Circolare Assonime, Associazione fra le società italiane per azioni, n. 14 del 13 marzo 2000, sulla: "Riforma tributaria - Imposte sui redditi - Modifiche alla disciplina della Dit - Decreti legislativi 23 dicembre 1999, n. 505 (articolo 12) e 18 gennaio 2000, n. 9 (articolo 2).

La disciplina della Dit, introdotta nel nostro ordinamento dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466, ha formato oggetto di un duplice intervento modificativo per opera dei decreti legislativi 23 dicembre 1999, n. 505 e 18 gennaio 2000, n. 9 (rispettivamente, in Supplemento ordinario n. 232/L alla "Gazzetta Ufficiale" n. 306 del 31 dicembre 1999 e in "Gazzetta Ufficiale" n. 30 del 7 febbraio 2000). Entrambi i provvedimenti sono stati adottati in forza della facoltà concessa al Governo dall’articolo 3, comma 17, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, di emanare — entro due anni dalla data della loro entrata in vigore e nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi — ulteriori disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi attuativi della riforma tributaria. In proposito, va ricordato che, ai fini della verifica della "tempestività" dell’esercizio da parte del Governo di tale potere, assume rilievo non già la data di pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale" dei provvedimenti correttivi e integrativi bensì quella di approvazione in via definitiva da parte del Consiglio dei ministri del relativo schema. Ancorché pubblicato successivamente alla scadenza del suddetto termine biennale — che per il Dlgs n. 466 del 1997 veniva a coincidere con la data del 18 gennaio 2000 — anche il secondo dei citati provvedimenti risulta, pertanto, tempestivamente adottato, essendo stato approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 13 gennaio 2000.

Le modifiche recate dal primo decreto correttivo — e, in particolare, dall’articolo 12 del citato Dlgs n. 505 del 1999 — riguardano l’ambito e le condizioni di applicabilità della speciale disciplina contenuta nell’articolo 6 del citato Dlgs n. 466 del 1997, concernente l’ulteriore abbattimento dell’aliquota Dit a favore delle società le cui azioni siano ammesse per la prima volta alla negoziazione in mercati regolamentati. Carattere generale assumono, invece, le modifiche recate dal_l’articolo 2 del Dlgs n. 9 del 2000, volte, tra l’altro, a realizzare una sorta di accelerazione degli effetti sostanziali della disciplina della Dit, attraverso la maggiorazione, "ope legis", della variazione in aumento del capitale investito (cosiddetto base Dit). Ed è proprio dal commento di tali disposizioni che, per ragioni di ordine sistematico, riteniamo opportuno iniziare la trattazione.

Ricordiamo che le nostre precedenti circolari in materia di Dit sono la n. 42 del 1998 (pagg. 90 e seguenti) e la n. 46 del 1999 (pagg. 35 e seguenti).

Modifiche al regime Dit delle società di capitali ed enti equiparati.

1.1 Le innovazioni apportate al regime Dit applicabile ai soggetti Irpeg residenti — società di capitali ed enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 87 del Tuir — traggono origine dalle disposizioni di delega aggiunte all’originario testo dell’articolo 3, comma 162, della citata legge n. 662 del 1996, dall’articolo 2, comma 5, della legge n. 133 del 1999. Come evidenziato nella nostra circolare n. 46 dello scorso anno, i nuovi criteri direttivi avevano come obiettivo di fondo la trasformazione della Dit da disciplina con base di riferimento, per così dire, incrementale — cioè collegata necessariamente agli incrementi di capitale investito verificatasi successivamente all’esercizio in corso al 30 settembre 1996 — a disciplina avente come base di riferimento l’intero patrimonio netto investito; con ciò, intendendosi anche eliminare la differenziazione di trattamento tra imprese di nuova e vecchia costituzione, venutasi a creare nel previgente assetto normativo in virtù del vantaggio, riconosciuto alle nuove imprese, di poter considerare come incremento rilevante ai fini della Dit l’intero capitale di costituzione (pur sempre per la quota rappresentata da conferimenti in denaro).

