Circolare 98 del 17.05.00 

MATERIA FISCALE: Accertamento 



OGGETTO Irpef Iva Risposte a quesiti in materia di imposte dirette, Irap, Iva, sanzioni 
tributarie e varie. 



TESTO
                    Alle Direzioni regionali delle entrate                    
                    Agli Uffici delle entrate                                 
                    Agli Uffici Distrettuali delle Imposte Dirette            
                    Agli Uffici Provinciali IVA                               
                    Agli Uffici del Registro                                  
                    Ai Centri di servizio delle Imposte Dirette e Indirette   
e, per conoscenza:                                                            
                    Alle Direzioni Centrali del Dipartimento delle entrate    
                    Al Segretariato Generale                                  
                    Al Servizio Centrale degli Ispettori Tributari            
                    Al Comando generale della Guardia di Finanza              
                -------------------------------------                         
INDICE                                                                        
1       REDDITO D'IMPRESA                                                     
1.1     Beni ammortizzabili                                                   
1.1.1   Rilevanza ai fini IRAP dei beni destinati a finalita' estranee        
        all'impresa                                                           
1.1.2   Cespiti venduti in corso d'esercizio: calcolo degli ammortamenti      
1.1.3   Classificazione fiscale dei vigneti di proprieta' di una casa vinicola
1.1.4   Spese che incrementano il valore di un bene ammortizzabile            
1.2     Contributi                                                            
1.2.1   Disciplina fiscale dei contributi in conto impianti deliberati prima  
        del 31 dicembre 1998, nell'ambito degli interventi per il mezzogiorno 
1.2.2   Rimborso parziale di contributi in conto capitale incassati in anni   
        precedenti: disciplina fiscale                                        
1.3     Agevolazione Visco                                                    
1.3.1   Ammortamenti                                                          
1.3.2   Riporto delle eccedenze al secondo periodo d'imposta agevolato        
1.3.3   Imprese di nuova costituzione                                         
1.3.4   Societa' con esercizio a cavallo                                      
1.3.5   Investimenti: calcolo in presenza di contributi in conto impianti     
1.3.6   Investimenti: ammortamenti da dedurre                                 
1.3.7   Investimenti: cessioni e dismissioni                                  
1.3.8   Investimenti: entrata in funzione del bene                            
1.4 DIT                                                                       
1.4.1   Patrimonio dei soggetti IRPEF                                         
1.4.2   Riclassificazione degli ammortamenti anticipati                       
1.4.3   Limite patrimoniale per l'accesso al beneficio DIT                    
1.5     Altri quesiti relativi alle imprese                                   
1.5.1   Cessione dell'unica azienda gia' di societa' incorporata: avviamento  
1.5.2   Appalto per la fornitura di macchinari "chiavi in mano": esercizio di 
        competenza                                                            
1.5.3   Impresa familiare 271.5.4 Rottamazione del magazzino: imposta         
        sostitutiva e crediti d'imposta                                       
1.5.5   Spese di ristrutturazione dei negozi                                  
1.5.6   Recesso del socio                                                     
1.5.7   Prelievo di acconti di utili da parte del socio di uno studio         
        professionale in seguito receduto                                     
1.5.8   Cessione del credito delle societa' di credito al consumo             
1.5.9   Trattamento delle riserve di rivalutazione monetaria nelle  operazioni
        di scissione                                                          
2 IRAP                                                                        
2.1     Quesiti vari sull'IRAP                                                
2.1.1   IRAP: acconto 1999                                                    
2.1.2   IRAP/acquisto da terzi di beni servizi                                
2.1.3   IRAP/ transfer pricing                                                
2.1.4   IRAP Enti pubblici                                                    
3 IVA                                                                         
3.1     Adempimenti                                                           
3.1.1   Apertura di cantieri: obbligo di denuncia ex art. 35 del DPR n. 633   
        del 1972                                                              
3.1.2   Trasmissione delle fatture con sistemi informatici                    
3.1.3   Aziende cedenti oro e valute estere                                   
3.1.4   IVA/Plafond                                                           
3.1.5   Regime dei produttori agricoli con volume d'affari non superiore a 40 
        milioni                                                               
3.1.6   Attivita' agricola in regime di esonero                               
3.2     Detraibilita'                                                         
3.2.1   Divieto di detrazione IVA per i materiali di recupero                 
3.2.2   Detrazione IVA per operazioni di cui all'art. 74, comma 1, del DPR  n.
        633 del 1972                                                          
3.2.3   IVA/Servizi fognatura e depurazione                                   
3.3     Altri quesiti in materia di IVA                                       
3.3.1   Aliquota IVA per le prestazioni di assistenza domiciliare             
3.3.2   IVA/Cessione del credito                                              
4 ONERI                                                                       
4.1     Interventi di recupero del patrimonio edilizio                        
4.1.1   Comunicazione di inizio lavori                                        
4.1.2   Determinazione del valore dei beni di cui al d.m. 29 dicembre 1999    
4.1.3   Interventi di manutenzione                                            
4.1.4   IVA/Manutenzioni                                                      
4.2     Fondi pensione                                                        
4.2.1   Onere deducibile - Contribuzione a favore di familiare a carico       
4.2.2   Vecchi iscritti - Irrilevanza dei loro requisiti al momento della     
        prestazione                                                           
4.3     Altri quesiti in materia di oneri                                     
4.3.1   Detrazione IRPEF di cui all'art. 13, comma 2-ter, del TUIR            
5 REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE                                                
5.1     Stock option                                                          
5.1.1   Assegnazioni di partecipazioni nella controllata a dipendenti di      
        quest'ultima                                                          
5.1.2   Rilevanza dei dividendi nella disciplina delle stock option           
5.1.3   Determinazione del valore delle azioni assegnate ai dipendenti        
5.1.4   Tassazione del diritto di opzione 655.1.5 Imponibilita' delle stock   
        option                                                                
5.1.6   Stock options: data dell'offerta                                      
5.1.7   Stock option: perdita dell'agevolazione                               
5.1.8   Stock option: diritti cedibili e non cedibili                         
5.2     Altri quesiti in materia di redditi di lavoro dipendente              
5.2.1   Prestiti ai dipendenti                                                
5.2.2   Lavoratori all'estero                                                 
6 Addizionali all'irpef                                                       
6.1    Quesiti vari sulle addizionali all'IRPEF                               
6.1.1  Prelievo delle rate residuali sulle addizionali 1999                   
6.1.2  Incapienza della busta paga                                            
6.1.3  Aspettativa non retribuita                                             
6.1.4  Innalzamento della quota di compartecipazione                          
7  Fiscalita' finanziaria                                                     
7.1    Obbligazioni                                                           
7.1.1  Obbligazioni emesse e sottoscritte a partire dal 1 Gennaio 1995, ma non
       emesse dopo il 12 gennaio 1996                                         
7.2    Altri quesiti in materia di fiscalita' finanziaria                     
7.2.1  Capital gain:cessioni a titolo gratuito 797.2.2 Dividendi percepiti    
       dalle ONLUS                                                            
7.2.3  Ripartizione del valore fiscalmente riconosciuto delle azioni ai soci  
8 Dichiarazioni                                                               
8.1    Dichiarazioni rettificative                                            
8.1.1  Termini di accertamento per la dichiarazione rettificativa             
8.1.2  Dichiarazione rettificativa e compensazione                            
8.2    Dichiarazioni IVA                                                      
8.2.1  Dichiarazione IVA in caso di cessazione dell'attivita'                 
8.2.2  Computo del pro-rata nelle liquidazioni e dichiarazioni periodiche     
8.2.3  Splafonamento dell'esportatore abituale                                
8.2.4  Errori nelle dichiarazioni periodiche                                  
8.3    Visto pesante                                                          
8.3.1  Visto pesante:ammortamenti accelerati                                  
8.3.2  Visto pesante: poteri di controllo e verifica                          
8.3.3  Visto pesante: scritture predisposte e tenute dal professionista       
8.3.4  Controllo e responsabilita' del certificatore                          
8.3.5  Limite al rilascio delle certificazioni                                
8.3.6  Rilascio della certificazione in caso di risultato negativo            
8.3.7  Tenuta del registro delle certificazioni                               
8.3.8  Certificazione della gestione delle scritture contabili                
8.3.9  Certificazione a seguito di maggiori esborsi                           
8.4  Presentazione delle dichiarazioni                                        
8.4.1  Presentazione della dichiarazione dei redditi: soggetto IRPEG in       
       liquidazione ordinaria                                                 
8.4.2  Obbligo di presentazione della dichiarazione IVA periodica: soggetti   
       con volume d'affari inferiore a lire cinquanta milioni                 
9  SANZIONI TRIBUTARIE                                                        
9.1    Ravvedimento operoso                                                   
9.1.1  Ravvedimento operoso IVA                                               
9.1.2  Ravvedimento operoso: infedele dichiarazione IVA periodica             
9.1.3  Ravvedimento operoso: affrancamento di cui al d.lgs. n. 461 del 1997   
9.1.4  Ravvedimento operoso: irregolarita' nei modelli di versamento          
9.1.5  Ravvedimento operoso: violazioni IVA prodromiche e indotte             
9.1.6  Ravvedimento operoso: debito previdenziale compensato con credito      
       tributario non capiente                                                
9.1.7  Ravvedimento (Art. 13 d.lgs. n. 472 del 1997)                          
9.1.8  Ravvedimento con procedura "speciale"                                  
9.2    Altri quesiti in materia di sanzioni                                   
9.2.1  Mancato pagamento entro sessanta giorni delle somme accertate ai fini  
       IVA                                                                    
9.2.2  Irrogazione sanzioni: termini di decadenza                             
9.2.3  Tardiva o omessa trasmissione telematica delle dichiarazioni           
9.2.4  Violazioni relative agli obblighi di documentazione, registrazione ed  
       individuazione delle operazioni IVA: sanzione minima                   
9.2.5  Quadro W -Sanzioni                                                     
9.2.6  Deducibilita' delle sanzioni UE                                        
10 RISCOSSIONE                                                                
10.1   Quesiti vari in materia di riscossione                                 
10.1.1 Compensazione di credito IVA superiore a 500 milioni di lire           
10.1.2 Rateazione di somme iscritte a ruolo: discrezionalita' dell'ufficio    
11 altri quesiti                                                              
11.1   Quesiti vari                                                           
11.1.1 Classificazione ai fini ICIAP degli agenti di assicurazione            
11.1.2 Documentazione del vincolo pertinenziale relativo all'abitazione       
       principale                                                             
11.1.3 Disapplicazione di norme antielusive ai sensi dell'art. 37-bis del DPR 
       n. 600 del 1973                                                        
11.1.4 Studi di settore: adeguamento in corso d'anno                          
           -------------------------------------------------                  
     In relazione   ai quesiti delle materie indicate in oggetto, formulate da
organi di   stampa specializzati, questo Ministero ha fornito le risposte che,
per opportuna conoscenza, sono di seguito riportate.                          
1       REDDITO D'IMPRESA                                                     
Beni ammortizzabili                                                           
1.1.1   Cespiti venduti in corso d'esercizio: calcolo degli ammortamenti      
D. Nel   caso di cespiti venduti nel corso dell'esercizio qual e' la procedura
ritenuta corretta    ai    fini    fiscali  per il calcolo degli ammortamenti:
l'ammortamento deve essere calcolato per il periodo decorrente dall'inizio del
periodo d'imposta    fino    al    momento    in   cui il bene risulta ceduto;
l'ammortamento deve essere calcolato per il periodo decorrente dall'inizio del
periodo d'imposta   fino   al  momento in cui il bene risulta parte attiva del
processo produttivo; l'ammortamento per il periodo d'imposta in cui avviene la
cessione puo' non essere calcolato.                                           
R. Per  i beni ceduti antecedentemente alla chiusura dell'esercizio non devono
essere operati   i   relativi ammortamenti atteso che il residuo costo fiscale
concorrera' al   calcolo   delle  relative plusvalenze ovvero minusvalenze, in
conformita' con   la tecnica contabile suggerita - sul piano civilistico - dal
principio contabile del CNDC e del CNR n. 16 punto D. XII.                    
1.1.2   Classificazione fiscale dei vigneti di proprieta' di una casa vinicola
D. Una casa vinicola e' proprietaria di diversi vigneti.                      
Qual e'   la  giusta classificazione fiscale dei vigneti ed in particolare con
riguardo al    D.M.    31    dicembre   1988 qual e' l'aliquota d'ammortamento
applicabile agli stessi?                                                      
R. L'ammortamento   e'  una procedura tecnico-contabile attraverso la quale si
ripartisce nei   vari  esercizi l'onere del deperimento e del consumo relativo
alla utilizzazione di beni strumentali di durata pluriennale.                 
Cio' premesso,  si rammenta che i terreni, ancorche' assolvano ad una funzione
di strumentalita'   nell'esercizio   delle attivita', non sono ammortizzabili,
atteso che,   per   la   loro   natura, non sono suscettibili di deperimento e
consumo.                                                                      
Relativamente ai   costi   di acquisizione e di messa in opera dei vigneti, si
precisa che  gli stessi non sono ammortizzabili secondo i criteri ordinari ma,
rientrando tra   le spese relative a piu' esercizi, sono deducibili secondo la
regola stabilita dall'art. 74, comma 3, del TUIR.                             
1.1.3   Spese che incrementano il valore di un bene ammortizzabile            
D. Nel   caso  di spese incrementative del valore di un bene ammortizzabile si
deve procedere ad incrementare il valore contabile dello stesso.              
Successivamente come    ci    si    deve    comportare    ai  fini del calcolo
dell'ammortamento? E'   corretto   ritenere   che  le aliquote di ammortamento
fissate dal   D.M..   31   dicembre   1988  debbano essere applicate al valore
complessivo del cespite (costo originario piu' spesa incrementativa)?         
R. Qualora    le    spese    di    manutenzione, riparazione, ammodernamento e
trasformazione siano   imputate   ad   incremento   del  costo del bene cui si
riferiscono, gli    ammortamenti    vanno    computati, anche ai fini fiscali,
sull'intero valore incrementato                                               
1.2     Contributi                                                            
1.2.1   Disciplina   fiscale dei contributi in conto impianti deliberati prima
del 31    dicembre    1998,    nell'ambito degli interventi per il Mezzogiorno
D. Una  societa' ha incassato nel 1999 contributi in conto impianti deliberati
in epoca   precedente al 31 dicembre 1998. I contributi sono stati concessi ai
sensi del testo unico delle leggi sugli interventi per il Mezzogiorno.        
E' corretto ritenere:                                                         
–     -    che   la  societa' abbia la possibilita' di applicare ai contributi
incassati la   disciplina contenuta nel testo previgente dell'art. 55 del TUIR
(imputazione del 50% a riserva in sospensione d'imposta e tassazione in 5 o 10
periodi d'imposta per la parte rimanente);                                    
–     -    che   tale  imputazione a riserva sia rilevante ai fini del calcolo
della base   della   Dit   (al  contrario di quanto sostenuto dalle istruzioni
ministeriali al modello unico dello scorso anno).                             
R. La    risposta    al    quesito    e' stata fornita con le istruzioni della
dichiarazione Unico   99   Societa'   di capitali (p.99) di cui si riporta per
esteso il testo.                                                              
Per espressa   previsione  della nuova lett. b) del comma 3 del citato art. 55
del TUIR,    resta    ferma    l'applicazione delle agevolazioni connesse alla
realizzazione di investimenti produttivi concesse nei territori montani di cui
alla legge  31 gennaio 1994, n. 97, nonche' quelle concesse ai sensi del testo
unico delle   leggi sugli interventi  nel mezzogiorno di cui al D.P.R. 6 marzo
1978, n. 218, per la decorrenza prevista al momento della concessione.        
Pertanto, ai   contributi concessi in base a tali provvedimenti continuera' ad
applicarsi la disciplina vigente al momento della concessione anche se il loro
incasso si verifica a partire dall'esercizio in corso al 1 gennaio 1998.      
Si ritiene,  altresi', che la quota di contributo accantonato a riserva rilevi
anche ai fini del calcolo della DIT.                                          
1.2.2   Rimborso   parziale  di contributi in conto capitale incassati in anni
precedenti: disciplina fiscale                                                
D. Nel  caso di rimborso parziale di contributi in conto capitale incassati in
anni precedenti,   causati   dal  verificarsi di alcune ipotesi previste dalla
normativa di    concessione    (ad    esempio  dismissione dell'investimento),
considerato che,   i  contributi erano stati trattati come prevedeva l'art. 55
del TUIR   fino  al 31 dicembre 1998 (imputazione a riserva in sospensione del
50% del contributo incassato e tassazione in 5 esercizi della parte rimanente)
e che   il   rimborso richiesto e' forfettariamente pari al 25% del contributo
erogato a   suo tempo, si chiede qual e' il corretto comportamento fiscale con
riguardo all'esborso  finanziario richiesto, all'annullamento della riserva in
sospensione e   al conseguente annullamento di quanto  imputato in diminuzione
del prezzo   di   acquisto   dell'impianto  agevolato riscontrato e non ancora
imputato a conto economico.                                                   
R. Il   quesito si riferisce a contributi in conto capitale incassati entro il
31.12.97 ed    in    parte    da    restituire    per effetto di provvedimento
successivamente intervenuto.                                                  
Il 50%   di   tali  contributi risultava iscritto nella riserva in sospensione
d'imposta e   il   restante   50%   era stato suddiviso in cinque quote da far
concorrere al   reddito   in   cinque  esercizi a decorrere da quello in cui i
contributi erano stati incassati.                                             
La successiva   restituzione   del  contributo sara' pertanto rilevata, per la
meta', in  contropartita della riserva in sospensione che, per pari ammontare,
sara' annullata senza rilevanza fiscale.                                      
La restante meta' di contributo restituito, invece, andra' suddivisa in cinque
quote, in   relazione   ai   cinque esercizi per i quali il contributo avrebbe
concorso o   ha   effettivamente  concorso al reddito. Di queste cinque quote,
quelle riferibili    agli    esercizi    non  ancora chiusi verranno computate
annualmente in diminuzione dell'importo di contributo ancora da assoggettare a
tassazione; le  altre, non potendo ovviamente essere scomputate dalla parte di
contributo che,   negli   esercizi   precedenti,  e' stata gia' assoggettata a
tassazione, determineranno  necessariamente una sopravvenienza passiva, per il
loro complessivo   ammontare,   nell'esercizio   in cui il contributo e' stato
restituito.                                                                   
In sostanza,   dal   punto   di  vista fiscale, la restituzione del contributo
incidera' pro   quota   sulla   riserva  e sui cinque esercizi, con gli stessi
criteri mediante cui il contributo era stato originariamente ripartito ai fini
della tassazione; resta ovviamente fermo il limite degli esercizi gia' chiusi,
con riferimento   ai   quali  non puo' essere operata la correlativa riduzione
della quota    di    contributo    ormai    tassata,  potendosi solo avere una
sopravvenienza passiva,   per  l'importo corrispondente, nell'esercizio in cui
avviene la restituzione.                                                      
Esempio:                                                                      
- Contributo incassato nell'anno 1997  pari a:  100                           
- Contributo da restituire nel 1999 pari a:     25                            
Il contributo  di 100, incassato nel 1997, era stato cosi' ripartito: 50 quale
riserva in   sospensione di imposta; 50 da assoggettare pro quota a tassazione
in cinque esercizi, a partire dal 1997. Di conseguenza, nel 1997 e nel 1998 e'
stata assoggettata a tassazione una quota annua di contributo pari a 10.      
La restituzione  di contributo, avvenuta nel 1999 in misura di 25, comportera'
la riduzione   della   riserva in sospensione d'imposta per meta' dell'importo
restituito, cioe' per 12,5.                                                   
La restante  meta', pari a 12,5, andra' invece suddivisa in cinque quote, pari
a 2,5.  Nel 1999, conseguentemente, verra' rilevata una sopravvenienza passiva
di 5   (in  ragione della quota annua di 2,5 riferibile ai due esercizi 1997 e
1998, gia'   chiusi); l'importo annuo da assoggettare a tassazione in ciascuno
dei tre   esercizi   1999,   2000   e   2001 sara' invece ridotto dalla misura
originaria di 10 a quella di 7,5, cioe' 10 - 2,5.                             
1.3     Agevolazione Visco                                                    
1.3.1   Ammortamenti                                                          
D. Con  riferimento alla legge 13 maggio 1999, n. 133 che si intende applicare
a soggetto   IRPEG con bilancio che chiude il 31 luglio 1999, poiche' la norma
richiede che    gli    investimenti   devono essere ridotti dagli ammortamenti
relativi a   beni   della   stessa   tipologia, la riduzione si deve intendere
riferita ai    soli    beni    sostituiti,   o invece a tutti gli ammortamenti
effettuati?                                                                   
L'articolo 2,   comma  9 della citata legge 133 del 1999 dispone che il valore
degli investimenti  deve essere assunto al netto degli ammortamenti dedotti. A
quali ammortamenti   fa  riferimento la norma? A tutti quelli aventi rilevanza
fiscale ad   eccezione   di   quelli concernenti i beni oggettivamente esclusi
dall'agevolazione? Come   occorre comportarsi con gli ammortamenti anticipati?
R. Ai   sensi   del   comma 9 dell'art. 2 della legge n. 133 del 1999, e delle
modifiche inserite   nel   collegato   fiscale   in corso di approvazione, gli
investimenti previsti   dal   precedente  comma 8 rilevano per ciascun periodo
agevolato per    la    parte    eccedente    le cessioni, le dismissioni e gli
ammortamenti dedotti.   Con   riguardo   agli  ammortamenti si fa presente che
rilevano quelli   riferiti   a   tutti i beni di cui all'art. 67 e 68 del TUIR
esistenti nel patrimonio dell'impresa con esclusione dei:                     
 - beni  indicati all'art. 121-bis, comma 1, lett. a), n. 1), del TUIR, tranne
quelli  destinati  ad  essere  utilizzati esclusivamente come beni strumentali
nell'attivita' propria dell'impresa o adibiti ad uso pubblico;                
 - tutti i beni  immobili, tranne gli impianti e gli opifici appartenenti alla
categoria   catastale  D/1, utilizzati  esclusivamente  dal   possessore   per
l'esercizio  dell'impresa  o,  se  in corso  di  costruzione, destinati a tale
utilizzo;                                                                     
 - tutti  i  beni nuovi di cui all'art. 67 e 68 del TUIR acquisiti nel biennio
agevolato per i quali si richiede l'agevolazione in argomento.                
Gli ammortamenti anticipati, sia in caso di imputazione del relativo ammontare
a conto   economico   ovvero  in un'apposita riserva di utili, vanno portati a
riduzione dell'ammontare   degli investimenti, ad eccezione di quelli relativi
ai beni sopra individuati.                                                    
1.3.2   Riporto delle eccedenze al secondo periodo d'imposta agevolato        
D. Tra   le   disposizioni  correttive della legge n. 133 del 1999 particolare
importanza riveste    la    possibilita'    di   utilizzare nel corso del 2000
l'eventuale parametro risultato in eccesso nel periodo di imposta precedente. 
Analogamente e' consentito fruire nel 2000 l'agevolazione maturata nel 1999 ma
non utilizzabile   in   tale   periodo   di imposta per incapienza del reddito
complessivo. Si   chiede   se,   nel caso di incapienza del reddito realizzato
realizzato nel   corso  del 2000, l'agevolazione non fruita debba considerarsi
irrimediabilmente persa   o   possano   invece  configurarsi meccanismi atti a
recuperare nei periodi successivi tale beneficio.                             
R. L'articolo  3 del collegato fiscale in corso di approvazione stabilisce che
gli ammontari  determinati ai sensi del comma 9 dell'art. 2 della legge n. 133
del 1999  degli investimenti, dei conferimenti e degli accantonamenti di utili
a riserve   riferiti al primo periodo agevolato che non hanno rilevato ai fini
dell'applicazione dell'agevolazione    di    detto  periodo sono computati nel
periodo successivo.    Cio'    posto    si    precisa  che gli ammontari degli
investimenti, dei   conferimenti  e degli accantonamenti di utili a riserva di
cui sopra   riferiti   al secondo periodo agevolato che non hanno rilevato per
l'agevolazione di   detto periodo non potranno essere computati nell'esercizio
successivo, atteso   che  l'agevolazione spetta, per i soggetti aventi periodo
d'imposta coincidente con l'anno solare, per il solo biennio 1999-2000.       
1.3.3 Imprese di nuova costituzione                                           
D. I   soggetti   nati   dopo  l'entrata in vigore della legge n. 133 del 1999
possono beneficiare   della  detassazione per il periodo di imposta successivo
quello ipotetico  che avrebbe compreso questa data?                           
R. Per   le imprese costituitesi successivamente alla data del 18 maggio 1999,
data di   entrata  in vigore della legge n. 133 del 1999, ma comunque entro la
data del    31    dicembre    2000,    l'agevolazione  in argomento si applica
esclusivamente per il primo periodo d'imposta.                                
1.3.4   Societa' con esercizio a cavallo                                      
D. Ci   sono  societa' che hanno chiuso prima del 31 dicembre 1999 l'esercizio
che comprende la data di entrata in vigore della legge n. 133 del 1999. Questi
soggetti, pur   essendo   beneficiari dell'agevolazione, dovranno dichiarare i
redditi con   il   vecchio   modello,  che non prevede un quadro dedicato alla
detassazione. Come   dovranno   comportarsi  a livello operativo? E' possibile
determinare la minore imposta dovuta e indicare solo tale importo nel modello,
compilando a   parte   un  quadro RJ del nuovo modello 760 e conservandolo per
eventuali richieste dell'Ufficio?                                             
R. Le   societa'   soggette   ad   IRPEG  che hanno chiuso l'esercizio in data
antecedente al   31   dicembre 1999 e fruiscono dell'agevolazione in argomento
dovranno compilare   la dichiarazione dei redditi utilizzando il modello UNICO
99. Tenuto  conto che il predetto modello non contiene un quadro specifico per
la determinazione dell'agevolazione, si ritiene che i relativi calcoli possano
essere effettuati   separatamente,   utilizzando anche  il quadro RJ del nuovo
modello UNICO   2000   che  verra' conservato per eventuali richieste da parte
dell'Ufficio. Per  la determinazione dell'imposta del 19 per cento sulla parte
di reddito agevolato il soggetto dovra' compilare i righi RG7 o RG8 del quadro
RG dell'UNICO 1999.                                                           
1.3.5   Investimenti:   calcolo   in  presenza di contributi in conto impianti
D. Nel computo degli investimenti lordi possono entrare anche beni per i quali
l'impresa ha    beneficiato    di    contributi in conto impianti. Deve essere
considerato l'importo    dell'acquisto    al   lordo del contributo (ammontare
dell'investimento) oppure  al netto del contributo ricevuto (costo fiscalmente
riconosciuto)?                                                                
R. La   disposizione   contenuta  nell'art. 76, comma 1, lett. a), del TUIR e'
stata modificata   dalla   legge   27 dicembre 1997, n. 449 (legge finanziaria
1998), a   decorrere  dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre
1997, che   ne   ha   espunto   le parole finali "e gli eventuali contributi";
pertanto, l'investimento deve essere assunto al netto del contributo.         
1.3.6   Investimenti: ammortamenti da dedurre                                 
D. Gli    investimenti    netti    vanno determinati sottraendo dall'ammontare
investito gli   ammortamenti   dedotti nel periodo. Si chiede se devono essere
sottratti anche    gli    ammortamenti    relativi    ai beni nuovi oggetto di
investimento e, quindi dell'agevolazione.                                     
R. Gli  ammortamenti relativi ai beni nuovi oggetto d'investimento, non devono
essere sottratti,  nel biennio agevolato, dagli investimenti realizzati per la
determinazione dell'importo che rileva a fini  agevolativi.                   
Nel caso   contrario,   infatti, si introdurrebbe una evidente distorsione nel
mercato, avvantaggiando   notevolmente   le  imprese che  utilizzano i beni in
leasing rispetto a quelle che li acquistano in proprieta', in palese contrasto
con il principio generale di neutralita' piu' volte espresso dal legislatore. 
Si veda,   ad   esempio,  la relazione accompagnatoria del disegno di legge di
conversione del  decreto-legge n.  414 del 1989 (recante modifiche all'art. 67
del TUIR),   in   cui si sottolinea la necessita' "di assicurare nel tempo, in
relazione alle   mutevoli   condizioni   di mercato, la necessaria neutralita'
fiscale della   scelta  aziendale tra acquisizione dei beni in proprieta' o in
leasing".                                                                     
        Deve tenersi   presente,  inoltre, la ratio del particolare sistema di
calcolo disciplinato  dal citato comma 9, lett. a), il quale, facendo rilevare
solo la parte di investimenti che eccede cessioni, dismissioni e ammortamenti,
impone un   confronto   tra due entita': quella che rappresenta gli incrementi
della struttura   produttiva (investimenti) e quella che, al contrario, indica
il depauperamento   dell'apparato   produttivo stesso (ammortamenti, cessioni,
dismissioni).                                                                 
        Il meccanismo,   come   strutturato,   induce le imprese ad effettuare
investimenti "aggiuntivi",   che costituiscono un reale ampliamento (piuttosto
che un   mero   mantenimento) del suddetto apparato. Pertanto, anche in questa
prospettiva, appare   illogico computare, in diminuzione dell'investimento, la
quota di   ammortamento relativa al bene investito, il cui importo deve invece
rilevare interamente ed unitariamente tra gli incrementi.                     
        Gli ammortamenti    relativi    ai  beni oggetto dell'investimento non
rilevano neppure nel successivo periodo d'imposta oggetto dell'agevolazione.  
1.3.7   Investimenti: cessioni e dismissioni                                  
D. I   beni   ceduti   o   dismessi influenzano negativamente il calcolo degli
investimenti netti.   L'importo da considerare ai fini del calcolo deve essere
il corrispettivo   della   cessione   oppure il valore residuo ammortizzabile?
R. Ai   sensi   del   comma  9 dell'articolo 2 della legge n. 133 del 1999 gli
investimenti devono    riguardare    beni    destinati a strutture situate nel
territorio dello   Stato   e   rilevano per la parte eccedente le cessioni, le
dismissioni e gli ammortamenti dedotti.                                       
A fronte   delle   cessioni   dei   beni,  l'ammontare che riduce quello degli
investimenti, coincide con il corrispettivo pattuito tra le parti.            
1.3.8   Investimenti: entrata in funzione del bene                            
D. La   norma di agevolazione non richiede espressamente che i beni oggetto di
investimento siano   entrati   in  funzione nel periodo agevolato. Sembrerebbe
quindi sufficiente,     per     determinare     il     periodo   di competenza
dell'investimento, l'avvenuta   consegna   (per   i beni mobili). Si chiede se
questa impostazione,   in  linea con le istruzioni a suo tempo contenute nella
circolare 181/E del 27 ottobre 1994, e' corretta.                             
