COMANDO
GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA III
REPARTO OPERAZIONI CIRCOLARE
14 aprile 2000, N. 114000
OGGETTO:
Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore
aggiunto. AL:
(vgs. elenco indirizzi in allegato). 1.
PREMESSA. In
attuazione dell’art. 9 della legge 25.6.1999, n. 205 è stato emanato il
D.Lgs. 10.3.2000, n. 74 che – pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale Il
recente provvedimento, che entra in vigore il 15 aprile, in conformità ai
criteri direttivi della delega, determina una significativa inversione
di rotta nella filosofia ispiratrice dell’impianto sanzionatorio
penal-tributario in quanto viene a.
superata la strategia
fondata sul modello dei cosiddetti “reati
prodromici”, costituiti da fattispecie criminose volte a colpire non
l’effettiva lesione degli interessi erariali, bensì i comportamenti tenuti
“a monte” dai contribuenti,
astrattamente idonei per realizzare una successiva evasione; b.
introdotto un sistema
formato da un ristretto numero di fattispecie, di natura esclusivamente delittuosa,
tutte caratterizzate da dolo specifico finalizzato ad evadere le imposte, che
limitano la repressione penale ai soli comportamenti direttamente correlati ad
un effettivo danno agli interessi dell’Erario. In
linea con tale strategia, la rilevanza penale dell’illecito tributario è
stata ancorata alla:
- non veritiera
rappresentazione della situazione reddituale e delle basi imponibili nelle
dichiarazioni annuali ai fini delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto,
che può dar luogo ad una delle tre tipologie criminose costituenti il fulcro
del nuovo impianto, ossia la “dichiarazione
fraudolenta” (artt. 2 e 3), la “dichiarazione
infedele” (art. 4) e la “omessa
dichiarazione” (art. 5). In
tale quadro, la dichiarazione annuale da presentare ai fini II.DD. ed I.V.A.
è il momento in cui si realizza il presupposto dell’evasione, per cui
l’attenzione del legislatore si è concentrata sul rispetto di questo
obbligo fondamentale. Conseguentemente, si è rinunciato alla
criminalizzazione delle violazioni meramente formali e preparatorie, che
rimangono “a monte” e non
riverberano riflessi sulla dichiarazione, come, ad esempio, le omesse
fatturazioni o annotazioni in contabilità di operazioni attive, o le
irregolarità nella tenuta delle scritture contabili;
- elevata dannosità di
tre condotte “collaterali” in
materia di documenti e di pagamento di imposte, quali l’ “emissione
di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” (art. 8), l’
“occultamento o distruzione di
documenti contabili” (art. 10) e la “sottrazione
fraudolenta al pagamento di imposte” (art. 11). Allo
scopo di limitare l’applicazione della sanzione penale ai soli illeciti
economicamente significativi e di deflazionare i procedimenti penali, la
configurabilità dei nuovi delitti è stata subordinata – ad esclusione
della dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per
operazioni inesistenti (art. 2), dell’emissione di tali documenti (art. 8) e
dell’occultamento o distruzione di scritture (art. 10) – al superamento di
determinate, consistenti soglie di punibilità. 2.
LA RELAZIONE DI ACCOMPAGNAMENTO. Per
un preliminare orientamento – in attesa che vengano enunciati i primi
indirizzi dell’Autorità Giudiziaria sui profili più complessi ed incerti
della riforma – si reputa opportuno attirare l’attenzione sulla relazione
di accompagnamento (all. 1) al decreto legislativo, della quale si richiamano
– di seguito – le indicazioni esplicative di maggior interesse sotto il
profilo operativo. 2.1
I delitti in materia di dichiarazione. L’asse
portante del nuovo sistema repressivo è incentrato sui tre delitti in materia
di dichiarazione annuale, tra cui quello di “dichiarazione
fraudolenta” è sicuramente il più grave. Esso ricorre in presenza di
una rappresentazione dei fatti non solo mendace, ma anche particolarmente “insidiosa”,
in quanto supportata da un impianto contabile e documentale inteso a rendere
difficoltosa l’azione di accertamento dell’Amministrazione finanziaria o,
comunque, ad accreditare artatamente i dati evidenziati nella dichiarazione.
