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Sommario

 

AMMINISTRAzioNE FINANZIARIA - ATTIVAZIONE DEGLI UFFICI DELLE ENTRATE DI ROMA

DECRETO 27.12.1999

    QUOTIDIANI ECONOMICI    

IMPOSTE SUI REDDITI - MISURE ANTIELUSIVE - CFC CONTOLLED FOREIGN CORPORATION

EMENDAMENTO al collegato legge finanziaria 2000

CONTENZIOSO - dichiarazioni scritte - AMMiSSibilità

COMMENTO A SENT. CASS. A cura di Michele Procita

RISCOSSIONE - CARTELLE ESATTORIALI - MOTIVAZIONI

Commento a sentenza Cass a cura di Beatrice Dalia

contenzioso - riscossione in pendenza di giudizio - SOSPENSIONE cautelare

CIRCOLARE 21.01.00, n. 14/E

agevolazioni - incentivi automatici alle piccole e medie imprese - codice tributo

RISOLUZIONE  21.01.2000, n. 4/E

Imposta sulla pubblicità e Tosap -  DELIBERE PER LA FISSAZIONE DELLE TARIFFE E DELLE ALIQUOTE E REGOLAMENTI RELATIVI AL 2000 - DIFFERIMENTO DEI TERMINI AL 29.02.2000

CIRCOLARE 19.1.2000, n. 13/E

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DECRETO 27.12.1999

"Determinazione delle competenze territoriali degli uffici delle entrate circoscrizionali di Roma, loro attivazione e istituzione di una sezione staccata a Monterotondo."

In breve

Il decreto ha disposto l’attivazione, dal 27 gennaio 2000, di otto Uffici delle entrate a base circoscrizionale nella provincia di Roma.

Gli otto Uffici, ubicati nel Comune di Roma ad eccezione dell’ottavo ubicato a Pomezia, hanno le seguenti competenze territoriali:

primo Ufficio - Circoscrizioni I, II e XVI di Roma;

secondo Ufficio - Circoscrizioni XVII, XVIII e XIX di Roma. A questo ufficio sono inoltre trasferite le competenze già demandate all'Ufficio del registro concessioni governative di Roma;

terzo Ufficio - Circoscrizioni IV e XX di Roma e comuni di Anguillara Sabazia, Bracciano, Campagnano di Roma, Canale Monterano, Capena, Castelnuovo di Porto, Civitella San Paolo, Fiano Romano, Filacciano, Formello, Magliano Romano, Manziana, Mazzano Romano, Mentana, Moterotondo, Morlupo, Nazzano, Ponzano Romano, Riano, Rignano Flaminio, Sacrofano, Sant'Oreste, Torrita Tiberina, Trevignano Romano;

quarto Ufficio - Circoscrizioni III, V, VI e VII di Roma;

quinto Ufficio - Circoscrizioni VIII, IX e X di Roma;

sesto Ufficio - Circoscrizioni XI, XII e XV di Roma. A questo Ufficio sono inoltre attribuite le competenze già demandate al primo Ufficio IVA di Roma in materia di controllo formale delle dichiarazioni per le annualità fino al 1996 e le competenze già demandate al secondo Ufficio IVA di Roma in materia di rimborsi a soggetti non residenti.

settimo Ufficio - Circoscrizione XIII di Roma e comune di Fiumicino. A questo Ufficio sono inoltre attribuite le competenze del secondo Ufficio IVA di Roma in materia di controllo formale delle dichiarazioni IVA per le annualità fino al 1996;

ottavo Ufficio - Comuni di Pomezia, Ardea, Anzio e Nettuno.

Il decreto ha poi previsto la soppressione, dalla medesima data del 27 gennaio 2000, degli Uffici delle imposte dirette, degli Uffici del registro e del primo Ufficio IVA di Roma e dell’Ufficio del registro di Anzio. Inoltre ha previsto una limitazione delle competenze del secondo Ufficio IVA e della locale sezione staccata della Direzione regionale delle entrate per il Lazio.

In ragione di queste attivazioni un Comunicato stampa del Ministero delle finanze del 20 gennaio 2000 ha reso noto che gli Uffici finanziari di Roma rimarranno chiusi nei giorni di lunedì 24, martedì 25 e mercoledì 26 gennaio e che di conseguenza i termini per gli adempimenti tributari in scadenza nei giorni di chiusura saranno così prorogati:

le scadenze fissate al 24 gennaio saranno prorogate a giovedì 27;

le scadenze fissate al 25 gennaio saranno prorogate a venerdì 28;

le scadenze fissate al 26 gennaio saranno prorogate a lunedì 31.

Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14- 01- 2000  

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    QUOTIDIANI ECONOMICI    

 

EMENDAMENTO al collegato legge finanziaria 2000

"le correzioni al testo unico delle imposte sui redditi secondo la proposta del "collegato fiscale" alla finanziaria 2000 in materia di Controlled Foreign Companies (Cfc)"

In breve

Si tratta delle disposizioni antielusive, già messe in evidenza in occasione della pubblicazione del testo di prima approvazione del collegato alla legge finanziaria 2000 (vedi Novità del 22 novembre 1999),. Le norme prevedono l’introduzione di una nuova disciplina in materia di imprese partecipate estere, ispirata alla normativa in materia di Controlled Foreign Corporation (Cfc) in vigore in altri Stati esteri, quali Australia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Nuova Zelanda, Regno Unito, Stati Uniti e Svezia.

L'obiettivo di tale normativa è quello di eliminare il vantaggio in termini di minori imposte pagate nei casi di spostamenti, fittizi, dell'attività produttiva nei c.d. paradisi fiscali attuato tramite gli strumenti societari.

Senza entrare nel dettaglio, la nuova norma prevede che i redditi conseguiti dalle società figlie siano tassati in capo ai soci italiani, a prescindere dalla loro effettiva distribuzione, quali redditi d'impresa secondo le regole dettate dal TUIR. Ovviamente è ammessa la prova che la società svolga effettivamente l'attività industriale nel paese estero.

La norma ancora molto grossolana e per niente affinata (In proposito Raffaello Lupi) pone dei seri problemi di adattabilità al sistema tributario italiano che alcuni autori, nella stessa pagina di pubblicazione dell'emendamento del "Il sole 24 ore", mettono in risalto.

Antonio Iorio ritiene che il drafting della norma sul Cfc e le altre modifiche previste dallo stesso articolo dell'atto Senato n. 4336 lascia prevedere l'individuazione due liste di paesi a bassa fiscalità distinte. Difatti i criteri previsti per individuare tali paesi nel nuovo articolo 127-bis, in materia di Cfc e dall'articolo 76 in materia di deducibilità dei costi sostenuti dalle transazioni con società figle e sorelle estere, sono diversi. In particolare, mentre il neo articolo 127-bis sembra far riferimento ai paesi a bassa fiscalità appartenenti alla UE senza però indicare alcuna preclusione ad un suo sconfinamento, l'articolo 76 del TUIR fa espresso e chiaro riferimento ai paesi a bassa fiscalità dei paesi fuori della Unione europea. Secondo l'autore il riferimento nell'articolo 127.bis ai paesi Ue "potrebbe anche consistere nell’introduzione di una soglia di riferimento per le aliquote che poi potrebbe trovare applicazione in qualsiasi territorio, sia esso compreso o non compreso tra gli Stati Ue. La disposizione, così com’è stata inviata all’esame parlamentare, non prevede, infatti, alcuna preclusione in tal senso, a differenza di quanto viene espressamente previsto per il regime di indeducibilità, che dovrà invece limitarsi a Stati o territori fuori dall’Unione europea."

Secondo Giovanni Giunta, la disposizione che sarà contenuta nell'articolo 127.bis del TUIR può essere associata alla tassazione per trasparenza delle società di persone e pone un problema non ancora chiarito dalla norma all'esame del Senato.

L'autore sottolinea la necessità che la norma chiarisca come scomputare  dalle imposte italiane le imposte pagate all'estero a titolo definitivo.  Secondo l'autore dal momento che la norma non dice nulla in merito, si deve far riferimento all'articolo 15 del TUIR. Tale articolo tuttavia pone dei problemi di applicazione al caso in questione. Infatti la possibilità di scomputo è legata a tre condizioni:

o        la detrazione è ammessa «fino a concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo (italiano, ndr) al lordo delle perdite di precedenti periodi di imposte ammesse in diminuzione»;

o        la detrazione «non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata».

o        la detrazione delle imposte estere «deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo».

Sputi critici

Dal momento che la tassazione dei redditi conseguiti dalle società estere, in Italia e nell'atro paese,  possono avvenire in momenti diversi e vengono altresì calcolate secondo regole diverse, la realizzazione della prima condizione stabilita dall'articolo 15 può essere adempiuta solamente con molte difficoltà. Infatti al fine di ottemperare alla disposizione sarebbe necessario ricordare la storia delle imposte italiane pagate sul reddito tassato all'estero nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo all'estero sullo stesso reddito. Ma non solo, dal momento che i due redditi sono calcolati secondo disposizioni diverse sarebbe necessario normalizzare il reddito italiano a quello estero o viceversa. Questo per riuscire a confrontare i due valori al fine di determinare a quanto reddito italiano tassato con regole italiane, equivale il reddito estero tassato con regole estere. La seconda condizione sarebbe di impossibile realizzazione. Infatti, per ottemperarvi sarebbe necessario che la tassazione dei redditi prodotti all'estero avvenga nello stesso periodo d'imposta, cosa che abbiamo visto non accade o quantomeno accade per caso.

