Circolare 79 del 19.04.00 
 
MATERIA FISCALE: Riscossione 


OGGETTO Servizi doganali Istruzioni di servizio. Azioni di recupero dei
 diritti doganali: modalita'. Rettifiche dell'accertamento: modalita' 
e mezzi di tutela offerti al contribuente. 



TESTO
        A seguito   di   alcuni   recenti interventi legislativi in materia di
riscossione coattiva   dei   tributi,   appare  necessario, da parte di questa
centrale Amministrazione,   dettare   appropriate istruzioni in sintonia con i
predetti indirizzi   normativi,   nonche', con l'occasione, riesaminare alcuni
punti relativi alle procedure di rettifica dell'accertamento.                 
        Sulle istruzioni   che seguono e' stato acquisito il preventivo parere
del Comitato   Consultivo   dell'Avvocatura   Generale   dello Stato che si e'
espresso con    consultazione    del    9    Novembre    1999, prot. n. 106801
CS-10281/99-nc-357, del  5 Febbraio 2000, prot. n. 013125 CS 10281/99-nc-357 e
del 1.4.2000, prot. n. 036819 CS 10281/99-nc 357.                             
1) Azioni di recupero dei diritti doganali: modalita'.                        
        Il Decreto    Legislativo    n.    46 del 26.2.1999, entrato in vigore
l'1.7.1999, relativo    al    riordino    della riscossione mediante ruolo, ha
introdotto, all'articolo    17,    il   principio della generalizzazione della
riscossione coattiva   mediante   ruolo   di tutte le entrate pubbliche, ed ha
esplicitamente previsto,  all'art. 21, che per le entrate che abbiano causa in
rapporti di   diritto   pubblico  non e' necessaria, per l'iscrizione a ruolo,
l'esistenza di un titolo esecutivo.                                           
        Pertanto, a   decorrere   dall'1.7.1999,  per l'iscrizione a ruolo dei
diritti doganali   non   occorre  piu' emettere -  ne' va piu' emessa, perche'
giuridicamente inutile  -  ingiunzione di pagamento ex art. 82 T.U.L.D., ma e'
sufficiente un  qualsiasi specifico atto di accertamento del tributo, atto che
puo' rivestire una qualsiasi forma purche' idonea allo scopo.                 
        Si dispone, quindi, che, in occasione del recupero di diritti doganali
comunque dovuti, non si proceda con l'ingiunzione, ma si provveda a notificare
al debitore   apposito   "Avviso   di  accertamento suppletivo e di rettifica"
(Allegato 1)   contenente   l'avvertenza che, in caso di mancato pagamento nel
termine indicato   nel   predetto "Avviso", si procedera' al recupero coattivo
mediante iscrizione   a  ruolo ai sensi del D.Lgs. n. 46/1999 (cfr. successivo
punto 4).                                                                     
        Analogamente non si procedera' ad emettere ingiunzione di pagamento in
ogni altro  caso in cui occorra procedere alla riscossione coattiva di diritti
doganali accertati,   ma l'iscrizione a ruolo avverra' direttamente sulla base
della bolletta   doganale,   previa   notizia al debitore delle iniziative che
stanno per essere intraprese nei suoi riguardi.                               
        Si ricorda   che, ovviamente, l'avviso di accertamento suppletivo e di
rettifica deve   contenere   tutti  gli elementi necessari al contribuente per
conoscere l'ammontare   del   tributo,   comprendere  le ragioni della pretesa
erariale e   quindi consentirgli di esperire gli opportuni strumenti di tutela
messi a sua disposizione dall'ordinamento.                                    
        Diversamente, per il periodo anteriore all'1.7.1999, deve ribadirsi la
necessita' che   l'iscrizione  a ruolo fosse preceduta da notifica al debitore
dell'ingiunzione ex   art.  82 T.U.L.D., in considerazione di quanto stabilito
dall'art. 2,   lett.   c),   del   D.P.R.   n. 43/1988, il quale disponeva che
l'iscrizione a   ruolo   dei  tributi dovesse avvenire sulla base di un titolo
esecutivo, titolo    che,    per    i    tributi   doganali, era rappresentato
dall'ingiunzione di  cui   all'art. 82 del T.U.L.D. (vedi circolare 255 del 12
settembre 1991, prot. n. 6643-Allegato 2).                                    
2) Rettifiche   dell'accertamento:   modalita'   e  mezzi di tutela offerti al
   contribuente.                                                              
        Questa Amministrazione,   nel sistema previgente al D.Lgs. n. 46/1999,
in casi diversi da quelli di revisione ex art. 84, ultimo comma, T.U.L.D., per
procedere al   recupero   dei  diritti doganali in presenza di un accertamento
successivamente rettificato(es.: falsi FORM-A; errori di calcolo; ecc. vedi da
ultimo la   circolare  207/D del 26 agosto 1998, prot. 5336/IV-Allegato 3), in
applicazione dell'art.   81   TULD,   comma secondo, e del successivo art. 82,
procedeva  ad emettere ingiunzione. Parimenti nel sistema previgente al D.Lgs.
n. 46/1999,   ogni  contestazione che il contribuente avesse mosso in corso di
formazione dell'accertamento - diverse da quelle di cui all'art. 65 T.U.L.D. -
non impediva l'immediata emissione di ingiunzione per il pagamento dei diritti
accertati e   non   pagati. In tali situazioni non vi era possibilita' per gli
interessati di   esperire   il   ricorso amministrativo: difatti l'ingiunzione
comportava la   necessita'   di   adire   nel  termine perentorio di 15 giorni
l'autorita' giudiziaria   ordinaria.   Venuta meno l'ingiunzione, si ritiene -
secondo parere   conforme   dell'Avvocatura   - che non vi sia piu' ragione di
negare, stante  i principi generali dell'ordinamento italiano, l'esperibilita'
di un   gravame amministrativo anche per le contestazioni in esame. Si tratta,
pero', di   stabilire   se, nei casi di specie, avverso l'atto di accertamento
"suppletivo" sia   da    ammettersi    il  ricorso gerarchico di cui al D.P.R.
n. 1199/1971   o   quello,   in duplice grado, previsto dal D.Lgs. n. 374/1990
(art. 11, comma 7).                                                           
        Sul punto    questa    Amministrazione    ritiene di poter condividere
pienamente le   considerazioni dell'Avvocatura Generale dello Stato che qui di
seguito si  riportano: " Pare alla scrivente (Avvocatura Generale) che, per le
controversie per   le   quali   (prima che venisse meno l'ingiunzione) non era
previsto il   ricorso, il rimedio amministrativo esperibile non sia il ricorso
gerarchico di cui al D.P.R. n. 1199/1971, bensi' quello previsto dagli art. 65
e seguenti   T.U.L.D.   e  dal D.Lgs. n. 374/90. Se e' vero che il ricorso (in
duplice grado)   ex   art.   65 ss. T.U.L.D. e 11 D.Lgs. n. 374/90 e' speciale
rispetto alle   previsioni   del   D.P.R. n. 1199/1971 e' anche vero che e' il
rimedio (amministrativo)   specifico e tipico delle controversie in materia di
accertamento (e   di   rettifica   di questo) di diritti doganali, sicche' per
siffatta materia   la   normativa   (in   tema di ricorso) dotata di capacita'
espansiva, una   volta   venuto   meno il limite alla proposizione del ricorso
derivante dall'ingiunzione,  e'   proprio   quella   di cui agli art. 65 e ss.
T.U.L.D. e   11 D.Lgs. n. 374/90. Del resto l'esattezza della soluzione che si
propugna viene    vieppiu'    confermata  dalla considerazione che, altrimenti
opinando, si    viene    a    disattendere  il principio di economia dei mezzi
giuridici: difatti   ove in sede di accertamento sorgesse ad es. contestazione
su quantita'  delle merci e interpretazione di norme, dovrebbero esperirsi due
diversi  tipi  di  gravame  amministrativo (quello  di  cui  all'art. 65 e ss.
T.U.L.D., per   la   quantita'   e   quello  di cui al D.P.R. n. 1199/1971 per
l'interpretazione); parimenti  nel caso di accertamento suppletivo determinato
da modifica della quantita' e da diversa interpretazione di norme giuridiche. 
        Si deve,   dunque,   ritenere   che sorgendo nel corso di accertamento
contestazione su    punti    diversi    da    quelli previsti dall'art. 65, in
applicazione di  questo e dei successivi articoli del T.U.L.D., dovra' esservi
decisione del   capo della dogana; e - ove il proprietario della merce intenda
contestare la   decisione  dovra' chiedere nel termine di 10 gg. (ovviamente i
termini perentori   previsti   dalle   norme   in esame - per l'esperimento di
doglianze in   sede   amministrativa   -  sono termini perentori ai fini delle
definitivita' amministrativa dell'accertamento, ma il loro inutile decorso non
preclude l'azione    giurisdizionale    -    ex  art. 22 D.Lgs. n. 374/90- per
contestare la   pretesa   del fisco) che si proceda alla redazione di apposito
verbale e   si   proseguira'   poi secondo le ulteriori previsioni di cui agli
art. 65 e ss. T.U.L.D..                                                       
        Parimenti in   caso di rettifica dell'accertamento divenuto definitivo
non rientrante   nel   concetto   di   revisione dovra' pur sempre seguirsi la
procedura di gravame prevista dall'art. 11, VII co, D.Lgs. n. 374/90".        
        Pertanto, operativamente    concludendo,    si    assumono le seguenti
determinazioni:                                                               
- in ogni caso  di contestazioni sorte in fase di formazione dell'accertamento
  e' ammessa la procedura di ricorso di cui agli artt. 65 e ss. del T.U.L.D.; 
- in  ogni caso  di accertamento suppletivo (da qualsiasi ragione determinato)
  e' ammessa  la  procedura di ricorso di cui all'art. 11, comma 7, del D.Lgs.
  n. 374/90.                                                                  
        Viene, quindi,    nel    senso    suesposto,   modificata la circolare
n. 207/1998   (citato  All. 3), con la quale i Direttori Compartimentali erano
stati invitati a dichiarare "improponibili" talune tipologie di controversie. 
3) Casi pratici.                                                              
        In particolare  ci si intende riferire alle seguenti casistiche, fermo
restando, peraltro,    che,    come    detto, qualsiasi elemento che influisca
sull'accertamento o   sulla   liquidazione   dei diritti, d'ora innanzi potra'
essere oggetto    di    impugnativa,    cioe'    controversia, sia in corso di
accertamento (art.    65    e    ss.  T.U.L.D.) sia in occasione di revisioni,
rettifiche o  controlli a posteriori (art. 78 del Codice doganale comunitario;
art. 11 del D.Lgs. n. 374/90):                                                
(elenco indicativo e non esaustivo):                                          
I)   erronea   applicazione  di una franchigia, esenzione, aliquota daziaria o
     IVA o tasso di  cambio;                                                  
II)  errori di calcolo;                                                       
III) indebito   utilizzo  di certificati di  origine preferenziale  (FORM- A o
     EUR 1)  perche' falsi, falsificati, irregolari, indebitamente rilasciati,
     ecc.;                                                                    
IV)  indebito  utilizzo di plafond IVA (falsa lettera di intento, utilizzo del
     plafond oltre il   limite consentito, erronea costituzione del plafond). 
        Circa i  primi due punti (erronea applicazione di un diritto ed errori
di calcolo)  non sembrano esistere particolari problemi, tranne la novita' del
fatto.                                                                        
        Circa i   punti   tre  e quattro, si precisa che, qualora a seguito di
controlli nazionali  in materia di plafond IVA venga constatata una violazione
alla relativa   normativa o dall'esito di indagini, anche comunitarie, risulti
che un   operatore   ha   presentato  certificati di origine o di circolazione
risultati falsi,  falsificati, o non validi per la concessione del trattamento
tariffario preferenziale, per l'ufficio doganale, sorge l'obbligo di procedere
al recupero   a   posteriori dei dazi e degli altri diritti doganali, mediante
ricorso alla procedura di rettifica dell'accertamento come sopra delineata.   
        Si rammenta   il  costante orientamento della Corte di Giustizia delle
Comunita' Europee,   secondo la quale "la Comunita' non e' tenuta a sopportare
le conseguenze   pregiudizievoli dei comportamenti scorretti dei fornitori dei
suoi cittadini"  e cio' anche nel caso in cui l'importatore sia in buona fede,
rientrando tale   responsabilita'  tra i "normali inconvenienti dell'attivita'
commerciale" (Corte   di  Giustizia-11 dicembre 1980, causa C-827/79, Corte di
Giustizia -13   novembre   1994,   cause riunite C-98/83 e C-230/83 e Corte di
Giustizia -17 luglio 1997, causa C-97/95).                                    
        Per quanto  attiene, invece, ai profili aventi rilevanza penale, si fa
presente che,   qualora dall'attento esame dell'esito dei controlli effettuati
si ravvisino   gli   estremi   di   un  reato, sorge l'obbligo, per gli uffici
doganali, di   riferire,   senza ritardo, gli elementi essenziali del fatto ed
ogni altra informazione prescritta dalla legge al Pubblico Ministero, al quale
compete la qualificazione giuridica della fattispecie prospettata.            
        La presenza   di  una denuncia penale, per la ben nota separazione dei
due ordini   di   poteri,   non   impedisce, peraltro, alla Amministrazione di
procedere alla   revisione od alla rettifica dell'accertamento ed, alla parte,
di contestare   la   pretesa  tributaria avvalendosi della procedura di cui al
ricordato articolo   11, comma 7, del D.Lgs. n. 374/90. Appare ovvio ricordare
che in   tali  casi dovranno essere presi opportuni contatti preventivi con la
magistratura inquirente  onde evitare violazioni dell'art. 329 c.p.p. (obbligo
del segreto).                                                                 
        In proposito   appare   opportuno   ricordare che l'Amministrazione ha
l'obbligo di   uniformarsi  al giudicato penale solamente qualora ricorrano le
condizioni poste dall'art. 654 c.p.p. e, precisamente, quando:                
- l'Amministrazione    Finanziaria    si    sia    costituita parte civile nel
  procedimento penale    che    ha   portato all'emissione della pronunzia del
  giudice;                                                                    
- la    sentenza    penale,    resa    a seguito di dibattimento, sia divenuta
  irrevocabile;                                                               
- il   giudice   penale   abbia   accertato,  come rilevante ai fini della sua
  decisione, un fatto materiale dal quale risulti l'infondatezza della pretesa
  erariale.                                                                   
        In tutti   gli   altri casi le risultanze del processo penale potranno
essere vagliate   da   codesti   Uffici   al fine di un'eventuale eliminazione
dell'accertamento o   della rettifica di questo in via di autotutela, istituto
al quale   non   potra', comunque, farsi ricorso allorche' l'accertamento o la
rettifica siano   stati  confermati con sentenza del giudice civile passata in
giudicato(art. 68,   comma   1,   del D.P.R. n. 287/1992 ed art. 2, quater del
Decreto Legge n. 564/1994, convertito con Legge n. 656/1994).                 
        Pertanto l'ufficio   doganale,   pur   in presenza di denuncia penale,
potra' provvedere, con l'accortezza di cui sopra, alla notifica dell'avviso di
accertamento suppletivo   e   di  rettifica, ferma restando la possibilita' di
sospendere la   procedura   di   riscossione coattiva del credito, a fronte di
idonea garanzia,   come anche precisato con ministeriale prot. n. 261/VIII del
1/3/1995 (Allegato 4).                                                        
        Cio' premesso,   si  ritiene utile evidenziare, in particolare, che la
Corte di   Cassazione-Sez.I   civile-   con  sentenza n. 7751/97 del 21/8/97 e
successiva sentenza   n. 11499/97 del 21/11/1997 (Allegati 5 e 6) ha affermato
che l'indebito    utilizzo    di    certificati  di origine o di circolazione,
indipendentemente dalla  denuncia o meno per falso (Titolo VII, capo III C.P.)
e/o per   contrabbando,   integra  il reato di truffa aggravata ai danni dello
Stato, ex   articolo  640 C.P. La Suprema Corte di Cassazione ha osservato, in
particolare, che, quando vengano emessi all'estero documenti di circolazione o
di origine  falsi e con tale artificio venga ottenuta, per merce importata una
indebita esenzione   tariffaria,   il   delitto  di truffa aggravata non viene
commesso all'estero, bensi' in Italia, essendo questo il luogo ove l'effettivo
nocumento si   produce e quindi il luogo di consumazione del reato. Il secondo
comma dell'articolo   6   c.p.  stabilisce, infatti, che il reato si considera
commesso nel   territorio   dello  Stato, quando l'azione o l'omissione che lo
costituisce e'  ivi avvenuta in tutto od in parte, ovvero si e' ivi verificato
l'evento che e' la conseguenza dell'azione o della omissione.                 
4) Termini   per   la   notifica  dell'"Avviso di accertamento suppletivo e di
   rettifica".                                                                
        La norma   comunitaria-art.   221,   paragrafo  3, del Codice Doganale
Comunitario- prevede  che, relativamente ai dazi doganali ed ai dazi agricoli,
la comunicazione  al debitore deve essere effettuata entro tre anni dalla data
in cui   e'  sorta l'obbligazione doganale (art. 201 e seguenti del Reg. (CEE)
n. 2913/92). Tale termine, e' stato configurato dalla Corte di Giustizia delle
Comunita'  Europee - I Sezione - con sentenza 6 novembre 1997, causa C/261-96,
quale termine di prescrizione e non di decadenza.                             
        Pertanto, i   dipendenti  uffici considereranno, per i dazi doganali e
per i   dazi   agricoli, quale momento di decorrenza del termine di revisione,
quello fissato   dalle   norme comunitarie su richiamate (data in cui e' sorta
l'obbligazione doganale)   coincidente,    anche  nella ipotesi di controllo a
posteriori della  dichiarazione di immissione in libera pratica ex articolo 78
del Codice, con quella di accettazione della dichiarazione doganale (art. 201,
paragrafo 2   del  Codice doganale comunitario). Va, nell'occasione, ricordato
l'obbligo della iscrizione di tali importi nella contabilita' separata (c.d.  
contabilita' B)   come   richiamato nella circolare 1691/VIII del 22 settembre
1997 (Allegato 7).                                                            
        E' ovvio   invece   che,   nei casi di cui agli articoli 202 e ss. del
C.D.C, il  termine triennale iniziera' a decorrere nei confronti dei debitori,
ai quali verra' notificato un apposito atto di accertamento idoneo allo scopo,
dai momenti individuati nei suddetti articoli 202 e ss. del C.D.C..           
        Resta impregiudicata,    ovviamente,    la  deroga al suddetto termine
triennale prevista  nel secondo periodo del citato comma 3 dell'articolo 221 e
cioe' nel   caso   in   cui  l'Autorita' doganale non abbia potuto determinare
l'importo esatto dei dazi  a causa di un atto perseguibile a norma di legge.  
        In presenza di siffatta circostanza, la comunicazione al debitore puo'
avvenire, nella   misura   prevista  dalle disposizioni vigenti, anche dopo la
scadenza del termine di cui sopra.                                            
        In proposito,  appare opportuno precisare che la suddetta eccezione al
termine triennale   di   prescrizione e' operante unicamente nelle fattispecie
perseguibili a norma della legge penale.                                      
        Vale, al   riguardo,   l'applicabilita'   dell'art.  84, comma 3,  del
T.U.L.D., che   fa   decorrere   il  termine di prescrizione triennale, per il
recupero dei   diritti   doganali, dalla data in cui il decreto o la sentenza,
pronunciati nel procedimento penale, sono divenuti irrevocabili.              
        Tanto considerato,   gli  uffici dovranno tempestivamente procedere ad
elevare i  previsti atti da inviare alla competente Autorita' Giudiziaria  nel
caso di    violazioni    perseguibili    in sede penale  e, comunque, dovranno
provvedere, anche   in   pendenza   di   giudizio,  a porre in essere gli atti
interruttivi della prescrizione.                                              
5) Precisazioni e chiarimenti.                                                
        Alcuni uffici   hanno posto interrogativi in merito alla possibilita',
per l'operatore,   di   esperire   il   ricorso gerarchico di cui al D.P.R. 24
novembre 1971,   n.   1199 durante le procedure di accertamento o di revisione
dello stesso.                                                                 
        Alla luce   di quanto precisato al precedente punto 2, l'interrogativo
appare ampiamente risolto.                                                    
        Pertanto, in    base    alle    precedenti  considerazioni, gli uffici
provvederanno a    dichiarare    inammissibili    eventuali  istanze o ricorsi
gerarchici che   dovessero   essere presentati in materia di accertamento o di
revisione di accertamento.                                                    
        Al di   fuori   del   citato   principio e senza pregiudizio di quanto
stabilito in   materia di sanzioni amministrative con Circolare n. 94/D del 31
Marzo 1998,   vale il principio in forza del quale il ricorso gerarchico e' un
rimedio di   carattere   generale contro un atto amministrativo non definitivo
(esclusi, ripetesi,   gli   atti   di accertamento). Quindi, in relazione alle
fattispecie in    presenza    delle    quali l'operatore puo' esperire ricorso
gerarchico, vigono i generali principi in materia di competenza amministrativa
e cioe':                                                                      
a) contro   i provvedimenti dei dirigenti e' ammesso ricorso gerarchico, in un
   unico grado,  al Direttore Generale del Dipartimento (articolo 16, comma 1,
   lett. I, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 come modificato ed integrato dal
   D.Lgs. n.  80/98, art. 11), salvo quanto diversamente disposto da eventuali
   specifiche normative   di    settore    (es.:  art. 11, comma 6, del D.Lgs.
   n. 374/90    nel    caso    di   respingimento dell'istanza di revisione di
   accertamento, avanzata    dall'operatore,    da    parte  di dogana sede di
   dirigente);                                                                
b) contro   i   provvedimenti degli organi non dirigenziali e' ammesso ricorso
   gerarchico, in   un unico grado, al dirigente sovraordinato (articolo 1 del
   D.P.R. n.  1199/71), salve anche qui diverse specifiche previsioni di legge
   (es.: art.   11,   comma  6 del D.Lgs. n. 374/90, nel caso di respingimento
   dell'istanza di   revisione   dell'accertamento avanzata dall'operatore, da
   parte di dogana non sede di dirigente).                                    
        Si ritiene,   in   proposito, opportuno rammentare che, in entrambe le
ipotesi, decorsi   novanta   giorni dalla presentazione del ricorso gerarchico
senza che l'Amministrazione si sia pronunciata sul gravame proposto, si forma,
ai sensi   dell'articolo 6 del D.P.R. n. 1199/71, il silenzio rigetto e quindi
l'ufficio il   cui   atto   era stato impugnato potra' riprendere le attivita'
amministrative eventualmente interrotte.                                      
        Eventuali ulteriori    dubbi    o perplessita' saranno tempestivamente
segnalati allo scrivente per un loro rapido esame.                            
Allegati                                                                      
(Omissis)                                                                     
 
 
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Aggiornato il: 27 aprile 2000