In tale prospettiva, il citato articolo 2, comma 5, della legge n. 133 del 1999, aveva provveduto a integrare la norma di delega prevedendo la possibilità di determinare la base Dit "... anche con riferimento a un moltiplicatore..." della variazione in aumento del capitale investito (con specifico riguardo alle imprese individuali e alle società di persone, di cui ci occuperemo nel paragrafo 2, veniva invece prevista l’ulteriore possibilità di applicare direttamente la disciplina Dit "... con riferimento all’intero patrimonio netto").

1.2 Le modifiche introdotte dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del citato Dlgs n. 9 del 2000, in attuazione del nuovo criterio direttivo, hanno riguardato esclusivamente i commi 1 e 4 dell’articolo 1 del Dlgs n. 466 del 1997.

In particolare, nel testo modificato, il comma 1 di detto articolo 1 prevede ora che, ai fini del calcolo della quota del reddito complessivo assoggettabile all’aliquota del 19%, la variazione in aumento del capitale investito rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996 è "... incrementata del 20% per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 30 settembre 1999, e del 40% per i periodi d’imposta successivi".

Le ragioni per cui, nei confronti delle società di capitali (nonché degli enti equiparati), non si è ritenuto possibile — a differenza di quanto previsto, come si dirà, per i soggetti Irpef — riconoscere in via immediata la piena coincidenza tra base Dit e patrimonio netto sono da ricercare non solo in esigenze di gettito, ma anche nell’intento di mantenere comunque per la generalità di tali imprese un incentivo alla ulteriore capitalizzazione attraverso nuovi conferimenti in denaro e/o l’accantonamento degli utili di esercizio.

Va, tuttavia, subito rilevato che, per l’applicazione del meccanismo di accelerazione degli effetti della Dit, non è necessario che, successivamente all’esercizio in corso al_l’anzidetta data del 30 settembre 1999, si verifichino nuove variazioni in aumento del capitale investito. Infatti, come risulta chiaramente dalla formulazione del riportato comma 1 dell’articolo 1 del Dlgs n. 466, tale meccanismo prescinde dalla presenza di ulteriori conferimenti o accantonamenti di utili giacché, consistendo in una maggiorazione dell’intera variazione in aumento del capitale investito rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996, esso è idoneo a determinare comunque una sorta di "autoimplemento" dei conferimenti in denaro e/o degli accantonamenti di utili (beninteso, per l’importo eccedente gli eventuali decrementi derivanti dall’attribuzione ai soci) verificatisi nei periodi d’imposta successivi a quello in corso al 30 settembre 1996 fino a quello in corso al 30 settembre 1999.

Gli effetti ampliativi della base Dit ottenibili attraverso la maggiorazione percentuale della variazione in aumento del capitale investito non possono, comunque, spingersi fino alla creazione di un patrimonio netto, per così dire, "virtuale", superiore cioè a quello realmente rappresentato in bilancio. Il che trova conferma proprio nell’altra modifica apportata all’ultimo periodo del successivo comma 4 dello stesso articolo 1 — contenente la regola secondo cui la base Dit non può comunque eccedere l’entità contabile del patrimonio netto (escluso l’utile dell’esercizio) — ove viene ora precisato che, anche a tali effetti, la variazione in aumento va assunta "... così come incrementata ai sensi del comma 1..." e, quindi, maggiorata del 20 ovvero del 40 per cento.

Ciò detto, è il caso di evidenziare che le riportate modifiche non interferiscono con le altre regole sostanziali della disciplina applicativa della Dit. Ed invero, una volta determinata, con le consuete regole (ivi compresa quella sul ragguaglio ad anno dei conferimenti in denaro), la variazione in aumento del capitale investito, questa andrà semplicemente maggiorata delle percentuali indicate dalla norma (20%, per il primo periodo di applicazione della modifica, e 40% per quelli successivi). Inoltre, è proprio la variazione in aumento così incrementata — e sempre nei limiti in cui trovi capienza nell’entità contabile del patrimonio netto — che costituirà il dato su cui apportare gli eventuali abbattimenti, sia di carattere permanente sia di carattere reversibile, in esito all’applicazione delle disposizioni antielusive di cui agli articoli 2 e 3 del Dlgs n. 466 del 1997 (incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni rispetto a quelli risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996 nonché, per quanto attiene alle operazioni cosiddette "infragruppo", acquisto di aziende, conferimenti in denaro e incremento dei crediti di finanziamento).