All’interno di tale
categoria, si differenziano due fattispecie criminose, a seconda che la
dichiarazione fraudolenta sia basata sull’utilizzo di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti, per qualsiasi importo (art. 2), oppure
su altri artifici (art. 3). Nel
secondo caso, la punibilità scatta al superamento di due soglie quantitative,
che devono ricorrere congiuntamente e cioè allorquando: -
l’imposta evasa, con riferimento a taluna delle singole imposte non
dichiarate, sia superiore a 150 milioni di lire; - gli
elementi imponibili da recuperare a tassazione (sia come componenti positivi
non dichiarati, sia come componenti negativi fittizi indebitamente dichiarati)
siano superiori al 5% degli elementi attivi dichiarati, o, comunque, a lire
tre miliardi. Le
altre due fattispecie del capo I sono costituite dalla: - “dichiarazione
infedele” (art. 4), per la quale le soglie di punibilità sono elevate,
rispettivamente, a 200 milioni d’imposta evasa ed al 10% degli elementi
attivi dichiarati o, comunque, a quattro miliardi; - “omessa
dichiarazione” (art. 5), nei casi in cui l’imposta evasa superi i 150
milioni. Per
quanto attiene all’elemento oggettivo dei reati in esame, è opportuno
sottolineare che: a.
la dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o documenti
per operazioni inesistenti (art. 2) presuppone due comportamenti distinti ed
in successione, entrambi necessari: il contribuente deve, prima, aver
registrato le fatture nelle scritture contabili obbligatorie (ovvero, se non
fosse obbligato alla tenuta dei registri, deve aver detenuto i documenti a
fine di prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria) e,
successivamente, aver presentato la dichiarazione dei redditi e/o I.V.A.
recante l’indebita detrazione degli elementi passivi “gonfiati”
rispetto a quelli reali. Per
converso, se venisse posta in essere la mera registrazione delle fatture
inesistenti in contabilità, senza che ciò avesse effetti su una
dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi o I.V.A. (già
presentata dal contribuente, ovvero, per l’annualità in corso all’atto
della verifica, da presentare), tale condotta non sarebbe sufficiente per
configurare il reato in esame; b. la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3) si fonda su un elemento qualificante di differenziazione rispetto alla dichiarazione infedele (art. 4), che ricorre allorquando le indicazioni mendaci di elementi attivi inferiori a quelli reali e/o di elementi passivi superiori a quelli effettivi siano supportate da un impianto contabile teso a sviare o ad ostacolare la successiva attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria. Pertanto, le mere violazioni degli obblighi di fatturazione e di registrazione dei corrispettivi non sono sufficienti, di per sé, a configurare gli artifici puniti dall’articolo in esame. Occorre, invece, che esse conducano, per le particolari modalità con le quali vengono poste in essere (ad esempio, in presenza di violazioni sistematiche e continue, o di tenuta ed occultamento di contabilità “nera” parallela a quella ufficiale), alla falsa rappresentazione complessiva della situazione fiscale del contribuente; c.