R.  Con   riguardo   al  periodo d'imposta in cui gli investimenti rilevano ai
fini dell'agevolazione, si rileva che la norma di cui al comma 8 richiama "gli
investimenti in beni strumentali nuovi di cui agli articoli 67 e 68 del citato
testo unico …. effettuati negli stessi periodi …".                            
        Cio' induce   a   ritenere   che la fruizione del beneficio fiscale e'
subordinata non   solo   all'acquisizione   del bene nel periodo d'imposta, da
assumere secondo   i criteri stabiliti all'articolo 75 del TUIR, ma anche alla
circostanza che   nello   stesso   periodo   d'imposta  il bene sia entrato in
funzione.                                                                     
        In altri   termini, l'investimento si computa nell'esercizio a partire
dal quale  il bene stesso, inserito nel processo produttivo, e' ammortizzabile
ai fini fiscali.                                                              
        Tale conclusione   trae   argomento  dalla interpretazione sistematica
oltre che dal  tenore letterale della norma in esame.                         
        Il riferimento   ai  "beni strumentali … di cui agli articoli 67 e 68"
attribuisce senza   equivoci   una   precisa  qualificazione giuridica ai beni
oggetto di   investimento. Questi devono essere strumentali ed ammortizzabili,
possedere cioe' caratteristiche che, ai sensi del richiamato art. 67, comma 1,
del TUIR, sono ad essi riconosciute nell'"esercizio di entrata in funzione".  
        La tesi   trova   conferma,  sul piano semantico, nello stesso termine
utilizzato dal   legislatore  per definire gli investimenti, che devono essere
"effettuati", ossia mandati ad effetto, messi in opera, realizzati.           
        Sotto altro  profilo, si osserva che il requisito della strumentalita'
o entrata in funzione costituisce l'unico riferimento utile per riscontrare la
destinazione del bene a strutture situate nel territorio dello Stato. In piu',
consente di   annoverare tra gli investimenti agevolabili, come sara' detto in
avanti, anche   i beni acquistati da un soggetto che non sia ne' il produttore
ne' il   rivenditore.   Gli   stessi,  infatti, in tanto potranno considerarsi
"nuovi" in   quanto   non siano mai entrati in funzione, cioe' non siano stati
utilizzati dal cedente.                                                       
Puo' presentarsi   il   caso che un determinato bene, acquisito in prossimita'
della fine    del    periodo    d'imposta, presenti caratteristiche tecniche e
strutturali che ne impediscano l'entrata in funzione nello stesso periodo.    
Dovendosi evitare  applicazioni aberranti della norma che, in contrasto con le
finalita' perseguite   dal legislatore,  potrebbero vanificare lo sforzo degli
operatori commerciali al rilancio degli investimenti, e' da ritenere che nelle
circoscritte ipotesi    appena    richiamate    l'investimento possa ritenersi
effettuato nel periodo d'imposta di acquisizione del bene, a condizione che il
soggetto interessato   possa dimostrare l'oggettivo impedimento ad utilizzarlo
entro lo stesso periodo.                                                      
1.3.9  Investimenti: beni in comodato                                         
D. Il Ministero ha spesso confermato la strumentalita' dei beni che un'impresa
concede a   terzi   in  comodato d'uso, sempre che si tratti di una operazione
inerente l'attivita'.    Si    dovrebbe  quindi estendere l'agevolazione anche
all'acquisto di   questo tipo di beni, a condizione che la destinazione finale
dei medesimi   sia   all'interno   del   territorio dello Stato. Si chiede una
conferma di questa possibilita'.                                              
R. I   beni   concessi   a   terzi  in comodato d'uso sono agevolabili purche'
strumentali ed inerenti.                                                      
In merito alla strumentalita' si fa rinvio a quanto precisato con circolari n.
37/E del   13 febbraio 1997 e n. 48/E del 10 febbraio 1998 ed in particolare a
quei beni senza i quali l'attivita' non puo' essere esercitata.               
L'inerenza del   bene   sussiste   nella  circostanza in cui lo stesso cede le
proprie utilita'  all'impresa proprietaria e non a quella che lo ha utilizzato
(tra le altre cfr. risoluzione ministeriale del 5 gennaio 1981 n. 9/2320).    
1.4     DIT                                                                   
1.4.1   Patrimonio dei soggetti IRPEF                                         
D. Le nuove regole introdotte dal d.lgs. n. 9 del 18 gennaio 2000 (a decorrere
dal  2000)   prevedono   per le imprese individuali e societa' di persone,  il
riferimento all'intero   patrimonio,   cosi' come risulta dal bilanci, ai fini
della determinazione  dell'aumento del capitale investito DIT. Quale rilevanza
"temporale" si   deve attribuire alle eventuali variazioni patrimoniali che si
sono verificate    in    corso    d'anno (ad esempio versamenti o prelevamenti
effettuati negli ultimi mesi)?                                                
R.      L'articolo 5, comma 1, del d.lgs. n. 466 del 1997, come modificato dal
d.lgs. n.   9 del 18 gennaio 2000, prevede che per le imprese individuali e le
societa' di    persone    commerciali    la variazione in aumento del capitale
investito e' costituita dal patrimonio netto risultante dal bilancio alla data
di chiusura dell'esercizio con esclusione dell'utile del medesimo periodo.    
Conseguentemente, le  variazioni patrimoniali che si sono verificate nel corso
dell'anno non   assumono   rilevanza   ai fini di cui trattasi. Al riguardo e'
opportuno ricordare   che,   per  effetto dell'articolo 6, comma 2, del citato
d.lgs. n.  466 del 1997, si rendono applicabili le disposizioni antielusive di
cui all'articolo 37-bis del DPR n. 600 del 1973.                              
1.4.2   Riclassificazione degli ammortamenti anticipati                       
D. Per   effetto   del   principio  contabile n. 25 la riclassificazione degli
ammortamenti anticipati   del   passato   quale  rilevanza assume ai fini DIT?
Infatti se   si seguono in maniera letterale le regole DIT si arriverebbe alla
conclusione che   la   Riserva   formata   con la riclassificazione non assume
rilevanza ai  fini dell'agevolazione in quanto non risulta formata da utili di
esercizio. Questa   sarebbe   una   interpretazione basata su una visione solo
formale dell'operazione:   e' ovvio infatti che la "cancellazione" dei passati
ammortamenti contabili  produce maggiori ammortamenti futuri, che deprimeranno
gli utili   civilistici  futuri con effetti negativi ai fini DIT che, nel caso
specifico, si  sono gia' realizzati in passato. In pratica nel nostro caso con
una interpretazione    formale    si    arriverebbe   a dire che quegli stessi
ammortamenti, che  transiteranno nuovamente nel conto economico degli esercizi
futuri, produrranno,   per   la   seconda   volta, una riduzione dell'utile di
esercizio assoggettabile   alla   DIT. Visti gli evidenti effetti penalizzanti
sarebbe opportuno   analizzare la questione dal punto di vista sostanziale per
cui si   potrebbe   arrivare al riconoscimento del beneficio DIT alla parte di
Riserva di   Ammortamenti   Anticipati rappresentativa delle passate riduzioni
dell'utile di   esercizio   che  hanno impedito la fruizione del beneficio. In
sostanza l'applicazione di questo principio dovrebbe consentire di considerare
l'effetto DIT  per quell'importo che sarebbe scaturito se anche negli esercizi
1997 e   1998   si  fosse applicato il criterio raccomandato. Anche l'Assonime
nella Circolare  n. 46 del 1999, seppur in tono dubitativo, si e' espressa nel
senso della   rilevanza   ai   fini   DIT dell'incremento del patrimonio netto
derivante dalla riclassificazione di precedenti ammortamenti anticipati.      
R. L'articolo   1, comma 4, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 466 stabilisce che
rilevano ai  fini della variazione in aumento del capitale investito gli utili
accantonati a riserva, fatta eccezione dell'utile accantonato a riserva di cui
all'articolo 2426,   comma 1, n. 4 del codice civile (cosi' detta riserva da "
equity method ").                                                             
Puo' accadere che l'impresa, in sede di destinazione dell'utile dell'esercizio
deliberi di    accantonare    nell'apposita   riserva la quota di ammortamento
anticipato. In   tal  caso l'impresa procede alla deduzione ai fini fiscali di
tale quota   mediante  una apposita variazione in diminuzione in dichiarazione
dei redditi.                                                                  
Come chiarito   nella  circolare n. 76/E del 6 marzo 1998, al paragrafo 4.2.1,
l'utile in questione rileva ai fini della variazione del capitale ai fini Dit.
Diversamente, nell'ipotesi   in   cui l'ammortamento anticipato sia imputato a
conto economico   riducendo  in tal modo l'utile dell'esercizio, l'impresa non
potra' accantonare    a    riserva   il corrispondente importo con conseguente
penalizzazione ai fini dell'agevolazione.                                     
Cio' comporta   sicuramente   dei problemi nell'ipotesi in cui l'impresa, dopo
aver contabilizzato   a conto economico gli ammortamenti anticipati, modifichi
successivamente il   criterio   d'imputazione  degli stessi, trasferendo nella
riserva per    ammortamenti    anticipati    l'importo    sino a quale momento
accantonato nel fondo ammortamento.                                           
In questo   caso, infatti, i citati ammortamenti, negli anni successivi devono
essere di   nuovo   contabilizzati   a  conto economico, con la conseguenza di
ridurre per   la seconda volta il risultato d'esercizio e incidere in tal modo
negativamente ai fini Dit.                                                    
A riguardo   si ritiene di non poter, tuttavia, accedere alla tesi prospettata
nel quesito.                                                                  
Premesso che   la   metodologia  di rilevazione dell'utile non puo' che essere
quella civilistica,   come  indica l'intero iter legislativo del d.lgs. n. 466
del 1997,   non   e'  individuabile una interpretazione sostanziale che, senza
confliggere con   il  dato testuale, possa essere pacificamente assunta in via
sistematica per tutte le diverse  ipotesi e applicazioni possibili.           
Attribuire natura   di   accantonamento   di utili alle riserve formate con la
riclassificazione dei   pregressi  ammortamenti anticipati provoca distorsioni
ancora maggiori.                                                              
E' infatti   necessario   valutare   contestualmente   gli effetti di una tale
impostazione sia   ai fini della Dit che ai fini delle agevolazioni introdotte
con la legge 13 maggio 1999, n. 133, commi 8-12.                              
Ai fini   Dit,   in   coerenza   con   la struttura del beneficio, si dovrebbe
riconoscere natura   di accantonamento di utili non all'intera riserva, bensi'
alla sola parte di essa riferibile agli ammortamenti anticipati contabilizzati
negli esercizi   successivi  a quello in corso al 30 settembre 1996 e solo nel
caso in   cui,   allora,  non fossero state conseguite perdite, a fronte delle
quali il   soggetto   non   avrebbe  comunque avuto titolo a fruire della Dit.
Peraltro, a diversa conclusione dovrebbe pervenirsi sul piano sostanziale agli
effetti della   legge   13  maggio 1999, n. 133, commi 8-12, nonostante che la
lett. b)   del comma 9 faccia esplicito rinvio all'articolo 1, commi 4 e 5 del
citato d.lgs.   n.  466 del 1997, per la individuazione e determinazione degli
accantonamenti di utili rilevanti in tale ambito.                             
In relazione   alle finalita' e alla struttura di tali ulteriori agevolazioni,
che sono   temporanee   e  rigorosamente circoscritte al periodo di imposta in
corso al   18   maggio   1999   e  al successivo, non avrebbe significato dare
rilevanza alla   sola parte di riserva derivante dalla riclassificazione degli
ammortamenti anticipati effettuati negli esercizi successivi a quello in corso
al settembre 1996.                                                            
E, d'altra   parte,   la   possibilita'  di tenere conto di essa attribuirebbe
ingiustificati vantaggi   ai  soggetti che in passato avevano imputato a conto
economico gli    ammortamenti    anticipati:    vantaggi  immediati e non piu'
compensabili, nel   contesto di una agevolazione temporanea, con gli eventuali
minori utili successivi.                                                      
In definitiva,  la tesi "sostanziale" prospettata non puo' essere condivisa in
quanto, non   essendo  univoca ne' estensibile in via sistematica alle diverse
fattispecie disciplinate   dalla   norma,  e' inidonea ad interpretare in modo
coerente il dato testuale.                                                    
1.4.3   Limite patrimoniale per l'accesso al beneficio DIT                    
D. In relazione alla limitazione del beneficio della super DIT per le societa'
quotate sarebbe   opportuno   specificare  se il limite di 500 miliardi e' una
condizione per l'applicazione del beneficio e quindi interessa solo il periodo
precedente a   quello per cui si applica l'agevolazione ovvero se si tratta di
una verifica che riguarda separatamente ciascuno degli anni agevolati. Qualora
fosse la   seconda  ipotesi quella ritenuta corretta dal Ministero si dovrebbe
anche chiarire se tale limitazione influenza le agevolazioni gia' in corso.   
R. Il decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505 ha, tra l'altro, introdotto
alcune modifiche   all'articolo   6   del decreto legislativo n. 466 del 1997,
stabilendo che   le disposizioni che prevedono l'aliquota IRPEG agevolata al 7
per cento   e  l'aliquota media minima del 20 per cento, non si applicano alle
societa' i   cui   titoli   di partecipazione sono ammessi alle quotazioni nei
mercati regolamentati   aventi   patrimonio  netto superiore a 500 miliardi di
lire, come   risultante   dal   bilancio dell'esercizio precedente a quello di
riferimento, escluso l'utile del medesimo esercizio.                          
Al riguardo,  si precisa che laddove il patrimonio netto alla fine del periodo
d'imposta precedente   dovesse superare l'importo di 500 miliardi di lire, per
il periodo  d'imposta successivo le predette aliquote del 7 e del 20 per cento
non sono   applicabili  e l'intero importo del reddito agevolabile determinato
secondo le  disposizioni di cui al citato decreto legislativo n. 466 del 1997,
e' assoggettato   all'aliquota  IRPEG ridotta al 19 per cento e con il vincolo
dell'aliquota media minima del 27 per cento.                                  
Inoltre, in  coerenza con quanto precisato nella circolare n. 76/E del 6 marzo
1998, paragrafo 10, si fa presente che nell'ipotesi in cui il citato limite di
500 miliardi   di  patrimonio netto dovesse essere superato, anche l'eventuale
riporto di   quote  di reddito agevolato costituite in anni precedenti, ove il
soggetto poteva  fruire dell'aliquota agevolata del 7 per cento, devono essere
utilizzate con l'aliquota del 19 per cento.                                   
Cio' posto   si   ritiene   che  la limitazione ivi prevista, che interviene a
decorrere dal   periodo   d'imposta   in corso alla data del 31 dicembre 1999,
influenza anche   le   agevolazioni   fruibili dalle societa' che si sono gia'
quotate.                                                                      
1.5     Altri quesiti relativi alle imprese                                   
1.5.1   Cessione dell'unica azienda gia' di societa' incorporata: avviamento  
D. Alfa e' incorporata da Beta che imputa il disavanzo di fusione, pari a L.  
2.000 milioni,   alla voce avviamento. Il disavanzo di fusione e' riconosciuto
fiscalmente ai   sensi   del  D.lgs. 358 del 1997. Successivamente Beta cede a
Gamma l'unica   azienda   acquisita per incorporazione, cui e' riconosciuto un
plusvalore di L. 4.500 milioni, senza considerare il valore di avviamento pari
a L.   2.000  milioni. Beta possedeva l'azienda da piu' di tre anni. Si chiede
quale tra   i   tre prospettati risulti il comportamento fiscale da osservare:
 - tra   i   beni   oggetto   di  cessione tra Beta e Gamma si comprende anche
l'avviamento da fusione. La cessione di azienda genera una plusvalenza in capo
a Beta   di   2.500 milioni, assoggettabile all'imposta sostitutiva del 27 per
cento, ai sensi del d.lgs. n. 358 del 1997;                                   
 - l'avviamento   da  fusione non viene ceduto ed e' dedotto fiscalmente in 10
anni e   la     cessione   di   azienda   genera   una plusvalenza di L. 4.500
milioni, assoggettabile  all'imposta sostitutiva del 27 per cento ai sensi del
d.lgs. n. 358 del 1997;                                                       
 - l'avviamento   da    fusione  non viene ceduto ed e' dedotto fiscalmente in
dieci anni,  la   cessione   di   azienda  genera una plusvalenza di 4.500 che
fino a   concorrenza   dell'avviamento     (2.000    milioni    e' soggetta ad
imposizione ordinaria)   IRPEG  37 per cento pagabile in 5 annualita' e per la
differenza L. 2.500 milioni    assoggettabili    all'imposta   sostitutiva del
27 per cento, pagabile in 5 annualita'.                                       
R. Nel   caso  prospettato, si suppone che Beta detenesse in bilancio l'intera
partecipazione in  Alfa per un importo, fiscalmente riconosciuto, di L. 10.000
milioni e   che   il patrimonio netto di Alfa, anche fiscalmente riconosciuto,
fosse pari   a L. 8.000 milioni. Al momento della incorporazione di Alfa, Beta
imputa il   disavanzo  di L. 2.000 milioni alla voce "avviamento", con valenza
anche fiscale nel presupposto che risultino realizzate le condizioni di cui al
2 comma  dell'art. 6 del d.lgs. n. 358 del 1997. Si suppone altresi' che Beta,
dopo avere  incorporato Alfa,  cede a Gamma l'unica azienda (gia' di Alfa) per
un  corrispettivo  di L. 12.500 milioni,   conseguendo  una  plusvalenza di L.
2.500 milioni  rispetto al costo fiscale riconosciuto all'azienda, comprensivo
dell'avviamento iscritto a fronte del disavanzo.                              
L'avviamento, costituendo   una  componente del costo dell'azienda ceduta, non
puo' infatti restare iscritto nel bilancio di Beta.                           
Con questa  precisazione, dunque, la giusta soluzione, tra le tre prospettate,
e' la prima.                                                                  
1.5.2   Appalto per la fornitura di  macchinari "chiavi in mano": esercizio di
competenza                                                                    
D. Nel caso  di contratti  di appalto che prevedono la fornitura di macchinari
"chiavi in mano" e' corretto ritenere:                                        
 - che la competenza dell'appalto  debba essere decisa con riguardo al momento
di ultimazione della prestazione ai sensi dell'art. 75 del TUIR?              
 - che  l'ultimazione  della commessa deve farsi coincidere con l'accettazione
esplicita  della fornitura  da parte  del  fornitore risultando ininfluente la
consegna?                                                                     
 - che  dopo  l'intervento  dell' accettazione  da parte del cliente eventuali
modifiche  o aggiunta al  progetto  originario debbano  dar luogo ad una nuova
pattuizione  con le  parti e  non  possano al  contrario riaprire il contratto
ormai concluso?                                                               
R. L'art.   75,   comma  2, lett. b), del TUIR, dispone, tra l'altro,  che: "i
corrispettivi delle   prestazioni   di servizi si considerano conseguiti, e le
spese di   acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui
le prestazioni sono ultimate …".                                              
Con particolare   riferimento   al contratto di appalto, si fa presente che la
Corte di   Cassazione, con sentenza n. 2928 del 23 novembre 1995, ha affermato
che concorrono   a   formare  il reddito imponibile di un periodo i ricavi per
corrispettivi di  appalti ultimati nel periodo stesso e non anche quelli degli
appalti in   corso   ma  non ultimati, precisando che l'appalto, ai fini della
configurazione del   criterio   di competenza, inteso in senso giuridico, puo'
considerarsi ultimato   solo   a   partire   dal  giorno in cui e' intervenuta
l'accettazione dell'opera da parte del committente, nel quale si perfeziona il
diritto dell'appaltatore  al corrispettivo, ai sensi dell'art. 1665 del codice
civile.                                                                       
Atteso cio',   deve  ritenersi che anche ai fini fiscali trovi applicazione il
criterio teste' enunciato.                                                    
Nell'ipotesi in   cui sia intervenuta l'accettazione dell'opera realizzata con
il contratto   di   appalto,   e  il committente intenda apportare modifiche o
aggiunte al    progetto    originario,    le  nuove pattuizioni intercorse tra
committente ed   appaltatore, determinano l'insorgere di un nuovo contratto di
appalto che,   in   quanto   tale,   sara' assoggettato ad autonoma disciplina
fiscale.                                                                      
1.5.3   Impresa familiare                                                     
D.      E'  possibile  enunciare  la  conduzione   sotto  la  forma di impresa
familiare, mediante una atto formalizzato alla data di inizio dell'attivita' e
con effetto dalla suddetta data, cioe' dall'anno stesso?                      
R.      L'art.   5,   comma   4,  del TUIR prevede che i redditi delle imprese
familiari di   cui all'art. 230-bis del codice civile, limitatamente al 49 per
cento, sono   imputati   a ciascun familiare subordinatamente alla verifica di
determinate condizioni. In particolare, una di queste condizioni prevede che i
familiari dell'impresa   debbano risultare "nominativamente, con l'indicazione
del rapporto  di parentela o di affinita' con l'imprenditore, da atto pubblico
o da scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo d'imposta,
recante la sottoscrizione dell'imprenditore e dei familiari partecipanti".    
Al riguardo, occorre distinguere l'ipotesi in cui l'impresa sia gia' esistente
e successivamente, nel corso dell'anno, venga enunciata la conduzione sotto la
forma di   impresa   familiare,  da quella in cui l'attivita' sia iniziata "ex
novo" nel corso dell'anno sotto forma di impresa familiare.                   
Nella prima   ipotesi  il predetto atto di enunciazione dell'impresa familiare
formalizzato in    data    anteriore    all'inizio dell'attivita' dell'impresa
familiare avra'   effetto fiscale a decorrere dal periodo d'imposta successivo
alla data dell'atto di enunciazione.                                          
Nella seconda     ipotesi,     invece,     deve   ritenersi che, conformemente
all'orientamento espresso dall'Amministrazione finanziaria con circolare n. 40
del 19   dicembre 1976, l'atto di determinazione delle quote di partecipazione
agli utili   puo' produrre effetti fiscali dal periodo stesso a condizione che
esso risulti   posto in essere contestualmente all'inizio dell'attivita' e sia
debitamente registrato    nel    termine    fisso    ordinario stabilito dalle
disposizioni concernenti l'imposta di registro.                               
1.5.4   Rottamazione del magazzino: imposta sostitutiva e crediti d'imposta   
D. L'imposta   sostitutiva   prevista dai commi 9 e seguenti dell'art. 7 della
legge n.   488   del 1999 in tema di rottamazione del magazzino, e' versata in
luogo delle   imposte   dirette e dell'IRAP; si chiede se proprio in virtu' di
tale previsione   la   suddetta imposta debba ritenersi esclusa dall'ammontare
delle imposte   a   fronte  delle quali poter attribuire il credito di imposta
pieno. Si chiede inoltre se la presenza di un meccanismo atto a distinguere la
parte dell'imposta sostitutiva riferibile all'IRAP rispetto a quella versata a
fronte delle   imposte   dirette  non possa permettere di recuperare, in parte
l'ammontare versato   al   fine   di   alimentare le somme destinate a coprire
l'assegnazione di dividendi con crediti di imposta pieni.                     
R. L'articolo 105 del TUIR stabilisce che concorrono a formare l'ammontare  di
cui alla   lett.   a)  del comma 1, (c.d. Canestro "A"), tra l'altro, anche le
imposte applicate   a titolo di imposta sostitutiva. Al riguardo, non puo' che
ritenersi che   l'imposta   sostitutiva   che concorre alla determinazione del
predetto ammontare   sia   solo quella "sostitutiva" dell'IRPEG. Pertanto, nel
caso in   cui   l'imposta   in  esame riguardi non solo l'IRPEG ma anche altre
imposte (ad esempio, sostitutiva anche dell'IRAP, IVA, ecc.) detto importo non
potra' concorrere alla formazione dell'ammontare di cui all'art. 105, comma 1,
lett. a)   del  TUIR  (c.d. canestro "A"). Si fa tuttavia presente che analoga
soluzione e' stata gia' adottata, nella circolare n. 112/E del 21 maggio 1999,
con riferimento  all'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP
prevista per l'assegnazione e cessione agevolata di taluni beni ai soci di cui
all'art. 29   della   legge  23 dicembre 1997, n. 449 e art. 13 della legge 18
febbraio 1999, n. 28.                                                         
1.5.5   Spese di ristrutturazione dei negozi                                  
D. L'art.  14, comma 2 della legge n. 449 del 1997 dispone che "In deroga alle
disposizioni di  cui agli articoli 67, comma 7, e 74 del TUIR, sono deducibili
in quote  costanti nel periodo di imposta di sostenimento e nei due successivi
le spese   di   manutenzione,   riparazione, ammodernamento e ristrutturazione
relative agli   immobili ammortizzabili posseduti o detenuti, ivi compresi gli
impianti elettrici,    idraulici    e    quelli    generici di riscaldamento e
condizionamento, con   esclusione   degli   impianti igienici, nei quali viene
esercitata l'attivita' dai seguenti soggetti..................".              
La disposizione e' prorogata al periodo di imposta in corso al 1 gennaio 2000,
dall'art. 7,    comma    18    della   legge 488/1999, modificando il tempo di
deducibilita' da tre a quattro periodi di imposta.                            
E' da   ritenere   quindi che si abbia una deducibilita' in tre periodi per le
spese sostenute   nel  1998 e 1999 (per semplicita') ed in quattro periodi per
quelle sostenute nel 2000.                                                    
Si chiede   di   conoscere  se tale deducibilita' "abbreviata" rappresenti una
facolta' o un comportamento vincolato.                                        
In concreto,   se le spese in discorso sono contenute nei limiti ordinari (5%)
previsti a   regime   dall'art.  67, comma 7, del TUIR, possono essere dedotte
tutte in un solo esercizio?                                                   
R. Con   l'articolo 14, comma 2, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e' stata
prevista un'agevolazione   a   favore dei soggetti ivi indicati e in relazione
alle spese   di   manutenzione, riparazione, ammodernamento e ristrutturazione
sugli immobili strumentali.                                                   
Tale agevolazione  consiste nell'ammettere, in deroga alle disposizioni di cui
agli articoli   67,  comma 7, e 74 del TUIR, la deducibilita' di tali spese in
quote costanti   nel  periodo di imposta di sostenimento e nei due successivi,
ora estesa,   per   effetto dell'articolo 7, comma 18, della legge 23 dicembre
1999, n.   488, anche alle spese sostenute nell'anno 2000, deducibili in quote
costanti  nel   periodo  d'imposta di sostenimento e nei tre periodi d'imposta
successivi.                                                                   
Trattandosi di    un'agevolazione,    essa   reca solo un beneficio aggiuntivo
rispetto all'ordinario   regime di deducibilita' previsto dall'articolo 67 del
TUIR. Pertanto,   qualora   dette  spese rientrino nei limiti del 5% del costo
complessivo di  tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all'inizio
dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili, che ne consentirebbero la
deducibilita'  in un solo esercizio, a norma dell'articolo 67, comma 7 citato,
deve ritenersi  che sia rimesso alla scelta dell'imprenditore avvalersi o meno
di detta   agevolazione   e, quindi, adottare il regime di deducibilita' a lui
piu' favorevole.                                                              
Per ulteriore   chiarimento si precisa che, ai sensi del comma 4 dell'articolo
14 della   citata   legge   n. 449 del 1997, qualora l'imprenditore si avvalga
dell'agevolazione in  esame, il costo dei beni materiali ammortizzabili su cui
commisurare la   percentuale del 5% rilevante ai sensi dell'articolo 67, comma
7, deve   essere   assunto al netto del costo relativo agli immobili di cui al
comma 2 del medesimo articolo 14.                                             
1.5.6     Recesso del socio                                                   
D. Supponendo che il patrimonio di una societa' sia composto da:              
- capitale e riserve di cui all'articolo 44, comma 1 per 1.000                
- altre riserve per 3.000                                                     
e che   receda  un socio che detiene l'1% del capitale acquistato al prezzo di
10.                                                                           
Il socio riceve, in base alla quotazione di borsa della societa', 50.         
In base all'articolo 44, comma 3, l'utile tassabile in capo al socio e' 40.   
Il comma 3 dispone che il credito d'imposta spetta limitatamente alla parte di
utile proporzionalmente    corrispondente    alle   riserve, diverse da quelle
indicate nell'articolo 44, comma 1, anche se imputate al capitale.            
Nella pratica,   non e' chiaro il significato della norma. Si ritiene che vada
intesa nel  senso che l'utile di 40 beneficia del credito d'imposta nei limiti
della parte    di    riserve    formate    con utili (3.000) proporzionalmente
corrispondenti alla quota posseduta dal socio (1%), cioe' 30.                 
Secondo un'altra   interpretazione, la parte di utile sul quale spetterebbe il
credito d'imposta dovrebbe essere calcolata come segue: 40 x 3.000/5.000= 24. 
Questa interpretazione    e'    pero'    irrazionale   in quanto se il recesso
riguardasse, per   assurdo, tutti i soci, il totale degli utili con diritto al
credito d'imposta   (nell'ipotesi   che   il costo d'acquisto fosse uguale per
tutti) ammonterebbe   solo a 2.400 e quindi non esisterebbe corrispondenza fra
gli utili della societa' assoggettati ad IRPEG e quelli spettanti al socio con
diritto al credito d'imposta.                                                 
R. L'articolo  44, comma 3, del TUIR assoggetta ad imposizione, quale utile di
partecipazione, la   differenza   tra   le  somme o il valore normale dei beni
ricevuti dai   soci e il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione, con
il riconoscimento   del credito di imposta sui dividendi per la parte di utili
corrispondente alle  riserve diverse da quelle di cui al comma 1 dell'articolo
citato.                                                                       
Pertanto, si  ritiene che nell'esempio esposto, il socio beneficia del credito
d'imposta nei    limiti    della    parte  di riserve formate con utili (3000)
proporzionalmente corrispondenti alla quota posseduta (1%) e, quindi, la parte
di utile che beneficia del credito di imposta e' pari a 30.                   
1.5.7   Prelievo  di  acconti  di  utili  da  parte  del  socio  di uno studio
professionale in seguito receduto                                             
D. Un   socio   di  uno Studio professionale e' receduto nel corso del 1999 in
conformita' allo   statuto   associativo. Durante i primi mesi del 1999 e sino
alla data   di   recesso   ha prelevato acconti di utili in relazione ai patti
associativi. E'   corretto  ritenere tali prelievi, relativamente allo Studio,
quali costi  deducibili del 1999 e relativamente all'associato receduto  quali
compensi per    attivita'    professionale    (essendo   iscritto ad un ordine
professionale) da   dichiarare   nel   quadro......  del modello Unico?  Se la
risposta e'   affermativa   nella   dichiarazione  dell'ex socio tali compensi
dovranno considerarsi al lordo delle imposte che andra' a pagare?             
