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Sommario

IMPOSTE SUI REDDITI - dUAL INCOME TAX - DISPOSIZIONI CORRETTIVE

DECRETO LEGISLATIVO 18 gennaio 2000, n.9

IMPOSTE SUI REDDITI - ARTICOLO 4 LEGGE N. 227/1990 - CAMBIO DELLE VALUTE ESTERE

DECRETO 2 febbraio 2000

ACCERTAMENTO - VERIFICHE - CONTROLLO SU CONTI CORRENTI POSTALI E BANCARI - QUESTIONARI

DECRETO 9 dicembre 1999

    QUOTIDIANI ECONOMICI    

IVA - II.DD - IRAP - MADATO DI ACQUISTO SENZA RAPPRESENTANZA - APPLICAZIONE DELLE

Norma di Comportamento dei dottori commercialisti n. 139

IRAP - ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE DELL'IMPOSTA - REGIONE LOMBARDIA

Legge della regione Lombardia, approvata il 10 febbraio 2000 dal Consiglio regionale

ICI -  ACCERTAMENTO - NOTIFICA RENDITA DEFINITIVA - APPLICAZIONE DELLE SANZIONI

CIRCOLARE 11.02.2000, N. 23/E

IMPOSTE SUI REDDITI - TASSAZIONE DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE - RIFORMA

Schema di D.Lgs approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri l'11.02. 2000.

IMPOSTE SUI REDDITI - TASSAZIONE DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE - RIFORMA

relazione di ACCOMPAGNAMENTO al decreto legislativo approvato l'11.02.2000 dal Consiglio dei ministri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DECRETO LEGISLATIVO 18 gennaio 2000, n.9

"Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 18 dicembre 1997, n. 463, e n. 466, in materia, rispettivamente, di utilizzazione di procedure telematiche per la semplificazione degli adempimenti tributari in materia di atti immobiliari e di ulteriori interventi di riordino delle imposte personali sul reddito al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese."

In breve

Il decreto apporta delle modifiche alla Dual Income Tax introdotta dal D.Lgs n. 466/97. Si ricorda che la Dual income tax è un meccanismo per il quale il reddito prodotto dall'impresa, in ogni esercizio, è diviso in due parti. Una porzione, poi vedremo come si determina, è tassata ad all'aliquota ridotta del 19%. La frazione residua di reddito, segue invece la tassazione ordinaria. E' previsto inoltre che, l'applicazione del sistema duale d'imposizione non può portare ad una tassazione media del reddito prodotto dall'impresa inferiore del 27%.

La determinazione della parte di reddito assoggettata all'aliquota ridotta del 19% è legata alla patrimonializzazione dell'impresa. E' previsto che il reddito DIT sia determinato applicando un tasso di interesse convenzionale (c.d. tasso di remunerazione ordinaria del capitale investito), agli incrementi patrimoniali emergenti da conferimenti in denaro e gli accantonamenti a riserva (sono esclusi gli accantonamenti a riserve non disponibili). Appare evidente che l'obbiettivo di tale sistema duale di imposizione è quello ci giungere in modo graduale ad un'imposizione media sui redditi prodotti delle imprese del 27% stimolando allo stesso tempo la loro patrimonializzazione.

La complessità dei particolarismi di tale sistema d'imposizione e la conseguente lentezza con cui si sta raggiungendo la tassazione media del 27%, ha reso necessari degli aggiustamenti.

A conferma di quanto appena indicato le modifiche apportate dal decreto in commento sono volte, per un verso, ad amplificare la parte di incremento di patrimonio a cui applicare il tasso di remunerazione ordinario del capitale investito e, per altro verso a creare le premesse per rendere più appetibile l'applicazione della DIT alle piccole e imprese individuali e alle società di persone.

2. Le modifiche volte ad accelerare la convergenza di tassazione media al 27%

Il decreto, dando attuazione alle integrazioni dei criteri di delega già contenuti nell’articolo 3, comma 162 della legge 662/96, operate dal collegato fiscale alla manovra finanziaria per il 1999 (legge 133/99), prevede due interventi. Il primo intervento applicabile ai soggetti IRPEG, stabilisce l’applicazione del meccanismo della DIT con riferimento ad un moltiplicatore dell’aumento di capitale investito: Il secondo, limitato alle imprese individuali e alle società di persone, prevede l’applicazione del regime DIT con riferimento all’intero patrimonio netto.

2.1 Coefficienti moltiplicativi del patrimonio sottoposto al regime DIT

L'articolo 2, lett. a), n. 1 del decreto stabilisce che la variazione in aumento del capitale investito rispetto al capitale esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996, sul quale ogni anno si determina la parte di reddito sottoposta all'aliquota ridotta, sia incrementata del 20% per l’esercizio successivo a quello in corso al 30 settembre 1999 e, del 40%, per gli esercizi successivi. La norma, in ogni caso, mantiene fermo il principio secondo cui il valore massimo della variazione in aumento non può eccedere il valore del patrimonio netto.

