SENTENZA N.336 ANNO 1998 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Prof. Giuliano VASSALLI
Presidente - Prof. Francesco GUIZZI
Giudice - Prof. Cesare MIRABELLI
" - Prof. Fernando
SANTOSUOSSO " - Avv. Massimo VARI " - Dott. Cesare RUPERTO
" - Dott. Riccardo CHIEPPA
" - Prof. Gustavo
ZAGREBELSKY " - Prof. Valerio ONIDA
" - Prof. Carlo MEZZANOTTE
" - Avv. Fernanda CONTRI
" - Prof. Guido NEPPI MODONA
" - Prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI " - Prof. Annibale MARINI
" ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità
costituzionale del combinato disposto degli artt. 20 e 47 del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30
dicembre 1991, n. 413), e 10 del d.P.R. 28 novembre 1980, n. 787 (Norme sulle
competenze, sulle attribuzioni e sul personale dei centri di servizio del
Ministero delle finanze e disposizioni integrative e correttive dei decreti del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, 29 settembre 1973, numeri
600 e 602), promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1996 dalla Commissione
tributaria provinciale di Novara, sul ricorso proposto dalla Fondazione OMAR
contro il Centro di servizio delle imposte dirette di Torino, iscritta al n. 550
del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1997. Visto l'atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di
consiglio del 3 giugno 1998 il Giudice relatore Massimo Vari. Ritenuto in fatto 1.— Nel corso di un
giudizio, su ricorso proposto dalla Fondazione Omar, notificato il 27 luglio
1996 a mezzo del servizio postale al Centro di servizio delle imposte dirette di
Torino, avverso l'iscrizione nei ruoli per IRPEG a saldo, oltre soprattasse ed
interessi — emessi a seguito dell'esame della dichiarazione dei redditi
dell'anno 1991 e contestati per asserita tardività dell'iscrizione medesima,
nonché erroneità dei calcoli effettuati per la liquidazione del tributo, con
richiesta contestuale della sospensione dell'esecuzione - la Commissione
tributaria provinciale di Novara, con ordinanza del 26 ottobre 1996 (R.O. n. 550
del 1997), ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato
disposto degli artt. 20 e 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo
contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nonché dell'art.
10 del d.P.R. 28 novembre 1980, n. 787 (Norme sulle competenze, sulle
attribuzioni e sul personale dei centri di servizio del Ministero delle finanze
e disposizioni integrative e correttive dei decreti del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, 29 settembre 1973, numeri 600 e 602),
"nella parte in cui non consentono, neppure quando il contribuente richieda
alla commissione tributaria competente la sospensione cautelare dell'atto, di
depositare validamente la copia del ricorso e di instaurare il contraddittorio
prima della scadenza del termine semestrale di cui al menzionato art. 10".
Onde l'impossibilità per l'interessato, di ottenere in sede giurisdizionale,
durante tale periodo di tempo, la sospensione cautelare dell'atto. 2.— Il giudice
rimettente — premesso che il ricorso in questione era stato depositato presso
la segreteria della commissione adita il 7 agosto 1996, prima, quindi, che
maturasse il termine dilatorio semestrale, alla scadenza del quale l'art. 10
citato, tuttora vigente per espressa riserva formulata nell'art. 21 [recte: art.
20], comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992, subordina la ricevibilità
dei ricorsi giurisdizionali avverso i ruoli dei centri di servizio e le relative
cartelle di pagamento — rileva che, nel caso di specie, il Collegio dovrebbe
dichiarare irricevibile il ricorso e al tempo stesso improcedibile l'istanza di
sospensione. E ciò in quanto la
disciplina vigente condiziona la esperibilità del procedimento cautelare di cui
all'art. 47 del decreto legislativo n. 546 del 1992 "ad una valida
instaurazione del contraddittorio relativo al procedimento sul merito dell'atto
del quale si invoca la sospensione", come si desume dal citato art. 47,
comma 1, che richiede l'osservanza delle disposizioni di cui all'art. 22,
dettate in materia di costituzione in giudizio del ricorrente. Né, d'altro
canto, potrebbe consentirsi a quest'ultimo di ottenere la sospensione dell'atto
prima di una efficace costituzione in giudizio, pena la vanificazione
dell'esplicita disposizione del sesto comma del ripetuto art. 47, per il quale,
nei casi di sospensione dell'atto impugnato, la trattazione deve essere fissata
entro novanta giorni; con il rischio, inoltre, che, ove la costituzione per il
giudizio di merito venga ritardata o del tutto omessa, l'atto rimanga sospeso
cautelarmente sine die. 3.- Ritiene, tuttavia, il
giudice a quo che la menzionata normativa violi l'art. 3 della Costituzione,
posto che le disposizioni vigenti riconoscono, in via generale, per tutte le
materie riservate alla giurisdizione tributaria, l'esperibilità immediata della
richiesta di sospensione cautelare, in sede giurisdizionale, dell'atto
impugnato, impraticabile solo nel caso di iscrizione a ruolo disposta dai centri
di servizio, nei cui confronti la parte, per tutto il periodo di pendenza del
termine dilatorio in questione, non può instaurare un valido rapporto
processuale di impugnazione, depositando presso la Commissione tributaria copia
del ricorso presentato all'ufficio. Secondo l'ordinanza una
tale discriminazione (rilevante a prescindere dall'entità della somma in
contestazione nel caso concreto) sarebbe assolutamente irrazionale e contraria
al principio di uguaglianza, risultando tanto più inaccettabile in una materia
così delicata, come quella della tutela giurisdizionale delle posizioni
giuridiche soggettive direttamente garantite dall'art. 24 della Costituzione,
posto che, nel caso dei ruoli emessi dai centri di servizio con la procedura ex
art. 7 del d.P.R. n. 787 del 1980, non sussiste alcuna particolare motivazione
che giustifichi un trattamento diverso da quello generalmente previsto per tutte
la altre imposte ed anche per le stesse imposte dirette, nel caso in cui
l'accertamento sia compiuto dal competente ufficio delle imposte anziché dal
centro di servizio. 4.- E' intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione. La difesa erariale osserva
che, come si desume dal terzo comma dell'art. 20 del d.P.R. n. 546 del 1992, la
proposizione del ricorso avverso i ruoli di riscossione formati dal centro di
servizio delle imposte dirette, in esito alla liquidazione dei tributi e al
controllo dei versamenti effettuati, resta disciplinata, pur dopo la più
recente riforma del contenzioso tributario, dall'art. 10 del d.P.R. 28 novembre
1980, n. 787, che delinea un procedimento speciale, essenzialmente preordinato
(in particolare, attraverso la prescritta moratoria per il deposito del ricorso
e la connessa dilazione della incardinazione del giudizio) ad attribuire al
suddetto centro un congruo spazio temporale per l'esame - in via amministrativa
- della fondatezza delle doglianze del ricorrente, il rimborso di quanto
eventualmente pagato o - come ulteriore esito possibile - la sospensione della
riscossione. L'Avvocatura ritiene,
pertanto, non fondata la censura di asserita disparità di trattamento, tenuto
conto della palese diversità delle situazioni a confronto, con particolare
riferimento alla circostanza che la pretesa creditoria del fisco, oltre a
concernere, per solito, somme di modesto importo, rispetto alle quali sarebbe
oltremodo arduo configurare il pericolo del "danno grave ed
irreparabile" di cui all'art. 47 del decreto legislativo n. 546 del 1992,
si basa sulla stessa dichiarazione del contribuente, sia pure emendata dagli
errori materiali e dai vizi. Considerato in diritto 1.- Con l'ordinanza in
epigrafe la Commissione tributaria provinciale di Novara ha sollevato questione
di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 20 e 47 del