il reato di dichiarazione infedele (art. 4) ha una struttura
sostanzialmente coincidente con quello esaminato poco sopra (art. 3), salva la
differenza rappresentata dall’assenza dello speciale coefficiente di “insidiosità”
che attribuisce alle scritture ideologicamente false il valore di “mezzi
fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento”. D’altra
parte, il reato può essere commesso anche da soggetti non obbligati alla
tenuta della contabilità. 2.2
Le disposizioni sul tentativo e sulle valutazioni. Non
sono punibili a titolo di tentativo (art. 6) gli atti idonei, diretti in modo
non equivoco, a commettere i delitti di dichiarazione fraudolenta ed infedele,
di cui agli artt. 2, 3 e 4. La
ratio di tale esclusione è quella
di evitare un riflusso del sistema verso il modello dei “reati prodromici”,
in quanto, in mancanza dell’art. 6, si potrebbe sostenere che, ad esempio,
le registrazioni in contabilità di fatture per operazioni inesistenti e le
omesse fatturazioni o le sotto-fatturazioni scoperte nel corso del periodo
d’imposta sarebbero pur sempre punibili come tentativo di porre in essere
una dichiarazione fraudolenta o infedele. Per
converso, il legislatore ha escluso la punibilità di tali condotte
propedeutiche all’evasione, anche allo scopo d’incoraggiare la
resipiscenza del contribuente che, a fronte di un accertamento d’illeciti
I.V.A. ed imposte sui redditi in corso d’anno, sarà portato ad accettare le
risultanze del controllo invece che contestarle, pur di evitare le conseguenti
responsabilità per la presentazione di dichiarazioni penalmente vietate. Altrettanto
significativa, rispetto al previgente regime ancorato alla cognizione dei “fatti
materiali”, è la previsione (art. 7) secondo cui anche le arbitrarie
valutazioni estimative dei componenti attivi e passivi assumono rilievo
penale. Peraltro,
stanti i margini di opinabilità e d’incertezza della materia, il
legislatore ha enunciato alcune regole specifiche che escludono la sussistenza
del dolo, stabilendo, in primo luogo, che non sono punibili a norma degli artt.
3 e 4 le rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio poste in essere,
seppure in violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di
competenza, sulla base di “metodi
costanti di impostazione contabile”. Inoltre,
è stato ritenuto inidoneo a configurare il dolo di evasione l’eventuale
adozione di criteri di rilevazione contabile e di stima che, quantunque non
esattamente corrispondenti a quelli fiscalmente corretti, siano stati
espressamente indicati in bilancio – e, segnatamente, nella nota integrativa
– senza, così, arrecare ostacolo alla verifica successiva degli organi di
controllo. Da
ultimo, il legislatore ha escluso la punibilità delle valutazioni estimative
che, singolarmente considerate, “differiscono
in misura inferiore al dieci per cento da quelle corrette”. Degli
importi compresi in tale intervallo percentuale non dovrà tenersi conto nella
verifica del superamento delle soglie di punibilità previste per i reati di
dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e di dichiarazione infedele. Ciò
significa che se, ad esempio, il valore attribuito dal contribuente in
bilancio ad una data voce è lire un miliardo, mentre quello corretto è lire
un miliardo e cinquecento milioni, l’importo da considerare ai fini della
verifica del superamento delle soglie non sarà rappresentato dalla differenza
secca fra le due cifre, ma dalla differenza al netto della franchigia del
dieci per cento: e, dunque, in concreto, lire quattrocento milioni 2.3
I delitti in materia di documenti e pagamento di imposte. Il
reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
(art. 8), per qualsiasi importo, ricalca la fattispecie prevista dall’art.
4, comma 1, lett. d), del D.L. n.
429/1982, a fronte del rilascio di documenti per cessioni o prestazioni non
realmente effettuate in tutto in parte o indicanti i corrispettivi o
l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che