Ciò che importa sottolineare è che il descritto meccanismo di maggiorazione opera in modo automatico ed è, quindi, idoneo a determinare la conversione in base Dit della quota di patrimonio netto che eccede la reale variazione in aumento del capitale investito (somma algebrica dei conferimenti in denaro, degli accantonamenti di utili di esercizio e dei decrementi con attribuzione ai soci) quale che sia l’origine e la natura di tale quota. Cosicché, il "bonus" che si determina in applicazione della regola in esame potrà essere sfruttato non solo dalle imprese di vecchia costituzione per assorbire nella base Dit quote di patrimonio pregresso — risultante, vale a dire, dal bilancio dell’esercizio in corso alla data del 30 settembre 1996 — ma anche, e in questo caso indifferentemente da tutte le imprese, per convertire in base Dit l’importo dei conferimenti in natura ricevuti in epoca successiva all’esercizio in corso alla suddetta data del 30 settembre 1996, ovvero dei conferimenti in denaro di cui alle lettere a) e b) del comma 3 del citato articolo 3 del Dlgs n. 466 del 1997, trattati, ai fini della Dit, alla stregua dei conferimenti in natura. Per gli stessi motivi, la maggiorazione della variazione in aumento potrebbe anche determinare semplicemente una espansione della base Dit eventualmente "compressa" per effetto dell’applicazione di una delle richiamate disposizioni antielusive. Infine, sembra il caso di osservare, il meccanismo in esame, incontrando quale unico limite l’esistenza di un patrimonio netto contabile capiente rispetto alla variazione in aumento così maggiorata, è idoneo, in ipotesi, a sfruttare, in termini di base Dit, anche l’eventuale quota di patrimonio netto rappresentata da riserve non disponibili costituite a fronte di plusvalenze da valutazione di partecipazioni ex articolo 2426, comma 1, n. 4, del codice civile (cosiddetta riserve da "equity method").

Per meglio comprendere gli effetti sostanziali della modifica in questione, può essere utile un esempio numerico. Ipotizzando che una società, con esercizio coincidente con l’anno solare, determini, per il periodo d’imposta 2000, una variazione in aumento del capitale investito pari a 100 e che il patrimonio netto complessivo (escluso l’utile di esercizio) sia pari a 150, si avrà un incremento di detta variazione pari a 20 e una base Dit potenziale (senza considerare cioè, per semplicità, eventuali riduzioni della stessa ai sensi dei richiamati articoli 2 e 3 del Dlgs n. 466 del 1997) pari a 120. Ipotizzando, inoltre, che nel successivo esercizio i dati considerati rimangano invariati, si avrà un ulteriore ampliamento della base Dit fino a 140.

Com’è evidente, gli effetti che il meccanismo maggiorativo è in grado di produrre, in termini di progressivo assorbimento nella base Dit dell’intero patrimonio netto, saranno tanto più accelerati quanto più alto è il rapporto originario tra quota di patrimonio netto "dittabile" e quota di patrimonio netto "non dittabile". In particolare, per ottenere già nel primo anno di applicazione del meccanismo la piena coincidenza tra base Dit e patrimonio netto contabile, è necessario che il suddetto rapporto sia almeno pari all’83,33% (derivante dal rapporto 100:120); mentre, a partire dal secondo periodo di applicazione del meccanismo maggiorativo (che nell’esempio considerato sarebbe l’anno 2001), la coincidenza tra base Dit e patrimonio netto può essere raggiunta se la variazione in aumento del capitale investito (nella sua entità reale) rappresenti almeno il 71,42% del patrimonio netto complessivo (derivante dal rapporto 100 : 140).

1.3 Come si è visto, la modifica in commento si renderà applicabile, per la prima volta, a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 30 settembre 1999. In questo senso è stato logicamente interpretato il criterio dettato dalla norma di delega che individua il periodo di decorrenza delle nuove regole nel "... quarto periodo d’imposta successivo a quello in corso al 30 settembre 1996...". E ciò al fine di evitare che un’attuazione strettamente letterale di tale criterio potesse comportare una non uni-forme decorrenza delle regole suddette: è chiaro, infatti, che in alcuni casi (soggetti di nuova costituzione, periodi infrannuali...) il periodo successivo a quello in corso al 30 settembre 1999 potrebbe non coincidere con il quarto periodo successivo a quello in corso alla data del 30 settembre 1996.