Conseguentemente   nessuna   ritenuta   percepita  dallo  Studio dovra' essere
ripartita in capo al soggetto stesso al termine del periodo d'imposta.        
R. La   problematica prospettata e' stata gia' affrontata nella  nota n. 127/E
del 24   maggio 1995, recepita nelle successive istruzioni per la compilazione
delle dichiarazioni dei redditi.                                              
A norma   dell'articolo   5,   comma  3, lettera c), del TUIR, le associazioni
costituite fra   persone  fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e
professioni sono   equiparate alle societa' semplici, ma l'atto o la scrittura
privata di   cui   al comma 2 dello stesso articolo 5 puo' essere redatto fino
alla presentazione  della dichiarazione dei redditi dell'associazione. Come e'
stato gia' chiarito, la ripartizione del reddito prodotto dall'associazione va
effettuata tra   gli   associati   che   risultano tali al termine del periodo
d'imposta. Tenuto   conto  che gli utili si determinano soltanto alla fine del
periodo d'imposta, i prelievi effettuati nel corso dell'anno non costituiscono
acconti di  utili, ma anticipazioni finanziarie intervenute fra l'associazione
e i   singoli partecipanti, che non hanno rilievo ai fini della determinazione
del reddito   prodotto   dall'associazione,   nel  senso che non costituiscono
componente negativo.                                                          
Di conseguenza,  anche le ritenute devono essere ripartite tra i soci  rimasti
tali alla fine del periodo d'imposta, ai fini del successivo scomputo.        
Va sottolineato,  inoltre,  che le eventuali somme liquidate all'associato nei
cui confronti   si scioglie il rapporto associativo, a titolo di indennita' di
recesso, costituiscono,   invece,   un  componente negativo deducibile ai fini
della determinazione    del    reddito    prodotto dall'associazione e, per il
percipiente, indennita'    da    assoggettare    a tassazione separata a norma
dell'articolo 16, comma 1, lettera l), del TUIR se tra la data di costituzione
dell'associazione e   quella   di   comunicazione  del recesso e' trascorso un
periodo di  tempo superiore ai cinque anni. Le somme vanno indicate nel quadro
RM del    modello    Unico    persone    fisiche.  Qualora tra la costituzione
dell'associazione e la comunicazione del  recesso dell'associato intervenga un
periodo di   tempo  inferiore, le somme percepite devono essere assoggettate a
tassazione ordinaria  e vanno indicate nel quadro RE del modello Unico persone
fisiche.                                                                      
1.5.8   Cessione del credito delle societa' di credito al consumo             
D. Le    societa'    di    credito   al consumo contabilizzano i finanziamenti
comprensivi sia del capitale maturato sia degli interessi che matureranno fino
alla scadenza   del   prestito (esempio: 1000 di capitale + 150 di interessi a
scadere). Gli   interessi   a scadere vengono riscontati alla data di chiusura
dell'esercizio (esempio: Risconti passivi 150).                               
In caso   di   cessione   dei   crediti (cartolarizzazione) si ritiene che sia
corretto stornare i risconti passivi dal valore dei crediti al fine di esporre
in contabilita'   solamente   il   valore capitale residuo del prestito. Detto
valore residuo sara' confrontato con il prezzo di cessione del medesimo per il
calcolo della   plusvalenza  o della minusvalenza di cessione, che concorrera'
alla formazione   del   reddito   imponibile dell'esercizio in cui avverra' la
cartolarizzazione dei crediti medesimi.                                       
R. La   soluzione  prospettata di stornare il risconto passivo per l'ammontare
degli interessi ancora da maturare dal conto acceso al credito appare corretta
se si considera che, secondo la modalita' di contabilizzazione adottata, detti
interessi accedono direttamente al credito.                                   
Il risconto passivo, infatti, non potrebbe restare iscritto nel bilancio della
cedente dopo la cartolarizzazione.                                            
1.5.9   Trattamento delle riserve di rivalutazione monetaria nelle  operazioni
di scissione                                                                  
D. In caso  di scissione, l e riserve di rivalutazione monetaria devono essere
trasferite   alle  beneficiarie in  proporzione ai loro patrimoni netti oppure
devono seguire i beni che hanno formato oggetti di rivalutazione?             
R.  L'art.   123   bis  del TUIR introduce, al comma 9, la regola di carattere
generale per   cui   i fondi in sospensione d'imposta devono essere attribuiti
alle societa'  beneficiarie in proporzione alle rispettive quote di patrimonio
netto contabile trasferite.                                                   
Tuttavia, "se   la   sospensione   dipende  da eventi che riguardano specifici
elementi patrimoniali   della  societa' scissa", il secondo periodo ne prevede
l'attribuzione, per intero, alle beneficiarie che acquisiscono tali elementi. 
Si pone   dunque il problema di interpretare la portata di tale eccezione. Con
la Ris.  Min. n. 5/E del 6 febbraio 1998, la scrivente si pronuncio' in favore
della ripartizione   proporzionale   di un fondo in sospensione costituito, in
base all'art.   55   del   TUIR,   a   fronte di contributi in conto capitale,
affermando un   principio  interpretativo meritevole di ulteriori estensioni e
approfondimenti.                                                              
Fu sottolineato   che,  per l'applicabilita' della deroga prevista dal secondo
periodo del   comma   9,  non doveva assumere "rilievo il momento genetico del
fondo, ma le condizioni cui e' subordinato il regime di sospensione d'imposta,
nel senso  che gli eventi che riguardano specifici elementi patrimoniali della
societa' scissa devono essere tali da influenzare il mantenimento o meno dello
"status" di sospensione d'imposta del fondo medesimo".                        
Cio' che   e'   rilevante   non e' l'originario legame tra il bene e il fondo,
bensi' l'eventuale   regime  di doppia sospensione che dia ad esso continuita'
nel tempo.                                                                    
Nel particolare  caso, la sospensione d'imposta sulle riserve di rivalutazione
monetaria, costituite    a    fronte    dell'emersione   di maggiori valori di
determinati elementi   dell'attivo,  non era legata alle successive vicende di
questi ultimi.                                                                
Essi potevano,   liberamente,   essere ceduti, assegnati ai soci, estromessi o
ammortizzati ai   maggiori   valori senza provocare la correlata imponibilita'
delle riserve stesse.                                                         
La risoluzione   del  regime di sospensione dipendeva unicamente dalle vicende
proprie delle   riserve,   ossia  soltanto dal loro utilizzo per scopi diversi
dalla copertura di perdite.                                                   
Di conseguenza,   si  deve concludere che l'attribuzione alle beneficiarie dei
fondi di rivalutazione monetaria deve avvenire, secondo la regola generale, in
proporzione alle quote di patrimonio netto contabile.                         
Si rendera',   viceversa,   applicabile   il  diverso regime di cui al secondo
periodo del comma 9 solo quando la sospensione d'imposta sui fondi sia legata,
oltre che alle vicende ad essi proprie, anche a quelle degli elementi a fronte
dei quali si erano in origine costituiti.                                     
E' il   caso   degli accantonamenti a riserva dei contributi in natura o delle
riserve emerse in conseguenza dei conferimenti agevolati.                     
Il previgente comma 3 lett. b) dell'art. 55 diversificava infatti il regime di
sospensione dei fondi d'accantonamento, in relazione alla circostanza che essi
si fossero costituiti a seguito di contributi in denaro o in natura.          
Nel primo   caso, il fondo veniva assoggettato a tassazione solo a seguito del
suo utilizzo   per   scopi non conformi; mentre, nell'ipotesi di contributi in
natura, la   norma   stabiliva  altresi' un preciso legame con i relativi beni
allocati nell'attivo.                                                         
La tassazione  del fondo veniva cioe' a dipendere anche da particolari vicende
dei beni   oggetto   di   contributo che non dovevano essere destinati all'uso
personale o familiare dell'imprenditore o assegnati ai soci.                  
Pertanto, i    fondi    derivanti    da accantonamenti di contributi in natura
dovranno, a   seguito   della   scissione,  seguire i relativi beni, se ancora
esistenti nel bilancio della scissa.                                          
Del pari,  nei conferimenti agevolati (L. n. 576 del 1975, L. n. 904 del 1977,
L. n.  742 del 1986...), la sospensione sui maggiori valori attribuiti in sede
di conferimento   permane    sia   nell'attivo, con riguardo alle azioni della
conferitaria il   cui valore fiscalmente riconosciuto resta inferiore a quello
di iscrizione    in    bilancio,    sia  nel passivo, nell'apposita riserva da
conferimento.                                                                 
E, tra  la sospensione nell'attivo e quella nel passivo sussiste una reciproca
interrelazione, nel   senso   che e' destinata a risolversi non solo per fatti
propri della   riserva,   ma   anche   per effetto di operazioni di realizzo o
assegnazione delle partecipazioni iscritte nell'attivo.                       
E' questo  il motivo per cui tali riserve devono essere interamente trasferite
alle beneficiarie cui sono attribuiti i correlati elementi attivi.            
Anche in    tali    ipotesi,    tuttavia,  deve essere verificata la effettiva
persistenza  al   momento della scissione dell'originario legame connesso alla
doppia sospensione nell'attivo e nel passivo.                                 
Legame, che   sarebbe,   ad   esempio, venuto meno a seguito della intervenuta
incorporazione della conferitaria da parte della conferente ai sensi del dl 41
del 1995.                                                                     
La sospensione   d'imposta   sui  fondi iscritti o ricostituiti nel passivo ai
sensi del   comma   8  dell'art. 22 del citato dl n. 41 non dipende piu' dalle
vicende dei   beni   della   incorporata  che, nel bilancio dell'incorporante,
sostituirono le   partecipazioni annullate. La norma, infatti, attribui' pieno
riconoscimento, anche fiscale, all'intero plusvalore, prima sospeso, che dalle
originarie partecipazioni  si trasferi' sui beni dell'incorporata, liberamente
ammortizzabili o realizzabili.                                                
Di conseguenza,    anche  in tal caso, la attribuzione dei relativi fondi alle
beneficiarie seguira'   la   regola generale di proporzionalita'  prevista dal
primo periodo del ripetuto comma 9 dell'art. 123 bis.                         
2       IRAP                                                                  
2.1     Quesiti vari sull'IRAP                                                
2.1.1   Rilevanza  ai  fini  IRAP  dei  beni  destinati  a  finalita' estranee
all'impresa                                                                   
D. Il   comma 2 del nuovo articolo 11-bis del d.lgs. n. 446 del 1997  attrae a
tassazione ai   fini   IRAP  anche le plusvalenze derivanti dall'autoconsumo o
dalla destinazione  a finalita' estranee all'impresa di beni diversi da quelli
che generano   ricavi.  Tuttavia il comma 3 dell'articolo 11 prevede che siano
rilevanti ai   fini IRAP le plusvalenze generate da cessione di azienda o rami
aziendali. In   tal  modo, poiche' le norma sull'autoconsumo e la destinazione
estranea all'impresa non delimita la rilevanza ai beni strumentali fiscalmente
ammortizzati, uno   stesso  bene rileva o meno ai fini del tributo regionale a
seconda che venga ceduto a titolo oneroso o che sia soggetto ad autoconsumo.  
R. L'art. 11-bis, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997, introdotto dal d.lgs.  
n. 506 del 1999, prevede che ai componenti positivi e negativi di cui al comma
1 dello stesso art. 11-bis vanno aggiunti i ricavi di cui all'art. 53, comma 2
e le   plusvalenze di cui all'art. 54, comma 1, lett. d) del Testo Unico delle
Imposte sui    Redditi,    approvato    con   D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917,
riguardanti i  beni relativi all'impresa, diversi da quelli indicati nel comma
1 dell'art. 53, destinati al consumo personale o familiare  dell'imprenditore,
assegnati ai soci o destinati a finalita' estranee all'esercizio dell'impresa.
Relativamente alle ipotesi previste dal citato art. 54, comma 1, lett. d), del
TUIR, deve ritenersi che, sulla base di una interpretazione logico-sistematica
della norma,   conforme   alla  ratio della disciplina IRAP, dette plusvalenze
assumano rilevanza    ai    fini    della  predetta imposta regionale solo con
riferimento ai beni strumentali fiscalmente ammortizzabili.                   
2.1.2   IRAP: acconto 1999                                                    
D. E' corretta l'interpretazione secondo la quale la norma contenuta nel comma
18 dell'articolo   6,  della legge n. 488/99, in ordine alla irrilevanza delle
nuove aliquote IRAP ai fini dell'acconto per il periodo imposta in corso al 31
dicembre 1999,  ha l'unico significato di rendere inapplicabili le sanzioni ai
soggetti che   per   tale periodo hanno calcolato l'acconto adottando aliquote
d'imposta inferiori a quelle attualmente in vigore?                           
R. Nel  comma 18 dell'articolo 6 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 e' stato
precisato che le "Le disposizioni del comma 17 non hanno effetto ai fini della
determinazione dell'imposta   da   versare   a titolo d'acconto per il periodo
d'imposta in corso al 31 dicembre 1999".                                      
Cio' significa, quindi, che il contribuente poteva calcolare l'acconto IRAP da
versare per  l'anno 1999 applicando le aliquote vigenti nel 1999, rinviando la
regolazione degli   effetti finanziari derivanti dall'introduzione con effetto
retroattivo delle nuove aliquote, al versamento del saldo dovuto per lo stesso
anno.                                                                         
2.1.3   IRAP/acquisto da terzi di beni e servizi                              
D. Le   somme   erogate   a terzi per l'acquisto di beni e servizi destinati a
categorie di   dipendenti sono deducibili ai fini dell'imposta regionale, come
ad esempio le tute che vengono di regola utilizzate dai soli operai? (articolo
11)                                                                           
R.  L'articolo   11   del   d.lgs.   15 dicembre 1997, n. 446, come sostituito
dall'articolo 1, lett. h) del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 506, stabilisce, nel
comma 2,   il  principio per cui rientrano tra i costi ammessi in deduzione le
somme erogate   a   terzi  per l'acquisizione di beni e servizi destinati alla
generalita' dei   dipendenti   e   dei   collaboratori, oltre quelle erogate a
dipendenti e   collaboratori  medesimi a titolo di rimborso analitico di spese
sostenute nel compimento delle loro mansioni lavorative.                      
La relazione   al   decreto   correttivo   afferma  che "tra i costi di lavoro
indeducibili agli   effetti dell'IRAP non vanno considerate le spese sostenute
dal datore di lavoro, quale ne sia la classificazione nel conto economico, per
l'acquisizione di   beni e servizi destinati alla generalita' dei dipendenti e
collaboratori e  quelle erogate ai dipendenti e collaboratori medesimi (quali,
ad esempio,   l'acquisto   di   tute da lavoro), ne' quelle corrisposte a tali
soggetti a   titolo   di   rimborso  documentato delle spese da essi sostenute
nell'espletamento dell'attivita' lavorativa a fronte di prestazioni di servizi
o cessioni   di  beni ricevuti da terzi, quali ad esempio le spese di viaggio,
alloggio e vitto".                                                            
La norma, pertanto, individua due diverse fattispecie: in primo luogo  prevede
le erogazioni   a   terzi   per   l'acquisto  di beni e servizi destinati alla
generalita' dei  dipendenti e dei collaboratori. Al riguardo, si ribadisce che
l'espressione "beni   e   servizi   destinati alla generalita' di dipendenti e
collaboratori" deve    intendersi    nel    senso che essi devono poter essere
astrattamente fruibili     da     tutti     i     dipendenti  e collaboratori,
indipendentemente dal fatto che alcuni di essi non se ne avvalgano.           
Inoltre, la   norma  prevede la deducibilita' ai fini IRAP delle erogazioni ai
dipendenti e   collaboratori a titolo di rimborso analitico di spese sostenute
nel compimento delle loro mansioni lavorative, tra cui si devono comprendere i
costi eventualmente   sostenuti  dal dipendente per l'acquisto, ad esempio, di
tute da utilizzare per l'espletamento della propria attivita'.                
Tali costi,    infatti,    se   sostenuti direttamente dall'imprenditore, sono
comunque deducibili   in   quanto non si configurano come "erogazioni", bensi'
come costi inerenti l'attivita'.                                              
2.1.4   IRAP/ transfer pricing                                                
D. La   disposizione   (articolo  11 bis), che dispone la rilevanza del valore
normale in  caso di "transfer pricing", ha valore innovativo o interpretativo?
Inoltre viene    confermato    il    principio  gia' contenuto nella circolare
ministeriale n. 141/98  secondo il quale  qualora il valore normale risultasse
inferiore al   corrispettivo   delle operazione, esso e' comunque rilevante ai
fini IRAP?                                                                    
R. L'articolo  11-bis, introdotto con il decreto legislativo 23 dicembre 1999,
n. 506,   detta le regole per la corretta determinazione delle poste del conto
economico che rilevano ai fini IRAP.                                          
In particolare,   mentre al comma 1 stabilisce in modo piu' puntuale le regole
per operare le variazioni fiscali delle poste del conto economico che rilevano
ai fini del valore della produzione in conformita' ai criteri stabiliti per le
imposte sui   redditi,   al   comma 2, prevede la rilevanza ai fini della base
imponibile dell'IRAP, anche di altre componenti del reddito quali i ricavi, le
plusvalenze e  gli altri componenti positivi di cui agli articoli 53, comma 2,
54, comma 1, lettera d) e, 76, comma 5, del TUIR.                             
La norma    in    esame    presenta   dunque una natura sia interpretativa che
innovativa. Nello specifico e' innovativa per cio' che concerne la prima parte
del comma   2,  perche' prevede l'assoggettamento a tassazione ai fini IRAP di
componenti positive   che  prima ne erano escluse, ricavi e plusvalenze di cui
agli articoli 53, comma 2, e, 54, comma 1, lett. d). Tale innovazione riguarda
com'e' noto    i    beni    assegnati  ai soci, destinati a finalita' estranee
all'esercizio dell'impresa     o     al     consumo     personale  o familiare
dell'imprenditore, relativamente   ai quali la circolare n. 141/E del 4 giugno
1998, precisava che i costi di tali beni non assumevano rilevanza ai fini IRAP
e pertanto erano costi indeducibili dalla base imponibile.                    
Poiche' per  effetto della disposizione di cui al comma 2, la situazione si e'
modificata, in   quanto   e'  stato previsto l'assoggettamento a tassazione di
componenti positive prima escluse, ossia i ricavi e le plusvalenze determinati
in base al valore normale dei beni assegnati o destinati a finalita' estranee,
si ritiene,   conseguentemente,   che  ai fini della determinazione della base
imponibile IRAP saranno invece deducibili i relativi costi.                   
In proposito   si precisa tuttavia che limitatamente all'articolo 54, comma 1,
lett. d),   ai fini IRAP rilevano unicamente le plusvalenze imputabili ai beni
strumentali.                                                                  
Con riferimento   alle   operazioni   di  transfer pricing, si fa presente che
l'articolo in commento ha valore interpretativo. Nel particolare caso si e' in
presenza di   operazioni   commerciali intercorse con consociate non residenti
che, avendo   una  evidenza nel conto economico, dovevano - anche ai sensi del
previgente articolo   11   -  essere assunte ai fini IRAP secondo i criteri di
determinazione previsti  per le imposte dirette dall'articolo 76, comma 5, del
TUIR. Ad   ulteriore  chiarimento di quanto previsto con la circolare n. 141/E
del 4   giugno  1998, si precisa che dovra' essere apportata una variazione in
aumento ogni   volta   in   cui il corrispettivo dei beni ceduti e dei servizi
forniti sia  inferiore al valore normale, oppure quest'ultimo sia inferiore al
costo di acquisizione di beni e servizi. L'opposta ipotesi, invece, non potra'
legittimare variazioni in diminuzione ai fini IRAP. Cio' in quanto, in base al
comma 5   del citato articolo 76, il minor valore (valore normale inferiore al
corrispettivo o   superiore   al costo) rileva, come diritto al rimborso, solo
dopo che  siano state instaurate e quindi definite, in senso favorevole per il
contribuente, le     procedure     amichevoli     previste   dalle Convenzioni
internazionali contro   le doppie imposizioni sui redditi. Il predetto comma 5
stabilisce, infatti,  che i componenti del reddito derivanti da operazioni con
societa' non   residenti   nel territorio dello Stato sono valutati in base al
valore normale "se deriva aumento del reddito".                               
Nell'opposta ipotesi,  il criterio di determinazione dell'imponibile rimane il
corrispettivo, o il costo. Rettifiche in diminuzione sono ammesse soltanto "in
esecuzione" di    una    formale   "procedura amichevole", come previsto dalle
Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni e, nel caso specifico,
comporteranno il   riconoscimento   di   un  diritto al rimborso posto che non
rileva, ai fini IRAP, il riconoscimento di una maggiore perdita.              
E' un rimedio contro le doppie imposizioni esperibile quando l'Amministrazione
finanziaria di uno Stato abbia rettificato in aumento il reddito di un'impresa
residente per   inadeguatezza   dei   prezzi di trasferimento delle operazioni
intercorse con   altra   societa'  residente nell'altro Stato, al quale potra'
essere richiesto   il riconoscimento di una parallela rettifica in diminuzione
del reddito dichiarato in quel periodo d'imposta dalla consociata.            
2.1.5   IRAP Enti pubblici                                                    
D. Nel   distacco   di personale fra enti pubblici, qualora l'ente distaccante
eroghi lo   stipendio al personale distaccato e riceva quindi  il rimborso, in
quale momento   il   soggetto  distaccatario (soggetto passivo) deve applicare
l'imposta regionale.                                                          
R. Per   effetto   dell'articolo   11,   comma 2, terzo periodo, del d.lgs. 15
dicembre 1997,   n.   446,  e successive modificazioni, in caso di distacco di
personale, i  relativi oneri concorrono a formare la base imponibile dell'IRAP
del soggetto che impiega il personale distaccato.                             
Tenendo presente, in via generale, che ai fini della determinazione della base
imponibile dell'IRAP   da   parte   delle  Amministrazioni pubbliche rileva il
momento dell'erogazione    delle    retribuzioni   (principio di cassa), deve,
conseguentemente, ritenersi che, nel caso di specie, assume rilievo il momento
in cui il soggetto distaccatario eroga il rimborso degli oneri.               
3       IVA                                                                   
3.1     Adempimenti                                                           
3.1.1   Apertura  di cantieri: obbligo di denuncia  ex art.  35 del DPR n. 633
del 1972                                                                      
D. Una   societa'   stipula   contratti   per  la fornitura di grandi impianti
industriali. La  realizzazione degli stessi costringe l'appaltatore a compiere
attivita', che   possono protrarsi per alcuni mesi (da tre a nove mesi circa),
direttamente nel cantiere aperto presso il domicilio (italiano o comunitario o
extracomunitario) del cliente.                                                
Sussistono obblighi  di denuncia ai sensi dell'art. 35 del DPR n. 633del 1972?
R. Si    ritiene    che,    nella fattispecie prospettata, il contribuente sia
obbligato a    presentare    la    dichiarazione  di variazione per comunicare
all'Ufficio il   luogo   in   cui  viene ad essere svolta l'attivita' connessa
all'appalto.                                                                  
Al riguardo   si   ricorda   che   la  Commissione Tributaria Centrale, con la
decisione 10   luglio - 1 ottobre 1986, 7353, si e' gia' espressa in tal senso
chiarendo che    l'apertura    di    un  cantiere edile, di rilevante durata e
consistenza, non   puo'  ritenersi esclusa dall'obbligo di comunicazione della
variazione previsto   dall'art.  35 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, in quanto
detto adempimento,    "di    notevole    natura    sostanziale, e' finalizzato
all'esercizio del  controllo sull'attivita' dell'impresa da parte dell'Ufficio
IVA".                                                                         
3.1.2   Trasmissione delle fatture con sistemi informatici                    
D. Un   operatore   che  commercializza beni e servizi in via elettronica puo'
trasmettere il   contenuto  delle fatture o delle altre certificazioni fiscali
tramite sistemi   informatici   che   consentano  la materializzazione di dati
sostanzialmente identici presso l'emittente ed il destinatario in linea con la
prassi amministrativa manifestata in precedenza?                              
R. Alla   luce   della  vigente normativa appare possibile trasmettere, in via
elettronica, tramite   sistemi  informatici, soltanto la fattura relativa alle
operazioni effettuate,   purche'   questa contenga tutti gli elementi per essa
tassativamente prescritti dall'articolo 21 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.   
Non e'    possibile    la    trasmissione  in via elettronica, tramite sistemi
informatici di    scontrini    o    di  ricevute fiscali stante le particolari
caratteristiche previste    dalla    specifica   normativa che disciplina tali
documenti fiscali.                                                            
La ricevuta    fiscale    deve    essere, infatti, predisposta con numerazione
progressiva per   documento,   anche  con l'adozione di prefissi alfabetici di
serie, dalle   tipografie   autorizzate   ai sensi del decreto ministeriale 29
novembre 1978.                                                                
Lo scontrino  fiscale e' rilasciato mediante l'uso di speciali registratori di
cassa soggetti    a    specifica    autorizzazione e muniti di memorie fiscali
immodificabili.                                                               
3.1.3   Aziende cedenti oro e valute estere                                   
D. Dopo  le modifiche apportate dalla legge 7 del 2000 alle cessioni di valuta
eseguite nei   confronti   delle   banche, cosa cambia in ordine agli obblighi
contabili posti a carico delle aziende cedenti?                               
R. L'articolo   3,  comma 1, della legge 17 febbraio 2000, n. 7, ha modificato
l'articolo 4, comma 5, del DPR n. 633 del 1972, eliminando il riferimento alle
"banche agenti",  per cui la natura non commerciale delle operazioni afferenti
l'oro e   le   valute   estere e' individuata esclusivamente per le operazioni
effettuate dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio italiano dei cambi.            
Conseguentemente le   operazioni   attive   svolte  dalle banche agenti devono
sottostare agli   obblighi formali e contabili, previsti dal titolo II del DPR
n. 633 del 1972, ivi compresa la possibilita' di ricorrere alla dispensa dagli
adempimenti contabili   prevista  dall'articolo 36-bis del citato decreto, dal
momento che   i   detti   soggetti   operano a tutti gli effetti come soggetti
d'imposta.                                                                    
Inoltre, occorre  tener presente che, anche ai fini della determinazione della
base imponibile nelle operazioni relative a valute estere, di cui al numero 3)
dell'articolo 10   del   DPR n. 633 del 1972, il comma 2 del citato articolo 3
della legge n. 7 del 2000, ha precisato che le medesime sono da considerare in
ogni caso "prestazioni di servizio".                                          
3.1.4   IVA/Plafond                                                           
(vedi par. 8.2.3)                                                             
D. Con   la   nota  n. 391186 del 10 marzo 1999 emanata del Dipartimento delle
Entrate, Direzione   Centrale Accertamento e Programmazione, e' stato ritenuto
legittimo il   comportamento   di   un contribuente, esportatore abituale, che
regolarizza in    modo    seguente    l'utilizzo   del plafond oltre il limite
consentito:                                                                   
 - emissione dell'autofattura                                                 
 - versamento con  il  modello  F23 dell'imposta  che  avrebbe  dovuto  essere
addebitata, degli interessi e delle relative sanzioni ridotte;                
 - annotazione dell'autofattura nel registro degli acquisti;                  
 - presentazione  dell' autofattura   all' Ufficio   IVA  o  delle  Entrate di
competenza  secondo le disposizione dell'art. 6, comma 8 del d.lgs. n. 471 del
1997.                                                                         
Si chiede:                                                                    
Il versamento dell'imposta e degli interessi deve avvenire con il modello F23,
o puo' essere eseguito con il modello F24,  considerato che il  d.m. 11 giugno
1998 dispone   che all'art. 1, comma 3 che "in caso di ravvedimento operoso ai
sensi dell'art.   13   del   d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472 … il pagamento del
tributo, quando  dovuto, e dei relativi interessi … e' eseguito utilizzando la
specifica modulistica  prevista per il versamento diretto del tributo stesso"?
Esistono metodi   alternativi   per  regolarizzare lo "splafonamento" come, ad
esempio:                                                                      
A)      contabilizzarlo nella liquidazione periodica e indicarlo nel rigo  VP8
colonna 1 della dichiarazione mensile o trimestrale, aumentato degli interessi
dovuti;                                                                       
B)      interessare il fornitore o prestatore, utilizzando cosi' la  procedura
di cui all'art. 26 del DPR 633/72, fermo restando l'obbligo di pagamento degli
interessi e delle sanzioni ridotte a carico dell'esportatore?                 
3.1.5   Regime dei produttori agricoli con volume d'affari non superiore a 40 
milioni                                                                       
D. I produttori agricoli con volume d'affari non superiore a lire 40  milioni,
costituito per   piu'   di  un terzo da operazioni non agricole, rientrano nel
regime speciale,   ma con obbligo di effettuare le liquidazioni trimestrali, o
invece al   contrario   passano   al  regime ordinario? (articolo 34, comma 3)
R. Il comma 3 dell'articolo 34 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce che
il regime   speciale   si  applica ai produttori agricoli che nell'anno solare
precedente hanno   realizzato   un   volume  d'affari non superiore a quaranta
milioni senza niente disporre in merito alla sua composizione. E' da ritenere,
quindi, che   anche   i   produttori  agricoli con volume d'affari inferiore a
quaranta milioni,   anche   se   costituito   per piu' di un terzo da cessioni
occasionali di prodotti non agricoli, rientrino nel regime speciale.          
Tali soggetti,   tuttavia,    non   possono  usufruire del regime semplificato
previsto dal   comma   6   del citato articolo 34. Essi sono tenuti, pertanto,
all'osservanza di tutti gli adempimenti richiesti dal titolo II del DPR n. 633
del 1972,   compresi la liquidazione ed i versamenti trimestrali dell'imposta,
ove ne ricorrano le condizioni.                                               
3.1.6   Attivita' agricola in regime di esonero                               
D. Nel   caso  di esercizio di piu' attivita' di cui una agricola in regime di
esonero, sussiste ancora l'obbligo di inserire nella dichiarazione annuale IVA
il modulo relativo alla attivita' agricola in bianco, indicando il solo codice
di attivita'?                                                                 
R. Si   ritiene che non sussista l'obbligo di inserire nella dichiarazione IVA
annuale il   modulo   relativo all'attivita' agricola in bianco in quanto tale
attivita' viene   svolta   in regime di esonero con conseguente dispensa degli
adempimenti.                                                                  
L'articolo 34, comma 6, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, prevede, infatti, che
i produttori   agricoli   che  nell'anno solare precedente hanno realizzato un
volume di   affari   non   superiore  a cinque milioni di lire ovvero quindici
milioni se  esercitano la loro attivita' esclusivamente nei comuni montani con
meno di   mille abitanti e nei centri abitati con meno di cinquecento abitanti
ricompresi negli   altri   comuni montani individuati dalle rispettive regioni
come previsto   dall'articolo   16   della  legge 31 gennaio 1994, n. 97, sono
esonerati dal   versamento  dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e
contabili, compresa la dichiarazione annuale.                                 