riferiscono il rapporto economico a soggetti diversi da quelli effettivi. Occorre,
però, rilevare gli elementi di novità introdotti riguardo alla: - previsione
che l’emissione di più fatture inesistenti nel medesimo periodo d’imposta
si considera come un solo reato; - completa
autonomia del reato di emissione rispetto alla successiva condotta tenuta
dall’utilizzatore, posto che l’art. 9 ha escluso, in deroga all’art. 110
cod. pen., la configurabilità del concorso dell’emittente nel reato di
dichiarazione fraudolenta commesso dall’utilizzatore e, all’opposto, del
concorso dell’utilizzatore nel reato di emissione. Per
quanto concerne il delitto di occultamento o distruzione di documenti
contabili (art. 10), il legislatore ha ripreso la fattispecie già sanzionata
dall’art. 4, comma 1, lett. b),
del citato D.L. n. 429, inserendo la clausola “salvo
che il fatto costituisca più grave reato”. In
tale ottica, nell’ipotesi in cui ricorrano gli estremi del reato di
bancarotta fraudolenta documentale, questo prevarrà sull’altro che sarebbe
ipotizzabile sotto l’angolazione fiscale. Infine,
l’ultima fattispecie riguarda la sottrazione fraudolenta al pagamento di
imposte (art. 11), posta in essere da chiunque alieni simulatamente o compia
altri atti fraudolenti sul patrimonio proprio o altrui, oggettivamente idonei
ad aggirare la procedura di riscossione coattiva dei tributi, degli interessi
e delle sanzioni di ammontare complessivo superiore a lire 100 milioni. Rispetto
alla precedente formulazione dell’art. 97, comma 6, del D.P.R. n. 602/1973,
si nota che la soglia del debito erariale è stata elevata da 10 a 100
milioni, mentre non è più richiesto che le distrazioni di beni siano
compiute dopo l’inizio di accessi, ispezioni e verifiche, ovvero dopo la
notifica di inviti, atti di accertamento o iscrizioni a ruolo. Rimane
fermo che, nel nuovo sistema, l’omesso versamento delle imposte dovute –
una volta che il contribuente abbia assolto l’obbligo della dichiarazione
– non assume, in alcun caso, rilevanza penale. Infatti, il delitto di
mancato versamento di ritenute da parte del sostituto d’imposta, già
previsto dall’art. 2 del D.L. n. 429/1982, è stato abrogato. 2.4
Le disposizioni comuni. Nell’ambito
del titolo III del decreto legislativo, rivestono particolare interesse le
norme sull’errore di diritto (artt. 15 e 16), in base alle quali non danno
luogo a fatti punibili: a.
le violazioni di norme tributarie dipendenti da obiettive condizioni
d’incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione; viene,
altresì, chiarito che tale esimente è destinata ad operare in ambito
distinto da quello dell’art. 47, comma 3, cod. pen., in tema di errore sulla
legge extrapenale, e cioè nei casi in cui le norme tributarie integrano il
precetto sanzionatorio ed assumono esse stesse la natura di leggi penali; b.
l’adeguamento ai pareri espressi – ai sensi dell’art. 21, commi 9 e 10,
della legge n. 413/1991 in materia di “interpello” –
dall’Amministrazione finanziaria, in via preventiva, o dal Comitato
consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, ovvero il compimento
delle operazioni esposte nell’istanza sulla quale, decorsi i termini
prescritti, si sia formato il silenzio-assenso Riguardo
a quest’ultimo aspetto, si sottolinea che, anche in mancanza della
proposizione di un interpello, la condotta del contribuente che sia
inquadrabile come semplice “elusione d’imposta”, basata sullo
sfruttamento delle opzioni consentite dalla normativa vigente per realizzare
lecitamente dei risparmi tributari, rimane priva di ogni riflesso penale, in
quanto in tali casi non può ritenersi sussistente il dolo specifico di
evasione richiesto dalle nuove fattispecie criminose. In
tema di prescrizione (art. 17), viene abbandonato il previgente regime
speciale sancito dall’art. 9 del D.L. n. 429/1982, per cui valgono i termini
fissati in via generale dall’art. 157 cod. pen.; viene, invece, conservata
la previsione di atti interruttivi ulteriori, rispetto a quelli ordinari (cfr.
