Circolare n.30/E del 25 febbraio del ministero delle Finanze

 «Determinazione del valore delle azioni assegnate ai lavoratori dipendenti».

Con riferimento ai numerosi quesiti pervenuti in merito alle modalità di determinazione del valore delle azioni assegnate ai lavoratori dipendenti ai fini dell’applicazione dell’articolo 48, comma 2, lettere g) e g-bis), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con Dpr 22 dicembre 1986, n. 917, si forniscono i seguenti chiarimenti.

L’articolo 13, comma 1, lettera b), n. 2), del decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505, ha sostituito la lettera g) del comma 2 dell’articolo 48 del Tuir, con la lettera g) e la lettera g-bis), modificando il previgente trattamento fiscale delle azioni assegnate ai lavoratori dipendenti.

La lettera g) disciplina il vero e proprio «azionariato popolare ai dipendenti» prevedendo che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo che non può superare complessivamente nel periodo d’imposta lire 4 milioni. Ai fini dell’applicazione di tale norma è richiesto che le azioni non siano riacquistate da parte della società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute per almeno tre anni. Nel caso in cui non venga rispettata la condizione del mantenimento delle azioni nel periodo considerato, l’importo non assoggettato è assunto a tassazione, quale reddito di lavoro dipendente, nel periodo d’imposta in cui si verifica la cessione delle azioni stesse.

Con la successiva lettera g-bis) è stata disciplinata la fattispecie dei piani di azionariato che hanno l’obiettivo di fidelizzare categorie di dipendenti o singoli dipendenti. È infatti previsto che in caso di assegnazione di azioni a un dipendente, l’importo che non concorre a formare il reddito è costituito dalla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e quanto corrisposto dal dipendente. Perché ricorrano i presupposti agevolativi della disposizione, l’ammontare corrisposto dal dipendente per l’acquisto delle azioni deve essere almeno pari al valore delle azioni stesse al momento dell’offerta. Qualora tale condizione non sia verificata, ossia nei casi in cui il prezzo pagato dal dipendente è inferiore al valore delle azioni al momento dell’offerta, come precisato nella circolare del ministero delle Finanze n. 247/E del 29 dicembre 1999, l’agevolazione non spetta. In tal caso, devono applicarsi le disposizioni di carattere generale insite nella disciplina del reddito di lavoro dipendente, in base alla quale i compensi in natura, tra i quali rientrano senza dubbio le assegnazioni di titoli o diritti, devono essere assoggettati a tassazione al netto di quanto corrisposto dal lavoratore dipendente a fronte dell’assegnazione stessa. Pertanto, costituisce reddito di lavoro dipendente la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e il corrispettivo pagato.

La non imponibilità è espressamente esclusa nei casi in cui il dipendente sia titolare di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria o di partecipazioni al capitale o al patrimonio superiore al 10 per cento. La verifica del rispetto del predetto limite va effettuata con riferimento al periodo d’imposta in cui l’assegnazione viene eseguita tenendo conto anche dei titoli acquisiti per effetto dell’esercizio del diritto di opzione. Inoltre, considerato che la norma disciplina esclusivamente l’ipotesi in cui il dipendente mantenga il diritto di opzione fino alla data di esercizio dello stesso, rimane fermo che l’assegnazione di un diritto di opzione cedibile deve essere assoggettato a tassazione come reddito di lavoro dipendente fin dal momento della medesima assegnazione. Qualora, invece, il diritto di opzione non sia cedibile l’assegnazione dello stesso non è di per sé tassabile, essendo, invece, assoggettabili a tassazione i titoli e i valori acquistati con l’esercizio dell’opzione (salvo la sussistenza delle condizioni che in base alla disposizione in esame ne escludono l’imponibilità). Tuttavia, qualora un diritto non cedibile perda successivamente tale requisito, nel periodo d’imposta in cui è reso trasferibile il relativo importo è assoggettato a tassazione.

Per espressa previsione normativa, l’intera disciplina agevolativa relativa alle azioni offerte ai dipendenti si applica alle azioni emesse dalla società in cui il dipendente presta la propria attività, ma anche a quelle emesse da società che direttamente o indirettamente, controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.