È importante piuttosto sottolineare che la decorrenza delle nuove disposizioni viene a coincidere per le banche e le imprese di assicurazione con la decorrenza della stessa disciplina Dit; va ricordato, infatti, che per espressa previsione dell’articolo 7, comma 1, del Dlgs n. 466 del 1997, tali soggetti erano stati esclusi dalla fase iniziale di applicazione del beneficio. Come evidenziato nella nostra circolare n. 42 del 1998, questa esclusione non comportava, tuttavia, anche l’irrilevanza, in prospettiva, degli incrementi e dei decrementi di patrimonio netto — nonché degli altri eventi considerati rilevanti dalle richiamate disposizioni antielusive — verificatisi per le suddette imprese nel corso dei periodi di sospensione della Dit. Cosicché, il descritto meccanismo di maggiorazione della variazione in aumento del capitale investito sarà immediatamente applicabile anche da parte delle banche e delle imprese di assicurazione, a prescindere dalla circostanza che gli incrementi e i decrementi rilevanti ai fini del calcolo della variazione stessa si siano verificati in tutto o in parte in periodi precedenti (ma pur sempre successivi a quello in corso alla suddetta data del 30 settembre 1996)

Modifiche al regime Dit dei soggetti Irpef (imprese individuali e società di persone residenti, stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti).

2.1 Ancora più incisive sono state le innovazioni apportate dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del Dlgs n. 9 del 2000, in esame, al regime applicativo della Dit delle imprese individuali e delle società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nonché, di riflesso, delle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti.

In primo luogo, con la modifica recata al comma 1 dell’articolo 5 del Dlgs n. 466 del 1997, è stato stabilito, in piena aderenza al più ampio criterio di delega introdotto dalla richiamata legge n. 133 del 1999, che tali soggetti determinano la base Dit "... assumendo, in luogo della variazione in aumento del capitale investito, il patrimonio netto di cui all’articolo 1, comma 4".

In conseguenza di tale modifica, i cui effetti decorrono dal periodo d’imposta 2000, tutto il patrimonio netto contabile costituirà, dunque, la base su cui applicare il coefficiente di remunerazione ordinaria del capitale investito; non assumendo più alcun rilievo che si tratti di capitale di vecchia formazione (vale a dire, risultante dal bilancio dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996) ovvero di capitale di nuova formazione, ma derivante da conferimenti in natura (che, com’è noto, nella disciplina applicabile fino al periodo d’imposta 1999, risultano invece esclusi dagli incrementi influenti sulla base Dit).

Nella stessa prospettiva, dovrebbe ora ritenersi rilevante, ai fini in questione, anche l’eventuale quota di patrimonio netto formata da utili destinati alla riserva indisponibile costituita a fronte di plusvalenze derivanti dalla valutazione di partecipazioni effettuata a norma del citato articolo 2426, comma 1, n. 4, del Codice civile e, più in generale, qualunque posta avente natura di riserva dal punto di vista civilistico.

È il caso, tuttavia, di precisare che il patrimonio netto contabile, rilevante in ciascun periodo d’imposta quale base Dit, deve essere assunto al netto dell’utile dello stesso esercizio: resta ferma, infatti, la regola per cui i nuovi utili possono costituire patrimonio netto rilevante ai fini Dit solo a partire dall’esercizio successivo a quello in cui sono stati prodotti e sempreché, beninteso, accantonati a riserva.