Una tabella renderà evidente il risultato della modifica

Anno di applicazione

Fino al 1999

2000

Dal 2001

Incremento patrimoniale

100

100

100

coefficiente moltiplicativo

1

1,2

1,4

Base DIT

100

120

140

Reddito tassato al 19%*

7

8,4

9,8

Si ipotizza un tasso di remunerazione ordinaria del 7

2.2 Applicazione della DIT sull'intero patrimonio netto

In considerazione del fatto che le società di persone e le persone fisiche hanno pochi margini di incremento patrimoniale, anche in considerazione delle poche possibilità di crescita commerciale, è previsto (articolo 2, comma 1, let. a), n. 2) che il reddito da sottoporre alla tassazione ridotta del 19% sia calcolato con riferimento all'intero patrimonio netto. Il rinvio al comma 4 dell'articolo 1 comporta che il calcolo del patrimonio netto debba essere calcolato con riferimento al capitale netto esistente all'esercizio chiuso al 30.6.1996 e ai successivi incrementi determinati da conferimenti in denaro e accantonamenti degli utili a riserva (esclusi gli accantonamenti alle riserve indisponibili) al netto dei decrementi di patrimonio per assegnazione di beni ai soci.

Dal momento che l'articolo 5, comma 1 del D.Lgs n. 446/1997, rende applicabili per le persone fisiche e società di persone le disposizioni dell'articolo 1 dello stesso decreto, si ritiene che i coefficienti moltiplicativi sono applicabili anche ai patrimonio DIT delle società di persone e delle ditte individuali. Si fa notare che anche nel caso in cui si propendesse per l'interpretazione ansi detta si esprimono dei dubbi sulla sua affettiva profittabilità per il primo periodo di applicazione delle modifiche. Il comma 4 dell'articolo 1 del decreto modificato, applicabile sia ai soggetti IRPEG che alle società di persone ed imprese individuali, dispone che per ogni esercizio la variazione in aumento del capitale investito non può eccedere il valore del patrimonio netto risultate dal relativo bilancio. Appare evidente che, ferme restando le altre variabili, l'applicazione dei moltiplicatori all'intero patrimonio DIT porterebbe sicuramente ad una variazione di incremento nettamente superiore al patrimonio esistente. La disposizione prevista dal comma 4 dell'articolo 1 è tesa ad evitare che l'aliquota ridotta del 19% sia calcolata con riferimento ai conferimenti necessari a ricostituire il capitale netto delle imprese andate in deficit patrimoniale (capitale netto negativo).Quanto detto porta a ritenere che l'incremento l'incremento patrimoniale da confrontare al patrimonio netto esistente alla chiusura dell'esercizio  deve essere valutato solo con riferimento agli incrementi patrimoniali prima dell'applicazione dei coefficiente moltiplicativi previsti.

2.2 "Rimossi" i vincoli previsti per le imprese individuali e società di persone

Limitatamente alle persone fisiche e le società di persone, l'articolo 2 comma 1 let. b) dello schema di decreto, abrogando i commi 3 e 4 dell'articolo 5, prevede che a decorrere dal periodo d'imposta 2000, la base di riferimento della DIT (che ricordo essere costituita dall’intero patrimoni netto più gli incrementi) non è più subordinata alla riduzione dei debiti da finanziamento e degli investimenti in beni strumentali nuovi, come invece prima disponeva il comma 4 dell'articolo 5 del D.Lgs  n. 466/97.

Tuttavia occorre sottolineare che l'applicazione della DIT per i soggetti IRPEF in contabilità ordinaria non può comunque prescindere dall’applicazione dagli articoli 1, 2, 3, 4, dello stesso decreto n. 466/97 se ovviamente compatibili. L'articolo 5 del D.Lgs n. 466/97 impone infatti solamente delle regole derogatorie volte ad adattare e, in qualche modo semplificare, il calcolo della base DIT per soggetti d'imposta in genere più piccoli e più restii agli aumenti di capitale che, se eliminate, fanno tornare applicabili le disposizioni generali a cui fa riferimento l'articolo 2.

Pertanto, si ritiene che in applicazione dell'articolo 2 del D.Lgs  n. 466/97, dal patrimonio DIT calcolato nei modi sopra indicati è comunque necessario sottrarre:

a) gli incrementi delle  consistenze dei titoli  e  valori mobiliari diversi  dalle  partecipazioni rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso al 30 settembre 1996;          

b) il corrispettivo per l'acquisizione di aziende già appartenenti ad impresa controllata o comunque facente  capo allo stesso soggetto economico.

E' evidente che l'ipotesi prevista dalla lettera b), a evidente scopo antielusivo (poco probabile, nel caso di soggetti economici molto piccoli), vuole evitare che con un unico incremento patrimoniale si usufruisca due volte delle riduzione delle imposte.