3.2     Detraibilita'                                                         
3.2.1   Divieto di detrazione IVA per i materiali di recupero                 
D. E'   corretto   ritenere   che divieto di detrazione previsto nell'art. 74,
undicesimo comma,   del   DPR n. 633 del 1972 per il commercio di materiali di
recupero sia   limitato, tanto per i rivenditori con sede fissa che per quelli
itineranti, all'IVA  relativa agli acquisti dei materiali in questione ed alle
eventuali operazioni   ad   essi   accessorie  (es: autocarro, spese generali)
osservando, naturalmente i conseguenti adempimenti?                           
R. Si   deve   ritenere  che il divieto di detrazione previsto dall'undicesimo
comma dell'art.   74   sia   riferibile   a  tutti gli acquisti effettuati dai
raccoglitori e dai rivenditori per i quali esso e' stabilito. Questi soggetti,
pertanto, siano o meno dotati di sede fissa, non possono detrarre l'IVA pagata
in relazione   alle spese generali, a meno che queste non siano inerenti anche
ad altre   attivita'   per le quali non e' prevista tale limitazione, nel qual
caso la   detrazione   e'  ammessa nei limiti e alle condizioni previsti dagli
articoli 19 e seguenti del DPR n. 633 del 1972.                               
3.2.2   Detrazione IVA per operazioni di cui all'art. 74, comma 1, del DPR  n.
633 del 1972                                                                  
D. Nella    categoria    delle    operazioni  che conferiscono il diritto alla
detrazione dell'IVA   sugli  acquisti ai sensi dell'art. 19 del DPR n. 633 del
1972, sono   comprese   anche   le  operazioni non soggette all'imposta di cui
all'art. 74,   primo  comma, stesso decreto. Di tali operazioni, ancorche' non
soggette a   registrazione e dichiarazione ai fini IVA, deve pertanto, tenersi
conto nella determinazione della percentuale di detraibilita'  di cui all'art.
19-bis. Cio'    premesso,    si    chiede    di sapere se ai  predetti fini il
contribuente debba   assumere l'ammontare dei corrispettivi  oppure un diverso
importo, in  considerazione della particolarita' dell'operazione di specie (ad
esempio, l'aggio   per la rivendita dei generi di monopolio; il margine per la
rivendita di   prodotti  editoriali.) Nella seconda ipotesi si chiede di voler
indicare quale   sia  l'importo da assumere per ciascuna delle categorie delle
operazioni indicate   nel   primo  comma dell'art. 74, inclusa la rivendita di
schede telefoniche,   in relazione alla quale si desidererebbe conoscere anche
il criterio di contabilizzazione agli effetti delle imposte sui redditi (aggio
oppure costi/ricavi).                                                         
R. Le   operazioni   di cui all'art. 74, primo comma, del DPR n. 633 del 1972,
assoggettate al   regime   IVA   monofase   (commercio di generi di monopolio,
commercio di tabacchi, commercio di schede telefoniche, commercio di giornali,
ecc.) non  limitano il diritto alla detrazione dell'imposta anche  se esse non
sono soggette agli obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione.   
Pertanto, in    presenza    di    effettuazione anche di operazioni esenti non
occasionali, il   rivenditore  dei suddetti beni dovra' operare il calcolo del
pro-rata di   detraibilita'   di   cui all'art. 19-bis del DPR n. 633 del 1972
computando le suddette operazioni tra quelle che danno diritto alla detrazione
dell'imposta in  base ai dati risultanti dalla propria contabilita' aziendale,
anche se  tali dati non verranno poi evidenziati nella dichiarazione IVA.     
Le suddette   operazioni   ai   fini   del  calcolo del pro-rata devono essere
computate in base al corrispettivo che, sulla base degli accordi contrattuali,
e' dovuto  al rivenditore. A seconda dei casi questo puo' essere costituito da
un aggio   sulle  vendite, ovvero dall'intero prezzo di rivendita praticato al
pubblico.                                                                     
Ai fini   delle   imposte  dirette, le operazioni di rivendita dei prodotti in
questione vanno   contabilizzate   a   costi   e ricavi. Assume quindi rilievo
l'intero corrispettivo della rivendita e non l'aggio.                         
3.2.3   IVA/Servizi fognatura e depurazione                                   
D. I   soggetti   che erogano servizi di fognatura e di depurazione, che dal 1
gennaio 1999   hanno   applicato   l'aliquota  IVA del 10% sui canoni riscossi
passando da   un "regime" di "attivita' non rilevante" agli effetti IVA ad uno
di imponibilita',    possono    procedere    alla  rettifica di cui al comma 3
dell'articolo 19   bis2, per i beni e servizi acquistati nel 1998 e non ancora
ceduti o non ancora utilizzati al 1 gennaio 1999?                             
R. Il   comma   3  dell'articolo 19-bis2, al quale viene fatto riferimento nel
quesito, concerne   le   rettifiche da apportare alle detrazioni d'imposta, in
relazione ai   beni   ed ai servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati,
qualora eventi di carattere generale, quali ad esempio il mutamento del regime
fiscale applicabile   alle   operazioni   poste in essere dall'assoggettato  o
l'adozione di   un   regime speciale, comportino  mutamenti nella misura della
detrazione spettante.   La   norma   non  attiene agli aspetti sostanziali del
diritto alla   detrazione, il quale resta disciplinato, sotto il profilo della
genesi e    della    spettanza,    dall'articolo  19, bensi', come detto, alla
determinazione della misura entro cui tale diritto e' esercitabile, al fine di
adeguarlo al   nuovo   e  mutato utilizzo dei beni e dei servizi. La rettifica
della detrazione presuppone, pertanto, la titolarita' del  diritto.           
Tale principio   viene    chiaramente affermato dalla Corte di Giustizia nella
sentenza n.   C-97/90   nella quale si stabilisce che le norme sulla rettifica
dell'imposta versata a monte, definite dall'articolo 20 della VI direttiva CEE
(recepito dall'articolo  19-bis 2 del DPR n. 633) non fanno nascere un diritto
alla detrazione,   ne' trasformano l'imposta pagata da un soggetto passivo, in
relazione a sue operazioni non imponibili,  in un'imposta deducibile.         
Ai sensi   del   citato   articolo  19 del DPR n. 633 del 1972 il diritto alla
detrazione e'   riconosciuto    al soggetto passivo d'imposta  in relazione ai
beni ed   ai   servizi acquistati o importati nell'esercizio d'impresa, arte o
professione.                                                                  
L'ente locale che ha esercitato il servizi di fognatura e depurazione in veste
istituzionale, e   quindi   al   di   fuori del sistema IVA, non ha operato la
detrazione dell'imposta    che   gli e' stata addebitata in via di rivalsa, in
quanto non   risultava   titolare di tale diritto  per carenza del presupposto
soggettivo d'imposta.                                                         
Conseguentemente in   relazione a tale attivita', che da "esclusa dal campo di
applicazione dell'IVA"  e' diventata "rilevante agli effetti dell'applicazione
del tributo"    non  puo' essere effettuata la rettifica, in quanto l'istituto
della rettifica   presuppone   che   l'acquisto   di  beni e servizi sia stato
effettuato, fin   dall'origine,   nell'ambito  di un'attivita'  rientrante nel
sistema impositivo dell'IVA.                                                  
3.3     Altri quesiti in materia di IVA                                       
3.3.1   Aliquota IVA per le prestazioni di assistenza domiciliare             
D. Ai   fini  dell'applicazione dell'aliquota IVA ridotta del 10%, prevista in
via transitoria   dall'articolo 7, comma 1, lettera a), della legge n. 488 del
1999, le   prestazioni  di assistenza privata rese ad ammalati temporaneamente
ricoverati presso  ospedali o case di cura possono considerarsi prestazioni di
assistenza domiciliare?                                                       
R. Le   prestazioni   di   assistenza privata rese ad ammalati temporaneamente
ricoverati presso ospedali o case di cura non possono considerarsi prestazioni
di assistenza domiciliare, ai fini dell'applicazione dell'aliquota ridotta del
10% prevista   dalla   legge   n.   488/1999, non essendo effettuate presso il
domicilio dell'ammalato.                                                      
3.3.2   IVA/Cessione del credito                                              
D. Una   societa',   che   vantava  un credito commerciale nei confronti di un
fallimento, ha ceduto pro-soluto tale credito, comprensivo di ogni e qualsiasi
diritto accessorio,  ad una societa' terza.                                   
Poiche' a   seguito   della  chiusura del fallimento il credito incassabile da
parte della   cessionaria   si e' ridotto al 30% del suo valore, tale societa'
vorrebbe emettere   nota   credito nei confronti del fallimento per recuperare
l'IVA sulla   parte di credito non incassato (art. 26 comma 2,  DPR n. 633 del
1972).                                                                        
Si chiede:                                                                    
 - se   e'   possibile   per la societa' cessionaria emettere la nota credito,
tenuto conto che con la cessione si trasmettono anche tutti i diritti connessi
al credito   ceduto (anche indicando in una lettera accessoria o semplicemente
sulla base   del   contratto di cessione la possibilita' per il cessionario di
effettuare le  variazioni previste dall'art. 26 DPR n. 633 del 1972 in caso di
incasso inferiore);                                                           
 - se   invece   non e' possibile per la societa' cessionaria emettere la nota
credito, in   considerazione   del  fatto che il tenore letterale dell'art. 26
sembra legittimare   il   solo   cedente   del  bene o prestatore del servizio
all'emissione della nota di variazione.                                       
R. L'articolo   26  del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, legittima solo il cedente
del bene   o   il   prestatore   del   servizio ad effettuare la variazione in
diminuzione. Di    conseguenza    la   variazione sara' operata dalla societa'
cedente, che   ha   posto   in essere l'operazione economica rilevante ai fini
dell'IVA.                                                                     
4       ONERI                                                                 
4.1     Interventi di recupero del patrimonio edilizio                        
4.1.1   Comunicazione di inizio lavori                                        
D. Con   riferimento   alle   disposizioni   procedurali in base alle quali e'
possibile usufruire   della detrazione IRPEF di cui all'articolo 1 della legge
n. 449   del 1997 come modificato dall'articolo 6 della legge n. 488 del 1999,
e' previsto a pena di decadenza, l'invio del modulo di comunicazione di inizio
lavori prima   dell'inizio dei lavori stessi. In relazione alla particolarita'
di alcuni   interventi  (soprattutto quelli aventi caratteristiche di urgenza)
che possono essere effettuati sulle parti comuni condominiali e' possibile che
l'invio del   predetto   modulo   possa avvenire, in questa specifica ipotesi,
successivamente all'inizio   dei   lavori ma entro il termine di presentazione
della dichiarazione  dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale si ha
diritto alla detrazione?                                                      
R. Come gia' chiarito con la Circolare n. 57/E del 24 febbraio 1998, il modulo
di comunicazione    deve    essere    inviato al Centro di servizio competente
precedentemente all'inizio dei lavori.                                        
Infatti, l'articolo   1,   comma 1, lettera a), del Regolamento di attuazione,
approvato con   Decreto   del  Ministro delle Finanze 18 febbraio 1998, n. 41,
stabilisce che    per    poter    usufruire    della detrazione in questione i
contribuenti devono    trasmettere    al    Centro  di servizio competente una
comunicazione concernente   la  data in cui avranno inizio i lavori redatta su
apposito modulo approvato con decreto dirigenziale.                           
L'articolo 4   dello   stesso  Regolamento, inoltre, inserisce tra le cause di
decadenza dai   benefici,  prevedendo quindi azioni di recupero da parte degli
uffici preposti, anche l'ipotesi di omessa preventiva comunicazione della data
di inizio dei lavori.                                                         
Le ipotesi   di invio della comunicazione in un periodo successivo a quello di
inizio lavori   concernono  esclusivamente il caso dei lavori gia' iniziati al
momento dell'emanazione del richiamato Regolamento ed il caso dell'acquisto di
box o posti auto pertinenziali gia' realizzati.                               
4.1.2   Determinazione   del   valore dei beni di cui al d.m. 29 dicembre 1999
D. Si   chiede  di conoscere se, ai fini della quantificazione dell'imponibile
assoggettabile all'aliquota   IVA  del 10% prevista per gli interventi edilizi
dall'articolo 7,   comma 1, lettera b), della legge n. 488 del 1999, il valore
dei beni   elencati  nel decreto ministeriale 29 dicembre 1999 debba assumersi
uguale al  prezzo di acquisto pagato al fornitore dal prestatore del servizio,
oppure secondo altri criteri (prezzo al pubblico, ecc.)                       
R. Ai   fini della quantificazione dell'imponibile assoggettabile all'aliquota
IVA del 10% prevista per  gli interventi edilizi dall'art. 7, comma 1, lettera
b), della   legge   n. 488 del 1999, non esiste alcuna previsione normativa in
merito alla   valorizzazione   dei   beni di valore significativo. Si ritiene,
pertanto, che   come   valore   dei  beni elencati nel decreto ministeriale 29
dicembre 1999,   che   costituiscono  una parte significativa del valore delle
cessioni effettuate    nel    quadro  dell'intervento, debba assumersi quello,
ovviamente non   inferiore   al   costo d'acquisto, determinato dal prestatore
nell'ambito della sua autonomia contrattuale.                                 
4.1.3   Interventi di manutenzione                                            
D. Ai   fini   dell'applicazione   dell'IVA  ridotta del 10% sulle prestazioni
relative al  recupero del patrimonio edilizio, prevista dall'articolo 7, comma
1, della   legge   n. 488/99, rientrano nella nozione di manutenzione anche le
piccole riparazioni    del    fabbricato   e dei relativi impianti (idraulico,
elettrico, sanitario, ecc.)?                                                  
R. L'aliquota   IVA   ridotta  del 10% di cui all'art. 7, comma 1, lettera b),
della legge   n.   488  del 1999 si applica anche alle piccole riparazioni del
fabbricato e  dei relativi impianti, essendo le stesse riconducili al concetto
di manutenzione  ordinaria di cui alla lettera a) dell'articolo 31 della legge
n. 457 del 1978.                                                              
4.1.4   IVA/Manutenzioni                                                      
D. Nell'esempio  n. 3 dell'articolo apparso sul "Notiziario fiscale" n. 13 del
24 gennaio   2000,   nell'illustrare  il calcolo dell'IVA in caso di lavori di
manutenzione  con   impiego   di beni "significativi" superiori alla meta' del
corrispettivo stabilito,   e'   detto   che  occorre scorporare il costo della
manodopera dall'importo   complessivo e "quindi sulla differenza tra il valore
del bene   "significativo"   e   quello della manodopera si applica l'aliquota
ordinaria del   20%;   tutto   il   resto  gode dell'agevolazione". In caso di
manutenzione con   impiego di beni significativi (ad esempio una caldaia) e di
beni non significativi (ad esempio un bruciatore) si chiede di conoscere se la
parte del   valore  del bene significativo soggetta ad IVA del 20% va detratta
solo dell'importo   della   prestazione  ovvero dell'importo della prestazione
maggiorato dei valore dei beni non significativi.                             
Ed ancora, in caso di intervento di manutenzione che comprende oltre ai lavori
sopra indicati   anche   altre   opere   di manutenzione ordinaria (ad esempio
sostituzione dei pavimenti) l'importo di quest'ultimo servizio va computato in
detrazione dal costo dei beni significativi (nel caso prospettato la caldaia)?
R. La   disposizione recata dall'articolo 7, comma 1, lett. b), della legge n.
488 del   1999 stabilisce che l'aliquota del 10 per cento si applica anche  ai
beni che   costituiscono   una  parte significativa del valore delle forniture
effettuate nell'ambito   delle   prestazioni   aventi ad oggetto interventi di
recupero, fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione relativa
all'intervento stesso, al netto dei valori dei predetti beni.                 
Tale limite    di    valore    deve essere individuato sottraendo dall'importo
complessivo della   prestazione  soltanto il valore dei beni significativi. Il
valore delle  materie prime  e semilavorate nonche' degli altri beni necessari
per l'esecuzione  dei lavori, forniti nell'ambito della prestazione agevolata,
non deve essere individuato autonomamente in quanto confluisce in quello della
manodopera.                                                                   
Si chiarisce,   infine  che anche se l'intervento di recupero si sostanzia  in
diverse opere    di    manutenzione,    ad   esempio sostituzione di caldaia e
rifacimento della   pavimentazione, esso deve essere considerato unitariamente
se  le   diverse opere sono oggetto di un'unica previsione contrattuale, anche
al fine   di   individuare  il limite di valore entro cui applicare l'aliquota
ridotta al bene significativo.                                                
4.2     Fondi pensione                                                        
4.2.1   Onere deducibile - Contribuzione a favore di familiare a carico       
D. Dal 2001 sara' possibile usufruire di un onere deducibile sino a 10 milioni
meno il   reddito   del   familiare   fiscalmente a carico. Dal punto di vista
previdenziale vi   sara' l'opportunita' di iscrivere al fondo pensione gia' un
neonato o   comunque un figlio in eta' scolastica. Se il figlio e' a carico di
entrambi i   genitori, quali dei due potra' dedurre l'onere? Vi sara' liberta'
di scelta - fermo il limite cumulativo - come avviene per l'attribuzione delle
detrazioni?                                                                   
R. L'articolo   1  del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, recante la
riforma della   disciplina fiscale della previdenza complementare, sostituendo
la lettera   e-bis),   comma   1  dell'articolo 10, del TUIR, ha stabilito che
costituiscono oneri deducibili dal reddito complessivo i contributi versati, a
decorrere dal   1 gennaio 2001, ad una delle forme pensionistiche disciplinate
dal provvedimento    e,    quindi,    sia    i   contributi versati alle forme
pensionistiche complementari   collettive  (fondi chiusi e fondi aperti) sia i
contributi e premi versati alle nuove forme di previdenza individuale.        
La deducibilita' dei contributi e' consentita fino ad un importo non superiore
al 12   per cento del reddito complessivo e, comunque, non superiore a lire 10
milioni.                                                                      
Per i    titolari    di    redditi    di lavoro dipendente tale deducibilita',
relativamente ai   redditi di lavoro dipendente, e' ulteriormente condizionata
alla destinazione   alla   forma pensionistica complementare collettiva (fondi
chiusi e   fondi aperti) di un importo della quota annuale del TFR almeno pari
alla meta'  dei contributi complessivamente versati.       Tale condizione non
si applica   alla   categoria   dei "vecchi iscritti ai vecchi fondi" ossia ai
soggetti che   risultano   gia' iscritti al 28 aprile 1993 (data di entrata in
vigore del d.lgs. n. 124/93) alle forme pensionistiche complementari esistenti
alla data   del   15   novembre 1992 (data di entrata in vigore della legge 23
ottobre 1992,   n.   421),   nonche'   nei casi in cui la fonte istitutiva sia
costituita unicamente da accordi tra lavoratori.                              
La nuova   previsione  normativa contempla anche l'ipotesi in cui i contributi
siano versati   a   favore   di  persone fiscalmente a carico, ad esempio, del
coniuge o   dei   figli.   In   tal caso, e' previsto che la deduzione spetti,
innanzitutto, al   coniuge o ai figli entro l'unico limite assoluto di lire 10
milioni. Se   il  reddito complessivo del soggetto fiscalmente a carico non e'
del tutto    capiente    per    consentire  l'intera deduzione dei contributi,
l'eccedenza puo'   essere   dedotta   dal reddito complessivo del soggetto cui
questi e' a carico (contribuente). Naturalmente, quest'ultimo potra' dedurre i
contributi dei familiari a carico, oltre che i propri, sempre nel rispetto del
limite percentuale e del limite di 10 milioni complessivi.                    
Se, come nell'esempio prospettato, il figlio nell'interesse del quale e' stato
effettuato il versamento dei contributi e' a carico di entrambi i genitori, la
deduzione della   spesa   deve  essere ripartita tra i genitori in proporzione
all'effettivo onere   sostenuto. Valgono al riguardo le istruzioni fornite per
la compilazione  delle  dichiarazioni dei redditi per le ipotesi relative agli
oneri sostenuti   nell'interesse   delle  persone fiscalmente a carico e per i
quali il contribuente puo' usufruire della  deduzione o detrazione.           
4.2.2   Vecchi iscritti - Irrilevanza dei loro requisiti al momento della     
prestazione                                                                   
D. I "vecchi iscritti" al 28 aprile 1993 conservano un limitato privilegio per
il tetto   delle   contribuzioni  deducibili, mentre non sembra abbiano alcuna
posizione particolare    al    momento    delle   prestazioni. Il diritto alla
corresponsione di  tutta la posizione individuale come capitale e non rendita,
stabilito dalle   disposizioni   transitorie del d.lgs. n. 124 del 1993 non ha
quindi alcun   effetto   sul   regime della tassazione, che - anche per questi
soggetti -   usufruira' di una base ridotta solo se la prestazione di capitale
non supera un terzo del conto individuale?                                    
R. L'articolo  12  del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, recante la
riforma della  disciplina tributaria della previdenza complementare,  al comma
1 dispone   che  "per i soggetti che risultano iscritti a forme pensionistiche
complementari alla data da cui ha effetto il presente decreto, le disposizioni
introdotte dall'articolo   10   si  applicano alle prestazioni riferibili agli
importi maturati   a   decorrere   dalla   data   da cui ha effetto il decreto
stesso....".                                                                  
Da tale   disposizione   discende   che anche per  i "vecchi iscritti" la base
imponibile delle    prestazioni    deve    essere  ripartita in due parti: una
determinata con riferimento al montante maturato fino al 31 dicembre 2000, che
deve essere   assoggettata   a   tassazione  secondo le vecchie regole, ed una
riferibile al   montante   che matura dopo detta data, cui si applica la nuova
disciplina. Pertanto per la parte della prestazione che matura a decorrere dal
1 gennaio   2001  i "vecchi iscritti" usufruiranno della esclusione dalla base
imponibile dei  redditi gia'  assoggettati a  tassazione  solo se detta  parte
e' corrisposta per almeno due terzi in rendita.                               
4.3 Altri quesiti in materia di oneri                                         
4.3.1   Detrazione IRPEF di cui all'art. 13, comma 2-ter, del TUIR            
D. La manovra finanziaria per l'anno 2000 introduce una particolare detrazione
di imposta   ai   fini   IRPEF per i contribuenti che sono in possesso di soli
redditi di   lavoro  dipendente prodotti in relazione ad un rapporto di durata
inferiore all'anno   di  ammontare non superiore a 9.600.000 di lire annui. La
circolare n.   247/E   del 23 dicembre 1999 afferma che, in relazione a questa
ipotesi, l'espressione   rapporti   di   lavoro dipendente di durata inferiore
all'anno va   intesa   in   senso   letterale  e, quindi, senza distinguere le
motivazioni che  hanno provocato un rapporto di durata inferiore all'anno. Per
conseguenza, al  ricorrere delle specifiche condizioni reddituali richieste e'
corretto affermare che tale detrazione si aggiunge a quella ordinaria prevista
dall'articolo 13   del TUIR cosi' come illustrato nella circolare n. 9/E del 3
gennaio 1998?                                                                 
R. Con   l'introduzione  del comma 2-ter all'articolo 13 del TUIR, e' previsto
che ai   titolari   di   determinati   redditi per i quali non e' prevista una
specifica detrazione   d'imposta  o per i quali la detrazione per i redditi di
lavoro dipendente   non   e' pienamente utilizzabile, in quanto il rapporto di
lavoro ha  avuto una durata inferiore all'anno, spetta un'ulteriore detrazione
d'imposta graduata    in    funzione    del  reddito complessivo. Si tratta in
particolare dei   soggetti   con   reddito  complessivo di importo massimo non
superiore a lire 9.600.000.                                                   
Tale ulteriore    detrazione    ha    la  finalita' di alleggerire il peso del
precedente aumento  dell'aliquota d'imposta dal 10 al 18,50 per cento relativo
al primo scaglione.                                                           
Pertanto, si   conferma  quanto gia' chiarito con la Circolare n. 247/E del 29
dicembre 1999,   che   prevede   che   per poter usufruire della detrazione in
questione il  rapporto di lavoro dipendente, nel caso in cui tale tipologia di
reddito partecipi   alla  formazione del reddito complessivo, abbia una durata
inferiore all'anno. Si conferma, inoltre, che l'ulteriore detrazione di cui si
tratta e'  cumulabile con la detrazione spettante per lavoro dipendente di cui
al comma 1 dell'articolo 13 del TUIR.                                         
Ovviamente, quanto   previsto e' applicabile anche nei casi in cui partecipino
alla formazione   del reddito imponibile redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente per   i   quali  spettano le detrazioni d'imposta di cui al comma 1
dell'articolo 13 del TUIR.                                                    
5       REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE                                          
5.1     Stock option                                                          
5.1.1   Assegnazioni di partecipazioni nella controllata a dipendenti di      
quest'ultima                                                                  
D. Il  nuovo art. 48, comma 2-bis, del TUIR, stabilisce che le disposizioni di
cui alle   lettere   g)  e g-bis) del comma 2 si applicano esclusivamente alle
azioni emesse   dalla   societa' da cui il lavoratore dipende nonche' a quelle
emesse dalla  controllante o da una controllata della medesima societa' ovvero
da una    societa'    appartenente    allo   stesso gruppo societario (purche'
controllata). Poiche'   non  e' piu' necessario che le azioni offerte siano di
nuova emissione,   si  chiede se sia agevolabile, nei limiti e alle condizioni
fissate dall'art.  48, comma 2, lettera g), l'assegnazione di azioni possedute
dalla societa'   A (controllante) nella societa' B (controllata) ai dipendenti
di quest'ultima societa'.                                                     
Inoltre, in   caso di risposta positiva, si chiede quali siano le conseguenze,
ai fini  della determinazione del reddito d'impresa, per la societa' offerente
(nella fattispecie   la   societa'   A) nel caso in cui l'assegnazione avvenga
gratuitamente ovvero  ad un prezzo inferiore a quello stabilito dagli articoli
61 e 66 del TUIR.                                                             
R. L'articolo  48, comma 2 bis), del TUIR, stabilisce che: "le disposizioni di
cui alle   lettere   g)  e g-bis) del comma 2 si applicano esclusivamente alle
azioni emesse   dall'impresa   con   la   quale il contribuente intrattiene il
rapporto di   lavoro,   nonche' a quelle emesse da societa' che direttamente o
indirettamente controllano   la   medesima impresa, ne sono controllate o sono
controllate dalla      stessa      societa'      che     controlla l'impresa."
Dal tenore   letterale della norma discende, quindi, che anche le azioni della
controllata possedute   dalla controllante, qualora quest'ultima le assegni ai
dipendenti della   societa'   controllata,  possono rientrare nella disciplina
agevolativa prevista  dall'art. 48, comma 2, lettere g) e g-bis), del TUIR. Si
ricorda, infatti, che costituiscono compensi in natura, ai sensi dell'articolo
48, comma 3, del TUIR, anche i beni ricevuti da terzi in relazione al rapporto
di lavoro.                                                                    
Nella fattispecie   rappresentata nel quesito si tratta di azioni offerte alla
generalita' dei   dipendenti   e, pertanto, il reddito di lavoro dipendente e'
costituito dal  valore delle azioni, ridotto dell'importo complessivamente non
superiore a    lire    4    milioni, nonche' dell'eventuale importo pagato dal
dipendente. Il    valore    delle    azioni    e' stabilito in base al comma 3
dell'articolo 48    del    TUIR    applicando    le disposizioni relative alla
determinazione del valore normale contenute nell'articolo 9 dello stesso TUIR.
Inoltre, ai   fini   della   determinazione del reddito d'impresa, nei casi di
assegnazione gratuita  di azioni emesse da altre societa' del gruppo ai propri
dipendenti, il    costo    sostenuto    per  l'acquisizione di dette azioni e'
deducibile quale spesa per prestazioni di lavoro dipendente.                  
Diversamente, nel   caso in cui l'assegnazione gratuita viene effettuata dalla
societa' A  nei confronti dei dipendenti della societa' B, pur se appartenente
allo stesso gruppo, venendosi a configurare per la societa' A una destinazione
di beni   a   finalita' estranee all'esercizio dell'impresa, il valore normale
delle azioni stesse concorre a formare il reddito della societa' A.           
Qualora, invece,  sia stato previsto un corrispettivo in favore della societa'
A da   parte della societa' B, esso concorre alla formazione del reddito della
societa' A   secondo  le regole ordinarie, mentre costituisce costo deducibile
per la societa' B.                                                            
5.1.2   Rilevanza dei dividendi nella disciplina delle stock option           
D. Nel   caso   di   assegnazione   alla  generalita' dei dipendenti di azioni
sottoposte a limitazioni quantitative e temporali in ordine alla spettanza dei
dividendi (ad esempio per il 40 per cento dopo un anno e per il residuo 60 per
cento dopo    2    anni),    il  valore normale delle stesse deve considerarsi
proporzionalmente rideterminato?                                              
R. Ai   fini   della determinazione del reddito di lavoro dipendente derivante
dall'assegnazione di   azioni   a  tutti i  lavoratori dipendenti occorre aver
riguardo esclusivamente della differenza tra il valore delle azioni, calcolato
ai sensi   dell'articolo   9  del TUIR,  e l'eventuale importo corrisposto dal
dipendente stesso.                                                            
Non rilevano, quindi, eventuali limitazioni quantitative e temporali in ordine
alla spettanza   dei dividendi, in quanto il compenso in natura e' commisurato
al valore   del   titolo azionario indipendentemente dall'eventuale diritto di
partecipazione agli utili.                                                    
5.1.3   Determinazione    del    valore   delle azioni assegnate ai dipendenti
D. L'articolo   9,   comma   4,  lettera a), del TUIR stabilisce che il valore
normale delle   azioni, obbligazioni e degli altri titoli negoziati in mercati
regolarmente italiani   o esteri e' determinato in base alla media  aritmetica
dei prezzi rilevati "nell'ultimo mese ". A tale riguardo si pongono i seguenti
quesiti:                                                                      
 - se   detto   ultimo   mese debba essere individuato con riferimento al mese
solare precedente    a  quello nel corso del quale le azioni sono assegnate al
dipendente ovvero   al periodo che va dal giorno della detta assegnazione allo
stesso giorno del mese solare precedente, in conformita' al criterio stabilito
dall'articolo 2963 del  codice civile;                                        
 - quale   sia   il comportamento da assumere nell'ipotesi in cui nell'"ultimo
mese" non siano state effettuate rilevazioni dei prezzi delle azioni.         
