

Circolare
23/E del ministero delle Finanze, del 11 febbraio 2000,
«Legge 23 dicembre
1999, n. 488 (legge finanziaria 2000). Chiarimenti in ordine alle disposizioni
relative all’imposta comunale sugli immobili (Ici)».
La legge 23 dicembre 1999, n. 488, recante "Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2000)",
pubblicata sul supplemento ordinario n. 227/L alla Gazzetta Ufficiale del 27
dicembre 1999, ha introdotto importanti innovazioni in materia di imposta
comunale sugli immobili (Ici) già brevemente illustrate nella circolare n.
247/E del 29 dicembre 1999 e in ordine alle quali con la presente circolare si
offrono ulteriori chiarimenti.
Le norme più significative della legge finanziaria che hanno riguardato l’Ici
sono contenute nell’articolo 30.
a) Proroga dei termini per la notificazione degli avvisi di liquidazione e di
accertamento.
L’articolo 30, comma 10, stabilisce il differimento al 31 dicembre 2000 dei
termini per la notificazione:
degli avvisi di liquidazione sulla base delle dichiarazioni e degli avvisi di
accertamento in rettifica o d’ufficio relativi all’Ici dovuta per l’anno
1993;
degli avvisi di liquidazione sulla base delle dichiarazioni relativamente
all’Ici dovuta per gli anni 1994, 1995, 1996 e 1997;
degli avvisi di accertamento in rettifica, relativamente all’Ici dovuta per
gli anni 1994, 1995, 1996;
degli avvisi di accertamento d’ufficio relativi all’Ici dovuta per l’anno
1994;
degli atti di contestazione delle violazioni non collegate all’ammontare
dell’imposta, commesse negli anni dal 1993 al 1998.
Si tratta di una proroga dei termini stabiliti dall’articolo 11 del Dlgs 30
dicembre 1992, n. 504, per la liquidazione e l’accertamento del tributo, che
ha investito a ritroso distinte annualità di imposta, poiché diversi sono i
termini fissati dall’articolo 11, a seconda del provvedimento adottato dal
comune.
Relativamente agli atti di contestazione delle violazioni non collegate
all’ammontare dell’imposta, la norma di riferimento è contenuta invece
nell’articolo 14, comma 5, del Dlgs n. 504 del 1992, che attribuisce al comune
la possibilità di contestare dette violazioni entro il 31 dicembre del quinto
anno successivo a quello in cui sono state commesse. Peraltro, l’estensione
fino al 31 dicembre 2000 del termine per notificare gli atti di contestazione di
questa tipologia di violazioni commesse negli anni dal 1993 al 1998, risulta
indifferente per l’anno 1995 — poiché è proprio in quella data che scade
il naturale termine di decadenza — e appare del tutto irrilevante per le
annualità 1996, 1997 e 1998, in quanto il calcolo dei termini effettuato sulla
base dell’articolo14, comma 5, consente ai comuni di andare ben oltre la data
finale stabilita dalla legge finanziaria. Deve pertanto concludersi che
l’effetto della disposizione in esame consiste esclusivamente in una proroga
dei termini per effettuare la notificazione degli atti di contestazione delle
violazioni non collegate all’ammontare dell’imposta commesse negli anni 1993
e 1994.
b) Attribuzione della rendita catastale.
Il comma 11, dell’articolo 30, integra, con alcune significative disposizioni
l’articolo 5, comma 4, del Dlgs n. 504 del 1992, che, in materia di base
imponibile, stabilisce che il valore degli immobili per i fabbricati non
iscritti in catasto, nonché per quelli per i quali sono intervenute variazioni
permanenti, anche se dovute ad accorpamento di più unità immobiliari, che
influiscono sull’ammontare della rendita catastale, è determinato con
riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti. La norma della
legge finanziaria prevede infatti che "fino alla data dell’avvenuta
comunicazione della rendita non sono dovuti sanzioni e interessi per effetto
della nuova determinazione della rendita catastale". Viene inoltre
stabilito che gli uffici competenti devono provvedere alla comunicazione
dell’avvenuto classamento delle unità immobiliari a mezzo del servizio
postale con modalità idonee ad assicurarne l’effettiva conoscenza da parte
del contribuente, garantendo, altresì, che il contenuto della comunicazione non
sia conosciuto da soggetti diversi dal destinatario.