Ciò posto, si è visto che la norma fa riferimento semplicemente al patrimonio netto di cui al comma 4 dell’articolo 1 del Dlgs n. 466 del 1997, ma non opera alcun rinvio al successivo comma 5 dello stesso articolo 1 che, com’è noto, dispone il ragguaglio ad anno dei conferimenti effettuati nel corso del periodo d’imposta e prevede che i decrementi per attribuzione ai soci si considerino comunque effettuati alla data di inizio del periodo d’imposta. Il mancato richiamo di tali regole, si osserva, deve ritenersi frutto di una precisa scelta operata dal legislatore al fine di dare diretta ed esclusiva rilevanza all’entità contabile del patrimonio netto così come esistente alla chiusura dell’esercizio. Tale impostazione, che risponde anche ad esigenze di ordine semplificativo, è stata confermata dallo stesso ministero delle Finanze nel corso del recente "Telefisco" del 29 febbraio. In tale occasione, tuttavia, nel precisare che per le società di persone e le imprese individuali assume rilievo l’intero patrimonio netto contabile esistente alla data di chiusura dell’esercizio, a prescindere dalla circostanza che lo stesso risulti in parte formato da conferimenti effettuati in prossimità di tale data, ha anche affermato "... che eventuali comportamenti elusivi potranno essere colpiti con l’articolo 37-bis del Dpr n. 600 del 1973 (norma antielusiva), richiamata ai fini Dit dall’articolo 6 del Dlgs n. 466 del 1997".

2.2 La modifica concernente l’ampliamento della base Dit a tutto il capitale investito non esaurisce l’intervento normativo sul regime Dit dei soggetti Irpef. Il citato articolo 2, comma 1, lettera b), del Dlgs n. 9 in oggetto, infatti, reca altre due rilevanti innovazioni.

La prima di tali ulteriori modifiche è quella attuata attraverso la soppressione, sempre con effetto dal periodo d’imposta 2000, del comma 3 dello stesso articolo 5 del Dlgs n. 466 del 1997 e, quindi, delle disposizioni volte a subordinare l’applicazione del beneficio a determinati comportamenti "in positivo" dell’impresa. Va ricordato, infatti, che secondo la precedente disciplina, ancora applicabile per il periodo d’imposta 1999, la variazione in aumento del capitale investito può assumere rilievo quale base Dit solo nei limiti "... della riduzione dei debiti da finanziamento, al netto dei crediti da finanziamento, esistenti alla chiusura dell’esercizio in corso al 30 settembre 1996 nonché del valore dei beni strumentali nuovi di cui agli articoli 67 e 68..." del Tuir "...acquisiti anche mediante contratti di locazione finanziaria, a decorrere dall’esercizio successivo a quello suddetto".

Come appare evidente, l’eliminazione del vincolo al reinvestimento in beni strumentali nuovi ovvero al miglioramento della posizione finanziaria netta, combinandosi con la riconosciuta rilevanza dell’intero patrimonio netto quale base Dit, rende ancora più radicale il cambio di regime attuato dal provvedimento in esame. A questo proposito, nella relazione accompagnatoria viene evidenziato come la soppressione delle disposizioni del richiamato comma 3 dell’articolo 5 sia "... coerente con un modello di Dit a regime parametrato sul patrimonio netto, e non sulle sue variazioni..." e comporti, inoltre, "... una notevole semplificazione del regime dell’agevolazione".

Ciò detto, è opportuno tuttavia precisare che tanto le società di persone quanto le imprese individuali (residenti e non residenti) restano comunque sottoposte, ai fini della determinazione della base Dit, all’applicazione — in quanto compatibili — delle disposizioni antielusive di cui ai citati articoli 2 e 3 dello stesso Dlgs n. 466 del 1997. Cosicché, l’importo della base Dit — rappresentata dal patrimonio netto contabile — potrà ugualmente subire decurtazioni per effetto, ad esempio, dell’incremento da parte dell’impresa delle consistenze dei titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipazioni, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 30 settembre 1996; analogamente, in caso di ricevimento da parte di una società di persone residente di conferimenti provenienti da soggetti non residenti controllati da soggetti residenti, qualora non sia stato ottenuto il parere favorevole del comitato di cui all’articolo 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, ovvero provenienti da soggetti domiciliati in Paesi diversi da quelli indicati nel decreto ministeriale 4 settembre 1996. L’esempio da ultimo considerato offre, peraltro, lo spunto per osservare che le disposizioni antielusive recate, in particolare, dalle lettera a) e b) del richiamato comma 3 dell’articolo 3 del Dlgs n. 466 del 1997 continuano comunque a riferirsi espressamente ai soli "conferimenti in denaro". Si pone, dunque, il dubbio se, a seguito dell’avvenuta estensione della base Dit a tutto il patrimonio netto comunque formato, tale regola debba applicarsi, superando il dato letterale, anche ai conferimenti in natura di analoga provenienza. Il punto meriterebbe di essere chiarito dai competenti uffici ministeriali.