R. L'articolo   9,  comma 4, lettera a), b) e c), del TUIR stabilisce autonome
regole di   determinazione del valore normale con riferimento ai titoli e alle
quote di   partecipazione   societarie.  In particolare, la lettera a) di tale
disposizione stabilisce   che   per   le   azioni, obbligazioni e altri titoli
negoziati in   mercati   regolamentati italiani o esteri, il valore normale e'
determinato in   base   alla  media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo
mese.                                                                         
Al riguardo,   si  precisa che per "ultimo mese" non si deve intendere il mese
solare precedente,   ma   il  periodo che va dal giorno di riferimento (quello
dell'assegnazione dei titoli al dipendente) allo stesso giorno del mese solare
precedente, poiche'    una    diversa   interpretazione potrebbe comportare un
allontanamento troppo ampio del periodo preso a base  per la rilevazione della
media aritmetica   dei   prezzi   dei  titoli rispetto al momento nel quale si
verifica la   valutazione  e, quindi, la fissazione di un "valore normale" che
potrebbe gia'    essere    non    adeguato   a quello in atto al momento della
valutazione.                                                                  
Si ribadisce, inoltre, quanto gia' affermato a proposito della valutazione dei
titoli con   riferimento alle disposizioni transitorie contenute nel d.lgs. n.
461 del   1997   e   nella  circolare n. 30/E del 2000 e cioe' che ai fini del
calcolo della   media   occorre assumere, quale divisore, soltanto i giorni di
effettiva quotazione del titolo, cioe' quelli cui si riferiscono le quotazioni
prese a   base del calcolo. Pertanto, se nel periodo considerato, cioe' quello
che va   dal   primo  giorno di riferimento allo stesso giorno del mese solare
precedente, non   sono   state effettuate rilevazioni dei prezzi, si deve fare
riferimento al primo mese solare antecedente (inteso nel senso sopra chiarito)
nel corso del quale risulta effettuata la suddetta rilevazione.               
Per completezza,   si   ricorda  che la lettera b) del comma 4 dell'articolo 9
prevede che per le altre azioni, le quote di societa' non azionarie e i titoli
o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle societa' il valore
normale e'   fissato   in   proporzione   al valore del patrimonio netto della
societa' o   ente (e non in proporzione al patrimonio netto contabile) ovvero,
per le   societa'   o enti di nuova costituzione, in proporzione all'ammontare
complessivo dei   conferimenti. Infine, per le obbligazioni e gli altri titoli
diversi da quelli compresi nelle precedenti lettere a) e b), il valore normale
e' determinato,  ai sensi della lettera c), comparativamente al valore normale
dei titoli  aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati
italiani o   esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in
modo obiettivo.                                                               
5.1.4   Tassazione del diritto di opzione                                     
D. La    relazione    ministeriale    al    d.lgs. n. 505 del 1999 precisa che
"…l'assegnazione di  un diritto di opzione cedibile deve essere assoggettata a
tassazione come   reddito  di lavoro dipendente fin dal momento della medesima
assegnazione". L'erogazione   concorrera' pertanto alla formazione del reddito
di lavoro dipendente come compenso in natura, computato ai sensi dell'articolo
48, comma   3, del TUIR nel periodo di paga in cui si verifichera' il predetto
evento. A  tale riguardo si chiede se il valore normale del diritto di opzione
sia determinabile   ai  sensi dell'articolo 9, comma 4, del TUIR, assumendo il
disposto di   cui   alle  lettere a) e b) ovvero quello di cui alla lettera c)
della norma stessa.                                                           
R. La  relazione di accompagnamento al d.lgs. 31 dicembre 1999 n. 505  precisa
che l'assegnazione   di   un diritto di opzione "cedibile" e' assoggettabile a
tassazione come   reddito   di   lavoro   dipendente fin dal momento della sua
assegnazione.                                                                 
La relazione   stessa   ha   specificato   che se il diritto di opzione non e'
cedibile l'assegnazione   dello   stesso   non e' di per se' stessa tassabile,
essendo, invece assoggettabili a tassazione i titoli e i valori acquistati con
l'esercizio dell'opzione.   Tuttavia,   qualora  un diritto non cedibile perda
successivamente tale   requisito,   il   relativo valore verra' assoggettato a
tassazione soltanto nel periodo d'imposta in cui e' divenuto trasferibile.    
Ai fini   della  modalita' di determinazione del valore normale del diritto di
opzione si  precisa che vanno applicate le disposizioni generali contenute nel
comma 3  dell'articolo 9 del TUIR, considerato che il successivo comma 4 detta
le regole   per   i   veri   e propri "titoli" e pertanto si rende applicabile
soltanto per le opzioni cartolarizzate.                                       
5.1.5   Imponibilita' delle stock option                                      
D. La   lettera   g) dell'articolo 48 del testo unico puo' essere interpretata
anche nel   senso   che se una societa' assegna ad un dipendente azioni il cui
valore normale   alla  data di assegnazione e' pari a lire 10.000.000, facendo
pagare al   dipendente un corrispettivo di 5.000.000, l'importo che concorre a
formare il   reddito di lavoro dipendente dell'assegnatario e' solo 1.000.000,
ferme restando le altre condizioni previste dalla norma?                      
R.      La   disposizione contenuta nell'articolo 48, comma 2, lettera g), del
TUIR, come sostituita dall'articolo 13, comma 1, n. 2), del d.lgs. 23 dicembre
1999, n.   505,   stabilisce   che non concorre a formare il reddito di lavoro
dipendente il  valore delle azioni offerte alla generalita' dei dipendenti per
un importo   non   superiore   complessivamente nel periodo d'imposta a lire 4
milioni, a   condizione   che  le azioni non siano riacquistate dalla societa'
emittente o   dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi
almeno tre  anni dalla percezione. E' inoltre previsto che nel caso in cui non
venga rispettato   il predetto limite triennale, il valore non assoggettato e'
assunto a    tassazione,    quale    reddito di lavoro dipendente, nel periodo
d'imposta in cui si verifica la cessione.                                     
Cio' premesso,   nell'esempio   prospettato,   il  valore normale delle azioni
assegnate e'   pari a lire 10 milioni, l'importo corrisposto dal dipendente e'
pari a   lire   5  milioni. Pertanto, tenendo conto della franchigia di lire 4
milioni, il   reddito   da   assoggettare   a tassazione in capo al lavoratore
dipendente e' pari a lire 1 milione.                                          
5.1.6   Stock options: data dell'offerta                                      
D. L'articolo   48,   comma   2, lettera g-bis), del TUIR, pone una condizione
basata sul valore delle azioni "alla data dell'offerta". Si ritiene che questa
data debba  essere individuata in modo oggettivo e univoco, in modo da evitare
gravi incertezze   sull'applicabilita' della norma. In questo senso, si chiede
se e' corretto fare riferimento alla data in cui gli organi sociali competenti
(consiglio di    amministrazione    ovvero   l'amministratore a cio' delegato)
determinano in modo definitivo il prezzo dell'offerta.                        
R. Ovviamente   occorre fare riferimento alla data della delibera con la quale
vengono fissate tutte le condizioni del piano di azionariato.                 
5.1.7   Stock option: perdita dell'agevolazione                               
D. La   normativa  fiscale delle stock option in vigore dal 1 gennaio del 2000
subordina l'esenzione   dal  reddito di lavoro dipendente della differenza tra
valore di  mercato dell'azione all'atto dell'assegnazione e prezzo corrisposto
dal dipendente    alla    circostanza    che   quest'ultimo sia pari al valore
dell'azione all'atto   dell'offerta.   Si   chiede  se in caso contrario debba
ritenersi esclusa   completamente l'applicazione dell'agevolazione o se invece
sia da   assoggettare   a  tassazione solo la differenza tra valore di mercato
delle azioni  all'atto dell'offerta e prezzo corrisposto; cio' anche alla luce
di quanto   espresso   nella   circolare 247/E del 29 dicembre 1999 che sembra
propendere per la seconda ipotesi.                                            
R. La   nuova   normativa fiscale sulle stock option ha mantenuto un regime di
favore per   i   piani di azionariato che hanno l'obiettivo di fidelizzare ben
determinate categorie di dipendenti, prevedendo che in caso di assegnazione di
azioni ad   un  dipendente, l'importo che non concorre a formare il reddito e'
costituito dalla    differenza    tra    il    valore  delle azioni al momento
dell'assegnazione e   quanto corrisposto dal dipendente. Affinche' ricorrano i
presupposti agevolativi   della   disposizione,  e' espressamente previsto che
l'ammontare corrisposto   dal   dipendente   per  l'acquisto delle azioni deve
necessariamente essere   almeno  pari al valore delle azioni stesse al momento
dell'offerta.                                                                 
Ne consegue   che, come gia' specificato nella circolare ministeriale n. 247/E
del 29  dicembre 1999, se tale condizione non si verifica, ad esempio nel caso
in cui  il prezzo pagato dal dipendente e' inferiore al valore delle azioni al
momento dell'offerta,   non   si  puo' usufruire in toto dell'agevolazione. Si
rendono, quindi,   applicabili   i  principi generali di tassazione dei fringe
benefit in   base ai quali occorre assoggettare a tassazione il valore normale
delle azioni   al  momento dell'assegnazione (ossia nel momento in cui il bene
entra nella   disponibilita'   del   dipendente) al netto di quanto pagato dal
dipendente per usufruire dell'assegnazione stessa.                            
Ad esempio:                                                                   
Valore delle azioni al momento dell'offerta = lire 1000                       
Prezzo pagato dal dipendente = lire 800                                       
Valore delle azioni al momento dell'assegnazione = lire 1500                  
Reddito di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione = lire 700 (1500 -  
800)                                                                          
5.1.8   Stock option: diritti cedibili e non cedibili                         
D. La relazione di accompagnamento al decreto legislativo che ha introdotto il
nuovo regime fiscale delle stock option fa una distinzione precisa tra diritti
non cedibili e cedibili; mentre nel 1 caso l'assegnazione non e' in alcun modo
tassabile, nella  seconda ipotesi si afferma che "l'assegnazione di un diritto
di opzione  cedibile deve essere assoggettata a tassazione". Si chiede se tale
previsione e'    atta    a    configurare  la tassazione del diritto stesso, a
prescindere dal   successivo   esercizio  dello stesso e, in caso affermativo,
quale siano le modalita' di determinazione del valore di tale diritto.        
R. Come   indicato   nella relazione di accompagnamento al d.lgs.  31 dicembre
1999, n.   505, l'assegnazione di un diritto di opzione "cedibile" deve essere
sempre assoggettato   a   tassazione come reddito di lavoro dipendente fin dal
momento della medesima assegnazione, trattandosi di una fattispecie diversa da
quelle considerate dalla normativa contenuta nell'art. 48, lettere g) e g-bis)
del TUIR  per le quali e' stata introdotta una disciplina di favore. La stessa
relazione ha    chiarito    che    se    il diritto di opzione non e' cedibile
l'assegnazione dello   stesso   non  e' di per se' tassabile, essendo, invece,
assoggettabili a   tassazione   i titoli e i valori acquistati con l'esercizio
dell'opzione (salvo    la    sussistenza    delle  condizioni che in base alla
disposizione in   esame   ne  escludono l'imponibilita'). Tuttavia, qualora un
diritto non   cedibile   perda   successivamente tale requisito,  nel  periodo
d'imposta in   cui  e' reso trasferibile il relativo importo e' assoggettato a
tassazione.                                                                   
Per quanto riguarda le modalita' di determinazione del valore di un diritto di
opzione "cedibile",   si precisa che e' necessario fare riferimento al comma 3
dall'art. 9 del TUIR.                                                         
5.2     Altri quesiti in materia di redditi di lavoro dipendente              
5.2.1   Prestiti ai dipendenti                                                
D. L'art. 13 del d.lgs. n. 505 del 1999 ha, tra l'altro, modificato l'art. 48,
comma 4, lettera b), del TUIR stabilendo che, ai fini della determinazione del
valore convenzionale   dei prestiti ai dipendenti, si deve fare riferimento (a
decorrere dal   1   gennaio 2000) al tasso ufficiale di sconto (rectius "tasso
ufficiale di riferimento") vigente al termine di ciascun anno.                
Premesso che  le nuove regole dovrebbero applicarsi anche ai prestiti concessi
in anni   precedenti   all'anno 2000, si chiede come debba essere calcolato il
valore convenzionale del benefit durante i periodi di paga dell'anno 2000.    
E' ipotizzabile   assumere  in via provvisoria il tasso vigente al 31 dicembre
1999 effettuando   gli   opportuni aggiustamenti in sede di conguaglio di fine
anno 2000     (e     cosi'     via     per    i periodi d'imposta successivi)?
In caso   di   risposta affermativa, ove avvenga la cessazione del rapporto di
lavoro in   corso  d'anno, per il conguaglio di fine rapporto non si deve fare
alcun aggiustamento  ovvero si deve assumere il tasso ufficiale di sconto piu'
recente (e   quindi   ipoteticamente   diverso da quello vigente alla chiusura
dell'anno precedente)?                                                        
R.      L'articolo   13,   comma  1, lettera b), n. 4), del d.lgs. 23 dicembre
1999, n.   505, modificando il comma 4, lettera b), dell'articolo 48 del TUIR,
prevede che,   ai   fini della tassazione del compenso in natura derivante dai
prestiti erogati    ai    lavoratori    dipendenti, debba essere effettuato il
confronto tra   gli   interessi calcolati al TUS vigente al termine di ciascun
anno  e   gli interessi calcolati al tasso applicato sugli stessi. Al riguardo
si ricorda   che, sulla base del testo normativo vigente prima delle modifiche
apportate dal   citato   provvedimento,   si  doveva fare riferimento al tasso
ufficiale di  sconto vigente alla data di stipula del prestito quale parametro
fisso di riferimento.                                                         
Si ricorda,   altresi', che il momento di imputazione del compenso in natura e
di applicazione   della   ritenuta   alla  fonte e' quello del pagamento delle
singole rate del prestito come stabilite dal relativo piano di ammortamento.  
La nuova   disposizione   si   rende applicabile con riferimento alle rate del
prestito che   scadono   a   decorrere dal 1 gennaio 2000, anche se relative a
contratti stipulati   anteriormente   a   tale   data purche' successivi al 31
dicembre 1996.                                                                
Per quanto   riguarda   le   modalita' di applicazione del prelievo alla fonte
dell'imposta sul  compenso in natura, l'articolo 23 del DPR 29 settembre 1973,
n. 600,    stabilisce    che    la    ritenuta  alla fonte deve essere operata
sull'ammontare complessivo di tutte le somme e i valori corrisposti in ciascun
periodo di   paga. A tal fine il sostituto d'imposta, per l'applicazione della
ritenuta alla    fonte    nei    singoli    periodi  di paga, deve tener conto
necessariamente del   TUS  vigente alla fine del periodo d'imposta precedente,
salvo effettuare   il conguaglio di fine anno tenendo conto del TUS vigente al
termine del periodo d'imposta.                                                
In caso    di    cessazione    del  rapporto di lavoro, il sostituto d'imposta
nell'effettuare le   prescritte  operazioni di conguaglio deve tener conto del
TUS vigente alla data della  cessazione stessa.                               
Per le   ipotesi in cui la cessazione del  rapporto di lavoro non coincida con
l'estinzione del  prestito resta fermo quanto gia' illustrato con circolare n.
326/E del 1997.                                                               
5.2.2   Lavoratori all'estero                                                 
D. L'art.   15  del d.lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 prevede che, a partire dal
2001, i   datori   di   lavoro   avranno diritto ad un credito d'imposta per i
dipendenti che prestano il lavoro all'estero in via continuativa ed esclusiva,
di ammontare   corrispondente   alle  ritenute gravanti sul reddito erogato ai
dipendenti stessi.                                                            
A tale riguardo si pongono i seguenti interrogativi:                          
 a) si chiede  se  nel computo del beneficio fiscale spettante si debba tenere
conto della generalita' delle  trattenute, vale a dire sia le ritenute operate
a  titolo  di  IRPEF sia  quelle per addizionali locali (regionale, comunale e
provinciale, ove istituita);                                                  
 b) dal   momento   che l'entita' del beneficio e' commisurata al prelievo sul
reddito di   lavoro  dipendente, si chiede se il credito per le imposte pagate
all'estero debba   essere   portato  o meno in riduzione delle ritenute di cui
sopra ai fini del computo del credito spettante;                              
 c) la   norma   agevolativa   prevede  la esenzione del credito d'imposta  da
imposte sul   reddito   e   la   sua  irrilevanza sul calcolo proporzionale di
deducibilita' degli   interessi  passivi e delle spese generali nonche' il suo
utilizzo -   senza limiti di tempo - in compensazione cosiddetta "orizzontale"
con imposte,   ritenute  e contributi. Per quanto concerne l'IRAP, dal momento
che il   costo  del personale dipendente e' indeducibile dalla base imponibile
dell'imposta anche se il lavoro e' prestato in territorio estero, si chiede se
in applicazione del principio di correlazione contenuto nell'art. 11, comma 3,
del d.lgs.   n.  446 del 1997 (come sostituito dal d.lgs. n. 506 del 1999), il
contributo fiscale   riconosciuto   dal decreto in commento debba considerarsi
escluso anche dall'imposta regionale.                                         
R. L'articolo 15 del decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505 prevede che,
a decorrere dal 1 gennaio 2001, e' riconosciuto un credito di imposta a favore
degli imprenditori   individuali,   delle societa' e degli enti che utilizzano
lavoratori dipendenti   che   prestano   la   loro attivita' all'estero in via
continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto. Tale credito di imposta e'
attribuito per    un    importo   corrispondente "all'ammontare delle ritenute
gravanti sul relativo reddito di lavoro dipendente".                          
Cio' posto,   in merito al quesito contraddistinto dalla lettera a), si rileva
che la   disposizione in esame ha disciplinato il credito di imposta spettante
in relazione   alle   sole ritenute IRPEF che il datore di lavoro e'  tenuto a
operare sulle   retribuzioni corrisposte nei vari periodi di paga. Si ritiene,
pertanto, che il credito di imposta in questione non competa per le trattenute
operate a   titolo   di   addizionali  all'IRPEF. Queste ultime, infatti, sono
trattenute dal   sostituto   di  imposta in rate a partire dal periodo di paga
successivo a quello in cui sono effettuate le operazioni di conguaglio di fine
anno ovvero   in   unica   soluzione nel periodo di paga in cui sono svolte le
operazioni di   conguaglio   in  caso di cessazione  del rapporto di lavoro in
corso d'anno. Tali modalita' di prelievo  delle addizionali all'IRPEF non sono
quindi compatibili   con   l'attribuzione   di un credito di imposta correlato
all'ammontare delle   ritenute   gravanti sulle retribuzioni corrisposte negli
ordinari periodi di paga.                                                     
Relativamente al    quesito     contraddistinto   dalla lettera b), si intende
chiarire che   l'entita'   del  credito  di imposta che  compete  al datore di
lavoro non   deve   essere   influenzata dal  credito di imposta per i redditi
prodotti all'estero.   Tale  ultimo credito di imposta, infatti, e' attribuito
al singolo percipiente.                                                       
Si ritiene,   infine,   che   il  predetto credito d'imposta non concorra alla
determinazione della   base   imponibile   ai fini IRAP, in quanto trattasi di
contributi riferiti   a  componenti di costo indeducibili ai fini dell'imposta
regionale sulle attivita' produttive.                                         
6 ADDIZIONALI ALL'IRPEF                                                       
6.1     Quesiti vari sulle addizionali all'IRPEF                              
6.1.1   Prelievo delle rate residuali sulle addizionali 1999                  
(si veda par. 6.3)                                                            
D. L'art. 50, comma 4, del d.lgs. n. 446 del 1997, come modificato dal d.lgs. 
n. 506  del  1999, stabilisce che in caso di cessazione del rapporto di lavoro
in corso   d'anno   l'addizionale  regionale (e, quindi anche quella comunale)
all'IRPEF deve    essere    trattenuta    in    un'unica soluzione. Qualora la
interruzione avvenga   nel   2000,   oltre ai tributi di competenza dell'anno,
devono essere   prelevate  in un'unica soluzione anche le rate residuali delle
addizionali del 1999 in scadenza nei periodi di paga successivi?              
6.1.2   Incapienza della busta paga                                           
(si veda par. 6.3)                                                            
D. Ove   durante   i periodi di paga in cui e' in corso la rateizzazione delle
addizionali si   verifichi l'incapienza della busta paga, si chiede se valgano
le regole di cui all'art. 23, comma 1, del DPR n. 600/1973 secondo le quali il
sostituito e'    tenuto    a    versare  al sostituto l'importo corrispondente
all'ammontare della ritenuta.                                                 
6.1.3   Aspettativa non retribuita                                            
D. Nel   caso   di   aspettativa   non  retribuita (e situazioni similari), il
sostituto d'imposta   deve comportarsi secondo le regole previste nell'ipotesi
di cessazione del rapporto di lavoro ovvero di incapienza della retribuzione? 
R. Le   problematiche  rappresentate, in mancanza di una specifica disciplina,
trovano soluzione nei principi generali in materia di determinazione, prelievo
e versamento   delle   ritenute   IRPEF.   Pertanto, in caso di cessazione del
rapporto di    lavoro,    il    sostituto  e' tenuto a trattenere, in un'unica
soluzione, nel   periodo   di   paga   in cui sono effettuate le operazioni di
conguaglio, anche   le   rate  non ancora scadute relative all'addizionale del
periodo d'imposta precedente.                                                 
In caso   d'incapienza   delle   retribuzioni, anche per effetto di periodi di
aspettativa non   retribuita, il sostituto deve prelevare l'importo non ancora
trattenuto dalle    retribuzioni    immediatamente    successive, operando, in
sostanza, una   riduzione del numero delle rate. Entro il mese di dicembre, il
sostituto deve,   comunque,   versare   all'Erario l'importo delle addizionali
IRPEF, determinato   all'atto   delle   operazioni di conguaglio di fine anno,
ancorche' tale   importo non sia stato integralmente trattenuto per incapienza
delle retribuzioni.                                                           
6.1.4   Innalzamento della quota di compartecipazione                         
D. Lo   schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri del
13 gennaio    scorso    prevede    (art.  3) un innalzamento della aliquota di
addizionale regionale  di 0,4 punti percentuali con effetto dal 2000 ma rinvia
la corrispondente   riduzione  delle aliquote IRPEF al 2001. Quindi, a seguito
della approvazione  del citato provvedimento, si avra' un aumento del prelievo
complessivo IRPEF   (aliquota ordinaria piu' addizionale regionale) dello 0,40
per cento   nel   2000  e una riduzione di uguale misura nel 2001: e' corretta
questa interpretazione?                                                       
R. L'interpretazione e' corretta se si ragiona in termini di competenza.      
Infatti, il   comma   1   dell'articolo  3 dello schema di decreto legislativo
prevede un  aumento dello 0,4 per cento dell'addizionale regionale all'IRPEF a
decorrere dall'anno 2000, mentre il comma 2 del citato articolo 3 dispone che,
a decorrere  dall'anno 2001, le aliquote IRPEF di cui all'articolo 11, comma 1
del TUIR   sono   ridotte  di 0,4 punti percentuali.  Ragionando in termini di
cassa, invece, per i percettori di redditi di lavoro dipendente ed assimilati,
il cui  rapporto di lavoro non cessi nel corso dell'anno 2000, non si avra' un
aumento complessivo   del   prelievo, in considerazione del fatto che tanto la
trattenuta relativa   all'addizionale per il 2000 quanto la ritenuta IRPEF per
l'anno d'imposta 2001 saranno operate nel corso del 2001.                     
7 FISCALITA' FINANZIARIA                                                      
7.1     Obbligazioni                                                          
7.1.1   Obbligazioni emesse e sottoscritte a partire dal 1 Gennaio 1995, ma   
non emesse dopo il 12 gennaio 1996                                            
D. Eventuali obbligazioni emesse in questo periodo ancora in circolazione sono
presumibilmente assoggettate   alla   ritenuta  del 30%, non essendo possibile
provare che   il  loro "saggio effettivo d'interesse sia allineato a quello di
mercato".                                                                     
Qualora il    tasso    di    rendimento  effettivo di questi titoli al momento
dell'emissione non   fosse superiore al TUS vigente all'emissione aumentato di
2/3 o   raddoppiato,   a  secondo dei casi, sarebbe possibile, come la portata
letterale e   la logica della norma pare consentire, applicare la ritenuta del
12,5% sugli interessi maturati a partire dal 1 luglio 2000?                   
R. L'articolo   26,   primo   comma,   del DPR 29 settembre 1973, n. 600, come
modificato dall'articolo   12,   comma 1, del d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461,
prevede che   per   le   obbligazioni con scadenza non inferiore ai 18 mesi si
applica la   ritenuta  alla fonte del 12,50 per cento. Tuttavia se queste sono
emesse da    societa'    o    enti,   diversi dalle banche, il cui capitale e'
rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati italiani ovvero
da quote,   l'aliquota   del   12,50 per cento si applica a condizione che, al
momento dell'emissione,   il tasso di rendimento effettivo non superi il tasso
ufficiale di   sconto  aumentato di due terzi, per le obbligazioni ed i titoli
similari negoziati   in   mercati  regolamentati italiani o collocati mediante
offerta al   pubblico,   ovvero   di  un terzo per le obbligazioni ed i titoli
similari diversi dai precedenti.                                              
La norma   e,  quindi, i nuovi parametri, si applicano per espressa previsione
normativa limitatamente   ai   proventi esigibili a partire dal 1 luglio 1998,
relativi ad obbligazioni emesse a partire dal 30 giugno 1997.                 
L'articolo 2, comma 1, lettera a), n. 1), del d.lgs. 23 dicembre 1999, n. 505,
ha aggiornato   i parametri da utilizzare per la verifica della congruita' del
tasso di    riferimento    effettivo    dei    prestiti obbligazionari ai fini
dell'applicazione della    ritenuta    alla    fonte del 12,50 per cento. Tali
parametri sono   ora   fissati al doppio del tasso ufficiale di sconto, per le
obbligazioni e   titoli   similari negoziati in mercati regolamentati di Paesi
aderenti all'Unione   Europea, e al tasso ufficiale di sconto aumentato di due
terzi, per altri titoli obbligazionari e titoli similari.                     
Considerato che   tale   nuova  disposizione interviene nella disciplina delle
obbligazioni emesse   a   partire   dal 30 giugno 1997, la stessa non si rende
applicabile a  quelle emesse prima di tale data. Pertanto, cosi' come previsto
dall'articolo 2, comma 2, del citato d.lgs. n. 505 del 1999, i nuovi parametri
si applicano agli interessi ed altri proventi divenuti esigibili a partire dal
1 luglio   2000,   sempreche'   relativi a titoli obbligazionari emessi dal 30
giugno 1997.                                                                  
Ne consegue  che per i titoli emessi dal 1 gennaio 1995 al 12 gennaio 1996 non
e' in   nessun caso applicabile la nuova disciplina prevista nell'articolo 26,
comma 1,   del   DPR  n. 600 del 1973, ma deve continuarsi ad applicare quella
prevista dall'articolo 32, comma 2, del d.L. n. 69 del 1989 e dall'articolo 5,
comma 1,  della L. 23 dicembre 1994, n. 725. Pertanto, i proventi derivanti da
titoli obbligazionari   emessi   da soggetti diversi da aziende ed istituti di
credito, da   enti  di gestione delle partecipazioni statali e da societa' per
azioni quotate   in   borsa,  sono assoggettati alla ritenuta alla fonte nella
misura del   30  per cento. La ritenuta si riduce al 12,50 per cento qualora i
titoli obbligazionari,   emessi   da societa' con azioni non quotate in borsa,
abbiano un saggio effettivo di interesse allineato con quello di mercato.     
7.2     Altri quesiti in materia di fiscalita' finanziaria                    
7.2.1   Capital gain: cessioni a titolo gratuito                              
D. Una recente interpretazione fornita dalla Direzione regionale delle entrate
per la Lombardia, ha affermato la non tassabilita', a titolo di plusvalenza di
cessione di   partecipazione,   qualora  il contribuente rinunci gratuitamente
all'esercizio del diritto di opzione. Cio' in quanto l'articolo 81, lett. c) e
c-bis), del   TUIR   fa   riferimento  alle plusvalenze realizzate mediante la
cessione a   titolo   oneroso.   Si   chiede  di conoscere il parere in merito
all'interpretazione prospettata.     Inoltre,     sempre     nell'ambito delle
disposizioni in   materia   di  capital gain, si chiede di conoscere se, nella
valutazione delle    cessioni    effettuate    nell'arco  dei 12 mesi, ai fini
dell'identificazione di  una eventuale cessione di partecipazione qualificata,
si debba tenere conto anche delle transazioni effettuate a titolo gratuito.   
R. Quanto   al   primo quesito, concordemente a quanto esposto dalla Direzione
Regionale delle  Entrate per la Lombardia, si ritiene che la rinuncia gratuita
all'esercizio di    un    diritto    di   opzione, non costituisce fattispecie
imponibile, atteso   che  l'articolo 81, comma 1, lettere c), c-bis) e c-ter),
del TUIR fanno riferimento ai trasferimenti a titolo oneroso. Naturalmente, il
contribuente dovra'   essere in grado di provare che si tratta di una rinuncia
gratuita dell'opzione   e   non   di  cessione a titolo oneroso del diritto di
opzione, ne' di esercizio di opzione e successiva cessione a titolo oneroso.  
Per quanto riguarda il secondo quesito, si ritiene che il principio che impone
di tener  conto di tutte le cessioni effettuate nei 12 mesi per determinare il
possesso o meno di una partecipazione qualificata imponga di considerare anche
le cessioni   a titolo   gratuito in quanto, con riferimento a questo aspetto,
la norma non precisa che si tratta di cessioni a titolo oneroso.              