Per quanto concerne invece la lettera a) l'intento è quello di evitare che un soggetto acquisti attraverso lo schermo dell'impresa, obbligazioni di durata inferiore a 18 mesi o comunque obbligazioni tassate con la ritenuta del 27% a titolo d'imposta (articolo 26 D.P.R. 600/1973), al solo fine di ottenere un vantaggio d'imposta. Infatti, si fa notare che supponendo un capitale di L. 100 milioni da investire in obbligazioni aventi un rendimento del 7% annuo, ove venisse conferito nella società o nella ditta individuale e acquistate attraverso questa, l'interesse corrisposto verrebbe tassato quale reddito d'impresa in capo ai soci o all'imprenditore individuale consentendo la detrazione della ritenuta alla fonte pagata al soggetto erogatore. Al pari, il conferimento di L. 100 milioni, andrebbe ad incrementare il patrimonio DIT. Supponendo un tasso di remunerazione ordinaria del capitale investito del 7%, il reddito dei 100 milioni, corrispondente all'ammontare di interesse corrisposto sulle obbligazioni, sarebbe tassato al 19% usufruendo dell'aliquota DIT contribuendo ad abbassare la tassazione media sul reddito prodotto dall'impresa. Ovviamente la strategia produce effetti positivi solamente fino a quando non si raggiunge il limite di tassazione media del 27% e fino a quando il tasso di remunerazione ordinaria del capitale conferito non sia inferiore al tasso d'interesse applicato sulle obbligazioni. Infatti, nel primo caso, l'interesse prodotto dalle obbligazioni sarebbe tassato con l'aliquota del 27% annullando la convenienza. Nel secondo caso, solamente parte dell'interesse maturato sulle obbligazioni sarebbe tassato con l'aliquota inferiore; la parte corrispondente alla differenza tra i due tassi (Tasso sulle obbligazioni - tasso DIT) applicata al capitale investito seguirebbe la tassazione ordinaria.

3. Rilevanza del reddito DIT alla formazione degli scaglioni d'imposta IRPEF

Si ricorda preliminarmente che l’art. 5 comma 2 del decreto DIT precedentemente in vigore prevedeva che, il reddito sottoposto all’aliquota del 19% partecipasse comunque alla formazione degli scaglioni di reddito IRPEF. Se questa disposizione non era comprensibile nel 1997, dal momento che al primo scaglione di tassazione corrispondeva un’aliquota del 10%, attualmente con la prima aliquota al 19% (18,5 + 0,5 di addizionale regionale) le cose sostanzialmente non cambiano. Infatti, per ottenere un timido vantaggio in termini di minori imposte pagate è necessario che il reddito DIT sia superiore a L. 15 milioni (primo scaglione IRPEF), che considerando un tasso di remunerazione ordinari del 7%, corrisponde ad un patrimonio DIT di poco più di L. 214.000.000. In questo caso la riduzione di imposte pagate sarà pari alla parte di reddito DIT che eccede tale scaglione per il differenziale di aliquota marginale IRPEF applicabile

L'articolo 2 comma 1, let. b) n. 2) del decreto 18.01.2000, n. 9, stabilisce, mantenendo ferma la tassazione al 19% del reddito d’impresa oggetto dell’agevolazione che, ai fini della determinazione delle aliquote sugli altri redditi, il predetto reddito agevolato deve concorrere alla formazione del reddito complessivo solo fino ad un importo che non può superare quello del primo scaglione dell’IRPEF (L.15 milioni di lire.)

La disposizione modificativa comporta l'eliminazione parziale di questa limitazione, consentendo quindi di avere prima un differenziale positivo di risparmio.

Con degli esempi rendiamo evidente gli effetti della modifica.

Considerando un reddito imponibile totale di L. 50 milioni del quale il reddito sottoposto all'aliquota DIT è di L. 30 milioni, i valori saranno tassati nel seguente modo:

L. 30 milioni aliquota del 19%                                                             L. 5,700

L. 20 milioni saranno tassate secondo le aliquote corrispondenti ai scaglioni determinati nel modo seguente:

determinazione degli scaglioni IRPEF

Reddito sottoposto a DIT che partecipa alla formazione dei scaglioni L. 15  milioni

Parte restante di reddito sottoposto a tassazione                                             L.  20 milioni

Reddito su cui individuare gli scaglioni applicabili                                    L. 35 milioni

In sostanza ai fini del calcolo delle aliquote a cui sottoporre il reddito di L, 20 milioni ci si deve comportare come se il reddito da sottoporre a tassazione è di L. 35 milioni, di cui però, 15 milioni sono già stati tassati.

Pertanto

L. 15 milioni al 27%

L. 5 milioni al 34%

Imposizione totale

L. 30 milioni al 19%                                                                          Imposta L. 5.700.000

L. 15 milioni al 27%                                                                          Imposta L. 4.050.000

L. 5 milioni al 34%                                                                            Imposta L. 1.700.000

Totale debito d'imposta                                                                              L. 11.450.000

Regole attualmente in vigore

In assenza di tale norma modificativa invece, tutti i 30 milioni corrispondenti al reddito DIT dovevano essere calcolati interamente nella determinazione degli scaglioni IRPEF determinando quindi un reddito utile per il calcolo degli scaglioni pari a L. 50 milioni.

In tal caso tutti i 20 milioni cadono nel terzo scaglione d'imposta (che ricordo va da L. 30 a L. 60 milioni) sottoposto all'aliquota del 34%, determinando un'imposizione totale di L. 12.500.000, corrispondente alla somma di L. 6.800.000 (20 milioni al 34%) più L. 5.700.000 (30 milioni al 19%).

In sostanza la modifica ha un effetto accellerativo dei benefici rispetto al vecchio sistema di applicazione del regime DIT, solamente per un reddito sottoposto a DIT superiore a L. 15 milioni al quale, si ricorda, considerando un tasso di remunerazione ordinaria del capitale investito del 7% (misura stabilita per il 1997 e 1998), corrisponde ad un patrimonio DIT di circa L. 214.000.000.