2.3 Nel ricordare che, ovviamente, l’applicazione della Dit resta comunque riservata alle sole imprese in contabilità ordinaria (anche se per opzione irrevocabile), va segnalata, da ultimo, anche la soppressione, per opera sempre del citato articolo 2 del Dlgs n. 9 in oggetto, del comma 4 dell’articolo 5 del Dlgs n. 466 del 1997; delle disposizioni, vale a dire, volte a regolare la determinazione della variazione in aumento del capitale investito e degli altri elementi (riduzione dei debiti, investimenti in beni strumentali nuovi) rilevanti ai fini dell’applicazione della Dit, in caso di passaggio alla contabilità ordinaria — con conseguente accesso al beneficio — in un periodo d’imposta successivo a quello in corso al 30 settembre 1996. Com’è intuitivo, in conseguenza dell’ampliamento della base Dit all’intero patrimonio netto contabile e del_l’eliminazione delle ulteriori condizioni di applicabilità del beneficio, tali disposizioni sarebbero divenute prive di portata applicativa.

Nel caso, dunque, in cui l’obbligo per la contabilità ordinaria venga a sorgere proprio nell’anno 2000 o in periodi successivi non si pongono particolari problemi in sede di accesso al regime della Dit, dato che per l’applicazione del beneficio sarà sufficiente fare semplicemente riferimento al patrimonio netto contabile risultante dal primo bilancio redatto dall’impresa (escluso comunque l’utile dello stesso esercizio). È il caso, tuttavia, di aggiungere che anche le imprese in questione dovranno co-munque tenere conto, in sede di applicazione della Dit, dei fatti verificatisi nei precedenti periodi d’imposta in cui non era tenuta la contabilità ordinaria (pur sempre successivi a quello in corso al 30 settembre 1996) eventualmente rientranti nelle disposizioni antielusive di cui agli articoli 2 e 3 del Dlgs n. 466 del 1997.

2.4 L’ulteriore intervento operato sulla disciplina Dit dei soggetti Irpef attiene al trattamento della quota di reddito d’impresa, direttamente prodotto o attribuito dalla società di persone, assoggettabile separatamente a tassazione con l’aliquota del 19%, ai fini della determinazione delle aliquote per scaglioni di reddito di cui all’articolo 11 del Tuir. Con l’integrazione apportata al secondo periodo del comma 2 del citato articolo 5, è stato previsto, a decorrere anche in questo caso dall’anno 2000, che il reddito d’impresa (rectius: la quota di detto reddito), tassabile separatamente con l’aliquota del 19%, concorre alla formazione del reddito complessivo delle persone fisiche "... per un importo comunque non eccedente il limite superiore previsto per il primo scaglione". In concreto, tenendo presente che attualmente il primo scaglione di reddito è individuato con riferimento al limite dei 15 milioni, la modifica comporta che la quota del reddito d’impresa (o da partecipazione in società di persone) assoggettabile all’aliquota Dit del 19% che eccede detto limite non influenzerà la determinazione delle ordinarie aliquote Irpef applicabili sugli altri redditi posseduti dal soggetto. In precedenza, e cioè fino al periodo d’imposta 1999, in sede di determinazione delle aliquote per scaglioni di reddito doveva, invece, tenersi conto dell’intero ammontare del reddito d’impresa (o derivante dalla partecipazione in società di persone) assoggettabile all’aliquota Dit del 19 per cento. Il vantaggio offerto dalla modifica in questione consiste, dunque, in un risparmio d’imposta sulla quota di reddito agevolato eccedente il limite del primo scaglione di entità pari al differenziale tra l’aliquota marginale Irpef che si sarebbe altrimenti determinata e l’aliquota Dit del 19 per cento.

Modifiche al regime Dit delle stabili organizzazioni di società ed enti non residenti.

3.1 Il Dlgs n. 9 del 2000 in commento ha introdotto importanti modificazioni anche per ciò che attiene al trattamento, ai fini della Dit, delle stabili organizzazioni in Italia di società ed enti non resi-denti.