art. 160 cod. pen.), tra cui il “verbale
di constatazione”. Infine,
rilevanti novità vengono introdotte in ordine ai criteri di fissazione della
competenza dell’Autorità Giudiziaria per territorio Per
superare le possibili incertezze procedurali, il legislatore ha dettato norme
specifiche per: -
i delitti in materia di dichiarazione (artt. 2, 3, 4 e 5), che si considerano
consumati nel luogo di domicilio fiscale del contribuente (per i soggetti
residenti all’estero, vale il luogo di accertamento del reato); -
l’emissione di più fatture inesistenti, in più località rientranti in
diversi circondari, nel corso del medesimo periodo d’imposta 2.5
I rapporti con il sistema sanzionatorio amministrativo e fra
procedimenti. Grande
importanza rivestono, sotto il profilo sistematico generale, le norme
contenute nel titolo IV, che prevedono: - il
principio di specialità (art. 19), - i
rapporti tra il procedimento penale ed il processo tributario Relativamente al primo punto, viene stabilito che, quando uno stesso fatto è punito in via sia amministrativa che penale, si applica soltanto una sanzione, quella comminata dalla disposizione speciale. Pertanto, in sostituzione della regola del “cumulo” sancita dal previgente art. 10 del D.L. n. 429/1982, si afferma ora l’estensione al campo tributario del principio generale fissato dall’art. 15 cod. pen. e dall’art. 9 della legge n. 689/1981. Ciò
significa che, in tutti i casi in cui tra due disposizioni giuridiche esista
un rapporto di genere a specie – ossia quando tutti gli elementi contenuti
nella fattispecie generale siano compresi nella fattispecie speciale, la quale
inoltre presenti uno o più elementi particolari aggiuntivi, detti per
l’appunto “specifici” o “specializzanti”
– si applica esclusivamente la seconda. In
concreto, avverrà che nelle diverse ipotesi in cui le nuove norme penali
richiedono il superamento di determinate soglie di punibilità, quest’ultime
costituiranno l’elemento caratterizzante per l’applicazione della sola
disposizione penale. Tuttavia,
il legislatore ha avvertito l’esigenza di coordinare meglio, con dei
correttivi, il rapporto tra i due sistemi sanzionatori, penale ed
amministrativo, in modo da evitare che l’applicazione del criterio di
specialità possa provocare, indirettamente, una perdita di deterrenza della
risposta complessiva. La
preoccupazione è derivata, sostanzialmente, dalla considerazione del fenomeno
ricorrente delle società amministrate da meri prestanome, le quali potrebbero
aggirare le sanzioni amministrative ad esse irrogabili (ai sensi dell’art.
11 del D.Lgs. n. 472/1997) riversando tutta la responsabilità, per i fatti di
evasione penalmente rilevanti, in capo ai rappresentanti legali. Per
evitare ciò, l’art. 19, comma 2, prevede che, anche quando il principio di
specialità porti ad escludere l’applicabilità delle sanzioni
amministrative nei confronti della persona fisica autrice della violazione,
permane tuttavia la responsabilità per tali sanzioni da parte delle società,
associazioni o enti nell’interesse dei quali abbia agito il trasgressore. Passando,
ora, alla disciplina dei rapporti tra il procedimento penale e quello
amministrativo (artt. 20 e 21), risulta confermato il principio della completa
autonomia reciproca delle due sfere di azione (c.d. “doppio
binario”), escludendo qualsiasi pregiudizialità o vincolo sospensivo
tra i diversi contesti. Ne
consegue che, sia l’attività di accertamento degli Uffici finanziari, sia i
processi avanti alle Commissioni tributarie, si svilupperanno in parallelo ed
indipendentemente dal processo penale vertente sui medesimi fatti. La ratio di tale scelta si ricollega all’impostazione di fondo della riforma, che, introducendo le soglie di punibilità ragguagliate all’ammontare dell’imposta evasa (artt. 3, 4 e 5), comporterà inevitabilmente l’onere per l’Autorità Giudiziaria di verificare la posizione fiscale del contribuente per accertare, nella propria sede e con gli strumenti penal–processuali di rito, il quantum di tributi non dichiarati. Tali
funzioni, in linea teorica, sono integralmente sovrapponibili a quelle degli
Uffici e delle Commissioni Tributarie, per cui le possibilità
d’interferenze si sarebbero potute presentare con frequenza ordinaria. Per
non incorrere in tali problemi, il legislatore ha optato per la soluzione di
scartare ogni condizionamento esterno all’iter
dei diversi procedimenti, al fine di non dilatare i tempi delle decisioni e,
soprattutto, di rispettare le differenze esistenti tra le regole probatorie
valevoli in ambito penale ed in quello amministrativo, che non sono
esportabili dall’uno all’altro sistema sic
et sempliciter. Per
lo stesso motivo, non è stata convalidata la disposizione dell’art. 12,
comma 1, del D.L. n. 429/1982 che regolava gli effetti del giudicato penale
nel processo tributario; pertanto, troverà spazio il principio ordinario
fissato dall’art. 654 cod. proc. pen., che esclude l’efficacia esterna
delle sentenze di condanna o di assoluzione allorché la legge civile ponga
limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa (come avviene,
nel campo tributario, per l’inammissibilità della prova testimoniale, ai
sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992). Da
ultimo, l’art. 21 ha introdotto regole particolari per consentire
l’irrogazione di sanzioni amministrative anche per fatti di rilevanza
penale, sospendendone l’esecuzione fino al momento in cui il procedimento
penale si concluda con una sentenza di assoluzione o un’archiviazione.