7.2.2   Dividendi percepiti  dalle ONLUS                                      
D. L'articolo   16 del d.lgs. 460 del 1997 dispone che sui redditi di capitale
di cui   all'articolo   41 del testo unico corrisposti alle ONLUS, le ritenute
alla fonte   sono   effettuate  a titolo d'imposta. Cio' significa che anche i
dividendi corrisposti    alle    ONLUS   devono essere assoggettati a ritenuta
d'imposta o   - come si ritiene piu' corretto - la norma non e' applicabile ai
dividendi perche'    l'articolo    27    del   DPR n. 600 del 1973 non prevede
l'applicazione di   alcuna   ritenuta nei confronti dei soggetti diversi dalle
persone fisiche,   con  la sola eccezione dei fondi pensione, dei fondi comuni
immobiliari, dei non residenti e dei soggetti esenti dall'IRPEG?              
Si ritiene   che sia corretto non assoggettare questi dividendi a ritenuta con
l'effetto che concorreranno a formare il reddito imponibile della ONLUS con il
credito d'imposta.   Del  resto, altrimenti, una norma a carattere agevolativo
produrrebbe un effetto penalizzante.                                          
R. L'articolo   16   del   d.lgs.   4 dicembre 1997, n. 460, stabilisce che le
ritenute alla   fonte sui redditi di capitale di cui all'articolo 41 del TUIR,
percepiti dalle ONLUS sono effettuate a titolo d'imposta.                     
Tale disposizione   fa riferimento a tutte le tipologie di redditi di capitale
per le quali sia prevista l'applicazione di una ritenuta alla fonte. Pertanto,
tenuto conto   che per gli utili derivanti dalla partecipazione in societa' ed
enti soggetti all'IRPEG di cui alla lettera e), comma 1 del citato articolo 41
del TUIR   l'articolo   27   del DPR n. 600 del 1973 prevede, relativamente ai
soggetti diversi    dalle    persone   fisiche, l'applicazione di una ritenuta
soltanto nei   confronti   di fondi pensione, di fondi comuni immobiliari e di
soggetti esenti  dall'IRPEG, ne consegue che le ONLUS non sono soggette a tale
ritenuta. I dividendi eventualmente percepiti concorreranno, quindi, a formare
il reddito complessivo.                                                       
7.2.3 Ripartizione del valore fiscalmente riconosciuto delle azioni ai soci   
D. I   soci della societa' scissa ricevono le azioni dalla beneficiaria: quale
criterio deve   essere adottato per ripartire il costo originario delle azioni
della societa'   scissa tra le vecchie azioni della societa' scissa e le nuove
azioni della beneficiaria?                                                    
R. La   disposizione   contenuta  nell'articolo 82, comma 5, del TUIR, ai fini
della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione
delle partecipazioni  e delle attivita' finanziarie indicate nelle lettere c),
c-bis) e   c-ter)   dell'articolo  81 dello stesso testo unico, prevede che la
plusvalenza (o    minusvalenza)    deve    essere   determinata sottraendo dal
"corrispettivo percepito" ovvero dalla "somma o il valore dei beni rimborsati"
il "costo o il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni
onere inerente alla loro produzione".                                         
Pertanto, il   valore   finale   da   assumere a tal fine si identifica con il
corrispettivo effettivamente   percepito nel periodo d'imposta a seguito della
cessione delle   partecipazioni.   Relativamente, invece, al costo di acquisto
(valore iniziale),  e' necessario considerare la circostanza che, nell'esempio
formulato, le   partecipazioni azionarie sono state acquisite a seguito di una
scissione societaria.                                                         
Come noto, per effetto dell'operazione straordinaria di scissione, ai sensi di
quanto disposto   dal  comma 3 dell'articolo 123 bis del TUIR, il cambio delle
partecipazioni originarie   dell'ente scisso con quelle dell'ente beneficiario
non costituisce    ne'    realizzo    ne'    distribuzione di plusvalenze o di
minusvalenze ne'   conseguimento   di   ricavi  in capo ai soci della societa'
scissa, fatta   salva l'applicazione del comma 3 dell'articolo 44 del TUIR con
riferimento alla  tassazione dei redditi di capitale per le somme ricevute dai
soci in   caso  di conguaglio. Tale disposizione e' finalizzata a sottoporre a
imposizione l'incremento    di    valore    in  capo ai soci al verificarsi di
fattispecie distinte da quelle connesse all'operazione che li genera. Infatti,
al momento della scissione va attribuita a ciascuna partecipazione ricevuta in
cambio dai   soci  della societa' scissa un valore fiscalmente uguale a quello
della partecipazione originaria.                                              
In altre parole, in virtu' dell'esposto principio di neutralita' fiscale della
scissione, l'assegnazione   di azioni o di titoli rappresentativi del capitale
della societa' beneficiaria o acquirente ad un socio della societa' conferente
o acquistata,   in   cambio  di titoli rappresentativi del capitale sociale di
quest'ultima societa',  non comporta, di per se stessa, alcuna imposizione sul
reddito.                                                                      
In caso   di   scissione,  ai soci della societa' scissa verranno assegnate le
azioni -   in   proporzione   alla   partecipazione posseduta - delle societa'
beneficiarie dell'apporto.                                                    
Il criterio   da seguire appare quello di ripartizione del costo originario in
proporzione al    valore    netto    contabile  del patrimonio trasferito alle
beneficiarie e di quello eventualmente rimasto nella scissa.                  
Posto una   scissione  parziale in cui la societa' A trasferisce parte del suo
patrimonio nella societa' B, e posto                                          
p = costo originario della partecipazione                                     
PNA = patrimonio netto della societa' scissa ante scissione                   
Pnb = patrimonio netto della societa' B post scissione                        
Pna = patrimonio netto della societa' A post scissione                        
le azioni di B da attribuire ai soci saranno date da: p x Pnb/PNA             
le azioni di A da attribuire ai soci saranno date da: p x Pna/PNA             
E' opportuno   sottolineare   che  eventuali operazioni di scissione, prive di
valide ragioni   economiche,   volte   ad  attribuire ai soci vantaggi fiscali
connessi ad   una ripartizione del costo della partecipazione solo formalmente
corretta, potranno   essere  contrastate, ricorrendone le condizioni, ai sensi
dell'art. 37-bis del DPR n. 600 del 1973.                                     
8       DICHIARAZIONI                                                         
8.1     Dichiarazioni rettificative                                           
8.1.1   Termini di accertamento per la dichiarazione rettificativa            
D. Nel   caso   di presentazione di una dichiarazione che, entro il termine di
presentazione della    dichiarazione    relativa   al periodo d'imposta in cui
l'infrazione e'  stata commessa, rettifica quella gia' presentata quando scade
il termine   per   l'accertamento? Ad esempio, se il Modello Unico relativo al
1998, presentato  nel 1999, e' rettificato nel mese di giugno 2000, il termine
scade il 31 dicembre 2003 o il 31 dicembre 2004?                              
R. Nel   caso di presentazione di una dichiarazione integrativa di quella gia'
presentata, entro   il termine stabilito dall'art. 13, lett. b), del d.lgs. n.
472 del   1997,  non e' previsto dalla legge alcun allungamento dell'ordinario
termine di    decadenza    relativo    all'accertamento.  Del resto una simile
previsione non   sarebbe   logica,   posto  che si tratta di una dichiarazione
integrativa a favore dell'Erario.                                             
Nell'esempio formulato, pertanto, il termine scade il 31 dicembre 2003.       
8.1.2   Dichiarazione rettificativa e compensazione                           
D. Nella   precedente videoconferenza organizzata da Italia Oggi, il Ministero
delle finanze aveva convenuto che la disposizione di cui all'articolo 2, comma
8, del   DPR    n.   322 del 1998 consentiva al contribuente di rettificare, a
proprio favore,  la dichiarazione originaria, precisando altresi' che, se tale
dichiarazione rettificativa    viene    presentata    entro   i termini di cui
all'articolo 38   del   DPR   n. 602 del 1973 e' da intendersi come istanza di
rimborso. Sulla   base  di questo principio e' ammissibile la presentazione di
una dichiarazione in relazione alla quale emerga un maggior credito spendibile
dal contribuente in compensazione? In pratica:                                
- contribuente  che  ha presentato in via telematica o presso banca e posta un
modello Unico 99;                                                             
- entro   il  termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo
d'imposta 1999   presenta un nuovo modello Unico 99 rettificativo del primo in
relazione al   quale  emerge un credito superiore a quello della dichiarazione
originaria.                                                                   
Posto che   le istruzioni al modello Unico affermano che la compensazione deve
concludersi, al   massimo,  nella dichiarazione successiva, il maggior credito
emergente dalla   dichiarazione rettificativa puo' essere speso legittimamente
in compensazione?                                                             
R. L'articolo   2, comma 8, del DPR n. 322 del 1998 (tenendo conto anche delle
modifiche apportate   con   DPR 14 ottobre 1999, n. 542) stabilisce che, salva
l'applicazione delle  sanzioni amministrative, le dichiarazioni possono essere
integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione
da redigere  secondo le modalita' stabilite per le medesime dichiarazioni e da
presentare all'Amministrazione  finanziaria per il tramite di un ufficio delle
Poste italiane    S.p.A.    convenzionato.    Tale   disposizione ha un ambito
applicativo piu' ampio di quello dell'articolo 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997,
n. 472,  il quale dispone delle riduzioni automatiche alle misure minime delle
sanzioni applicabili   per le violazioni commesse in sede di predisposizione e
di presentazione della dichiarazione, nonche' di pagamento delle somme dovute.
Infatti, entrambe   le   disposizioni  consentono al contribuente di rimuovere
comportamenti (errori o omissioni), ma il citato articolo 13 del d.lgs. n. 472
del 1997   si   riferisce   soltanto alle ipotesi in cui il contribuente abbia
tenuto un comportamento (errore o omissione) sanzionabile dall'Amministrazione
finanziaria, e,  quindi, in linea generale, non puo' essere utilizzato al solo
fine di  esporre un maggior credito. In ogni caso, la dichiarazione presentata
al fine   di usufruire dell'istituto del ravvedimento operoso non sostituisce,
ma integra   la   precedente  dichiarazione, la quale segue tutta la procedura
ordinaria. Pertanto,    nelle    rare    ipotesi    in  cui, pur eliminando un
comportamento sanzionabile   dall'Amministrazione finanziaria, il contribuente
chiuda la   sua   dichiarazione   con  un credito o con un maggior credito, il
relativo importo   non   puo' essere utilizzato in compensazione, ma puo' solo
essere richiesto a rimborso.                                                  
L'articolo 2,   comma   8,   del   d.lgs. n. 322 del 1998 consente, invece, di
presentare una   successiva  dichiarazione anche meramente rettificativa della
precedente e   fa    salvo   il   potere degli uffici di applicare le sanzioni
amministrative. In merito a questa disposizione e' opportuno chiarire che:    
1. la dichiarazione rettificativa presentata entro il termine di presentazione
della dichiarazione    originaria,    sostituisce completamente la precedente,
pertanto, non   si applica alcuna sanzione amministrativa e il contribuente ha
diritto a scegliere l'utilizzo di eventuali crediti risultanti da essa secondo
le ordinarie modalita', rimborso, compensazione, etc.;                        
2. la   dichiarazione   rettificativa   presentata entro il termine di novanta
giorni dalla    scadenza    del   termine di presentazione della dichiarazione
originaria, sostituisce   la   precedente   e   da' diritto al contribuente di
utilizzare gli   eventuali   crediti secondo le modalita' ordinarie, rimborso,
compensazione, etc..   Tale   dichiarazione   e'   valida a tutti gli effetti,
infatti, ma,   essendo   presentata tardivamente comporta l'applicazione delle
sanzioni amministrative (cfr. circolare n. 23/E del 25 gennaio 1999, paragrafo
n. 1.2);                                                                      
3. la   dichiarazione   rettificativa   presentata oltre il termine di novanta
giorni dalla    scadenza    del   termine di presentazione della dichiarazione
originaria si considera omessa, ma da' titolo per la riscossione delle imposte
dovute in  base agli imponibili in essa indicati e delle ritenute indicate dai
sostituti d'imposta. Eventuali crediti emergenti in questa sede possono essere
soltanto richiesti a rimborso.                                                
8.2     Dichiarazioni IVA                                                     
8.2.1   Dichiarazione IVA in caso di cessazione dell'attivita'                
D. Un   imprenditore individuale cessa l'attivita' il 31 dicembre 2000 donando
l'unica azienda   ai   figli che costituiranno una S.n. c.  Le istruzioni alla
dichiarazione IVA   2000   prevedono   che  nel caso di modificazioni da ditta
individuale in   societa'   avvenuta  dal 1/1/2000 al termine di presentazione
della dichiarazione,   in caso di trasferimento al nuovo soggetto del debito o
del credito   IVA,   la   dichiarazione   debba essere effettuata dal soggetto
risultante dalla  trasformazione. La societa' non e' tenuta alla presentazione
di una propria dichiarazione, in quanto costituita dopo il 31 dicembre 1999.  
Si chiede se le modalita' di presentazione corrette sono le seguenti:         
 - la  societa' presenta la  dichiarazione  IVA in via  autonoma relativamente
alle operazioni del dante causa;                                              
 - l'imprenditore presenta il modello Unico 2000 ad eccezione della parte IVA.
R. Nel  caso in cui nell'atto di donazione non e' stabilito che il debito e il
credito relativi   all'IVA rimangono in capo al donante, la societa' donataria
e' tenuta alla presentazione della dichiarazione IVA per l'anno 1999.         
Pertanto, come    prospettato    dalle    istruzioni per la compilazione della
dichiarazione IVA  1999, la societa' deve indicare i dati del soggetto donante
nella parte   riservata al contribuente e i dati propri nel riquadro riservato
al dichiarante,   previa   indicazione  del codice 9 nella casella relativa al
codice di carica.                                                             
Il soggetto   donante e' tenuto all'obbligo di presentazione del modello unico
2000, ad eccezione della parte IVA.                                           
8.2.2   Computo del pro-rata nelle liquidazioni e dichiarazioni periodiche    
D. La dichiarazione annuale IVA scade a maggio o giugno (modello Unico), ma il
pro-rata deve    essere    calcolato    in    via  provvisoria in ognuna delle
liquidazioni/dichiarazioni periodiche, che scadono gia' nel mese di febbraio. 
L'attuale articolo    19-bis    del    DPR   n.  633 del 1972 non riproduce la
disposizione del vecchio articolo 19, terzo comma, sul calcolo provvisorio del
pro-rata con    la    percentuale    dell'anno precedente. Tenendo conto della
sfasatura tra prima liquidazione periodica e successiva dichiarazione annuale,
a partire da quale conteggio mensile o trimestrale si tiene conto del pro-rata
dell'anno precedente?   Oppure il mancato richiamo nel vigente articolo 19-bis
sta a   significare   che durante l'anno la detrazione e' operata per intero e
viene limitata solo in sede di dichiarazione annuale?                         
R. Il  criterio indicato dall'articolo 19, terzo comma del DPR n. 633 del 1972
- nella formulazione precedente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 313 del
1997- in   base   al  quale i soggetti interessati alla regola del pro-rata in
corso d'anno   devono   applicare   una  percentuale provvisoria di detrazione
basata sul    pro-rata    dell'anno    precedente,  salvo conguaglio alla fine
dell'anno, e'   attualmente   riportato  dall'articolo 19, quinto comma, dello
stesso decreto. Tale norma dispone espressamente che i soggetti che esercitano
sia attivita'  che danno diritto alla detrazione sia attivita' che danno luogo
ad operazioni   esenti, in corso d'anno operano una detrazione provvisoria con
l'applicazione della   percentuale  di detrazione dell'anno precedente,  salvo
conguaglio alla fine dell'anno.                                               
Anche in   base   alle nuove disposizioni vigenti in tema di detrazione, quali
risultano a   seguito   delle   modifiche apportate al DPR n. 633 del 1972 dal
d.lgs. n.    313    del    1997,  occorre fare riferimento alla percentuale di
detrazione dell'anno   precedente gia'  dalla prima liquidazione/dichiarazione
periodica. La   stessa  disposizione contenuta nell'articolo 19, quinto comma,
stabilisce, infatti,   che    in   ciascun anno la determinazione del pro-rata
definitivo deve   essere  realizzata, mediante eventuale conguaglio, alla fine
dell'anno, anche se il predetto conguaglio risultera' in sede di dichiarazione
annuale.                                                                      
8.2.3   Splafonamento dell'esportatore abituale                               
D. Per   regolarizzare   lo  splafonamento dell'esportatore abituale, e' stata
pubblicata una risoluzione datata 10 marzo 1999, con il numero 391186, che non
si trova    nella    raccolta    ufficiale  del ministero delle finanze, e che
suggerisce una   procedura   totalmente a carico dell'acquirente, responsabile
della richiesta   oltre   i  limiti, senza piu' chiedere note di variazione al
fornitore, che non ha nessuna responsabilita' al riguardo. Si chiede se questa
posizione e'    condivisa    dall'amministrazione  centrale (verosimilmente la
risoluzione e'  di una direzione regionale), che potrebbe opportunamente farne
oggetto di una propria circolare.                                             
R. Il  presente quesito e quello riportato al punto 3.1.4 vertono nella stessa
materia e    prendono    spunto    dalla    nota  della Direzione Centrale per
l'Accertamento n. 391186 del 10 marzo 1999.                                   
Si ritiene    di    poter    confermare la procedura consentita dalla predetta
Direzione Centrale per la regolarizzazione degli acquisti effettuati, ai sensi
dell'articolo 8,   primo   comma, lettera c), del DPR 26 ottobre 1972, n. 633,
sulla base di dichiarazione di intento del cessionario o committente, oltre il
limite dell'ammontare consentito (plafond).                                   
In particolare,  in alternativa alla richiesta al proprio cedente o prestatore
di effettuare  le corrispondenti variazioni in aumento dell'IVA non addebitata
in fattura,   ai   sensi   dell'articolo 26 del citato DPR n. 633 del 1972, e'
consentito allo stesso cessionario o committente di regolarizzare l'operazione
nel modo seguente:                                                            
 - emissione di autofattura in duplice esemplare;                             
 - versamento  dell'imposta non applicata in fattura, oltre gli interessi e le
relative sanzioni   ridotte,  ai sensi dell'articolo 13 del d.lgs. 18 dicembre
1997, n.   472. In particolare, il versamento di regola andra' effettuato, per
quanto riguarda l'imposta e gli interessi, con utilizzo del modello F24 e, per
quanto riguarda le sanzioni, mediante l'utilizzo del modello F23. Peraltro, in
un'ottica semplificativa   del   sistema,   il versamento dell'imposta e degli
interessi potrebbe  anche essere effettuato attraverso la contabilizzazione in
sede di liquidazione periodica, con indicazione nel rigo VP8, colonna 1, della
dichiarazione mensile o trimestrale;                                          
 - annotazione dell'autofattura unicamente nel registro degli acquisti;       
 - presentazione  di un esemplare dell'autofattura al competente Ufficio IVA o
delle Entrate,  analogamente alla procedura prevista dall'articolo 6, comma 8,
del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.                                          
La procedura   ha   il  pregio di non coinvolgere piu' il cedente o prestatore
nella regolarizzazione   dell'operazione, atteso che, come e' stato piu' volte
affermato dalla   stessa Amministrazione finanziaria, la responsabilita' circa
la regolarita'   e  correttezza della dichiarazione di intento (sulla quale si
fonda l'operazione  agevolata) e, quindi, anche relativamente alla sussistenza
di plafond   ancora disponibile, incombe unicamente sull'acquirente del bene o
del servizio.                                                                 
Come sopra   detto,   e'  comunque possibile regolarizzare l'operazione con la
richiesta di   variazione   al   proprio  cedente o prestatore, fermo restando
l'obbligo del   pagamento   degli   interessi   e  delle sanzioni a carico del
cessionario o committente.                                                    
Invece non   sembra  conforme allo spirito del sistema una procedura basata su
una mera  contabilizzazione in sede di dichiarazione periodica, trattandosi di
una "regolarizzazione"   che   prescinderebbe  dalla emissione di un documento
contabile rettificativo della originaria fattura.                             
8.2.4   Errori nelle dichiarazioni periodiche                                 
D. Anche  in relazione all'avvio della procedura nel 1999, molte dichiarazioni
risultano errate specie per quanto riguarda l'imponibile delle vendite e degli
acquisti, senza che vi siano stati effetti nel calcolo dell'imposta.          
Queste violazioni  possono - alla luce del correttivo al d.lgs. 471 del 1997 -
essere considerate   violazioni   formali   e  per il 1999 essere sanate senza
sanzioni rispondendo alla richiesta di chiarimenti da parte dell'ufficio?     
R.      La   violazione   prospettata   e'   di carattere formale, poiche' non
comporta variazioni   dell'ammontare   del   tributo  dovuto per il periodo di
imposta (mese o trimestre).                                                   
Lo schema   di   decreto   integrativo e correttivo dei decreti legislativi 18
dicembre 1997,   numeri   471,   472   e 473, gia' approvato dal Consiglio dei
Ministri, aggiunge  all'articolo 25, recante disposizioni transitorie, dopo il
comma 3-bis,   il   comma   3-ter, che prevede nei casi di omissioni ed errori
relativi alle  dichiarazioni presentate nell'anno 1999, che non incidono sulla
determinazione o sul pagamento del tributo, la non applicazione della sanzione
prevista dall'articolo 8 del d.lgs. n. 471 del 1997, a condizione che l'autore
della violazione    provveda    alla    regolarizzazione   entro trenta giorni
dall'invito degli Uffici finanziari.                                          
Atteso che   il   comma aggiunto si riferisce genericamente alle dichiarazioni
presentate nell'anno   1999,   si ritiene che in esso vadano comprese anche le
dichiarazioni IVA periodiche.                                                 
8.3     Visto pesante                                                         
8.3.1   Visto             pesante:             ammortamenti         accelerati
D. Con riferimento all'opportunita' offerta ai revisori contabili, iscritti da
almeno cinque   anni negli ordini dei dottori commercialisti, dei ragionieri e
dei consulenti   del   lavoro   di  rilasciare la certificazione tributaria ai
contribuenti in   contabilita'   ordinaria  con la ragionevole convinzione che
siano rispettate    le    norme,    anche con riferimento alla interpretazione
ufficiale ministeriale,    con    tutto    quello  che ad essa consegue, quale
comportamento deve   adottare il professionista nel caso si trovi a verificare
la correttezza o meno dell'ammortamento accelerato relativo ai beni materiali,
visto e   considerato  che nella scheda n. 10 relativa agli ammortamenti delle
immobilizzazioni materiali   non   vi e' presente nessun riferimento specifico
agli ammortamenti   accelerati?   Inoltre,   visto e considerato che non vi e'
nessun riferimento   concreto   a posizioni ufficiali del ministero alle quali
poter far  affidamento nel rilascio del visto, quando puo' considerarsi lecito
avvalersi della   facolta' dell'ammortamento accelerato e quali documentazioni
probatorie si devono conservare per un eventuale supporto al verificatore?    
Quanto  detto e' legato  alla sola  professionalita'  del certificatore, cioe'
cimentarsi nel merito dei documenti probatori?                                
R. L'ammortamento    accelerato    consiste,    com'e' noto nella piu' intensa
utilizzazione dei   beni rispetto a quella normale del settore. Il concetto di
maggiore utilizzazione,   ha   chiarito la Corte di Cassazione con sentenza n.
6837 del   22   luglio  1994, va riferito alla sola azienda in cui e' inserita
l'attrezzatura e  non puo' essere fatta valere se riguarda l'intero settore di
appartenenza. Poiche'   la   possibilita'  di effettuare tale maggiorazione e'
subordinata alla condizione che gli impianti dell'impresa siano effettivamente
sottoposti ad   un   piu'   intenso e prolungato sfruttamento oltre il normale
orario di    lavoro,    l'individuazione    del  maggior utilizzo di tali beni
strumentali e' da ricercarsi negli indici di produttivita' aziendale.         
L'azienda dovra'    al    riguardo    fornire  adeguata prova al certificatore
tributario, che    la    verifichera'    anche    in  via di fatto, oltre alla
documentazione probatoria, cosi' come avviene di consueto in sede di controllo
fiscale.                                                                      
8.3.2   Visto pesante: poteri di controllo e verifica                         
D. L'articolo   14   del  decreto ministeriale 29 dicembre 1999 sottolinea che
l'attivita' di    controllo    e  di verifica dell'amministrazione finanziaria
relativamente alle    dichiarazioni    per    le  quali e' stata rilasciata la
certificazione tributaria   "e'  riferita di regola alle componenti di reddito
che non   hanno  costituito oggetto di certificazione". Si chiede quale sia la
portata pratica   della   locuzione   di regola e se tale espressione possa in
qualche modo   configurare  l'assoggettamento a controllo anche delle voci per
cui e' stata rilasciata la certificazione.                                    
R. Il    quesito    inerente    l'attivita'   di controllo e di verifica sulle
certificazioni tributarie    rilasciate,    verte   sull'interpretazione della
locuzione di   regola   richiamata   nell'art.   4 del decreto ministeriale 29
dicembre 1999    e,    se    tale  espressione possa in quale modo configurare
l'assoggettamento a  controllo anche delle voci per cui e' stata rilasciata la
certificazione.                                                               
L'art. 4 del decreto citato prevede:                                          
a) in   sede  di programmazione dell'attivita' di controllo e di verifica sono
definiti appositi   criteri selettivi finalizzati a riscontrare la correttezza
della certificazione  rilasciata (art. 26, comma 2 del decreto ministeriale 31
maggio 1999, n. 164);                                                         
b) relativamente   alle   dichiarazione   per  le quali e' stata rilasciata la
certificazione tributaria, l'attivita' di controllo e' riferita di regola alle
componenti di reddito che non hanno costituito oggetto di certificazione.     
Pertanto la   locuzione   di   regola   va  interpretata nel suo stretto senso
lessicale e   cioe'   che   non e' preclusa all'Amministrazione finanziaria la
possibilita' di  sottoporre a controllo e verifica anche gli elementi positivi
e negativi di reddito che hanno costituito oggetto di certificazione.         
8.3.3   Visto pesante: scritture predisposte e tenute dal professionista      
D. Ai   fini   della certificazione tributaria, l'articolo 24 del DM 31 maggio
1999, n.   164,   dispone   che  i professionisti rilasciano la certificazione
tributaria se hanno tenuto e predisposto le dichiarazioni e tenuto le relative
scritture contabili.  Ai sensi dello stesso articolo le scritture contabili si
intendono predisposte    e    tenute    dal   professionista anche quando sono
predisposte e  tenute direttamente dallo stesso contribuente o da una societa'
di servizi di cui uno o piu' professionisti posseggono la maggioranza assoluta
del capitale,   a   condizione   che  tali attivita' siano effettuate sotto il
diretto controllo   e   la   responsabilita'  dello stesso professionista. Una
interpretazione letterale    della    norma    da    supporre,  quindi, che la
certificazione sia   apponibile   solo   nel  caso in cui la contabilita' e le
scritture siano   tenute direttamente dal contribuente (e non attraverso terzi
soggetti non   abilitati   alla certificazione) o dagli stessi certificatori o
strutture da   essi controllate, escludendo quindi la possibilita' che vengano
certificate dichiarazioni   relative   a   contabilita' tenute da soggetti non
abilitati alla    certificazione.    Qual    e'   a riguardo l'interpretazione
ministeriale?                                                                 
R. L'interpretazione   letterale, descritta nel quesito, della norma contenuta
nell'art. 24   del   decreto   ministeriale   31/5/99, n. 164 nel senso che la
certificazione sia   apponibile   solo   nel  caso in cui la contabilita' e le
scritture siano tenute direttamente dal contribuente, o dai certificatori o da
societa' di  servizi controllate dai certificatori ovvero da un Caf-imprese e'
corretta volendosi   espressamente escludere che la certificazione si sostanzi
in un   sigillo formale su situazioni al di fuori della sfera di controllo del
certificatore.                                                                
8.3.4   Controllo e responsabilita' del certificatore                         
D. Cosa  si  intende con la locuzione  " diretto controllo e  responsabilita'"
del certificatore  di cui all'art 24 del  d.m. 31 maggio 1999, n. 164?        
R.      L'articolo 24, comma 1, del d.m. 31 maggio 1999, n. 164, prevede che i
certificatori rilascino   la certificazione tributaria se hanno predisposto le
dichiarazioni e tenuto le relative scritture contabili.                       
In base   al comma 2 dello stesso articolo 24, le dichiarazioni e le scritture
contabili si   intendono   predisposte e tenute dai certificatori anche quando
sono predisposte e tenute:                                                    
 - direttamente dallo stesso contribuente;                                    
 - da  un a societa' di servizi di cui uno o piu' certificatori  posseggono la
maggioranza assoluta del capitale sociale;                                    
 - da un CAF-imprese.                                                         
Le attivita'    di    predisposizione    delle dichiarazioni e di tenuta delle
scritture contabili    devono    peraltro   essere effettuate sotto il diretto
controllo e la responsabilita' del certificatore.                             
La norma   presuppone,   quindi,   che   il certificatore mantenga comunque il
controllo di   tali attivita' assumendone le responsabilita' come se le avesse
svolte direttamente.                                                          
8.3.5   Limite al rilascio delle  certificazioni                              
D. Esiste un tetto massimo  di certificazioni tributarie  che  ogni singolo   
professionista puo' rilasciare?                                               
R. Il   decreto   29 dicembre 1999 del Ministro delle Finanze non individua un
numero massimo  delle certificazioni tributarie che ciascun certificatore puo'
rilasciare con   riferimento  alle dichiarazioni relative al periodo d'imposta
1999.                                                                         
8.3.6   Rilascio della certificazione in caso di risultato negativo           
(si veda par. 8.3.9.)                                                         
D. Nel caso  in cui dal controllo delle  voci  emerga un risultato negativo il
professionista   deve   rilasciare   la   certificazione  con  la  valutazione
negativa  oppure non deve rilasciare alcuna la certificazione?                
8.3.7   Tenuta del registro delle certificazioni                              
D. Il   certificatore   deve   tenere   un  apposito  registro su cui annotare
l'elenco dei   contribuenti   per   i    quali ha rilasciato la certificazione
tributaria?                                                                   
R.      No.                                                                   
8.3.8   Certificazione della gestione delle scritture contabili               
D. Il   professionista che ha  tenuto le scritture contabili del contribuente,
e' obbligato   al   rilascio della certificazione tributaria, su richiesta del
contribuente?                                                                 
R. Su  richiesta del contribuente il professionista abilitato non e' obbligato
al rilascio    delle    certificazione    tributaria  che rientra sempre nella
discrezionalita' del professionista stesso.                                   
8.3.9   Certificazione a seguito di maggiori esborsi                          
D. La   certificazione   puo'   essere rilasciata anche quando la non corretta
applicazione della   normativa tributaria ha comportato per il contribuente un
maggiore esborso, e quindi complessivamente nessun danno per il fisco?        
