dopo il 1° luglio
1999 e cioè dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 46/99. Tuttavia la stessa
circolare ha sottolineato che la citata disposizione, in mancanza di una
specifica norma transitoria, si deve considerare produttiva di effetti
anche sugli avvisi di rettifica e di irrogazione di sanzioni divenuti
definitivi prima della predetta data del 1° luglio 1999. Pertanto a tali avvisi, ha concluso il documento,
non può essere applicato il termine di prescrizione decennale per la
riscossione, ma si deve applicare il già citato articolo 17, comma 1, lettera
c) del DPR 602/73 stabilendo però come termine iniziale da quale far decorrere
il periodo di prescrizione il 1° luglio 1999. Di conseguenza la circolare ha
esplicitato che “l’Iva risultante da avvisi di rettifica e di irrogazione
sanzioni divenuti definitivi prima del 30 giugno 1999 dovrà essere iscritta in
ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre 2000”. Il
sole 24 ore di sabato 16 settembre 1999, pag. 17 |
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