A tal fine il Dipartimento del territorio, con nota n. C/88414 del 29 dicembre
1999, ha già diramato le necessarie istruzioni per il corretto adempimento
dell’obbligo imposto dalla legge finanziaria, stabilendo che:
la comunicazione deve essere effettuata nei confronti di tutti gli intestatari e
recapitata agli indirizzi di residenza dichiarati dalla parte o in mancanza alla
residenza risultante dall’Anagrafe tributaria;
deve essere utilizzato il mezzo postale, mediante invio al destinatario di
raccomandata ordinaria con ricevuta di ritorno indicando sulla busta la
dicitura: "riservata personale".
Tutto ciò comporta quindi che, anche in conformità alla risoluzione n. 7-00819
della VI commissione Finanze della Camera dei deputati, la notifica mediante la
pubblicazione nell’Albo pretorio della rendita definitiva (che la legge
impropriamente definisce "nuova"), deve essere considerata
giuridicamente irrilevante.
Occorre quindi verificare gli effetti delle disposizioni innovative sul
contenuto dell’articolo 11, comma 1, ultimo periodo del Dlgs n. 504 del 1992,
che stabilisce, tra l’altro, che entro il 31 dicembre dell’anno successivo a
quello in cui è avvenuta la comunicazione, il comune, sulla base della rendita
attribuita:
provvede alla liquidazione della maggiore imposta dovuta e degli interessi,
senza applicazione di sanzioni, qualora lo scostamento tra la rendita dichiarata
e quella attribuita non superi il 30%;
dispone il rimborso delle somme versate in eccedenza e dei relativi interessi;
applica all’imposta dovuta una maggiorazione del 20% ove la rendita attribuita
superi di oltre il 30% quella dichiarata.
La norma in esame stabilisce l’applicazione di tale particolare meccanismo
limitatamente al periodo in cui non si ha certezza della rendita definitiva,
interessando così soltanto le annualità precedenti a quella in cui il
contribuente ha avuto comunicazione della rendita effettiva. Va inoltre
osservato che detta "maggiorazione", nonostante la denominazione,
assume, secondo quanto è desumibile dalla volontà del legislatore della legge
finanziaria, natura sanzionatoria. Al riguardo si precisa che detta
maggiorazione è l’unica sanzione legittimamente applicabile alla fattispecie
in questione.
Da quanto appena affermato consegue che le disposizioni dell’articolo 30,
comma 11, stabilendo innovativamente che fino alla data in cui il contribuente
ha avuto effettiva conoscenza della rendita non possono essere computati nè
interessi, nè sanzioni, rendono di fatto inapplicabili dal 1º gennaio 2000 le
disposizioni di cui all’articolo 11, comma 1, ultimo periodo del Dlgs n. 504
del 1992, perché riguardanti annualità in cui la rendita definitiva, non
essendo stata ancora attribuita, non poteva essere comunicata al contribuente.
Dal momento invece in cui il contribuente viene a conoscenza della rendita
definitiva secondo il nuovo sistema di comunicazione, bisogna distinguere due
fattispecie:
per il periodo precedente a detta data, il comune potrà richiedere unicamente
la differenza di imposta dovuta;
per il periodo successivo a detta data, se il contribuente continua a versare il
tributo in base alla rendita presunta o comunque in maniera difforme dagli
importi dovuti in base alla rendita definitiva, il comune, oltre a richiedere la
differenza di imposta, dovrà calcolare su detto importo i relativi interessi e
irrogare la sanzione prevista dall’articolo 13 del Dlgs 18 dicembre 1997, n.
471, mentre non potrà ovviamente applicare la maggiorazione del 20%, i cui
effetti sono limitati al periodo in cui non vi era ancora la rendita definitiva.