L'autorevole dottrina di Maurizio Leo individua quattro elementi di incongruenza nella nuova norma antielusiva che dovrebbero essere risolti nella stesura definitiva:

Ø la norma antielusiva sembra non considerare le c.d. partecipazioni indirette nei gruppi d'imprese a cascata. Dal drafting della norma sembra infatti che, le partecipazioni indirette riguardino solamente quelle detenute per interposta persona. Appare evidente che nel caso nella stesura definitiva del provvedimento normativo viene chiarita tale rilevanza sarà necessario prevedere disposizioni idonee ad evitare la doppia imposizione dei redditi imputati alla holding all'interno dei gruppi;

Ø un secondo dubbio sulla norma messo in risalto dall'autore riguarda la percentuale di partecipazione necessaria per far scattare il meccanismo di tassazione. In particolare la norma indica che è necessaria una partecipazione del 25% senza indicare il lasso temporale in cui tale percentuale deve rimanere sopra a tale ammontare. Maurizio Leo  suggerisce, di stabilire un criterio analogo a quello indicato dall'articolo 96 bis del Tuir, concernente i dividendi madri-figlie: ove si afferma che la detenzione della percentuale del 25% deve verificarsi per almeno un anno.

Ø altro punto toccato dall'autore riguarda le partecipazioni detenute da persone fisiche non  titolari di reddito d'impresa. Come si è indicato in precedenza il reddito prodotto dal soggetto estero è tassato per trasparenza in capo al titolare della partecipazione di controllo, in base alle regole del TUIR per la determinazione del reddito d'impresa. Pertanto, le persone fisiche non imprenditori che detengono le partecipazioni, saranno obbligate a tenere la contabilità per determinare il reddito secondo le regole della competenza economica. In questi casi, spiega l'autore, sarebbe stato meglio definire tali somme quali redditi di capitale, sebbene tassati per trasparenza.

Ø  Ultimo aspetto, evidenziato riguarda la disposizione secondo cui il reddito d’impresa derivante dall'imputazione del reddito prodotto dall’impresa estera non si deducono «le perdite di precedenti periodi d’imposta». Secondo Maurizio Leo "Tale locuzione è di difficile interpretazione: potrebbe aver un senso (ma ciò dovrebbe essere reso più esplicito) se le perdite si riferissero sempre al soggetto partecipato estero, mentre non appare logico (come emerge, invece, dal dato letterale della norma) non consentire la deduzione dal predetto reddito di perdite "proprie" di periodi di imposta precedenti, riportate nei periodi di imposta successivi ai sensi degli articoli 8 e 102 del Tuir."

Il sole 24 ore di mercoledì 19 gennaio 2000, pag. 21

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COMMENTO A SENT. CASS. A cura di Michele Procita

" Per la Corte le dichiarazioni possono provare la pretesa del Fisco Le testimonianze scritte di terzi ammesse nel processo tributario"

In breve

Lo scritto da prima riassume gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza avuto riguardo al valore probatorio delle dichiarazioni scritte nel processo tributario nel quale, si ricorda, è fatto divieto della prova testimoniale - articolo 7, comma 4 del D.Lgs 546/1992.

 In particolare è indicato che esistono tre orientamenti distinti:

Ø il primo nega efficacia probatoria alle dichiarazioni, escludendo che esse siano idonee a dar sostegno al provvedimento impositivo poiché l’acquisizione di documenti nel processo consentirebbe l’introduzione, in via surrettizia, anche del loro contenuto testimoniale con una facile elusione del divieto;

Ø il secondo degrada il loro ruolo a quello di mere fonti di informazione sulla base delle quali orientare la ricerca e il giudizio in ordine alla pretesa impositiva;

Ø secondo l’ultimo, infine, le dichiarazioni assumono valore probatorio nel procedimento amministrativo e con tale veste possono entrare nel processo giurisdizionale in modo che il giudice può apprezzarle liberamente come prove sufficienti dei fatti posti dall’ufficio a base del proprio accertamento e come prove liberamente spendibili in sede contenziosa.

La Cassazione, nella sentenza 14427/99 (di prossima pubblicazione su «Guida Normativa»), ha preso posizione in materia, indicando idoneità delle dichiarazioni scritte a prova capace a formare il convincimento del giudice, aderendo pertanto all'ultima delle impostazioni sopra riportate. La Corte di cassazione fonda il suo convincimento sull'assunto secondo cui  "non è richiesto che le indagini fiscali si svolgano nel rispetto delle regole processuali circa l’assunzione delle prove" 

Il sole 24 ore di giovedì 20 gennaio 2000,

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Commento a sentenza Cass a cura di Beatrice Dalia

"L'iscrizione a ruolo è illegittima se la cartella è senza motivazione"

In breve

Il breve scritto indica che la Corte di cassazione, nella sentenza n. 14306 depositata il 20.12.99, (la sentenza è pubblicata su Guida normativa del 20.01.00) dichiara illegittima l'iscrizione a ruolo qualora nella cartella esattoriale, atto formale con il quale si notifica il ruolo al contribuente, non venga evidenziato l'errore materiale o di calcolo in cui è incappato il contribuente in modo di consentirgli di rendersi immediatamente conto dello sbaglio e predisporre la propria difesa.