R. Tenuto   conto   che   il   certificatore  non e' obbligato a rilasciare la
certificazione richiesta, si deve ritenere che la stessa sara' rilasciata solo
se i   risultati   del  controllo avranno evidenziato la corretta applicazione
delle norme relative alle componenti oggetto della certificazione.            
8.4     Presentazione delle dichiarazioni                                     
8.4.1   Presentazione della dichiarazione dei redditi: soggetto IRPEG in      
liquidazione ordinaria                                                        
D. Nell'ambito   delle   disposizioni di cui all'articolo 5 del DPR n. 322 del
1998 viene    previsto    che,    nelle  ipotesi di liquidazione ordinaria, le
dichiarazioni devono   essere  presentate entro i termini ordinari previsti in
relazione al   singolo   soggetto passivo di imposta. Posto che la fattispecie
relativa alle  societa' di persona non crea particolari problemi, si chiede di
conoscere quando   deve  essere identificato il termine di presentazione della
dichiarazione relativa   ad un soggetto IRPEG posto in liquidazione in data 30
settembre 1999, con riferimento al periodo 1 gennaio 1999 - 30 settembre 1999.
E' corretto   affermare  che il predetto termine scade, comunque, considerando
come riferimento   quello   di   approvazione del bilancio relativo all'intero
periodo di imposta 1999?                                                      
R. L'articolo  5 del DPR n. 322 del 1998, prevede che in caso di  liquidazione
volontaria la   dichiarazione   relativa  al periodo compreso tra l'inizio del
periodo d'imposta   e  la data di messa in liquidazione deve essere presentata
dal liquidatore   o, in mancanza, dal rappresentante legale, entro l'ordinario
termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi. La dichiarazione
relativa alla   residua   frazione  del periodo d'imposta e quelle relative ai
successivi periodi  d'imposta, se la liquidazione si prolunga oltre il periodo
d'imposta in   cui  la liquidazione ha inizio, devono essere presentate sempre
nei termini ordinari.                                                         
Sulla base di quanto previsto dall'articolo 2, commi 2 e 3, del DPR n. 322 del
1998, i   soggetti   all'imposta  sul reddito delle persone giuridiche, tenuti
all'approvazione del   bilancio   o  del rendiconto entro un termine stabilito
dalla legge o dall'atto costitutivo, presentano la dichiarazione entro un mese
dall'approvazione del   bilancio o del rendiconto. Se il bilancio non e' stato
approvato nel termine stabilito, la dichiarazione deve essere presentata entro
un mese    dalla    scadenza    del    termine   stesso. I soggetti non tenuti
all'approvazione del   bilancio   o del rendiconto presentano la dichiarazione
entro sei mesi dalla fine del periodo d'imposta.                              
Ne discende   che un soggetto IRPEG, tenuto all'approvazione del bilancio, con
periodo d'imposta   coincidente   con   l'anno solare, posto in liquidazione a
decorrere dal   1   ottobre 1999 presenta, entro un mese dall'approvazione del
bilancio relativo al periodo d'imposta 1999, le dichiarazioni:                
 - con riferimento al periodo 1gennaio 1999 - 30 settembre 1999;              
 - con riferimento al periodo 1 ottobre 1999 - 31 dicembre 1999.              
8.4.2   Obbligo di presentazione della  dichiarazione  IVA periodica: soggetti
con volume d'affari inferiore a lire cinquanta milioni                        
D. La   dichiarazione   IVA periodica non deve essere presentata dalle persone
fisiche che   nell'anno   precedente   hanno conseguito un volume d'affari non
superiore a 50 milioni di lire. Al riguardo si chiede di precisare se:        
- l'importo  predetto debba  essere ragguagliato ad anno e con quale unita' di
riferimento  (giorni  o  mesi), nel  caso  in  cui  l'attivita' non  sia stata
esercitata per l'intero periodo d'imposta (esempio, inizio attivita');        
- i   contribuenti   che   iniziano   l'attivita'  possono, per il primo anno,
avvalersi dell'esonero facendo riferimento al volume d'affari che presumono di
realizzare; in   tal   caso  si chiede di conoscere gli effetti dell'eventuale
superamento del limite in corso d'anno.                                       
Si rappresenta    che    problemi    analoghi    si pongono nei riflessi delle
semplificazioni per i contribuenti minori previste dall'art. 33 del DPR n. 633
del 1972  e confermate dall'art. 7 del DPR correttivo approvato il 3 settembre
1999.                                                                         
R. In   relazione  al quesito prospettato si deve preliminarmente far presente
che nel    caso    d'inizio    attivita' non sussistono parametri oggettivi di
determinazione dell'ammontare del volume d'affari che si presume di realizzare
mancando, in tal senso, un'espressa previsione normativa sia nel testo del DPR
23 marzo   1998,   n.  100, attualmente vigente, sia nella versione modificata
dall'art. 2 del DPR correttivo approvato il 3 settembre 1999.                 
Inoltre, tutte   le  ipotesi in cui il contribuente e' obbligato a prendere in
considerazione, per   l'individuazione   degli   adempimenti da rispettare, il
volume d'affari    presunto,    sono    state    espressamente individuate dal
legislatore. A   tale   proposito si ricorda la previsione normativa contenuta
nell'art. 35   del  DPR 26 ottobre 1972, n.  633, in merito alla presentazione
della dichiarazione   d'inizio attivita', nonche' a quelle contenute nell'art.
3,  commi   168   e 176 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, relativamente ai
contribuenti che   si  vogliono avvalere del particolare regime semplificato o
forfetario di cui ai commi 165 e 171 della medesima legge n. 662.             
Pertanto si   deve   ritenere  che, limitatamente al primo anno d'attivita', i
contribuenti non   siano  obbligati alla presentazione della dichiarazione IVA
periodica.                                                                    
Nell'anno successivo  l'obbligo di presentazione della dichiarazione periodica
sussistera' o   meno   a   seconda che il volume d'affari sia stato superiore,
ovvero inferiore o uguale, ai 50 milioni di lire.                             
Non esiste   infatti   una previsione normativa che obblighi il contribuente a
ragguagliare ad   anno  il volume d'affari conseguito nel periodo d'imposta in
cui l'attivita'    e'    stata    esercitata  per un tempo limitato (attivita'
intrapresa in corso d'anno)                                                   
9       SANZIONI TRIBUTARIE                                                   
9.1     Ravvedimento operoso                                                  
9.1.1   Ravvedimento operoso IVA                                              
D. In   materia   di   IVA   "art.   48,  comma 1, del DPR n. 633 del 1972) il
ravvedimento operoso del contribuente sanava anche le irregolarita' in materia
di fatturazione,   ricevute   e   scontrini  fiscali, documenti di trasporto e
contabilita'. Attualmente   (art.   13 del d.lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997)
vale la   stessa   regola  o e' necessario versare anche distinte somme per le
diverse sanzioni irrogabili per ciascuna irregolarita'?                       
R. La   disposizione dell'art. 48 del D.P.R. n. 633 del 1972 che consentiva la
regolarizzazione delle   violazioni in materia di fatturazione, registrazione,
etc. era   quella   contenuta   nel   primo comma, quarto periodo, relativa al
cosiddetto "ravvedimento     preventivo",     ossia     effettuato  in sede di
presentazione della   dichiarazione.   Esso   consisteva,  per un verso, nella
indicazione "specifica"  in dichiarazione dei corrispettivi non registrati (il
che escludeva la violazione di infedele dichiarazione) e, per altro verso, nel
pagamento di una somma pari al dieci per cento di tali maggiori corrispettivi.
Anche adesso,   ai   sensi   dell'art.   13  del d.lgs. n. 472 del 1997, se il
ravvedimento interviene    "preventivamente",    non  essendo configurabile la
violazione di     infedele     dichiarazione,     la regolarizzazione riguarda
essenzialmente l'omessa    fatturazione    o   registrazione (ed eventualmente
l'omesso versamento che ne e' scaturito).                                     
9.1.2   Ravvedimento operoso: infedele dichiarazione IVA periodica            
D. Nelle   nuove  istruzioni di compilazione della dichiarazione IVA periodica
approvate con  d.m. 21 dicembre 1999 viene precisato, riguardo al ravvedimento
operoso, che la regolarizzazione dell'infedelta' della dichiarazione periodica
causata da   sottostanti violazioni in materia di fatturazione, registrazione,
detrazione, si   effettua   regolarizzando semplicemente tali violazioni. Alla
luce di   cio',   puo' ritenersi superata la circolare n. 192/E del 1998 nella
parte in    cui    afferma    che,    in  caso di violazioni degli obblighi di
documentazione che  abbiano dato luogo ad un carente versamento d'imposta, per
regolarizzare completamente   la propria posizione il contribuente deve sanare
sia la  violazione prodromica che quella indotta, pagando entrambe le sanzioni
ridotte ai sensi di legge?                                                    
R. La risposta e' negativa.                                                   
Si ribadisce quanto affermato con circolare n. 192 del 1998: qualora l'omessa 
fatturazione (o registrazione) abbia dato origine ad un omesso pagamento,     
anche per quest'ultima violazione deve essere pagata la sanzione ridotta ai   
fini di una completa regolarizzazione.                                        
9.1.3   Ravvedimento operoso: affrancamento di cui al d.lgs. n. 461 del 1997  
D. La   circolare   del  Ministero delle Finanze n. 207/E del 26 ottobre 1999,
precisa che   la   disposizione   di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 259 del 1999
stabilisce che  i ritardati, omessi o insufficienti versamenti delle imposte e
delle ritenute   di  cui d.lgs. n. 461 del 1997, i cui termini scadevano il 21
giugno 1999, potevano essere sanati entro il mese di ottobre 1999 senza alcuna
sanzione. Viene sottolineato che gli inadempimenti relativi alle dichiarazioni
dei redditi    e    alle    dichiarazioni  dei sostituti di imposta nonche' ai
versamenti ed   alle  ritenute scadenti dopo il 21 giugno 1999, possono essere
invece sanati con le ordinarie procedure di cui all'art. 13 del d.lgs. n . 472
del 1997    (sempreche'    la    fattispecie    rientri  tra quelle oggetto di
ravvedimento(. Si   chiede   pertanto,   posto  che il ravvedimento operoso si
riferisce, in    genere,    ad    obblighi   non correttamente soddisfatti dal
contribuente e  non a fattispecie opzionali quali, ad esempio, l'affrancamento
delle partecipazioni   possedute   alla   data   del  1 luglio 1998, ma che la
sanatoria ha   come   causa  ostativa un'attivita' svolta dall'amministrazione
finanziaria di   cui l'autore della violazione abbia formale conoscenza, se la
mancata indicazione   del   valore   delle  partecipazioni che il contribuente
intendeva affrancare   alla   predetta   data   nell'ambito del quadro RT e il
conseguente versamento   dell'imposta   sostitutiva, costituiscano fattispecie
oggetto di   possibile  ravvedimento operoso entro il termine di presentazione
della dichiarazione relativa al periodo d'imposta 1999.                       
R. L'art.  14 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 ha previsto una
disciplina transitoria per le partecipazioni possedute al 1 luglio 1998.      
Tale disciplina,  che aveva carattere opzionale, consentiva al contribuente di
affrancare le plusvalenze maturate fino al 30 giugno 1998, assicurando loro un
trattamento analogo   a   quello  che si sarebbe applicato se tali plusvalenze
fossero state  effettivamente realizzate entro tale data. A tal fine, e' stata
concessa la   facolta'   di   determinare  il costo o valore di acquisto delle
partecipazioni possedute   al  1 luglio 1998 utilizzando criteri alternativi a
quelli ordinari.                                                              
Trattandosi di   un   regime   opzionale, la cui mancata adozione non comporta
ovviamente l'applicazione   di   alcuna  sanzione, in linea generale, non puo'
ammettersi l'istituto    del    "ravvedimento    operoso", il quale e' volto a
rimuovere un  comportamento del contribuente sanzionabile dall'Amministrazione
finanziaria. Va,    peraltro,    sottolineato    che,    nelle  ipotesi in cui
l'affrancamento poteva   essere   effettuato  entro un termine predeterminato,
l'istituto del "ravvedimento operoso" non puo' essere invocato per aggirare la
scadenza del   termine   ormai avvenuta o per modificare la scelta relativa al
criterio di affrancamento adottato.                                           
Quanto sopra   premesso, va precisato che il richiamato "ravvedimento operoso"
puo' essere   utilizzato,   invece,  per rimuovere eventuali irregolarita' che
siano state   commesse  dal contribuente nell'effettuare l'affrancamento delle
plusvalenze maturate entro il 30 giugno 1998.                                 
E' opportuno   ricordare che ai fini dell'affrancamento, occorreva distinguere
le ipotesi in cui le partecipazioni, o i diritti attraverso cui possono essere
acquisite partecipazioni,  fossero o meno negoziate in mercati regolamentati e
se fossero qualificate o non qualificate:                                     
1) per   le  partecipazioni non qualificate negoziate in mercati regolamentati
italiani, cosi'   come definite dalla lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo
81 del  TUIR nel testo vigente anteriormente al 1 luglio 1998, il criterio del
valore al   1   luglio  1998 consisteva nell'assumere in luogo dell'originario
costo o   valore   di acquisto il valore risultante dalla media aritmetica dei
prezzi rilevati   presso   i  medesimi mercati nel mese di giugno 1998. Per la
valorizzazione di tali partecipazioni non era dovuto il pagamento dell'imposta
sostitutiva e   pertanto non doveva essere necessariamente compilato il quadro
RT della   dichiarazione dei redditi del 1998. In queste ipotesi, se il quadro
RT non     e'   stato   compilato   non c'e' alcuna necessita' di ricorrere al
"ravvedimento operoso";   se,  invece, e' stato predisposto in modo errato, e'
possibile usufruire del predetto istituto;                                    
2) per   le   partecipazioni   qualificate, negoziate in mercati regolamentati
italiani, cosi'   come  definite dalla lettera c) del comma 1 dell'articolo 81
del TUIR   nel   testo vigente anteriormente al 1 luglio 1998, il criterio del
valore al   1   luglio 1998 consisteva nell'assumere, in luogo dell'originario
costo o   valore  di acquisto, il valore risultante dalla media aritmetica dei
prezzi rilevati   presso   i medesimi mercati regolamentati nel mese di giugno
1998, a   condizione   che le plusvalenze comprese nel predetto valore fossero
assoggettate ad   imposta   sostitutiva con i criteri di cui al d.L. n. 27 del
1991. L'imposta   doveva   essere versata entro il termine di versamento delle
imposte sui   redditi   dovute  a saldo in base alla dichiarazione dei redditi
relativa al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1998.                   
Tale modalita'    di    affrancamento   si applicava anche alle partecipazioni
qualificate e   non   qualificate, definite tali dalle lettere c) e c-bis) del
comma 1 dell'articolo 81 del TUIR nel testo vigente anteriormente al 1 luglio,
negoziate esclusivamente    in    mercati    esteri. Per queste ipotesi, se il
contribuente ha   commesso errori nella determinazione delle plusvalenze o nel
calcolo dell'imposta   sostitutiva   e' consentito il ricorso "al ravvedimento
operoso" per correggere errori o omissioni;                                   
3) per   le   partecipazioni   qualificate e non qualificate, non negoziate in
mercati regolamentati   italiani  o esteri, il criterio del valore al 1 luglio
1998 consisteva   nell'assumere   in   luogo dell'originario costo o valore di
acquisto, il   valore   della   frazione  del patrimonio netto della societa',
associazione o ente rappresentata da tali titoli, determinato sulla base delle
risultanze contabili dell'ultimo bilancio approvato prima del 1 luglio 1998, a
condizione che    le    plusvalenze    comprese    nel predetto valore fossero
assoggettate ad   imposta   sostitutiva con i criteri di cui al d.L. n. 27 del
1991. L'imposta   doveva   essere versata entro il termine di versamento delle
imposte sui   redditi   dovute  a saldo in base alla dichiarazione dei redditi
relativa al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1998.                   
In alternativa, il valore della frazione di patrimonio netto rappresentato dai
titoli poteva   essere determinato, ai sensi del comma 9 del medesimo articolo
14 del d.lgs. n. 461 del 1997, in relazione al valore effettivo di mercato del
patrimonio della   societa' partecipata, sulla base di una relazione di stima,
redatta dai   soggetti  abilitati ivi elencati (soggetti iscritti all'albo dei
dottori commercialisti,   dei ragionieri, dei periti commerciali e nell'elenco
dei revisori   contabili). Tale relazione doveva essere giurata e al redattore
si applicano le disposizioni del Codice penale relative ai periti (art. 64 del
Codice di procedura civile).                                                  
La relazione     giurata     doveva     essere  necessariamente indicata nella
dichiarazione dei   redditi   della societa' (associazione o ente) relativa al
periodo d'imposta   in   corso alla data del 1 luglio 1998, unitamente ai dati
identificativi dell'estensore della perizia. A tal fine, era stato inserito un
apposito prospetto   nel   quadro  RB della dichiarazione dei redditi, modello
Unico 99   persone giuridiche e nel quadro RP del modello Unico 99 societa' di
persone.                                                                      
La relazione   giurata   doveva esprimere il valore effettivo di mercato della
societa' al   1   luglio   1998;  tale valore doveva essere reso noto ai soci,
associati o partecipanti che ne avessero fatto richiesta.                     
Anche in  queste ipotesi e' possibile ricorrere all'istituto del "ravvedimento
operoso" per    correggere    errori   ed omissioni nella determinazione delle
plusvalenze e nel calcolo dell'imposta ovvero per indicare nella dichiarazione
della societa'   i   dati relativi alla perizia giurata, la quale, pero', deve
comunque essere  stata redatta e giurata con le modalita' previste dalla norma
ed entro il termine di presentazione della dichiarazione originaria.          
9.1.4   Ravvedimento operoso: irregolarita' nei modelli di versamento         
D. L'articolo   15   del   d.lgs.  n. 471 del 1997 prevede, esplicitamente, la
sanzione relativa  ad irregolarita' nei documenti di versamento qualora questi
"non contengono  gli elementi necessari per l'identificazione del soggetto che
li esegue   e   per l'imputazione della somma versata". Nell'ipotesi in cui si
verifichi un   errore  relativo, ad esempio, all'indicazione di somme dovute a
titolo di   tributo   erariale   indicate   nella sezione riservata ai tributi
regionali, e'   necessario   effettuare il ravvedimento operoso in quanto tale
violazione e'   sanzionabile   o  e' sufficiente una comunicazione indirizzata
all'ufficio finanziario    e    al   concessionario della riscossione senza la
necessita' di    corrispondere    alcuna    sanzione  anche in misura ridotta?
R. L'art. 15 del d.lgs n. 471 del 1997 disciplina l'ipotesi in cui i documenti
utilizzati per  i versamenti diretti non contengano gli elementi necessari per
l'identificazione del   soggetto che li esegue e per l'imputazione della somma
versata.                                                                      
La fattispecie   descritta   nel  quesito, come anche l'errata indicazione del
codice tributo,   integra   la violazione citata, per la quale e' prevista una
sanzione da lire duecentomila a lire un milione.                              
Essa puo'   essere regolarizzata entro tre mesi senza necessita' di effettuare
alcun pagamento, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 472 del 1997.  
Qualora, invece,  la regolarizzazione intervenga oltre i tre mesi, ma entro il
termine di   cui   al comma 1, lettera b), del citato articolo 13, deve essere
corrisposto l'importo   di   lire   33.000,  pari ad un sesto del minimo della
sanzione.                                                                     
Quanto alle   concrete   modalita' di ravvedimento relative al Mod. F24, oltre
all'eventuale pagamento il contribuente dovra' inviare, entro i termini di cui
si e'    detto,    un'apposita    comunicazione    al  Ministero delle Finanze
(precisamente all'Ufficio   Struttura di Gestione della Direzione Centrale per
la Riscossione   del Dipartimento delle Entrate) fornendo chiarimenti circa la
corretta imputazione   del  pagamento. Non e' possibile, dunque, regolarizzare
attraverso la presentazione di un nuovo modello F24.                          
9.1.5   Ravvedimento operoso: violazioni IVA prodromiche e indotte            
D. Al  paragrafo 20 dell'appendice alle istruzioni della dichiarazione annuale
IVA 2000,   nel punto 3 b) viene trattata  l'ipotesi della regolarizzazione di
errori ed   omissioni  non rilevabili in sede di controllo ex articolo 54-bis,
DPR n.   633 del 1972, quali omessa fatturazione o registrazione di operazioni
imponibili, ecc.,  precisando che il ravvedimento si effettua pagando un sesto
della sanzione   (vale   a   dire   il  16,66% dell'imposta), il tributo e gli
interessi moratori   e presentando dichiarazione integrativa. Il fatto che non
si accenni   alla  regolarizzazione anche della violazione "prodromica" che ha
provocato l'infedelta'   della   dichiarazione,  attraverso il pagamento della
corrispondente sanzione   ridotta,   significa che sanando  l'infedelta' della
dichiarazione vengono automaticamente sanate anche le violazioni "a monte"?   
R. La risposta e' negativa.                                                   
Si precisa,   in premessa, che le istruzioni relative alla compilazione di una
dichiarazione hanno   riferimento  limitato alla dichiarazione da presentare e
non possono,   quindi, essere interpretate in maniera estensiva in relazione a
fattispecie non attinenti.                                                    
Nel caso in esame, nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione IVA,
in tema   di   ravvedimento,   correttamente   e' stata menzionata soltanto la
violazione relativa   all'infedelta'   della  dichiarazione e non anche quelle
prodromiche (omessa fatturazione, etc.).                                      
Trattandosi di   fattispecie   distinte,   infatti,   in linea di principio il
ravvedimento relativo   ad   una   violazione  non dipende necessariamente dal
ravvedimento relativo      alle      altre,      fermo      restando il potere
dell'Amministrazione di sanzionare le violazioni non regolarizzate.           
Al paragrafo 20 dell'appendice alle istruzioni della dichiarazione annuale IVA
2000, nel   punto 3 b), si spiega dunque che ai fini del ravvedimento relativo
all'infedele dichiarazione   non e' necessario sanare (o aver sanato) anche le
violazioni prodromiche,    ma    cio'    non significa che queste ultime siano
assorbite nell'infedele dichiarazione.                                        
Tale assorbimento,  in realta', non sarebbe neppure possibile, considerato che
nel momento   in cui interviene il ravvedimento relativo alla dichiarazione e'
gia' scaduto il termine per regolarizzare le violazioni "a monte".            
9.1.6   Ravvedimento operoso: debito previdenziale compensato con credito     
tributario non capiente                                                       
D. La   risoluzione   del   ministero delle finanze n. 70/E del 13 luglio 1998
afferma che, nell'ipotesi di errata compensazione, il contribuente che intende
effettuare il  ravvedimento operoso deve procedere al versamento delle somme a
debito corrispondenti al credito non capiente od indebitamente compensato.    
Tale procedura,    che    non    presenta particolari problematiche qualora la
compensazione sia  effettuata nell'ambito dei tributi e' bloccata in relazione
alle ipotesi   in   cui,   attraverso  crediti tributari, si compensano debiti
previdenziali. E'   possibile   che,   ai   fini della semplificazione, in una
situazione di   questo  genere il contribuente proceda al ravvedimento operoso
ripristinando, per     intero,     il     credito  indebitamente utilizzato in
compensazione?                                                                
R. La risoluzione n. 70/E 13 luglio 1998, nel caso di compensazione di crediti
inesistenti, riconosce    la    possibilita'    al   contribuente di avvalersi
dell'istituto del ravvedimento, effettuando il versamento delle somme a debito
corrispondenti al credito inesistente erroneamente compensato.                
Al riguardo,   si   fa  presente che sono allo studio soluzioni, sia a livello
normativo che amministrativo, volte a consentire di effettuare il ravvedimento
in riferimento al credito inesistente.                                        
9.1.7   Ravvedimento (Art. 13 d.lgs. n. 472 del 1997)                         
D. Si   chiede   di conoscere quali siano i termini e le relative sanzioni del
ravvedimento ex   art.   13   d.lgs. 472 del 1997 per le seguenti fattispecie:
------------------------------------------------------------------------------
                        Termine entro   il quale             ammontare delle  
                        puo' essere effettuato               sanzioni         
                        il ravvedimento                                       
------------------------------------------------------------------------------
Dichiarazione annuale                                                         
per le imposte sui                                                            
redditi                                                                       
------------------------------------------------------------------------------
dichiarazione                                                                 
annuale dei sostituti                                                         
di imposta                                                                    
------------------------------------------------------------------------------
dichiarazione annuale                                                         
IVA                                                                           
------------------------------------------------------------------------------
dichiarazione                                                                 
periodica IVA                                                                 
------------------------------------------------------------------------------
dichiarazione di                                                              
successione                                                                   
------------------------------------------------------------------------------
Si chiede inoltre:                                                            
 - se  ed  entro  quale  termine e'  possibile  il   ravvedimento anche per la
correzione di soli errori formali;                                            
 - se l'imposta dovuta   a seguito del ravvedimento puo' essere compensata con
altri crediti del contribuente sia in senso "verticale" che "orizzontale".    
R.                                                                            
        ------------------------------------------------                      
II.DD.- IVA                                                                   
OMESSA DICHIARAZIONE                                                          
entro 90 giorni dal termine di scadenza                 1/8 del minimo        
per la presentazione della dichiarazione                                      
VIOLAZIONI SOSTANZIALI                                                        
entro il termine per la presentazione                   1/5 del minimo        
della dichiarazione dell'anno in cui e'                                       
stata commessa la violazione                                                  
VIOLAZIONI FORMALI                                                            
 -entro 3 mesi dal termine di scadenza                                        
per la presentazione della dichiarazione                nessuna sanzione      
 -entro il termine per la presentazione                                       
della dichiarazione dell'anno in cui                                          
e' stata commessa la violazione                         1/5 del minimo        
OMESSI PAGAMENTI                                                              
 -entro 30 giorni dalla data dell'infrazione            1/8 del minimo        
 -entro il termine per la presentazione                                       
della dichiarazione dell'anno in cui e'                                       
stata commessa la violazione                            1/5 del minimo        
DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE                                                  
OMESSA DICHIARAZIONE                                                          
 -entro 90 giorni dal termine di scadenza                                     
per la presentazione della dichiarazione                1/8 del minimo        
 -entro 1 anno dal termine di scadenza                                        
per la presentazione della dichiarazione                1/5 del minimo        
VIOLAZIONI SOSTANZIALI                                                        
entro 1 anno dalla commessa violazione                  1/5 del minimo        
VIOLAZIONI FORMALI                                                            
 -entro 3 mesi dalla commessa violazione                nessuna sanzione      
 -entro 1 anno dalla commessa violazione                1/5 del minimo        
         ---------------------------------------------------------            
Si considerano "violazioni formali" le omissioni e gli errori che non incidono
sulla determinazione e sul pagamento del tributo.                             
Si considerano "violazioni sostanziali" le omissioni e gli errori che incidono
sulla determinazione  e sul pagamento del tributo, violazioni rilevabili cioe'
sia in   sede   di liquidazione dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione
prodotta che in sede di rettifica della stessa.                               
In ordine   alla   compensazione   delle imposte derivanti dal ravvedimento si
precisa che   i   crediti   risultanti  dalla dichiarazione annuale precedente
possono essere   utilizzati in compensazione dal giorno successivo a quello in
cui si e' chiuso il periodo d'imposta.                                        
Pertanto si   ritiene, in linea di principio, che i debiti emergenti a seguito
del ravvedimento   di  cui all'articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, possono
essere compensati   con   i   crediti  del periodo d'imposta precedente, fatta
eccezione dei crediti IVA risultanti dalle liquidazioni periodiche effettuate,
che possono   essere   computati in detrazione ai fini di ridurre i debiti IVA
emergenti dalle successive liquidazioni periodiche.                           
Anche in   tale   ipotesi,  tuttavia, e' possibile la compensazione dell'IVA a
debito emergente dal ravvedimento relativo ad omissioni ed errori rilevanti ai
fini delle   liquidazioni   periodiche,   ma  solo con la cosiddetta procedura
semplificata.                                                                 
Fermo restando   il  versamento, entro i termini stabiliti dal citato articolo
13, con Modello F23 delle sanzioni ridotte.                                   
9.1.8   Ravvedimento con procedura "speciale"                                 
D. In   caso   di   ravvedimento   con  la procedura "speciale" indicata nelle
istruzioni per   la   compilazione   delle  dichiarazioni IVA periodiche, come
occorre comportarsi   nelle   ipotesi   di omessa fatturazione e/o di indebita
detrazione riferite   allo stesso anno? Quali righi e caselle vanno compilati?
Inoltre, gli  interessi moratori vanno calcolati solo in caso di dichiarazione
a debito   ovvero anche per le dichiarazioni a credito? E' opportuna una mappa
con le diverse ipotesi anche in ordine alla misura delle sanzioni ridotte.    
R. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 472 del 1997 il
ravvedimento va  operato entro il termine di presentazione della dichiarazione
annuale relativa all'anno in cui la violazione e' stata commessa.             
In caso    di    ravvedimento    con    procedura "semplificata" relativo alle
dichiarazioni IVA    periodiche    infedeli,   la regolarizzazione puo' essere
effettuata, inserendo   nel  rigo VP8 le variazioni di imposta e nei righi dal
VP1 al   VP3   le  variazioni dell'imponibile previa barratura della casella 2
posta nell'intestazione del riquadro.                                         
Nel rigo   VP8   vanno   indicate   le variazioni di imposta comprensive degli
eventuali interessi   compensativi dovuti dai soggetti che hanno optato per la
liquidazione trimestrale   dell'imposta   maggiorati  degli interessi moratori
dovuti per il ravvedimento.                                                   
E' possibile    utilizzare    la    procedura  semplificata fino al termine di
presentazione dell'ultima    dichiarazione    periodica del periodo d'imposta,
relativa cioe' al mese di dicembre o al quarto trimestre dell'anno.           
Nell'ipotesi di   omessa   fatturazione e/o indebita detrazione che abbia dato
origine all'omesso   o   carente  versamento dell'imposta, la regolarizzazione
comporta il   pagamento   delle   sanzioni ridotte per omessa fatturazione e/o
indebita detrazione e per omesso pagamento, oltre al versamento dell'imposta e
degli interessi moratori.                                                     
In linea generale, come peraltro affermato dalle circolari n. 180 e n. 192 del
1998, il   ravvedimento opera su singole violazioni e di conseguenza sia sulle
violazioni prodromiche   che   su   quelle indotte. In nessun caso, quindi, il
ravvedimento operato    su    violazioni   indotte si estende sulle violazioni
prodromiche e viceversa.                                                      
Resta inteso    che    nelle    fattispecie omissive o commissive distinte, il
ravvedimento relativo   ad   una violazione non dipende dal ravvedimento delle
altre, fermo   restando   il   potere   degli uffici finanziari di irrogare le
sanzioni previste per le violazioni non oggetto di regolarizzazione.          