Appare evidente quindi che la modifica non ha spostato la convenienza di applicazione del sistema duale d'imposizione in considerazione di incrementi patrimoniali più bassi, più vicini alla capitalizzazione delle imprese di piccola dimensione, ha solamente accentuato gli effetti positivi per le imprese individuali e le società di persone con capitale sociale superiore a L. 214 milioni. 

Considerando la struttura produttiva delle società di persone e le ditte individuali italiane e le loro possibilità di crescita futura, si ritiene che la modifica in commento riuscirà a lasciare i suoi effetti positivi solamente a pochissime attività produttive.

La tabella seguente riassume quando spiegato nelle righe che precedono

 

Prima della modifica

Dopo la modifica

Reddito imponibile

L. 50.000.000

L. 50.000.000

Reddito DIT

L. 30.000.000

L. 30.000.000

Imposta sul reddito DIT

L. 5.700.000

L. 5.700.000

Reddito figurativo rilevante per la determinazione degli scaglioni

L. 50.000.000

L. 35.000.000

Scagioni d'imposta in relazione al reddito soggetto alle regole ordinarie

L. 20.000.000 al 34%

L. 15.000.000 al 27%

L.   5.000.000 al 34%

Imposta soggetta alle regole ordinarie

L. 6.800.000

L. 5.750.000

Imposta totale

L. 12.500.000

L. 11.450.000

Inizio benefici di applicazione della DIT

L. 214.000.000

L. 214.000.000

4. Irrilevanza delle modifica nel calcolo degli acconti d'imposta

Il secondo comma dell'articolo 2 del provvedimento modificativo prevede che l'applicazione delle modifiche introdotte alla DIT entrerà in vigore il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 30 settembre 1999 e che non hanno effetto ai fini della determinazione dell’acconto per il primo periodo di applicazione. Appare quindi evidente che la disposizione è rivolta solamente a coloro che intendono predisporre il calcolo degli acconti 2000 su base previsionale. In tal caso non possono ridurre i versamenti degli acconti in considerazione della riduzione di imposizione per effetto delle disposizioni modificative commentate.

5. Le modifiche ancora da apportare 

L'articolo 5 del D.Lgs  n. 466/97 premette che la l'applicazione della Dual Income Tax è applicabile solamente alle società di persone e alle imprese individuali in contabilità ordinaria anche per opzione irrevocabile.

L'obbligo della tenuta della contabilità ordinaria sorge da esigenze dettate dalle modalità di applicazione del sistema duale di imposizione previsto dal D.Lgs n. 466/1997: senza bilancio è praticamente impossibile determinare le variazioni del capitale netto..

Obbligare piccole attività commerciali ed artigianali a tenere la contabilità, considerando anche che la scelta deve essere irrevocabile, al solo fine di avere almeno in un primo momento un esiguo vantaggio fiscale, di fatto obbliga tali organismi economici a rinunciale alla riduzione graduale dell'imposizione accentuando anche dal punto di vista fiscale il vantaggio competitivo della grande industria dalle piccole imprese in cui il fattore lavoro è preminente rispetto al fattore capitale. Nel lungo periodo, le considerazioni fatte nelle righe che precedono, porterebbero ad una tassazione sui redditi dei soggetti IRPEG pari al 27% nettamente superiore a quella relativa ai soggetti IRPEF ancorata allo scaglione marginale.

L'obbiettivo da raggiungere dovrebbe essere quello di avvicinare il sistema duale di imposizione alla realtà imprenditoriale delle piccole imprese e non, come accade attualmente, avvicinando la realtà contabile delle stesse alle esigenze del D.Lgs n. 466/1997.

Non ultimo, va ricordato, che le soppressa imposta sul patrimonio netto delle imprese prevedeva comunque l'assoggettamento delle predette piccole imprese in contabilità semplificata. Sarebbe aberrante che tali imprese siano comprese quando è previsto un onere, ed escluse, in caso di benefici.

Gazzetta Ufficiale n. 30 del 07- 02- 2000

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DECRETO 2 febbraio 2000

 Accertamento del cambio delle valute estere per l'anno 1999, ai sensi dell'art. 4, comma 6, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

In breve

Il decreto stabilisce il controvalore in lire degli importi in valuta secondo quanto prescritto dall'art. 4, comma 6, della legge n 227/1990, Si ricorda che i tassi di cambio prescritti dal decreto dovranno essere utilizzati per la compilazione della dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività prescritta dall'art. 4 della stessa legge 4 agosto 1990, n. 227

Gazzetta Ufficiale n. 31 del 08- 02- 2000

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DECRETO 9 dicembre 1999

"Approvazione dei modelli di questionario con i quali gli uffici delle entrate, gli uffici distrettuali delle imposte dirette, gli uffici dell'imposta sul valore aggiunto, la direzione centrale per l'accertamento e per la programmazione del dipartimento delle entrate, i servizi per l'accertamento e per la programmazione delle direzioni regionali delle entrate, la Guardia di finanza e gli esperti del servizio consultivo ed ispettivo tributario, possono chiedere alle banche e alla Poste italiane S.p.a. ulteriori dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi ai conti intrattenuti con il contribuente."