Ciò premesso, occorre chiarire che, ai fini della determinazione del compenso in natura il valore delle azioni è stabilito in base al comma 3 dell’articolo 48 del Tuir applicando le disposizioni relative alla determinazione del valore normale contenute nell’articolo 9 dello stesso Tuir. In particolare, il citato articolo 9, al comma 4, lettere a), b) e c), del Tuir detta i seguenti criteri con riferimento ai titoli e alle quote di partecipazione societarie. La lettera a) stabilisce che per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, il valore normale è determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese. La lettera b) prevede che per le altre azioni, le quote di società non azionarie e i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società il valore normale è fissato in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, in proporzione all’ammontare complessivo dei conferimenti. Infine, per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli compresi nelle precedenti lettere a) e b), il valore normale è determinato, ai sensi della lettera c), comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo. Al riguardo, si precisa che la locuzione «ultimo mese» utilizzata nella lettera a) del comma 4 dell’articolo 9 del Tuir non fa riferimento al mese solare precedente, ma al periodo che va dal giorno di riferimento (quello dell’assegnazione dei titoli al dipendente) allo stesso giorno del mese solare precedente, poiché una diversa interpretazione potrebbe comportare un allontanamento troppo ampio del periodo preso a base per la rilevazione della media aritmetica dei prezzi dei titoli rispetto al momento nel quale si verifica la valutazione e, quindi, la fissazione di un «valore normale» che potrebbe già essere non adeguato a quello in atto al momento della valutazione.

Si ribadisce, inoltre, quanto già affermato a proposito della valutazione dei titoli con riferimento alle disposizioni transitorie contenute nel Dlgs n. 461 del 1997 e cioè che ai fini del calcolo della media occorre assumere, quale divisore, soltanto i giorni di effettiva quotazione del titolo, cioè quelli cui si riferiscono le quotazioni prese a base del calcolo. Pertanto, se nel periodo considerato, cioè quello che va dal primo giorno di riferimento allo stesso giorno del mese solare precedente, non sono state effettuate rilevazioni dei prezzi, si deve fare riferimento al primo mese solare antecedente (inteso nel senso sopra chiarito) nel corso del quale risulta effettuata la suddetta rilevazione.

Per quanto riguarda infine, la modalità di determinazione del valore normale dei diritti di opzione assegnati, si ritiene che debbano essere applicate le disposizioni di carattere generale contenute nel comma 3 dell’articolo 9 del Tuir, considerato che il comma 4, come abbiamo visto, detta le regole per i veri e propri "titoli" e pertanto si rende applicabile soltanto per le opzioni cartolarizzate. Al fine di evitare che la nuova disposizione possa arrecare effetti penalizzanti con riferimento ai piani di azionariato già deliberati tenendo conto della disposizione contenuta nella previgente formulazione dell’articolo 48, comma 2, lettera g), del Tuir, l’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 505 del 1999 ha stabilito che i nuovi criteri di tassazione non si applicano alle assegnazioni già effettuate anteriormente al 1° gennaio 2000, nonché alle assegnazioni derivanti dall’esercizio di opzione che sono state già attribuite nel periodo che va dal 1° gennaio 1998 al 15 gennaio 2000 (data di entrata in vigore del provvedimento), alle quali continua ad applicarsi la previgente disciplina, sempreché più favorevole.

Occorre, infine, evidenziare che per effetto della modifica apportata dall’articolo 10 del Dlgs n. 505 del 1999 all’articolo 82 del Tuir, in caso di successiva cessione a titolo oneroso delle azioni ricevute, la plusvalenza si determina confrontando il corrispettivo percepito e il valore normale delle azioni al momento dell’assegnazione a condizione che detto valore sia stato assoggettato a tassazione a titolo di lavoro dipendente. Pertanto, il valore normale delle azioni non assoggettato a tassazione al momento dell’assegnazione non può essere scomputato dal corrispettivo di cessione. In sostanza, qualora l’attività finanziaria sia stata assoggettata a tassazione con le regole di deteminazione del reddito di lavoro dipendente, allorché l’attività stessa venga ceduta, la plusvalenza deve essere determinata come differenza tra il corrispettivo percepito e il valore normale assunto come riferimento per la determinazione del compenso in natura. Qualora, invece, l’acquisizione di titoli o diritti non abbia concorso alla formazione del reddito, l’intero importo del corrispettivo percepito costituisce plusvalenza da assoggettare a imposta sostitutiva. Naturalmente, si deve in ogni caso tener conto delle eventuali somme corrisposte dal dipendente a fronte dell’assegnazione delle azioni. Tale disposizione si rende applicabile alle plusvalenze realizzate a decorrere dal 1° gennaio 2000, anche se derivanti dalla cessione di azioni assegnate e assoggettate al trattamento tributario di cui alla previgente lettera g), comma 2, dell’articolo 48 del Tuir.

 

 
 
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Aggiornato il: 04 marzo 2000