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della
legge 30 dicembre 1991, n. 413), nonché dell'art. 10 del d.P.R. 28 novembre
1980, n. 787 (Norme sulle competenze, sulle attribuzioni e sul personale dei
centri di servizio del Ministero delle finanze e disposizioni integrative e
correttive dei decreti del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636,
29 settembre 1973, numeri 600 e 602), nella parte in cui non consentono, neppure
quando il contribuente richieda alla commissione tributaria competente la
sospensione cautelare dell'atto impugnato, di depositare validamente la copia
del ricorso avverso le iscrizioni a ruolo operate dal centro di servizio,
instaurando il rapporto processuale prima della scadenza del termine semestrale,
di cui al menzionato art. 10 del predetto d.P.R. n. 787 del 1980. Disciplina,
questa, che impedisce all'interessato, durante tale periodo di tempo, di
ottenere in sede giurisdizionale la sospensione cautelare dell'atto. L'ordinanza, nel rilevare
che le disposizioni vigenti contemplano, in via generale, per tutte le materie
riservate alla giurisdizione tributaria, l'esperibilità immediata, in sede
giurisdizionale, del rimedio della sospensione dell'atto impugnato, ritiene che
le denunciate norme contrastino con l'art. 3 della Costituzione, per la
discriminazione assolutamente irrazionale che pongono in essere sul piano
dell'uguaglianza, e che appare tanto più inaccettabile in una materia come
quella della tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche soggettive,
direttamente garantita dall'art. 24 della medesima Costituzione. 2.- La questione non è
fondata, nei sensi di cui appresso. 3.- Al fine di delineare
il contesto normativo nell'ambito del quale essa si colloca, va rilevato che,
nella nuova disciplina del processo tributario, contenuta nel decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, il giudizio innanzi alle commissioni
tributarie si instaura attraverso la notifica dell'atto introduttivo alla
controparte, rappresentata dall'amministrazione finanziaria (art. 20); notifica
che deve essere seguita, entro trenta giorni, a pena di inammissibilità, dalla
costituzione del ricorrente ai sensi dell'art. 22 del medesimo testo
legislativo. Rilevante innovazione di
tale più recente normativa processuale è la introdotta facoltà di richiedere,
al giudice tributario, la sospensione dell'atto impugnato, con istanza motivata
"proposta nel ricorso o con atto separato", sempreché - dispone il già
menzionato art. 47 - siano osservate le modalità previste dall'art. 22, e cioè
avvenga la costituzione in giudizio del ricorrente, al fine di evitare che, una
volta ottenuta la sospensione, il processo tributario resti pendente sine die. Quanto, invece, ai rimedi
avverso le iscrizioni a ruolo delle imposte liquidate dal centro di servizio, è
rimasta ferma, per effetto dell'espressa previsione dell'art. 20, comma 3, del
decreto legislativo n. 546 del 1992, la disciplina dell'art. 10 del d.P.R. 28
novembre 1980, n. 787, secondo il quale il ricorso è proposto con la spedizione
dell'originale al centro stesso a mezzo posta nel modo indicato dall'art. 17 del
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e con successivo deposito, da eseguirsi decorsi
almeno sei mesi e non oltre due anni dalla data di invio dell'originale mediante
spedizione o consegna nei modi indicati dal predetto art. 17, di altro esemplare
in carta libera alla segreteria della commissione tributaria adita. 4.- Con riferimento alla
sopra rammentata disciplina, il giudice rimettente muove dall'assunto che la
disposizione dell'art. 10 del d.P.R. n. 787 del 1980, prevedendo un termine
dilatorio per la instaurazione del rapporto processuale, renda impraticabile, in
via immediata, la tutela cautelare, non potendo soddisfarsi la condizione
stabilita dall'art. 47 del decreto legislativo n. 546 del 1992. Senonché, tale
tesi non può essere condivisa, dovendosi tener conto dei riflessi che le nuove
regole del processo tributario non possono non avere sulla fattispecie all'esame
del giudice a quo, la cui disciplina va necessariamente coordinata e raccordata
con le innovazioni introdotte dalla riforma del rito tributario del 1992. La
circostanza che il legislatore non abbia modificato la procedura di impugnazione
dei ruoli emessi dai centri di servizio, riconfermando, anzi, espressamente, per
le modalità di proposizione del ricorso, la vigenza dell'art. 10 del d.P.R. n.