Qualora, invece, il processo abbia un esito di condanna dell’imputato, la
sanzione amministrativa previamente irrogata dall’Amministrazione
finanziaria diviene inapplicabile a norma del principio di specialità (art.
19). Sostanzialmente,
il sistema delineato viene incontro all’esigenza che, a fronte di violazioni
ritenute integrative di reato, l’Amministrazione finanziaria non sia
obbligata necessariamente a sospendere il procedimento sanzionatorio di
competenza, salvo poi a riavviarlo in caso di assoluzione o di proscioglimento
dell’imputato, poiché ciò esporrebbe gli interessi erariali al pericolo
del decorso dei termini di decadenza o di prescrizione. Invece,
l’irrogazione e la contestuale sospensione dell’esecuzione delle sanzioni
amministrative consentono di superare il problema, pur nel rispetto del
principio di specialità. 2.6
Disposizioni di coordinamento e finali. Tra
le norme di chiusura, assume particolare rilievo per l’attività operativa
del Corpo l’art. 23, che integra gli artt. 63 del D.P.R. In
tal modo, vengono superate le difficoltà che hanno indotto, in passato, ad
un’applicazione restrittiva dei criteri di rilascio dell’autorizzazione
dell’A.G., in base all’orientamento per cui ciò era possibile solo una
volta che fosse cessato il segreto investigativo imposto dal codice. Ora,
invece, risulta chiarito che l’A.G., nel concedere o negare il nulla osta,
compirà caso per caso una valutazione comparativa tra l’interesse a non
diffondere, prima del termine, la conoscenza di atti che possono essere
cruciali per lo svolgimento delle indagini, e l’altra finalità
dell’Amministrazione finanziaria ad acquisire prontamente i dati suscettivi
di utilizzo fiscale. Da
ultimo, l’art. 24 del decreto sostituisce l’art. 2, comma 8, della legge
n. 18/1983, comminando una sanzione amministrativa (da 2 a 15 milioni) per le
condotte di manomissione o alterazione dei registratori di cassa. 3.
DIRETTIVE DI MASSIMA.
In
considerazione delle implicazioni connesse all’entrata in vigore del D.Lgs.
n. 74/2000, si forniscono di seguito alcuni, preliminari, indirizzi di
massima, finalizzati ad uniformare le procedure operative rispetto ai principi
del nuovo sistema. Resta
fermo, naturalmente, l’impegno dei militari del Corpo ad eseguire le
direttive eventualmente impartite dal Pubblico Ministero, già emanate o di
prossima emanazione, prestando ogni collaborazione ad iniziative di
coordinamento intraprese a livello locale per il miglior raccordo delle
attività dei Reparti e degli Uffici finanziari con l’Autorità Giudiziaria. 3.1
Determinazione degli elementi passivi fittizi e degli elementi attivi
sottratti all’imposizione. A
norma dell’art. 1, comma 1, lett. b),
per “elementi attivi o passivi”
s’intendono tutte le componenti, comunque costituite o denominate, che
concorrono, in senso positivo (ricavi e compensi, plusvalenze, sopravvenienze
attive, dividendi ed interessi, variazioni delle rimanenze, proventi
immobiliari, ecc.) e negativo (costi e spese, minusvalenze, sopravvenienze
passive, interessi passivi, oneri fiscali e contributivi, perdite,
ammortamenti, accantonamenti, svalutazioni, ecc.), alla determinazione del
reddito o delle basi imponibili rilevanti ai fini dell’applicazione delle
imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Più
in dettaglio, ai fini della configurabilità dei delitti “dichiarativi”
assume particolare rilevanza l’esatta commisurazione degli elementi passivi
fittizi e di quelli attivi effettivamente conseguiti e non dichiarati. Le
regole per la determinazione delle componenti attive e passive, fermi restando
i criteri specificamente introdotti in campo penal-tributario dall’art. 7
del D.Lgs. n. 74/2000, sono quelle ordinariamente previste dal Testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917/1986, dal D.P.R. n.
633/1972 e dalle norme vigenti in materia di I.R.Pe.F., I.R.Pe.G ed I.V.A.. In
via interpretativa, gli “elementi
passivi fittizi” s’intendono costituiti dalle componenti negative
“non vere”, “non inerenti”, “non spettanti”, o “insussistenti
nella realtà”, che risultino dichiarate in misura superiore a quella
effettivamente sostenuta o a quella ammissibile in detrazione. Allo
stesso modo, gli “elementi attivi non
dichiarati” comprendono tutte le componenti positive che avrebbero
dovuto partecipare alla formazione del reddito e della situazione annuale
I.V.A., ma non risultano evidenziate in dichiarazione. 3.2
Determinazione dell’imposta evasa.
Ai
sensi dell’art. 1, comma 1, lett. f),
per “imposta evasa” s’intende
la differenza tra l’imposta effettivamente dovuta e quella indicata in
dichiarazione, ovvero l’intera imposta dovuta nell’ipotesi di omessa
dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a
titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima
della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine. Al
riguardo, si rileva che il concetto dell’imposta evasa ai fini penali è
simile, ma non coincide con quello della “imposta dovuta” ai fini
amministrativi (artt. 1 e 5 del D.Lgs. n. 471/1997), per cui si possono
determinare nella realtà casi di scostamento tra i due valori. D’altro
canto, alla luce del principio del “doppio
binario”, la ricostruzione della posizione fiscale del contribuente ai
fini dell’appuramento degli elementi costitutivi dei reati previsti dagli Pertanto, i militari operanti dovranno valutare autonomamente – dovendo, se del caso, notiziare “senza ritardo” l’Autorità giudiziaria – la configurabilità dei nuovi illeciti penali previa quantificazione dell’imposta evasa ai fini sia delle imposte sui redditi che dell’imposta sul valore aggiunto. Resta
inteso che tale operazione di calcolo dei tributi evasi è: -
strettamente funzionale agli adempimenti di polizia giudiziaria; -
preliminare e di ausilio ai fini delle successive determinazioni di competenza
del Pubblico Ministero e del Giudice, nonché eventualmente dei periti e dei
consulenti tecnici che potranno essere all’uopo nominati; -
aperta ad integrazioni da parte degli stessi Comandi operanti e degli Uffici
finanziari, nel caso in cui emergano nuovi fatti di evasione ovvero si possano
applicare modalità più corrette di ricostruzione dei tributi effettivamente
dovuti; -
sempre, dettagliatamente illustrata nell’informativa di reato per i delitti ex
artt. 3, 4 e 5, con l’indicazione del percorso seguito dalla pattuglia e
delle componenti attive e passive considerate nel computo. 3.3
La successione delle leggi nel tempo.
In
assenza di specifiche disposizioni transitorie volte a definire i criteri di
raccordo tra vecchie e nuove fattispecie, occorre far riferimento alle norme
generali che regolano la successione delle leggi nel tempo. In
particolare, stante l’intervenuta abrogazione del principio di ultrattività
delle norme penali finanziarie (art. 24, comma 1, della legge 30.12.1999, n.
507), anche in materia di reati tributari dev’essere applicato il criterio
del favor rei previsto dall’art.