Relativamente alla validità temporale delle norme contenute nell’articolo 30,
comma 11, occorre precisare che le stesse entrano in vigore dal 1º gennaio
2000, e quindi, in mancanza di espressa disposizione al riguardo, non possono
avere valore retroattivo, con le seguenti conseguenze.
Per quanto attiene agli interessi computabili fino al 31 dicembre 1999 gli
stessi sono dovuti, anche se liquidati successivamente a tale data, mentre, a
partire dall’anno in corso non possono essere più richiesti, se non dopo la
notificazione al contribuente della rendita definitiva, come sopra precisato.
In ordine, poi, alla sanzione del 20%, che, come già precisato, era l’unica
irrogabile, la legge finanziaria fa comunque salva l’applicazione
dell’articolo 3, del Dlgs 18 dicembre 1997, n. 472, dove si trovano sanciti il
principio di legalità, dell’irretroattività e del favor rei e, poiché il
principio di legalità stabilisce che nessuno può essere assoggettato a
sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce
violazione punibile e se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento
definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di
quanto pagato, le diverse fattispecie connesse all’applicazione delle sanzioni
dovranno essere riviste alla luce delle norme in vigore dal 1° gennaio 2000.
Pertanto alla data del 31 dicembre 1999 potevano verificarsi le seguenti
situazioni:
se l’atto di contestazione o di irrogazione immediata della sanzione sono già
stati notificati e sono divenuti definitivi, essendo già scaduto il termine per
proporre ricorso avanti alle Commissioni tributarie senza che lo stesso sia
stato presentato, si applica il principio dell’articolo 3, del Dlgs. n. 472
del 1997, per cui se il contribuente ha già pagato, non è ammessa
restituzione. Nè, al riguardo, potrebbe invocarsi l’applicazione del
principio di autotutela, considerato che la fattispecie è la conseguenza della
legittima applicazione di una norma a suo tempo vigente. Se viceversa il
contribuente, per effetto, ad esempio, di provvedimenti di sospensione
amministrativa o di dilazione del pagamento, non ha ancora pagato in tutto o in
parte la sanzione, il debito residuo si estingue;
se risulta già notificato l’atto di contestazione o di irrogazione immediata
della sanzione ma non è ancora decorso il termine di 60 giorni per proporre
ricorso avanti ai giudici tributari, detti provvedimenti non sono divenuti
definitivi. Per cui l’applicazione del principio dell’articolo 3 del Dlgs n.
472 del 1997, comporta che non sono più dovute le sanzioni e quindi, il comune
dovrà provvedere alla rettifica degli atti in esame, mentre se il contribuente
ha già assolto la propria obbligazione, gli importi pagati a titolo di sanzione
dovranno essere rimborsati. Le stesse argomentazioni valgono nell’ipotesi in
cui avverso i suddetti provvedimenti sia stato proposto ricorso, in quanto anche
in questo caso non sono ancora divenuti definitivi;
se l’atto di contestazione o di irrogazione immediata della sanzione sono
stati predisposti, ma non ancora notificati al contribuente, il comune dovrà
eliminare l’importo corrispondente alla sanzione limitatamente al periodo
compreso tra la dichiarazione Ici e la data in cui il contribuente ha avuto
piena conoscenza della rendita definitiva;
se le comunicazioni delle rendite definitive non risultano ancora pubblicate
nell’Albo pretorio, si renderà necessario effettuarne la comunicazione
direttamente al contribuente, in base alle norme dell’articolo 30, comma 11
della legge finanziaria, in vigore dal 1° gennaio 2000. Se, viceversa, le
comunicazioni di attribuzione di rendita sono state effettuate entro il 31
dicembre 1999 mediante affissione nell’Albo pretorio, le stesse restano
pienamente valide, poiché le disposizioni innovative riguardati la
comunicazione non hanno valore retroattivo. In tale ipotesi sarebbe tuttavia
opportuno che il comune, ove sia a conoscenza delle rendite definitive, le
comunichi direttamente al contribuente, al fine di assicurarne a quest’ultimo
la piena conoscenza.