In breve

In virtù degli articoli 3, 14 e 16 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, il Ministero delle finanze sostituisce il precedente decreto 14 ottobre 1982 al fine di approvare nuovi modelli di questionario con i quali gli uffici finanziari, la Direzione centrale per l'accertamento e la programmazione del Dipartimento delle entrate, i servizi per l'accertamento e la programmazione delle direzioni regionali delle entrate, la Guardia di finanza, gli esperti del servizio consultivo ed ispettivo tributario possono chiedere alle banche e alla Poste italiane S.p.a. ulteriori dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi ai conti intrattenuti con i clienti.

Gazzetta Ufficiale n. 33 del 10 - 02- 2000

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QUOTIDIANI ECONOMICI

 

Norma di Comportamento dei dottori commercialisti n. 139

«Regime del mandato d’acquisto di servizi senza rappresentanza ai fini delle imposte sui redditi, dell’Iva e dell’Irap».

In breve

La norma di comportamento evidenzia una distonia del sistema di imposizione Iva, rispetto alla disposizione prevista dall’articolo 17, par. 2 della Direttiva 77/388/CEE, nei mandati di acquisto senza rappresentanza.

I dottori commercialisti evidenziano che mentre l'articolo 3, comma 3, ultimo periodo del D.P.R. n. 633/72 definisce prestazioni di servizi i rapporti tra mandate e mandatario senza rappresentanza, l'articolo 13 dello stesso decreto sull'Iva, determina la base imponibile nel prezzo di acquisto del servizio aumentato delle provvigioni.

L'applicazione delle due norme sopra ricordate determina in capo al mandatario l'indetraibilità dell'imposta riferita ad operazioni soggette ad iva nel caso in cui l'acquisto abbia ad oggetto una delle operazioni indicate nell'articolo 19-bis1 soggette alla limitazione della detraibilità, che mal si concilia con la disposizione contenuta nell'articolo 17 della VI direttiva comunitaria.

Infatti il mandatario, non può portare in detrazione l'iva assolta al proprio fornitore sull'acquisto del bene mentre dovrà fatturare con Iva, quale servizio la vendita del bene al proprio mandante (articolo 13, comma 2, lett. b) aumentato delle provvigioni. I commercialisti ritengono che in questo caso non sia applicabile la disposizione contenuta nell'articolo 10 , n. 27-quinquies del D.P.R. n. 633/72, che farebbe scattare l'esenzione dell'operazione tra madatario e mandate, in quanto tale disposizione si applica solamente per le cessioni di beni e non anche per le prestazioni di servizi. Inoltre dal momento che l'indetraibilità disposta dal'articolo 19-bis1 è oggettiva l'imposta assolta al mandatario in relazione riacquisto del bene sarà anch’essa indetraibile.

Detto ciò i commercialisti concludono affermando che dal momento che 
il  mandatario ha una funzione esclusivamente strumentale per motivi connessi al contratto di mandatario non può essere destinatario dei limiti di detraibilità dell’articolo 19 bis 1.
Pertanto anche per assicurare sul "piano fiscale la piena trasferibilità delle posizioni soggettive in capo al mandante, è necessario che in capo al mandatario non si applichi l’indetraibilità di cui al citato articolo 19 bis 1."

Sul versante delle imposte sui redditi e di conseguenza ai fini IRAP, sempre in virtù dell'origine che lega il mandate al mandatario, suggeriscono di contabilizzare quale ricavo solamente la provvigione stabilita effettivo costo per il mandante e ricavo per il mandatario.

L'eventuale indeducibilità totale o parziale dei costi  stabilite dalle norme del TUIR       o dal D.Lgs  n. 446/97, si produce solamente in capo al mandate.

Il sole 24 ore di giovedì 10 febbraio 2000, pag. 25

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Legge della regione Lombardia approvata il 10 febbraio 2000 dal Consiglio regionale.

«Disposizioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive di anagrafe tributaria regionale» approvato dal Consiglio regionale della Lombardia

In breve

Lo schema di legge regionale tra le altre disposizioni e in ottemperanza a quanto stabilito dal D.Lgs 446/97, attribuisce alla regione Lombardia in compiti in materia di

·    le attività di liquidazione, accertamento, riscossione dell’imposta regionale sulle attività produttive,

·    la constatazione delle violazioni,

·    il contenzioso e i rimborsi a essa relativi e la determinazione delle relative aliquote di imposta.

Le nuove disposizioni che, secondo l'articolo 2 del provvedimento dovrebbero entrare in vigore già dal 1.1.2000 (articolo 2), saranno applicate solamente successivamente alla delibera della giunta regionale con la quale sono stabilite le modalità concrete per assolvere ai compiti sopra indicati. Fino a tale data i compiti anzidetti rimarranno di competenza dell'amministrazione centrale (articolo 10).

Si rende evidente che l'articolo 3 del provvedimento in commento prevede che la giunta regionale possa provvedere nel compiti sopra indicati, alternativamente:

a)  tramite i servizi e le procedure esistenti nell’ambito della struttura organizzativa regionale;

b) mediante stipula di convenzioni con il ministero delle Finanze;

c) mediante l’affidamento a terzi, previa gara a evidenza pubblica.