In alternativa    alla    procedura    semplificata   si potra' presentare una
dichiarazione periodica integrativa relativa al periodo nel corso del quale e'
stata commessa   la   violazione   originaria.  Se la violazione originaria ha
provocato l'infedelta'   delle successive dichiarazioni occorre procedere alla
regolarizzazione di tutte le dichiarazioni periodiche prodotte.               
Nell'ipotesi di    "dichiarazioni    irregolari",    e  cioe' di dichiarazioni
periodiche nelle   quali sono stati indicati dati errati non rilevanti ai fini
della determinazione o pagamento dell'imposta, la regolarizzazione puo' essere
operata, presentando    dichiarazioni    integrative,    entro  tre mesi senza
applicazione di   sanzioni  o nel termine di presentazione delle dichiarazioni
annuali con il contestuale pagamento della sanzione ridotta di lire 83.000.   
In caso   di   omissione delle dichiarazioni periodiche la regolarizzazione va
operata, entro  trenta giorni, presentando ai sensi dell'articolo 13, comma 1,
lett. c),   la dichiarazione e provvedendo al pagamento della sanzione ridotta
pari a 1/8 del minimo.                                                        
9.2     Altri quesiti in materia di sanzioni                                  
9.2.1   Mancato pagamento  entro sessanta giorni delle somme accertate ai fini
IVA                                                                           
D. In   caso   di omesso pagamento dell'IVA accertata dall'ufficio nei termini
stabiliti dall'articolo   60   del   DPR   n. 633 del 1972, si rende oppure no
applicabile la sanzione prevista dall'articolo 13 del d.lgs.  n. 471 del 1997?
R. La   previsione   dell'art.   13 del d.lgs. n. 471 del 1997 e' di carattere
generale, riguarda   cioe'   tutti   i   casi in cui sorge l'obbligo di pagare
un'imposta entro una precisa scadenza e tale incombenza viene disattesa.      
Pertanto, anche il mancato pagamento dell'imposta accertata dall'ufficio entro
i termini   stabiliti   dall'art.  60 del DPR n. 633 del 1972 e' soggetto alla
sanzione del trenta per cento.                                                
9.2.2   Irrogazione sanzioni: termini di decadenza                            
D. L'irrogazione  delle sanzioni per omesso o tardivo versamento delle imposte
sui redditi  e dell'IVA deve effettuarsi nei termini indicati dall'articolo 20
del d.lgs. n. 472 del 1997 oppure in quelli indicati nell'articolo 17, lettere
a) e  b), del DPR 602/73, come sostituito dall'articolo 6 del d.lgs. n. 46 del
1990? Qualora  fosse esatta la prima ipotesi, il "diverso termine previsto per
l'accertamento dei   singoli tributi" del quale e' cenno nell'articolo 20, nel
testo risultante a seguito delle modifiche previste dallo schema di D.Lgs.    
approvato il   29/12/99,  nei riflessi dell'IVA e delle imposte sui redditi va
identificato con   il  termine quinquennale di cui agli art. 43 del DPR n. 600
del 1973 e art. 57 del DPR n. 633 del 1972?                                   
R. L'art. 20 del d.lgs. 472 del 1997 prevede che il termine di decadenza entro
cui gli   Uffici   devono   notificare l'atto di contestazione o d'irrogazione
(ovvero irrogare   le   sanzioni   contestualmente  all'atto di accertamento o
rettifica o   iscrizione   a ruolo del tributo) e' fissato nel 31 dicembre del
quinto anno successivo a quello in cui e' avvenuta la violazione o nel diverso
termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi.                      
Con il   decreto   legislativo   approvato  in data 29 dicembre 1999, infatti,
l'espressione "maggior   termine"   e'   stata  sostituita con quella "diverso
termine".                                                                     
L'espressione "accertamento    dei    singoli  tributi", contenuta nella norma
richiamata, deve essere intesa in senso lato.                                 
Pertanto, quanto  alla sanzione prevista per l'omessa o infedele dichiarazione
i termini   di   riferimento sono quelli di cui all'art. 43 del DPR n. 600 del
1973 e all'art. 57 del DPR n. 633 del 1972.                                   
Quanto, invece,   alla  sanzione prevista per l'omesso versamento del tributo,
deve aversi riguardo ai nuovi termini previsti dall'art. 17 del DPR n. 602 del
1973, come modificato dal d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.                     
L'art. 17   citato, nel disciplinare i termini di decadenza per l'iscrizione a
ruolo, dispone   che   le   somme dovute a seguito dell'attivita' di controllo
formale ex   art.   36-bis   ed ex art. 36-ter del DPR n. 600 del 1973 vengano
iscritte in   ruoli   resi  esecutivi rispettivamente entro il 31 dicembre del
secondo anno   ed   entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di
presentazione della dichiarazione.                                            
Si ricorda,   in  ogni caso, che le disposizioni di cui al citato art. 17 sono
applicabili esclusivamente   alle   imposte  dirette ed all'imposta sul valore
aggiunto (ex  art. 23 d.lgs. n. 46 del 1999) e, per quanto riguarda le lettere
a) e b) dello stesso articolo, con riferimento alle dichiarazioni presentate a
decorrere dal 1 gennaio 1999 (ex art. 36, comma 2, d.lgs. n. 46 del 1999).    
9.2.3   Tardiva    o    omessa    trasmissione  telematica delle dichiarazioni
D. Il   comma  3-ter aggiunto nell'articolo 25 del d.lgs. n.  472 del 1997 con
decreto approvato   dal   Consiglio  del Ministri il 29 dicembre 1999, prevede
quali omissioni  ed errori, sanabili entro 30 giorni dall'invito, anche quelli
fatti dagli   intermediari   nella   trasmissione della dichiarazione (errori,
ritardi nella trasmissione, ecc.)?                                            
R. La risposta e' negativa. Il comma 3-ter, aggiunto nell'art. 25 del d.lgs.  
n. 472 del 1997 con il decreto correttivo approvato dal Consiglio dei ministri
il 29.12.1999,   riguarda,   infatti,   soltanto la sanatoria delle violazioni
formali di carattere tributario.                                              
La sanzione   a   carico degli intermediari per tardiva od omessa trasmissione
telematica delle   dichiarazioni, prevista dall'art. 7-bis del d.lgs. 9 luglio
1997, n.   241,  non ha carattere tributario ma amministrativo, come precisato
con circolare n. 197/99.                                                      
Pertanto non sono applicabili le disposizioni contenute nel d.lgs. 472 del 97,
che detta regole generali in materia di sanzioni tributarie.                  
9.2.4   Violazioni  relative agli obblighi di documentazione, registrazione ed
individuazione delle operazioni IVA: sanzione minima                          
D. Per    l'omessa    fatturazione   o registrazione di operazioni imponibili,
l'articolo 6,  comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997 commina la sanzione dal 100
al 200% dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato nel
corso dell'esercizio;    il    comma    3     commina la sanzione pari al 100%
dell'imposta per   le   violazioni  di omesso rilascio di scontrini e ricevute
fiscali.                                                                      
In entrambi   i   casi, la sanzione non puo' essere inferiore ad un milione di
lire, come   previsto  dal comma 4. Stando alla circolare n. 23 del 1999, tale
minimo riguarda   ogni singola violazione. Questa interpretazione si riflette,
pero', negativamente   sul ravvedimento operoso, scoraggiandone l'applicazione
per via dell'eccessiva onerosita' della sanzione da corrispondere; al di fuori
di tale contesto, invece, tanto rigore sarebbe pressoche' del tutto vanificato
dall'istituto del   cumulo giuridico. Va, inoltre, considerato che la suddetta
interpretazione sembra  sottendere un'ingiustificata disparita' di trattamento
a vantaggio     dei     contribuenti     tenuti   soltanto all'annotazione dei
corrispettivi, poiche' in caso di omessa contabilizzazione la soglia minima di
un milione    andrebbe    riferita   all'imponibile non documentato "nel corso
dell'esercizio" e   non   ad   ogni   singola  violazione. Alla luce di quanto
rappresentato, si     chiede     se     non    si ritenga opportuno modificare
l'interpretazione del  citato comma 4 dell'articolo 6 fornita con la circolare
n. 23 del 1999.                                                               
R. Per  le violazioni previste ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 6 del d.lgs.471 del
1997 (relative     agli     obblighi     di   documentazione, registrazione ed
individuazione delle   operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto) la
sanzione, commisurata   all'importo delle operazioni, non puo' comunque essere
inferiore a lire un milione, ai sensi del comma 4 dello stesso articolo.      
Con la   circolare   n.   23/E  del 1999, stante il dato testuale ed in base a
considerazioni di  ordine sistematico, e' stato chiarito che, nel caso di piu'
violazioni, il  minimo di lire un milione deve essere riferito ad ogni singola
violazione e non all'ammontare complessivo delle stesse.                      
Ai fini   del   ravvedimento,   in   particolare, le violazioni da sanare sono
autonome e   cosi' le sanzioni, non essendo corretto ipotizzare una violazione
unitaria, consistente nella ripetuta omissione di documentazione, con relativa
sanzione commisurata   all'importo   complessivo  non documentato. Ugualmente,
nell'ambito del citato art. 6, non e' possibile ipotizzare una sanzione minima
"unitaria" per   violazioni   autonome,   in quanto ciascuna violazione, salvo
espressa previsione    normativa,    deve    essere    punita  con la sanzione
corrispondente.                                                               
Ne' e' possibile, peraltro, applicare l'istituto della continuazione (previsto
dall'art. 12   del   d.lgs.   n.   472 del 1997) in occasione del ravvedimento
(disciplinato dall'art.    13    dello    stesso decreto). Il ravvedimento, in
particolare, si  configura quale facolta' attribuita al contribuente, volta ad
eliminare le   violazioni   commesse  nei termini ed alle condizioni stabilite
dalla legge.   La   rimozione   va   operata  per ogni singola violazione, sia
prodromica che indotta, essendo preclusa al contribuente, in questo ambito, la
valutazione degli   elementi   che   potrebbero dar luogo al cumulo giuridico;
quest'ultima valutazione,   infatti, e' di competenza dell'Ufficio impositore,
nell'ambito dell'attivita'  di accertamento, e non del contribuente in sede di
ravvedimento.                                                                 
Chiaramente, quando  si tratta di violazioni di esiguo ammontare, il minimo di
un milione   previsto  per ogni singola violazione dal citato art. 6, comma 4,
d.lgs. n.    471    del    1997,    puo'  avere un effetto disincentivante sul
ravvedimento. L'inconveniente,    peraltro,    non    incide sulla correttezza
dell'interpretazione fornita, fondata su un dato normativo vincolante.        
Viceversa, allorche'    si    tratti    di   violazioni di notevole ammontare,
considerare le   stesse  come autonome e distinte non solo e' irrilevante agli
effetti del ravvedimento - in quanto la soglia minima di un milione di lire e'
superata- ma puo' comportare un effetto positivo per il contribuente, nel caso
di irrogazione   da   parte   dell'ufficio,   in  base al principio del cumulo
giuridico di   cui  al citato art. 12 che non sarebbe applicabile, ovviamente,
qualora una violazione fosse considerata unitaria.                            
In ogni   caso,   si  precisa che non esiste alcuna disparita' a vantaggio dei
contribuenti tenuti   all'annotazione  dei corrispettivi ai sensi dell'art. 25
del DPR n. 633 del 1972. L'annotazione deve, infatti, essere eseguita entro il
giorno non   festivo   successivo   a   quello in cui le operazioni sono state
effettuate e,    quindi,    anche    per    tale  adempimento sono, di regola,
configurabili distinte violazioni.                                            
9.2.5   Quadro W - Sanzioni                                                   
D. Dopo  la riforma del regime sanzionatorio e, soprattutto, dopo la scomparsa
nelle istruzioni al quadro W di specifici riferimenti al regime sanzionatorio,
si e' consolidato il convincimento che sia applicabile l'articolo 8 del d.lgs.
471 del   1997  e che quindi le sanzioni di cui all'articolo 5 del d.l. n. 167
del 1990   debbano  considerarsi implicitamente abrogate. E' necessario che il
ministero delle Finanze chiarisca la propria opinione in proposito.           
R.  Il   d.lgs.   18   dicembre   1997,  n. 471 ha modificato organicamente la
disciplina delle   sanzioni   tributarie  non penali applicabili in materia di
imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi. 
In particolare,  l'art. 8, comma 1, del menzionato decreto prevede la sanzione
amministrativa da   lire   cinquecentomila   a   lire quattro milioni se nella
dichiarazione dei   redditi, tra l'altro, "non e' indicato in maniera esatta e
completa ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli".     
La disposizione,   come   e'   noto,  si applica fuori dei casi previsti negli
articoli 1,   2   e   5   dello   stesso  decreto, concernenti - tra l'altro -
l'indicazione di   un   reddito   imponibile   inferiore a quello accertato o,
comunque, di  un'imposta inferiore a quella dovuta o di un credito superiore a
quello spettante   (con sanzione dal cento al duecento per cento della maggior
imposta o della differenza del credito, aumentata di un terzo se le violazioni
riguardano redditi prodotti all'estero).                                      
L'art. 16    del    medesimo    decreto prevede l'abrogazione di alcune norme,
espressamente richiamate al comma 1, e di ogni altra disposizione in contrasto
con il decreto stesso (comma 2).                                              
Pertanto, si  ritiene che le sanzioni applicabili alle violazioni connesse con
la compilazione   del   quadro RW, previste dall'art. 5, commi 2,4, 5 e 6, del
d.l. 28   giugno   1990,   n.  167, convertito dalla l. 4 agosto 1990, n. 227,
debbano considerarsi   abrogate,   in   quanto diversamente disciplinate dalle
sopravvenute disposizioni normative, sopra richiamate.                        
9.2.6   Deducibilita' delle sanzioni UE                                       
D. Sono deducibili le sanzioni pecuniarie irrogate dalla UE per la  violazione
degli  articoli 85 e 86  del  Trattato  di Roma in  tema di concorrenza oppure
dall'autorita' italiana antitrust?                                            
R. Le   sanzioni   pecuniarie  irrogate dalla UE o da altri organismi non sono
deducibili dal   reddito   d'impresa  in quanto trattasi di oneri non inerenti
all'attivita' d'impresa.                                                      
L'irrogazione della   sanzione   e'  infatti una conseguenza del comportamento
illecito tenuto dal contribuente.                                             
10      RISCOSSIONE                                                           
10.1    Quesiti vari in materia di riscossione                                
10.1.1  Compensazione di credito IVA superiore a 500 milioni di lire          
D. Attualmente    il    limite    per    il  rimborso del credito da parte del
concessionario e   per la compensazione ex art. 17, d.lgs. n. 241 del 1997, e'
fissato in  500 milioni di lire per l'anno d'imposta. Come deve comportarsi in
sede di   presentazione  del modello VR per il rimborso dell'IVA di un credito
superiore a   mezzo   miliardo,  il contribuente che, intendendo utilizzare il
plafond di 500 milioni nella compensazione, non vuole ottenere il rimborso del
credito dal concessionario?                                                   
R. Il quesito trova risposta nel comunicato stampa diffuso dal Ministero delle
Finanze il 31 gennaio 2000. Se ne  richiama dunque il testo, per  la parte che
qui interessa:                                                                
I contribuenti  che intendono richiedere il rimborso del credito IVA emergente
dalla dichiarazione   annuale   relativa   all'anno 1999, devono presentare al
competente concessionario   della   riscossione il Mod. VR/2000 (approvato con
decreto dirigenziale   del   30   dicembre   1999 e pubblicato nel supplemento
ordinario alla   G.U.   n.   5 dell'8 gennaio 2000) in due esemplari, entrambi
sottoscritti in originale.                                                    
Da quest'anno   infatti i modelli di dichiarazione non riportano espressamente
l'indicazione "copia   per   il contribuente", "copia per il concessionario" o
"copia per   l'Ufficio"   in   quanto  sono resi disponibili gratuitamente dal
Ministero delle Finanze in formato elettronico nell'apposito sito Internet dal
quale possono essere prelevati.                                               
Qualora, in   sede   di   presentazione del modello, il contribuente non possa
fruire della   procedura   semplificata di rimborso tramite il concessionario,
avendo gia'   superato   il   limite   di 500 milioni per anno solare previsto
dall'art. 25,  comma 2,  d.lgs. n. 241 del 9/7/97, o ne intenda fruire solo in
parte per   poter  godere della compensazione, deve presentare, in allegato al
modello VR/2000,   una   espressa richiesta contenente l'indicazione specifica
dell'importo del   rimborso   che  si intende richiedere al concessionario nel
rispetto del predetto limite.                                                 
Si ricorda   che   l'importo complessivo richiesto a rimborso, da indicare nel
rigo VR4   del   modello VR/2000, dovra' corrispondere a quanto indicato nella
dichiarazione IVA relativa al 1999 (rigo VX3 del modello IVA 2000).           
L'eventuale importo da compensare dovra', invece, essere compreso nel rigo VX4
del medesimo modello.                                                         
10.1.2  Rateazione di somme iscritte a ruolo: discrezionalita' dell'ufficio   
D. Ai   sensi   dell'articolo   19   del  DPR n. 602 del 1973, come sostituito
dall'articolo 7   del   d.lgs.   n.  46 del 1990, l'ufficio puo' concedere, su
richiesta del  contribuente, la dilazione del pagamento delle somme iscritte a
ruolo fino ad un massimo di sessanta rate mensili, oppure la sospensione della
riscossione per   un   anno  seguita dalla rateizzazione fino ad un massimo di
quarantotto rate     mensili.     La    discrezionalita' dell'ufficio riguarda
esclusivamente la   concessione o meno del beneficio oppure attiene anche alla
determinazione del   numero   delle   rate, eventualmente in difformita' della
richiesta del debitore? Se l'ammontare del debito non supera cinquanta milioni
di lire,   l'ufficio  puo' ugualmente subordinare la concessione del beneficio
alla prestazione di idonea garanzia fideiussoria?                             
R. La   circolare  n. 15 del 26 gennaio 2000 chiarisce che, all'Ufficio che ha
emesso il   ruolo, e' attribuita la piena titolarita' del potere di rateazione
anche ai fini della determinazione del numero di rate da accordare.           
L'art. 19 del DPR n. 602 del 1973 non esclude che, per gli importi inferiori a
50 milioni    di    lire,    l'Ufficio  possa subordinare la concessione della
rateazione al   rilascio  di idonea garanzia in considerazione della specifica
situazione del contribuente, da valutare caso per caso.                       
11      ALTRI QUESITI                                                         
11.1    Quesiti vari                                                          
11.1.1  Classificazione ai fini ICIAP degli agenti di assicurazione           
D. Ai   fini  dell'imposta sui redditi l'agente di assicurazione e' equiparato
all'agente di   commercio   con il chiarimento espresso al punto 2.1.3.5 della
circolare 10 febbraio 1998 n. 48/E. Siccome il reddito e' determinato ai sensi
del TUIR    e'    da    ritenere    che  anche ai fini dell'ICIAP venga estesa
l'equiparazione per gli "agenti in gestione libera" i quali vengono remunerati
in base   a   provvigioni   commisurate sia sull'acquisto di contratti che sul
mantenimento degli   stessi,   a differenza degli "agenti in economia" e degli
"agenti di   citta'".   Per   i primi pertanto e' corretto l'inquadramento nel
settore di attivita' "5" e non "9" ai fini dell'ICIAP?                        
R. La   rappresentata   circostanza che, ai fini dell'imposta sui redditi, gli
agenti di   assicurazione  sono equiparati agli agenti di commercio, giusta la
precisazione contenuta   nella  circolare ministeriale n. 48/E del 10 febbraio
1998, non induce a valutazioni interpretative difformi da quelle che hanno, in
passato, determinato l'orientamento della Direzione Centrale per la Fiscalita'
Locale, secondo   il   quale   l'attivita' di detti agenti di assicurazione e'
inquadrabile nel   IX settore di riferimento della tabella prevista in materia
di imposta ICIAP.                                                             
Cio' anche   tenuto  conto delle diverse modalita' di esercizio dell'attivita'
medesima.                                                                     
La capacita'    reddituale    dichiarata  per ciascuna annualita' rappresenta,
infatti,  solo  un parametro correttivo dell'imposta gia' predeterminata nella
menzionata tabella    in    base    alle tipologie di attivita' tassativamente
raggruppate per   settori   e  alla superficie di aree o locali  eventualmente
utilizzati dal contribuente.                                                  
L'orientamento di   cui   sopra, come gia' si e' avuto modo di far presente in
molteplici occasioni   (risoluzioni,   risposte a interrogazioni parlamentari,
decreti, appunti   per il Gabinetto dell'On. le Sig. Ministro), si basa su una
interpretazione logico-sistematica  delle disposizioni vigenti in materia che,
nel rispetto   di   determinati elementi caratterizzanti le singole attivita',
tiene conto dei meccanismi e dei criteri previsti per la specifica imposizione
locale.                                                                       
In sostanza,   l'interpretazione   di  cui innanzi, per nulla disconoscendo la
qualificazione dei   soggetti interessati ai fini civilistici e previdenziali,
parte dalla   considerazione   che   l'elencazione delle attivita' costituenti
parametro di   tassazione   ICIAP,  contenuta nella tabella allegata al d.L.30
settembre 1989, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre
1989,n. 384,   abbia  carattere tassativo e riposi sul principio della diretta
correlazione tra    le    attivita'    di   commercio previste nel V settore e
l'attivita' di   intermediazione   nello  stesso indicata. L'esistenza di tale
correlazione porta,  dunque, ad escludere ogni connessione tra quell'attivita'
e gli   agenti di assicurazione. Cio', peraltro, sembra trovare conferma nella
circostanza che   l'attivita' di intermediazione e' evidenziata unicamente nei
settori IV   e   V della tabella, riguardanti, rispettivamente, l'esercizio di
determinate attivita' di commercio all'ingrosso e di commercio al minuto.     
Da quanto   sopra  discende che, non riscontrandosi nella normativa tributaria
ICIAP uno   specifico   settore   corrispondente all'attivita' degli agenti di
assicurazione, la sua collocazione va ricercata nell'ambito del settore IX, di
carattere residuale, sotto la voce " servizi vari".                           
11.1.2  Documentazione del vincolo pertinenziale relativo all'abitazione      
principale                                                                    
D. Ai   fini  delle varie agevolazioni tributarie (in particolare: IVA, IRPEF,
ICI) previste   per   le  unita' immobiliari costituenti pertinenze di case di
abitazione, e'   necessario   che   il   vincolo pertinenziale risulti da atto
pubblico o   scrittura   privata  autenticata, secondo il principio in base al
quale il   rapporto di oggettiva accessorieta' non e' sufficiente ad integrare
la nozione    di    pertinenza,    occorrendo    a  tal fine anche un'espressa
dichiarazione di   volonta'   diretta a manifestare la destinazione della cosa
accessoria al  servizio di quella principale, oppure puo' prescindersi da tale
requisito formale?                                                            
R. In   base   alla   disciplina generale dettata dall'articolo 817 del Codice
civile sono   pertinenze   le  cose destinate in modo durevole a servizio o ad
ornamento di   un'altra cosa e tale destinazione puo' essere effettuata da chi
sia proprietario o sia titolare di un diritto reale sulla cosa principale. Per
la qualificazione   del  concetto di pertinenza non e' pertanto sufficiente il
rapporto funzionale  con il bene principale ma e' anche necessario un elemento
soggettivo consistente   nella   volonta'  effettiva del soggetto che ne abbia
titolo di    destinare   il  bene medesimo al servizio o ad ornamento del bene
principale.                                                                   
Ai fini  dell'IVA, per quanto concerne l'applicazione dell'aliquota IVA del 4%
per gli   immobili   destinati   a   costituire pertinenze di "prima casa", la
volonta' di   destinare   l'immobile  a pertinenza deve essere manifestata per
iscritto nell'atto   di   acquisto.  Tale principio si ricava dall'articolo 3,
comma 131,   della  legge 28 dicembre 1995, n. 549, secondo cui l'aliquota IVA
del 4%   prevista   per  l'acquisto della prima casa di abitazione, si applica
all'acquisto, anche    con    atto    separato, delle pertinenze dell'immobile
medesimo.                                                                     
Le stesse conclusioni possono essere riproposte con riferimento all'imposta di
registro, nella  considerazione che il comma 3 della nota II-bis) all'articolo
1 della   tariffa, parte prima, del DPR n. 131 del 1986, prevede espressamente
le condizioni ed i limiti per l'applicabilita' dell'agevolazione all'acquisto,
anche con   atto separato, delle pertinenze "dell'immobile di cui alla lettera
a)".                                                                          
Per quanto   concerne  invece l'IRPEF si prescinde dal requisito formale della
dichiarazione di    volonta'    espressa    nell'atto facendosi esclusivamente
riferimento al comportamento concludente delle parti.                         
L'art. 10, comma 3-bis, del TUIR, inserito dall'articolo 6, comma 1, lett. a),
della legge   23 dicembre 1999, n. 488, stabilisce infatti che sono pertinenze
ai fini   dell'IRPEF   le   cose   immobili  di cui all'articolo 817 del c.c.,
classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo,
destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio dell'unita'
immobiliare adibita ad abitazione principale delle persone fisiche.           
Ai fini dell'ICI, per l'applicazione delle agevolazioni alle pertinenze di una
abitazione principale   si   prescinde dalla sussistenza di un atto formale di
destinazione.                                                                 
Si precisa,   inoltre,  riguardo all'ICI, che l'art. 30, comma 12, della legge
finanziaria (n.   488  del 1999) ha stabilito che fino all'anno 1999 compreso,
l'aliquota ridotta   si   applica soltanto agli immobili adibiti ad abitazione
principale a   meno   che,  come precisa il successivo comma 13, il Comune non
abbia deliberato   per   questa annualita', l'estensione dell'aliquota ridotta
anche alle  pertinenze. A decorre, invece, dal 1 gennaio 2000, alla pertinenza
deve riservarsi   lo   stesso trattamento dell'abitazione principale, come del
resto precisato nella circolare n. 114/E del 25 maggio 1999.                  
11.1.3  Disapplicazione di norme antielusive ai sensi dell'art. 37-bis del DPR
n. 600 del 1973                                                               
D. L'articolo   37-bis,  comma 8, del DPR n. 600/73 prevede che i contribuenti
possano indirizzare apposita istanza di disapplicazione delle norme tributarie
che, limitando   "deduzioni,  detrazioni, crediti di imposta o altre posizioni
soggettive altrimenti ammesse".                                               
La risposta   dell'amministrazione   finanziaria  ha valenza oltre che ai fini
delle imposte   sui   redditi  anche ai fini IVA ovvero, in considerazione del
fatto che  il disposto normativo e' posto nell'ambito del DPR n. 600 del 1973,
l'ambito di    applicazione    e'    limitato  alle disposizioni in materia di
imposizione diretta?                                                          
R. La portata delle nuove disposizioni antielusive, introdotte all'art. 37-bis
del DPR   n.   600 del 1973 dall'art. 7, comma 1, del d.lgs. 8 ottobre 1997 n.
358, e'   stata   precisata con la circolare n. 320/E del 19 dicembre 1997, la
quale ha chiarito che le disposizioni antielusive contenute nei commi da 1 a 7
del citato   articolo possono trovare applicazione soltanto con riferimento al
settore delle imposte sui redditi e sempre che sia stata effettuata una o piu'
delle operazioni predeterminate, data la loro collocazione nell'ambito del DPR
n. 600   del   1973,  contenente disposizioni in materia di accertamento delle
imposte sui redditi.                                                          
 Anche l'ulteriore  disposizione recata al successivo comma 8, secondo cui "Le
norme tributarie    che,    allo   scopo di contrastare comportamenti elusivi,
limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive
altrimenti ammesse   dall'ordinamento  tributario, possono essere disapplicate
qualora il   contribuente   dimostri   che  nella particolare fattispecie tali
effetti elusivi   non   potevano  verificarsi. A tal fine il contribuente deve
presentare istanza    al    direttore   regionale delle entrate competente per
territorio, descrivendo compiutamente l'operazione e indicando le disposizioni
normative di   cui   chiede la disapplicazione", in quanto inserita nel corpus
delle norme  disciplinanti l'accertamento delle imposte sui redditi,  non puo'
spiegare effetti   per   altri   settori impositivi. Si ritiene, tuttavia, che
qualora una   stessa   fattispecie costituisce oggetto di previsioni normative
parallele, rispondenti  alla stessa ratio antielusiva, quando sussista, cioe',
una evidente,   stretta   connessione  logica tra norme tributarie diverse, il
direttore regionale   delle   entrate,   nel provvedere in ordine a istanze di
disapplicazione di   norme riguardanti le imposte sui redditi, possa estendere
l'esame anche ai fini di tributi diversi.                                     
11.1.4  Studi di settore: adeguamento in corso d'anno                         
D. Cosa si intende per adeguamento in corso d'anno in relazione alle attivita'
soggette agli   studi di settore? La previsione dell'esclusione dalle sanzioni
per coloro  che provvedano a correggere il proprio comportamento nel corso del
periodo di imposta, come puo' concretizzarsi materialmente?                   
R. L'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1995, n.
195, prevede   che   solo   per   il   primo periodo di imposta in cui trovano
applicazione gli   studi   di   settore,  ovvero le modifiche conseguenti alla
revisione del  medesimo, l'adeguamento alle risultanze degli studi stessi puo'
essere effettuato,     senza     applicazione     di     sanzioni e interessi:
indicando nella dichiarazione dei redditi ricavi o compensi non annotati nelle
scritture contabili   per   adeguare   i  ricavi o compensi a quelli derivanti
dall'applicazione dei          predetti          studi          di    settore;
effettuando entro  il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi
il versamento  dell'imposta sul valore aggiunto derivante dall'adeguamento del
volume di affari.                                                             
Tale disposizione  trova, pertanto, applicazione solo per i periodi di imposta
in cui  per la prima volta il contribuente viene a conoscenza dell'entita' dei
ricavi e   compensi   che   l'amministrazione finanziaria ritiene congrui. Nei
successivi potra'    evidenziare    ricavi  e compensi congrui contabilizzando
regolarmente i predetti componenti.                                           
                -----------------------------------------------               
        Le Direzioni regionali vigileranno sulla corretta applicazione delle  
presenti istruzioni.                                                          
 
 
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Aggiornato il: 03 agosto 2000