787 del 1980, non consente, invero, di trarre alcun argomento a favore della
tesi dell'esclusione della facoltà di attivare il potere cautelare del giudice
durante il termine dilatorio semestrale, ove, tra le varie possibili
interpretazioni delle norme censurate, si adotti, alla stregua di un canone più
volte indicato da questa Corte, quella che appaia maggiormente aderente ai
principi costituzionali. Vero è che, in passato,
la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto che l'effettività della tutela
giurisdizionale per il contribuente si realizza essenzialmente con la pronunzia
emessa dal giudice tributario, alla quale l'amministrazione finanziaria, se
soccombente, è tenuta a dare esecuzione mediante la pronta restituzione della
somma riscossa e non dovuta (sentenza n. 63 del 1982). Ma tale orientamento,
espresso quando ancora la tutela interinale del contribuente stesso era
affidata, in via immediata, al solo potere di sospensiva dell'Intendente di
finanza (ex art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602), non appare atto a
definire la questione così come sollevata dal rimettente. Questi, infatti -
introdotta per effetto dell'art. 47 del decreto legislativo n. 546 del 1992, la
possibilità per l'interessato di richiedere alla commissione tributaria la
sospensione dell'atto impugnato - segnala un problema che concerne la mancanza
di analogo rimedio per l'impugnazione degli atti emessi dai centri di servizio. Di fronte a tale
prospettazione, che attiene essenzialmente al principio di uguaglianza, giova
ricordare come la Corte, in altra occasione - nel rilevare il carattere
strumentale della funzione cautelare rispetto alla effettività della tutela
innanzi al giudice - abbia posto in risalto l'importanza di discipline uniformi,
in grado di assicurare il rispetto dei requisiti propri (e minimi), imposti al
modello processuale dalle garanzie di cui al sistema costituito dagli artt. 3 e
24 della Costituzione in tema di contraddittorio e, più in generale, di
posizione delle parti nell'esercizio dei rispettivi diritti (cfr. sentenza n.
253 del 1994). Orbene, proprio alla
stregua di tali principi e dell'esigenza, in definitiva, di una lettura delle
disposizioni denunciate conforme a Costituzione, è da ritenere che la normativa
impugnata, nel coordinamento che va necessariamente operato tra il precedente e
l'attuale rito del processo tributario, non impedisca al contribuente, che
ricorre avverso la iscrizione a ruolo operata dal centro di servizio e chiede la
sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, di depositare, presso la
segreteria della commissione tributaria, l'altro esemplare del ricorso, senza
attendere il decorso del termine previsto nell'art. 10 del d.P.R. n. 787 del
1980. Si soddisfa, in tal modo, secondo le regole e le forme tuttora applicabili
ai ricorsi avverso le iscrizioni a ruolo, anche l'esigenza alla quale ha voluto
ovviare l'art. 47 del decreto legislativo n. 546 del 1992, richiedendo e ponendo
come condizione di ammissibilità per l'istanza cautelare la costituzione in
giudizio. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata, nei
sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del
combinato disposto degli artt. 20 e 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nonché
dell'art. 10 del d.P.R. 28 novembre 1980, n. 787 (Norme sulle competenze, sulle
attribuzioni e sul personale dei centri di servizio del Ministero delle finanze
e disposizioni integrative e correttive dei decreti del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, 29 settembre 1973, numeri 600 e 602),
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla
Commissione tributaria provinciale di Novara, con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio
1998. Presidente:
Giuliano VASSALLI Redattore:
Massimo VARI Depositata in cancelleria
il 24 luglio 1998. |
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