Va infine rilevato che, se la rendita definitiva comporta un versamento del
tributo di entità inferiore rispetto a quanto pagato in base alla rendita
presunta, poiché le disposizioni della finanziaria non sono retroattive, il
comune dovrà rimborsare, oltre alla differenza di imposta dovuta, solo gli
interessi computabili fino alla data del 31 dicembre 1999. Se invece la
conoscenza della rendita definitiva avviene successivamente al 1° gennaio 2000,
da questa data e fino al momento della piena conoscenza della rendita da parte
del contribuente gli interessi non dovranno essere più rimborsati, in quanto è
la stessa norma a stabilire in via generale che "non sono dovuti sanzioni e
interessi per effetto della nuova determinazione della rendita catastale".
c) La disciplina tributaria delle pertinenze.
L’articolo 30, comma 12, della legge finanziaria stabilisce che, fino
all’anno di imposta 1999 compreso, l’aliquota ridotta di cui all’articolo
4, comma 1, del Dl 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla
legge 24 ottobre 1996, n. 556, deliberata dai comuni, in misura non inferiore al
4 per mille, si applica soltanto agli immobili adibiti ad abitazione principale,
con esclusione di quelli qualificabili come pertinenze, ai sensi dell’articolo
817 del Codice civile.
La norma è rivolta quindi ai comuni che abbiano deliberato una riduzione di
aliquota Ici in favore delle persone fisiche soggetti passivi e dei soci di
cooperative edilizie a proprietà indivisa, residenti nel comune, per l’unità
immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale, nonché per quelle
locate con contratto registrato ad un soggetto che le utilizzi come abitazione
principale.
La disposizione in esame attiene ad una problematica sulla quale il ministero
delle Finanze è già intervenuto con la circolare n. 114/E del 25 maggio 1999,
con la quale, è stato affermato il principio dell’identità di trattamento
fiscale fra l’abitazione principale e le sue pertinenze, a seguito del parere
espresso dal consiglio di Stato, sezione terza, nell’adunanza del 24 novembre
1998, che ha richiamato in merito l’applicabilità dell’articolo 817 del
Codice civile anche per l’Ici.
La norma contenuta nell’articolo 30, comma 12, della legge finanziaria
interviene quindi a dettare gli esatti termini entro i quali inquadrare le
pertinenze per tutti gli anni pregressi, fino al 1999 compreso. A tal fine
soccorre anche il successivo comma 13, secondo il quale la disposizione del
precedente comma 12 non ha effetto nei riguardi dei comuni che nel periodo
anzidetto abbiano già applicato, a seguito dell’adozione di specifica
deliberazione, l’aliquota ridotta anche agli immobili adibiti a pertinenze.
Dal 1º gennaio 2000, invece, alle pertinenze, così come delineato dalla citata
circolare n. 114/E, deve essere riservato lo stesso trattamento fiscale
dell’abitazione principale, indipendentemente dal fatto che il comune abbia o
meno deliberato l’estensione della riduzione dell’aliquota anche alle
pertinenze.
Occorre sottolineare che la disposizione contenuta nella legge finanziaria
riguarda esclusivamente le riduzioni di aliquota eventualmente disposte dai
comuni e non le detrazioni che l’articolo 8, del Dlgs n. 504 del 1992,
consente al comune di stabilire per l’unità immobiliare adibita ad abitazione
principale. Pertanto, l’ammontare della detrazione se non trova totale
capienza nell’imposta dovuta per l’abitazione principale deve essere
computato, per la parte residua, sull’imposta dovuta per le pertinenze.
Infine, va rilevato che la circostanza che sul trattamento delle pertinenze vi
sia stata una serie di interventi in senso opposto sia da parte della prassi
amministrativa e sia da parte del legislatore, può rendere operante
l’articolo 6, comma 2, del Dlgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che prevede la non
punibilità dell’autore della violazione quando quest’ultima è determinata
da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di
applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono.