DECRETO 21 marzo 2000
CIRCOLARE
Comando generale G.d.F. 14.04.2000, prot. 114000
CIRCOLARE
17.04.2000, N. 77/E
ARTICOLO
a cura di Paolo Meneghetti
COMUNICATO
del Ministero delle finanze diramato il 20.04.2000
CIRCOLARE 21.04.2000, N. 81/E
ARTICOLO
a cura di Maria Rosaria Zincone
CIRCOLARE
19.04.2000, 79/D
DECRETO 21 marzo 2000"Aggiornamento dei coefficienti per la determinazione del valore dei fabbricati di cui all'articolo 5, comma 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, agli effetti dell’imposta comunale sugli immobili (Ici) dovuta per l'ano 2000" In breve Il decreto del Ministero delle finanze ha stabilito i coefficienti per la determinazione del valore dei fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati. I coefficienti devono essere utilizzati ai fini dell'applicazione dell'imposta comunale sugli immobili dovuta per l'anno 2000. Gazzetta
Ufficiale n. 94 del 21-04-2000
CIRCOLARE Comando generale G.d.F. 14.04.2000, prot. 114000"Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto." In breve La circolare della Guardia di finanze, firmata dal Generale Giovanni Mariella, denota un buon esercizio di sintesi nell'illustrazione dei principi generali indicati della riforma del sistema penale tributario attuata con il D.Lgs n. 74/2000. Nelle prime pagine, ispirandosi alle precisazioni indicate dal legislatore nella relazione che accompagnava il decreto entrato in vigore il 15 aprile 2000, la gdf chiarisce gli ambiti applicativi delle norme sanzionatorie, le disposizioni di principio nonché le norme riguardanti gli aspetti procedimentali del nuovo sistema sanzionatorio penale.. Successivamente, vengono fornite le direttive di massima a cui i verificatori dovranno ispirarsi per individuare le fattispecie rilevanti penalmente al fine di valutare l'eventuale comunicazione dell'ipotesi di reato alla magistratura ordinaria. La Guardia di finanza spiega che tra gli "elementi passivi fittizi" restano inclusi: § componenti negativi non veri; § non inerenti; § non spettanti § insussistenti nella realtà; dichiarati in misura superiore a quella effettivamente sostenuta o quella ammissibile in detrazione. Al pari viene indicato che gli elementi attivi non dichiarati sono rappresentati da tutti gli elementi attivi che sebbene rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e Iva non sono stati dichiarati. La Guardia di finanza tiene poi a specificare che il concetto di imposta evasa, definito dalla lettera f) del D.Lgs n. 74/2000, sebbene appaia simile si disposta dal concetto di imposta dovuta previsto dal D.Lgs n. 471/1997 per l'applicazione della sanzioni amministrative tributarie. Pertanto, al fine di procedere con la comunicazione dell'ipotesi di reato sarà necessario evidenziare distintamente i due valori: d'imposta dovuta (differenza tra importo liquidato in base all'accertamento e importo liquidato ex art. 36-bis e 36.ter del D.P.R. n. 600/73) e imposta evasa (differenza tra imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, al netto dei versamenti effettuati dal contribuente da tersi e delle ritenute versate dal sostituto ovvero da pagamenti effettuati prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine). Il documento in fine sottolinea l'abrogazione del principio dell'ultrattività delle sanzioni penali tributarie e illustra l'applicazione del nuovo principio del favor rei. Spunti
critici Come si
è evidenziato la Guardia di finanza è dell'opinione che nel concetto di
elementi negativi fittizi, rilevante per la configurazione del reato di
dichiarazione fraudolenta (articolo 2 del decreto legislativo n. 74/2000) ed
infedele (articolo 4 del decreto legislativo n. 74/2000) è inclusa la deduzione
o la detrazione di elementi negativi non inerenti o non spettanti.
Nel
caso di deduzione di elementi negativi di reddito o, detrazione di Iva per
acquisti, "non inerenti" o "non spettanti",
non comporta falsificazione o distorsione della realtà economica dell'impresa.
In questi casi si è in presenza di elementi negativi di reddito esistenti
nella realtà ma erroneamente dedotti o detratti in dichiarazione dei
redditi o dell'Iva. Appare
impossibile che si possa essere accusati di dichiarazione fraudolenta
nell'ipotesi di errori di inerenza o di non spettanza. Infatti elemento
fondamentale per la configurazione di tale reato è l'"utilizzo di
fatture o atri documenti per operazioni inesistenti" che evidentemente
manca nei casi di deduzione di elementi negativi non inerenti. Inoltre
anche nell'ipotesi di dichiarazione infedele il termine elementi passivi
fittizi, non può che essere inteso nel senso proprio del termine utilizzato dal
legislatore cioè quale sinonimo di finti, immaginari, non veri, ecc. Da
quanto sopra la distinzione tra le due fattispecie di reato (dichiarazione
fraudolenza e dichiarazione infedele) deve essere inquadrata nell'attività
posta in essere dal contribuente nella falsificazione della realtà economica.
Nel caso di dichiarazione fraudolenta sarà necessario che il contribuente si
sia adoperato a creare una falsa realtà economica volta a confortare la
deducibilità del componente negativo dedotto. Nel
caso di dichiarazione infedele invece il fatto, comunque privo di effettività,
sarà semplicemente dedotto indebitamente in dichiarazione. La
definizione di dichiarazione infedele individuabile tra le righe della circolare
della Guardia di finanza mette in risalto un'altro problema connesso con
l'espletamento del ravvedimento operoso in tema di sanzioni i amministrative
(articolo 13 del D.Lgs 472/1997). Infatti
come è noto in caso di dichiarazione dei redditi o dell'Iva infedele (articoli
1 e 5 del D.Lgs n. 471/1997) il contribuente può regolarizzare la propria
posizione entro il termine di presentazione della successiva dichiarazione
(articolo 13, comma 1 lettera b) del D.Lgs 472/1997). Pertanto nei casi di
superamento delle soglie di punibilità previste dall'articolo 4 del D.Lgs
74/2000, e sempre nel caso i cui sia configurabile la rilevanza penale del
fatto, l'espletamento del ravvedimento operoso con la presentazione della
successiva dichiarazione rettificativa regolarizzerebbe la posizione del
contribuente per le sanzioni amministrative, mentre lo esporrebbe
all'applicazione delle sanzioni penali. In
problema si presentava anche in vigenza della c.d legge manette agli evasori L.
516/1982, tuttavia era meno evidente dal momento che le ipotesi sanzionate, alle
quale era ammesso il ravvedimento operoso erano ben circoscritte e difficilmente
connaturavano degli elementi necessari per la rilevanza penale del fatto. Dalle
disposizioni negli articoli del D.Lgs n. 74/2000 si scorge che il reato di
dichiarazione infedele, può essere determinato anche da errori interpretativi
sull'ambito di applicazione della norma tributaria. Pertanto il confine tra
dichiarazione infedele tributaria (articolo 1 e 5 del D.Lgs 471/1997) e
dichiarazione infedele penale (articolo 4 del D.Lgs 74/2000), si fa sempre più
labile e spesso i due concetti possono coincidere. Ovviamente al fine di
individuare la rilevanza penale della violazione si devono superare le soglie di
punibilità e deve sussistere il dolo specifico delle volontà di evadere. In
vero, rispetto al dolo specifico, si deve ritenere che gli errori
interpretativi, rilevanti penalmente debbano essere circoscritti a quei
comportamenti volti a ridurre il carico fiscale supportati da un'interpretazione insostenibile, utilizzata solamente allo scopo di creare uno
schermo alla consapevole volontà di evadere.
Tornando
al ravvedimento operoso si fa notare che la logica di tale istituto è quella di
concedere la possibilità al contribuente che, per errore o imperizia abbia
erroneamente applicato norme tributarie, di regolarizzare la sua posizione prima
che l'amministrazione finanziaria lo "scopra". Appare
molto difficile credere che il contribuente con l'intenzione di evadere,
ottemperi al ravvedimento operoso sapendo che la violazione commessa non
comporta l'applicazione di sanzioni di natura amministrativa mentre lo espone
alle sanzioni penali. In
altre parole in tale ipotesi il soggetto, cosciente che se scoperto gli saranno
applicate "solamente" sanzioni penali, si ravvede pagando in parte
sanzioni che non gli verranno mai applicate, peraltro lasciandosi scoprire. Un
comportamento del genere, sebbene poco probabile, si ritiene debba essere
valutato seriamente quale elemento che esclude l'animus dell'evasore del
soggetto che lo compie, escludendo pertanto la rilevanza penale del fatto
stesso. In sostanza vedendo la questione da altro punto di vista è fondato
ritenere che lo stesso adoperarsi nell'espletamento del ravvedimento operoso
possa escludere la sussistenza del dolo specifico della volontà di evadere. Nelle
disposizioni del D.P.R. n. 322/98
è possibile scorgere una forma di "Ravvedimento penale" Esaminando
da vicino le due violazioni penalmente perseguite per la quali è possibile
applicare il ravvedimento operoso: omessa dichiarazione e infedele
dichiarazione, è possibile arrivare a sostenere che il compimento degli atti
necessari a portare a termine il ravvedimento stesso escludono l'applicazione
delle sanzioni penali. Infatti
l'articolo 2, comma 7 del D.P.R. n. 322/98 indica espressamente che le
dichiarazioni presentate entro 90 giorni da termine sono valide, salva
l'applicazione delle sanzioni amministrative (tale termine coincide con il
termine previsto dall'articolo 13, comma 1 lettera c) del D.Lgs n. 472/97, in
tema di ravvedimento operoso da omessa dichiarazione). In modo analogo il
successivo comma 8 indica che "Salva l'applicazione delle sanzioni
amministrative, la dichiarazione dei redditi, la dichiarazione dell'imposta
regionale sulle attività produttive e la dichiarazione dei sostituti d'imposta
possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva
dichiarazione da redigere secondo le modalità stabilite per le medesime
dichiarazioni e da presentare all'amministrazione finanziaria per il tramite di
un ufficio della Poste italiane S.p.a. convenzionata." La
disposizione sopra citata è stata importata dall'ormai abrogato articolo 9,
comma 7 del D.P.R. n. 600/73. Rispetto alla vecchia formulazione la disposizione
non presenta più il terme di 2 anni per effettuare le correzioni e la
condizione che non siano stati iniziate accessi ispezioni o verifiche. In
proposito si deve considerare che la passata disposizione era calata nella
logica del ravvedimento operoso del quale faceva parte integrante. La
disposizione contenuta nel D.P.R. n.
322/98, pur rimanendo essenziale ai fini del ravvedimento operoso si ritiene
abbia una portata più generale. Ora le disposizioni riguardanti i termini di
espletamento del ravvedimento operoso e la condizione ostativa dell'inizio degli
accessi ispezioni o verifiche ora sono previste direttamente dall'articolo 13
che regola direttamente l'istituto. Combinando
le disposizioni previste dall'articolo 13 del D.Lgs n. 472/97 in tema di
dichiarazione infedele e la disposizione prevista dall'articolo 2, comma 8 del
D.P.R. n. 322/98, si potrebbe arrivare a sostenere che la presentazione della
dichiarazione integrativa, comporti l'esclusione della rilevanza penale del
fatto facendolo degenerare a mera violazione amministrativa. In questi casi, se
la dichiarazione integrativa è presentata entro i termini previsti
dall'articolo 13 per l'espletamento del ravvedimento operoso, è possibile
pregiarsi della riduzione delle sanzioni; mentre
se la presentazione della dichiarazione integrativa è effettuata oltre tali
termini comporterà solamente l'esclusione della rilevanza penale del fatto
mentre comporterà l'applicazione della sanzioni amministrative in misura piena. L'interpretazione indicata nelle righe che precedono non solo appare aderente al dettato normativo ma porta a risolvere anche i dubbi rilevati prima circa l'animus del soggetto che decide di porre in essere il ravvedimento operoso. Italia
oggi di martedì 18 aprile 2000, Inserto
CIRCOLARE 17.04.2000, N. 77/E" Variazioni in diminuzione per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose. Art. 26, secondo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni - Articolo 2, comma 1, lett. c-bis) del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30 - Art. 13-bis, commi 1 e 2, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140" In breve La circolare ministeriale ha finalmente fornito i necessari chiarimenti per rendere operativa la disposizione dell’articolo 26, secondo comma del DPR 633/72, che dopo le plurime modifiche normative ad esso apportate fino al maggio 1997, consente al cedente del bene o al prestatore del servizio di operare le variazioni dell’imponibile e dell’imposta “per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose”. Il documento in primo luogo ha chiarito che tale disposizione è applicabile solo ai soggetti che per l’operazione posta in essere abbiano emesso e registrato la relativa fattura. Successivamente ha individuato i momenti in cui le ipotesi di insolvenza considerate, e cioè il mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose, vengono ad esistenza nelle diverse ipotesi. Per quanto attiene alle procedure concorsuali rimaste infruttuose la circolare ha precisato che in via generale il momento in cui possono essere effettuate le variazioni di imponibile e di imposta “viene giuridicamente ad esistenza allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo” e ha poi ha chiarito che nelle ipotesi di: - Fallimento: l’infruttuosità della procedura si determina alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto, oppure, ove non vi sia stato, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso; - Liquidazione coatta amministrativa: l’infruttuosità si ha al decorso dei termini previsti dall’art. 213 della legge fallimentare dopo i quali si intende approvato il piano di riparto; - Concordato fallimentare: l’infruttuosità si determina dopo il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato stesso; - Concordato preventivo: l’infruttuosità si ha solo nei confronti dei creditori chirografari per la parte percentuale del loro credito che non trova accoglimento con la chiusura del concordato e decorre dopo che la sentenza di omologazione è divenuta definitiva e dal momento in cui il debitore concordatario adempie agli obblighi assunti in sede di concordato. Il documento non ha invece ritenuto applicabili le variazioni nelle ipotesi di Amministrazione controllata e di Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. In ordine alle procedure esecutive rimaste infruttuose, la circolare ha precisato che “il presupposto legittimante la variazione in diminuzione viene ad esistenza quando il credito del cedente del bene o prestatore del servizio non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell’esecutato ovvero quando sia stata accertata e documentata dagli organi della procedura l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione”. Dopo tali chiarimenti il documento ha precisato in che modo devono essere effettuate le variazioni in diminuzione ed in aumento facendo presente che non è applicabile nei casi di specie il limite temporale di un anno previsto dal terzo comma dell’articolo 26 del DPR 633/72. Infine, la circolare, ha dettato alcune istruzioni riferite ai soggetti che avevano operato variazioni nel periodo di vigenza della disposizione che consentiva ciò dal momento dell’avvio della procedura stabilendo che tali soggetti dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni ripristinando le situazioni ante variazione. Il
sole 24 ore di martedì 18 aprile 2000, pag. 21 Italia oggi di mercoledì 19 aprile 2000, pag. 31
ARTICOLO a cura di Paolo Meneghetti" Dichiarazioni - Accordo
raggiunto tra dottori commercialisti, ragionieri e consulenti «Visto», pronto
l’attestato Al contribuente sarà dato un modulo che proverà il rilascio
della certificazione tributaria." In breve Il breve scritto rende noto che i dottori e ragionieri commercialisti hanno predisposto il modulo che il certificatore, dopo aver accertato la corretta applicazione delle norme sostanziali dei componenti di reddito indicati nel D.M 29 dicembre 1999, deve rilasciare al contribuente "vistato" al fine di consentirgli di provare il rilascio della certificazione tributaria (artt.35 e 36 del D.Lgs 9 luglio 1997, n. 241). A margine dell'articolo viene
proposto il Modello
di dichiarazione approvato. Approfondimenti Appare
utile ricordare in questa sede che, l’articolo 2, comma 2 del decreto afferma
che i certificatori "tengono conto" dei principi elaborati dai
Consigli nazionali degli ordini professionali. Tali principi sono stati
enunciati in uno documento
specifico predisposto in formato check list,
(vedi Novità
del 10 gennaio 2000) congiuntamente dai Consigli nazionali dei dottori commercialisti, dei ragionieri
e dei consulenti del lavoro. Si ricorda che il testo integrale della check listi
utile per il rilascio della certificazione tributaria è stata pubblicata sul
quotidiano "Italia Oggi"
del 4.1.2000 (inserto). Il
sole 24 ore di mercoledì 19 aprile 2000, pag. 24
COMUNICATO del Ministero delle finanze diramato il 20.04.2000"Proroga per il 2000 dei termini di dichiarazioni e
versamenti delle imposte" In breve Il comunicato stampa del Ministero delle finanze ha annunciato,
ufficialmente, la proroga delle prossime
scadenze di presentazione e trasmissione delle dichiarazioni, anticipando quello
che sarà il contenuto di alcuni provvedimenti governativi di proroga in corso di
predisposizione. Si premette che le indicazioni fornite dal Ministero delle finanze, a
parte piccole differenze avuto riguardo ai termini di trasmissione telematica,
sembrano in linea con la proroga disposta per l'anno passato dal D.P.C.M.
01.04.1999. Il comunicato prevede due diversi criteri per differire i versamenti e
la presentazione delle dichiarazioni dei redditi: un criterio fisso, per le
persone fisiche e le società di persone; uno "mobile" per le società
di capitali. Di seguito, si riporta il nuovo calendario delle scadenze per la
presentazione delle dichiarazioni per i relativi versamenti e per la
trasmissione telematica. Persone fisiche e società di persone. Per le persone fisiche e le
società di persone è prevista una proroga a termine fisso, le dichiarazioni
dei redditi dell'Irap e Unico '00 devono essere presentate entro il 31 luglio
2000. Riguardo ai termini per la trasmissione telematica delle dichiarazioni si rammenta che, l'art. 2, comma 1 del D.Lgs. 322/1998 dispone che le dichiarazioni delle persone fisiche e le società di persone devono essere trasmesse telematicamente entro il 31 ottobre 2000. Si ricorda inoltre che per l'anno in corso il Ministero delle finanze (Comunicato stampa diramato il 29.03.2000) ha disposto, limitatamente alle persone fisiche, la trasmissione telematica diretta on-line (via Internet) della proprie dichiarazioni entro il 31 luglio 2000 (vedi Novità del 3 aprile 2000). Il comunicato precisa che tali termini di presentazione-tramissione rimangono tali. Inoltre, lo stesso comunicato, in questo distinguendosi da quanto previsto dal DPCM del 1 aprile 1999, prevede che nelle ipotesi in cui la dichiarazione UNICO-2000 contiene anche il modello di dichiarazione IVA e/o i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, la trasmissione telematica slitta al 15 novembre 2000. Tabella riassuntiva delle proroghe riferite alle persone fisiche e società di persone.
Soggetti Irpeg Come è noto i soggetti Irpeg
(art. 87 del Tuir) sono sottoposti a dei termini mobili di presentazione delle
dichiarazioni. In particolare, l'art. 2 del D.Lgs 322/1998 dispone che i
soggetti tenuti all'applicazione del bilancio devono presentare la dichiarazioni
dei redditi e dell'Irap compresa l'unificata annuale entro un mese
dall'approvazione del bilancio ovvero entro un mese dalla scadenza del termini
per la sua approvazione; i soggetti non tenuti all'approvazione del bilancio
devono presentare le dichiarazioni di cui sopra entro 6 mesi dalla fine del
periodo d'imposta. Al fine di abbracciare tutte le fattispecie in il comunicato
dispone che se i termini ordinari di presentazione delle dichiarazioni dei
redditi Irap ed Unico 2000, scadono entro il 19 luglio 1999 la dichiarazione
deve essere presentata entro il 20 luglio 2000. Si ricorda che ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 322/1997, i soggetti Irpeg, direttamente o per il tramite di un intermediario abilitato, sono tenuti in via ordinaria a presentare la dichiarazione in via telematica entro 2 mesi dall'approvazione del bilancio ovvero dalla scadenza del termine per approvarlo; i soggetti non tenuti all'approvazione del bilancio devono invece provvedere alla trasmissione telematica entro 7 mesi dalla fine del periodo d'imposta (D.P.R. 322/1998, art. 2). Quindi se per effetto delle disposizioni appena richiamate il termine ordinario di trasmissione ricade in una data qualsiasi tra il 1° gennaio e 31 ottobre 2000 la trasmissione deve essere comunque effettuata entro il 31 ottobre. Ovviamente anche per i soggetti IRPEG vale la regola indicata dal comunicato secondo cui, nelle ipotesi in cui la dichiarazione UNICO-2000 contiene anche il modello di dichiarazione IVA e/o i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, la trasmissione telematica slitta al 15 novembre 2000.
Tabella riassuntiva
delle proroghe riferite ai soggetti Irpeg
Approfondimenti E'
appena il caso di precisare che, se il D.P.C.M. anticipato dal comunicato stampa
ha lo stesso tenore di quello previsto per il 1999, il differimento al 20
luglio, in deroga alla nuova disposizione contenuta nel comma 4 dell'articolo 2
del DPR n. 322/1998 (dopo le modifiche apportate dall'articolo 1 del DPR n.
542/1999), opera anche nelle ipotesi in cui, la dichiarazione debba essere
presentata sui vecchi modelli di dichiarazione. Si ritiene infatti che, per
l'anno 2000, le modalità di presentazione continuano ad essere dettate dal DPR
n. 322/1998 mentre i termini di presentazione delle dichiarazione sono dettate
dal D.P.C.M. di prossima emanazione, come del resto è accaduto l'anno passato. Italia
oggi di venerdì 21 aprile 2000, pag. 25 Il
sole 24 ore di venerdì 21 aprile 2000, pag. 19
CIRCOLARE 21.04.2000, N. 81/E"Servizio di presentazione della dichiarazione modello Unico persone fisiche e pagamento dei tributi tramite Internet. Rilascio del Pincode. Attività degli Uffici." In breve La circolare istruisce sulle modalità di attivazione e svolgimento del servizio di presentazione-trasmissione diretta tramite Internet delle dichiarazioni UNICO-2000, per l'anno in corso limitato alle sole persone fisiche. In particolare viene spiegato come ricevere i primi quattro caratteri del codice PIN e richiedere automaticamente le altre cifre del codice nonché la password necessaria per l'invio delle dichiarazioni. Appare utile ricordare che tale possibilità è stata introdotta dal DPR n. 542/1999, quanto a fonte normativa, mentre è stata regolamentata dal titolo IV del D.M. 31.07.1998 di regolamentazione della trasmissione telematica delle dichiarazioni, inserito dal D.M. 09.03.2000 (per maggiori dettagli si rinvia alle Novità del 3 aprile 2000. In questa sede si ricorda che
questa tipologia di trasmissione dichiarazioni non rientra nella proroga
annunciata dal Ministero delle finanze nel comunicato 20.04.2000, per la
trasmissione telematica delle dichiarazioni. Italia
oggi di sabato 22 aprile 2000, pag. 27 Il
sole 24 ore di sabato 22 aprile 2000, pag. 21
ARTICOLO a cura di Maria Rosaria Zincone"Accordo raggiunto per la piena operatività delle comunicazioni La «firma elettronica» trova l’ultimo tassello" In breve Si tratta di un breve scritto in cui si da notizia della soluzione all'ultimo problema che rallentava la diffusione della firma digitale. Infatti i soggetti certificatori delle firme digitali si erano accorti che, a causa della elasticità degli standard europei, non era loro consentito leggere le firme digitali certificate da altri enti. Tramite il coordinamento
dall’Autorità per l’informatica nella Pubblica amministrazione (Aipa), gli
enti verificatori hanno finalmente trovato un accordo sul formato del
certificato della firma, sulle estensioni del certificato, sulle modalità di
"imbustamento" del messaggio firmato, sulle le liste di revoca con
l’informazione sulla validità temporale del certificato Approfondimenti
La
firma digitale è un sistema di criptagio decriptaggio (simmetrico o
asimmetrico) di informazioni elettroniche. Mediante tale sistema un documento,
con appressa firma digitale, può essere letto solamente da un soggetto che sia
dotato del corrispondente codice di decriptagio. I
sistemi di firma elettronica simmetrici utilizzano lo stesso codice sia per
apporre la firma che per la lettura delle informazioni arrivate a
destinazione;.la firma digitale asimmetrica, invece, è composta da due chiavi,
una privata ed una c.d. chiave pubblica. La chiave pubblica è quella che si
rende nota, mentre la chiave privata rimane segreta. La lettura delle
informazioni criptate con chiave privata, possono essere lette solamente dai
soggetti dotati di chiave pubblica o viceversa. Il
sole 24 ore di sabato 22 aprile 2000, pag. 22
CIRCOLARE 19.04.2000, 79/D"Servizi doganali Istruzioni di servizio. Azioni di recupero dei diritti doganali: modalità Rettifiche dell'accertamento: modalità e mezzi di tutela offerti al contribuente" In breve La circolare del dipartimento delle dogane chiarisce che, a seguito al decreto legislativo n. 46/1999 di riforma della riscossione coattiva delle imposte (articoli 17 e 21), il recupero dei diritti doganali deve avvenire tramite avviso di accertamento e la conseguente iscrizione a ruolo e non più, quindi, tramite l'ingiunzione di pagamento. La modifica consente ai contribuenti di ricorrere avverso gli avvisi di accertamento attraverso il ricorso amministrativo, in luogo della magistratura ordinaria, come invece avveniva in passato. Avuto riguardo alla forma di ricordo amministrativo da esperire (gerarchico previsto dal DPR n. 1199/1971, ricorso in duplice grado previsto dall'articolo 11, comma 7 del D.Lgs 374/1990) L'amministrazione finanziaria chiarisce che: § nella fase di predisposizione dell'accertamento la forma di ricorso idoneo è quella prevista dall'articolo 65 del Tuld; § nei casi di accertamento in rettifica dei diritti doganali si applica invece il ricorso amministrativo previsto dall'articolo 11 del D.Lgs 374/1990. Italia
oggi di sabato 22 aprile 2000, pag. 29 |
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