2 cod. pen.. Pertanto,
si delineano tre possibili alternative: a.
se un fatto che costituiva reato in base alla legge vigente nel momento
in cui fu commesso, ma non è più previsto come reato secondo la legge
posteriore, non si dovrà procedere ad alcuna comunicazione all’Autorità
Giudiziaria (in tale prospettiva, una elencazione dei reati depenalizzati dal
D.Lgs. n. 74/2000 è riportata, per un’agevole consultazione, in allegato
2); b.
ugualmente, se un fatto non costituiva reato in base alla legge vigente
al momento in cui fu commesso, anche se esso integri in astratto una delle
fattispecie punite dalla nuova legge, non si dovrà procedere ad alcuna
comunicazione all’Autorità Giudiziaria; c.
se, invece, un fatto
costituiva reato in base alla legge vigente nel momento in cui fu commesso ed
è punibile come reato anche secondo la nuova legge, si dovrà inviare
l’informativa all’Autorità Giudiziaria competente ai sensi dell’art. 18
del D.Lgs. n. 74/2000, rubricando il reato che prevede la pena più
favorevole. 4.
INTESE DI COORDINAMENTO A LIVELLO LOCALE. Recentemente
un Comando del Corpo ha riferito che, al fine di ottimizzare il raccordo tra
le procedure di verifica, il successivo accertamento dei tributi e le indagini
di p.g., si sono svolti alcuni incontri con il Procuratore della Repubblica ed
i rappresentanti degli Uffici finanziari competenti, nel corso dei quali sono
state concordate specifiche intese per un miglior coordinamento del flusso
informativo. In
particolare, è stato convenuto che: a.
in presenza di verifiche della Guardia di Finanza a seguito delle quali
vengano individuate fattispecie costituenti reato, entro un termine massimo di
tre giorni dal deposito delle relative informative al P.M., la Cancelleria
provvederà ad annotare sulla “ricevuta” di presa in carico il numero del
procedimento penale. A
cura del Reparto operante, tale elemento sarà comunicato agli Uffici
finanziari all’atto dell’invio dei relativi processi verbali di
constatazione. In tal modo, eventuali successive comunicazioni dirette
all’A.G. sui medesimi contesti, da parte sia della Guardia di Finanza sia
degli Uffici medesimi, potranno essere immediatamente ricollegate al fascicolo
processuale, evitando dispersioni o duplicazioni di procedimenti; b.
la quantificazione dell’ “imposta evasa” ai fini delle soglie di
punibilità previste dagli artt. 3, 4 e 5, sarà effettuata “in prima
battuta” dallo stesso Comando operante. Nel contempo, gli Uffici finanziari
assicureranno un “canale preferenziale” per la tempestiva analisi di
quanto rilevato dal Reparto e comunicato direttamente alla Procura; c.
successivamente, considerato il particolare tecnicismo della materia,
gli Uffici potranno integrare le notizie di reato inoltrate dalla Guardia di
Finanza, segnalando all’A.G. (e, per conoscenza, al Comando originatore)
nuovi ed ulteriori elementi rilevanti sotto l’aspetto penale.
Si condividono i presupposti e le finalità dell’iniziativa, nonché la
valenza delle soluzioni individuate. Pertanto, i Comandi Regionali – ove non
già disposto – vorranno commettere incarico ai dipendenti Nuclei Regionali
pt e Comandi Provinciali, previo coordinamento interno, di promuovere i
necessari contatti a livello locale con le Procure della Repubblica e gli
Uffici finanziari, al fine di avviare modalità di collaborazione analoghe a
quelle sopra descritte. 5.
CONCLUSIONI. Allo
scopo di contribuire alla compiuta definizione delle procedure operative, i
Comandi Regionali in indirizzo faranno pervenire – entro il 15 settembre
p.v. – una sintetica relazione, con osservazioni e proposte, in ordine alle
problematiche emerse in sede di applicazione della nuova disciplina dei reati
in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. La
presente sarà inserita nel Foglio d’Ordini Operativo.
IL CAPO DI STATO MAGGIORE _____________________________________________________________________ |
Inviare a Claudio Carpentieri un messaggio di posta elettronica
contenente domande o commenti su questo sito Web.
|