In precedenza, vale a dire fino al periodo d’imposta in corso al 30 settembre 1999, il regime Dit applicabile a tali stabili organizzazioni era sostanzialmente analogo a quello applicabile alle imprese individuali e alle società di persone residenti: ciò, ancorché si trattasse di soggetti Irpeg.

Tale uniformità di trattamento era stata affermata in modo strumentale, al precipuo scopo, cioè, di riferire anche alle stabili organizzazioni facenti capo a società ed enti non residenti l’applicabilità delle disposizioni che, come si è visto, subordinavano la fruizione del beneficio alla circostanza che la variazione in aumento del capitale investito trovasse corrispondenza in investimenti in beni strumentali nuovi e/o nella riduzione dei debiti di finanziamento.

Si ricorda, peraltro, che il ministero delle Finanze aveva ritenuto di dover comunque estendere alle stabili organizzazioni di società ed enti non residenti, in quanto soggetti Irpeg, le disposizioni, contenute nell’articolo 1 del decreto legislativo n. 466, "... concernenti l’aliquota minima del 27%, nonché il riporto dell’agevolazione in caso di incapienza del reddito imponibile" (cfr. la circolare n. 76/E del 6 marzo 1998).

Le modificazioni apportate dal provvedimento in esame alla disciplina Dit dei soggetti Irpef (imprese individuali e società di persone residenti, nonché stabili organizzazioni di imprese individuali non residenti) e, in particolare, l’avvenuta eliminazione dell’ulteriore condizione di applicabilità del beneficio contenuta nel soppresso comma 3 dell’articolo 5 del Dlgs n. 466 del 1997, hanno indotto a rivedere anche la disciplina Dit applicabile alle stabili organizzazioni in Italia di società ed enti non residenti, nel senso di riconoscere la loro piena equiparazione alle società di capitali ed enti commerciali residenti.

Tale risultato è stato raggiunto attraverso la sostituzione, nel comma 5 del richiamato articolo 5 del Dlgs n. 466 del 1977, delle parole "... di cui ai commi 1, 2, 3 e 4", con quelle "di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4"; in tal modo dichiarando applicabili, ai fini del regime Dit di dette stabili organizzazioni, non più le disposizioni contenute nello stesso articolo 5, ma quelle, appunto, degli articoli precedenti del Dlgs n. 466 del 1997.

Nella relazione accompagnatoria del provvedimento in oggetto viene, in particolare, evidenziato che tale scelta è derivata sia dalla impossibilità di riferire ai soggetti Irpeg l’adozione dell’intero patrimonio netto quale parametro di riferimento della Dit sia in considerazione della inopportunità, da un lato, "... di mantenere un regime specifico per le sole stabili organizzazioni, che tra l’altro si potrebbe prestare a rilievi di trattamento discriminatorio ..." e, dall’altro, di differenziare "... il regime delle stabili organizzazioni rispetto a quello delle società controllate da soggetti esteri".

Riduzione temporanea dell’aliquota Dit per le società di nuova quotazione.

4.1 Le modifiche introdotte dall’articolo 12 del Dlgs n. 505 del 1999, attengono, si è accennato in premessa, alle condizioni di applicabilità della riduzione temporanea dell’aliquota Dit prevista dall’articolo 6 del Dlgs n. 466 del 1997 a favore delle società cosiddette "neo quotate".

Nel testo vigente prima delle modifiche, il comma 1 del citato articolo 6 disponeva, com’è noto, a vantaggio delle società ammesse successivamente al 20 gennaio 1998 (data di entrata in vigore del Dlgs n. 466 del 1997) "... alla quotazione nei mercati regolamentati italiani...", la riduzione "... per i primi tre periodi d’imposta successivi a quello della prima quotazione" dell’aliquota Dit e, in corrispondenza, dell’aliquota (media) dell’imposta personale costituente il livello minimo di tassazione, rispettivamente, dal 19 al 7% e dal 27 al 20 per cento.

Le novità recate dal decreto correttivo in commento consistono, da un lato, nell’estensione di tale regime temporaneo alle società che si quotano anche in mercati regolamentati diversi da quelli italiani, ma pur sempre nell’ambito della Ue; dall’altro, nella sua disapplicazione nei confronti delle società di grandi dimensioni, individuate in base all’entità del patrimonio netto contabile.

 
 
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Aggiornato il: 25 marzo 2000