Il sole 24 ore di venerdì 11 febbraio 2000, pag. 21

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CIRCOLARE 11.02.2000, N. 23/E

"Legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria 2000). Chiarimenti in ordine alle disposizioni relative all’imposta comunale sugli immobili (Ici)"

In breve

La circolare apporta importanti chiarimenti delle disposizioni contenute nell'articolo 30 della legge n. 488/1999 (legge finanziaria 2000) in materia di ICI. Il documento ricorda che il comma 10 dell'articolo da ultimo citato prevede la proroga al 31.12.2000 per la notifica:

·    degli avvisi di liquidazione sulla base delle dichiarazioni e degli avvisi di accertamento in rettifica o d’ufficio relativi all’Ici dovuta per l’anno 1993;

·    degli avvisi di liquidazione sulla base delle dichiarazioni relativamente all’Ici dovuta per gli anni 1994, 1995, 1996 e 1997;

·    degli avvisi di accertamento in rettifica, relativamente all’Ici dovuta per gli anni 1994, 1995, 1996;

·    degli avvisi di accertamento d’ufficio relativi all’Ici dovuta per l’anno 1994;

·   degli atti di contestazione delle violazioni non collegate all’ammontare dell’imposta, commesse negli anni dal 1993 al 1998.

Relativamente all'ultimo punto il Ministero delle finanze chiarisce che dal momento che l'articolo 14 del D.Lgs 504/1992 prevede un periodo di prescrizione quinquennale, la proroga interessa solamente gli anni 1993 e 1994. Infatti mentre per l'anno 1995 il 31.12.2000 costituisce la naturale scadenza per gli anni successivi rimane valido il periodo più ampio stabilito dall'articolo 14 del ricordato D.Lgs 504/1992.

Il secondo paragrafo della circolare in commento chiarisce l'ambito di applicazione dell'innovazione normativa indicata dal comma 1 dello steso articolo 30 citato. Tale comma si ricorda esclude l'applicazione delle sanzioni per il periodo antecedente alla notifica della determinazione delle rendita definitiva. Si ricorda infatti i beni non ancora accatastati o che hanno subito rilevanti modifiche possono essere valutati ad una c.d. rendita proposta, facendo riferimento ad immobili con simili caratteristiche sulla base di una dichiarazione dove venivano indicati i dati rilevanti per la determinazione della rendita. L'UTE sulla base dei dati indicati dal contribuente stabiliva entro 1 anno dalla data di presentazione delle richiesta l'attribuzione della rendita definitiva. Lattribuzione della rendita definitiva non veniva comunicata al contribuente. Il comune ottemperava all'onere di comunicazione tramite l'affissione della rendita definitiva all’albo pretorio. Nel caso in cui la rendita definitiva era di ammontare superiore al 30% di quella proposta era dovuta una maggiorazione del 20 dell'imposta non versata, oltre ovviamente alla differenza di imposta più gli interessi.

Appariva evidente che, in vigenza del vecchio sistema di comunicazione poteva accadere che il contribuente, non monitorando costantemente l'albo pretorio continuava a versare l'imposta sulla base della rendita presunta, incorrendo nelle sanzioni per insufficiente versamento. Appare evidente che secondo la nuova disposizione le sanzioni per omesso versamento non sono dovute fino a quando la nuova rendita catastale non viene notificata al contribuente.

Per quanto riguarda la maggiorazione del 20% prevista dall'ultimo periodo dell'articolo 11 del decreto sukll'ICI, la circolare precisa che, non è dovuta a decorrere dall'entrata in vigore delle legge finanziaria 1.1.2000.

Infatti il ministero delle finanze ritiene che la tale maggiorazione ha natura sanzionatoria e, dal momento che è dovuta in relazione al periodo per il quale la rendita non essendo ancora attribuita non può essere notificata al contribuente, la modifica dell'articolo 30 della legge finanziaria, comporta l'inapplicabilità della maggiorazione stessa e di tutto l'ultimo periodo dell'articolo 11 del D,Lgs n. 504/1992.

Pertanto dall'1.1.2000 dal momento della notifica dell'atto di attribuzione della rendita definitiva possono crearsi due fattispecie:

·   per il periodo precedente a detta data, il comune potrà richiedere unicamente la differenza di imposta dovuta;

·   per il periodo successivo a detta data, se il contribuente continua a versare il tributo in base alla rendita presunta o comunque in maniera difforme dagli importi dovuti in base alla rendita definitiva, il comune, oltre a richiedere la differenza di imposta, dovrà calcolare su detto importo i relativi interessi e irrogare la sanzione prevista dall’articolo 13 del Dlgs 18 dicembre 1997, n. 471, mentre non potrà ovviamente applicare la maggiorazione del 20%, i cui effetti sono limitati al periodo in cui non vi era ancora la rendita definitiva.

Come ci si aspettava il ministero chiarisce che la modifica non può avere effetto retroattivo, pertanton mentre gli interessi dovranno comunque essere dovuti fino al 31.12.1999 anche se liquidati in epoca posteriore. Per quando riguarda le sanzioni stabilite dall'articolo 11, ultimo periodo  del D.Lgs 504/97, invece, in applicazione del principio del favore rei (articolo 3 del D.Lgs n. 472/97) saranno dovute solamente se non definitive.

Si ricorda preliminarmente che il Ministero delle finanze con circolare n. 214/E del 1999 aveva chiarito, riportando il parere espresso dal Consiglio di stato, che l'aliquiota ICI appllicata all'abitazione non poteva essere diversa da quella stabilita per le sue pertinenze (garage, cantina ecc.).

La disposizione  del comma 12 dell'articolo 30 della legge finanziaria ribadisce tale concetto e indicando quindi che l'aliquota ici applicata all'abitazione principale non può essere diversa da quella stabilita sulle pertinenze. Tuttavia il successivo comma 13 sanando le eventuali delibere comunicala con le quali si sono stabilite aliquote Ici ridotte sulle pertinenze nei periodo precedenti al 2000 1999 compreso.

Il sole 24 ore di sabato 12 febbraio 2000, pag. 20

Italia oggi di sabato 12 febbraio 2000, pag. 33

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Schema di D.Lgs approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri l'11.02. 2000.

"Disposizioni di attuazione dell'articolo 3 della legge 13 maggio 1999, n. 133, concernenti la riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare"

In breve

Il decreto legislativo, approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri del 11 febbraio 2000, introduce, in attuazione della delega contenuta nell’articolo 3 della legge 13 maggio 1999, n. 133, la riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare.

Il provvedimento è improntato in modo da garantire la piena neutralità fiscale fra tutte le possibili forme di previdenza complementare, siano esse fondi chiusi, fondi aperti o polizze previdenziali, ed inoltre a garantire l’allineamento della disciplina fiscale del trattamento di fine rapporto a quello delle altre forme collettive o individuali di previdenza. Di seguito si espongono in estrema sintesi gli aspetti più significativi di questa riforma che entrerà in vigore il 1° giugno 2000 ma avrà effetto dal 1° gennaio 2001.

Disciplina del risparmio previdenziale

Il capo primo del provvedimento prevede l’istituzione delle forme pensionistiche individuali, attuata attraverso i fondi pensione aperti o mediante i contratti di assicurazione sulla vita ed, inoltre, disciplina il regime di deducibilità dal reddito dei contributi destinati ai fondi pensione, sia nuovi che vecchi, e alle forme pensionistiche individuali.

In ordine alla deducibilità l’articolo 1 del provvedimento stabilisce che tutti i contributi versati, per finalità esclusivamente previdenziali, dal contribuente o dal datore di lavoro alle forme pensionistiche di cui al medesimo provvedimento e quindi anche ai fondi aperti, costituiscono oneri deducibili dal reddito complessivo del contribuente nei limiti del 12% di tale reddito e comunque fino a 10 milioni. La deducibilità spetta anche ai possessori soltanto di redditi di fabbricati o di redditi di capitale. I contributi versati dal datore di lavoro in misura eccedente tali limiti costituiscono redditi di lavoro dipendente. Per i redditi da lavoro dipendente è fra l’altro stabilito che la predetta deduzione compete solamente se viene destinato ai fondi un importo della quota del TFR almeno pari alla metà dei contributi complessivamente versati. Tale vincolo non si applica ai vecchi iscritti ai vecchi fondi esistenti al 28 aprile 1993 e nelle ipotesi in cui la fonte istitutiva sia costituita unicamente da accordi tra lavoratori. Nel caso di contributi versati a favore di persone fiscalmente a carico è stabilito che la deduzione spetta, al soggetto fiscalmente a carico, senza applicazione del limite percentuale ma sempre fino a 10 milioni. Se tale deduzione eccede il reddito del soggetto la parte che residua compete al contribuente di cui il primo beneficiario è a carico,  applicando però questa volta sia il limite percentuale del 12% che il tetto massimo dei 10 milioni.

L’istituzione delle forme pensionistiche individuali è attuata nell’articolo 2 inserendo nel decreto legislativo n. 124 del 1993 due articoli, che, rispettivamente, definiscono e disciplinano le forme pensionistiche individuali attuate mediante adesione ai fondi aperti o mediante contratti di assicurazione. In ogni caso è stabilito che le prestazioni pensionistiche debbano essere erogate da questi fondi almeno per il 50% dell’importo maturato in forma di rendita, a meno che questo importo sia inferiore al 50% dell’assegno sociale.

Disciplina della gestione del risparmio previdenziale

Il capo II riforma il trattamento tributario delle forme pensionistiche, complementari e individuali, fondi vecchi e nuovi, aperti e chiusi, interni od esterni al patrimonio del datore di lavoro.

La riforma è operata introducendo, in luogo del precedente unico articolo 14 del D.lgs 124/93, quattro distinti articoli, gli articoli da 5 a 8, che regolamentano il trattamento tributario della gestione delle diverse forme pensionistiche oggi esistenti. L’articolo 5 disciplina il regime tributario dei fondi pensione in regime di contribuzione definita, prevedendo per tali  fondi pensione, chiusi o aperti, l’applicazione della disciplina già prevista per i fondi comuni di investimento e cioè la tassazione annuale del risultato netto maturato con una imposta sostitutiva però dell’11%. L’articolo 6 invece disciplina i fondi pensione in regime di prestazioni definite e i piani individuali assicurativi. Anche per questi viene prevista l’applicazione di una imposta sostitutiva nella misura dell’11% sul risultato netto maturato per ciascun periodo d’imposta, precisando che per i fondi il risultato maturato in ciascun periodo d’imposta è determinato confrontando i valori attuali delle singole rendite in via di costituzione con il valore che avevano all’inizio del periodo d’imposta, e per i piani assicurativi individuali è dato dalla differenza tra il valore attuale della rendita in via di costituzione tra l’inizio e la fine dell’anno, diminuita dei premi versati nell’anno.

L’articolo 7 disciplina invece i vecchi fondi pensione che detengono immobili confermando la previgente tassazione con una imposta sostitutiva delle imposta sui redditi in misura pari allo 0,50% del patrimonio immobiliare. E comunque stabilito che se una parte del patrimonio del fondo è investita in  valori mobiliari, il fondo stesso dovrà procedere a separare contabilmente i due patrimoni: quello investito in immobili dovrà essere assoggettato ad imposizione con l’applicazione dell’imposta patrimoniale e quello investito in valori mobiliari dovrà essere assoggettato ad una imposta sostitutiva del 12,50% sul rendimento finanziario. Infine l’articolo 8 prevede trattamenti tributari differenziati, anche se tutti allineati alla nuova tassazione dell’11%, per i diversi vecchi fondi pensione.

Trattamento tributario delle prestazioni pensionistiche

Il capo terzo del decreto disciplina il trattamento tributario delle prestazioni pensionistiche erogate sotto forma di capitale o in rendita sia da fondi pensione che da forme pensionistiche individuali e la disciplina fiscale del trattamento di fine rapporto.

In materia di prestazioni il decreto ha introdotto un regime fiscale meno favorevole per le prestazioni in capitale, superiore ad 1/3 del montante maturato, al fine esplicito di incentivare la richiesta di prestazioni periodiche sotto forma di rendita. In particolare il provvedimento ha disposto che solo le prestazioni di capitale inferiori ad un terzo del montante potranno scontare la tassazione separata solo sulla parte non finanziaria semprechè ovviamente la parte finanziaria abbia scontato l’imposta sostitutiva presso il fondo o il piano individuale. La tassazione sarà applicata dal sostituto di imposta con i criteri di cui al comma 1 dell’articolo 17 del Tuir, salvo successivo conguaglio da parte dell’Amministrazione finanziaria in base all’aliquota media dei cinque anni precedenti. Le prestazioni erogate in forma di rendita sconteranno la tassazione progressiva solo per la parte non finanziaria a condizione che la parte finanziaria abbia scontato l’imposta sostitutiva presso il fondo o il piano individuale. Il rendimento finanziario annualmente maturato sulle rendite sarà assoggettato all’imposta sostitutiva del 12,50%.

In ordine al trattamento di fine rapporto è stato stabilito che questo sia tassato solo per la parte capitale, mentre i rendimenti finanziari saranno assoggettati ad imposta sostitutiva nella misura dell’11%. La tassazione sarà effettuata in prima battuta dal sostituto d’imposta che applicherà l’aliquota determinata con i criteri dell’art. 17, comma 1, primo periodo, del TUIR. Successivamente l’imposta dovuta sarà riliquidata dall’ufficio sulla base dell’aliquota media del quinquennio precedente. L’importo da considerare ai fini del calcolo dell’aliquota sarà il TFR maturato al lordo delle quote trasferite al fondo pensione e, come detto,  al netto delle rivalutazioni in quanto già assoggettate ad imposta sostitutiva. In modo analogo è stata poi modificata la tassazione delle altre indennità e somme commisurate alla durata del rapporto di lavoro o corrisposte in relazione a presupposti non connessi alla cessazione del rapporto di lavoro. 

Trattamento tributario dei contratti di assicurazione

Il capo IV del decreto disciplina i contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione. L’articolo 13 riconosce i benefici fiscali, e cioè la detraibilità fino a 2 milioni e 500 mila lire, solo per i premi riferiti a contratti aventi per oggetto l’assicurazione del rischio morte o dell’invalidità permanente, nonché del rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. Per le rendite vitalizie aventi finalità previdenziali, e cioè le rendite erogate dalle compagnie di assicurazione per l’intera durata della vita del contraente o del beneficiario a fronte del versamento sia di un premio unico che di premi ricorrenti, è prevista la tassazione solo per la parte corrispondente ai rendimenti finanziari maturati con la imposta sostitutiva prevista per gli altri strumenti previdenziali, collettivi o individuali. I rendimenti maturati sui versamenti fino al momento di erogazione della rendita invece sono tassati con gli stessi criteri e le stesse aliquote delle altre rendite finanziarie.

  Il sole 24 ore di sabato 12 febbraio 2000, pag. 18

Italia oggi di sabato 12 febbraio 2000, pag. 27

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relazione di ACCOMPAGNAMENTO al decreto legislativo approvato l'11.02.2000 dal Consiglio dei ministri.

"Disposizioni di attuazione dell’articolo 3 della legge 13 maggio 1999, n. 133, concernenti la riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare"

In breve  

Si tratta della relazione che illustra le novità apportate dallo schema di decreto legislativo precedentemente commentato. Le novità interpretative espresse dal documento saranno messe in evidenza all'atto di un commento più approfondito del decreto stesso.

Il sole 24 ore di sabato 12 febbraio 2000, pag. 19

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Aggiornato il: 15 aprile 2000