Il sole 24 ore di giovedì 20 gennaio 2000, pag. 24

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CIRCOLARE 21.01.00, n. 14/E

"Ruoli emessi dal centro di servizio - Proposizione del ricorso ai sensi dell'articolo 10 del DPR 787/1980 - Istanza di sospensione - Articoli 20 e 47 del decreto legislativo n. 546 del 1992 - Sentenza della Corte costituzionale n. 336 del 24 luglio 1998." 

In breve

La circolare affronta problema dell'applicabilità dell'istituto della sospensione giudiziale della riscossione nei casi di ricorso avverso il ruolo emesso dai centri di servizio. Il problema sorge dal contrasto tra l'articolo 47 del D.Lgs 546/92, nella parte in cui subordina la possibilità di sospendere la riscossione alla costituzione in giudizio entro 30 giorni dalla proposizione del ricorso (riferimento all'articolo 22, D.Lgs 546/92) e l'articolo 10 del D.P.R. n. 787, 1980 nella parte in cui prevede che la costituzione in giudizio deve avvenire decorsi 6 mesi e non più di due anni dalla notifica del ricorso al centro di servizio imposte dirette. Sulla scorta della apparente incopatibilità delle due norme in passato l'amministrazione finanziaria si era espressa affermando che non era possibile usufruire della sospensione giudiziale per il periodo dilatorio semestrale (in proposito C.M. n. 291/E del 13.12.1996). Appariva infatti evidente che la sospensione giudiziale non poteva essere richiesta se il giudizio non era istaurato e se non si sapeva neanche se iniziava.  

Il Ministero delle finanze nella circolare in commento, sulla scorta della pronuncia interpretativa della Corte costituzionale n. 336 del 24 luglio 1998, torna sui suoi passi affermando che "il ricorrente che abbia presentato istanza di sospensione può procedere al deposito del ricorso e del proprio fascicolo  dal momento della spedizione del ricorso (penso si voglia intendere notifica all'ufficio) sino al compimento dei due anni successivi."

Sembra quindi che, nel caso in cui si voglia presentare istanza di sospensione giudiziale della riscossione, sia possibile depositare il ricorso prima del termine dilatorio di sei mesi previsti dall'articolo 10 del D.P.R. n. 787/1980 fermo restando il termine decadenziale di due anni.

Spunti critici

La sentenza interpretativa della Corte costituzionale e la commentata circolare ministeriale avranno vita breve. Infatti come si è messo in evidenza con le Novità del 20 settembre 1999, dal disposto della  lettera i), articolo 2 del DISEGNO DI LEGGE varato il 10.9.1999 dal consiglio dei ministri, si evince che l'intenzione sia quella di allineare il procedimento di proposizione di ricorso avvero i ruoli emessi dai centri di servizio a quello previsto dagli articoli 20 e 22 del D.Lgs n. 546/1992: notifica entro 60 giorni e deposito nei successivi 30.

Il sole 24 ore di sabato 22 gennaio 2000, pag. 21

Italia oggi di sabato 22 gennaio  2000, Pag. 29

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RISOLUZIONE 21.01.2000, n. 4/E

"Istituzione dei codice tributo - Incentivi in forma automatica per le piccole e medie imprese - legge n. 266/1997."

In breve

La risoluzione istituisce il codice tributo 

6603 - Agevolazioni-incentivi in forma automatica per le piccole e medie imprese nel territorio nazionale - art. 8, c. 2, legge 266/97.

Il codice, che va ad aggiungersi agli altri 19 codici tributo riassunti nella R.M. 24.5.1999, n. 86,   può essere utilizzando per portare a compensazione i crediti riconosciuti ai sensi della legge 266/97, con le modalità già previste dalla C.M. 12 febbraio 1999, n. 33/E in relazione agli incentivi automatici per gli investimenti di cui al D.L. 244/1995, convertito dalla legge 341/1995. Dall'applicazione della citata circolare n. 33/1999 cit. emerge che tali forme di compensazione possono essere effettuate solamente attraverso il concessionario della riscossione competente in ragione  del domicilio fiscale del contribuente, consegnando:

uno dei due moduli ricevuti dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

il modello di versamento F24 nel quale il credito vantato ai sensi della Legge 266/97 è esposto nella colonna "importi a credito compensati" e come periodo di riferimento l'anno in cui si effettua la compensazione del credito nella forma AAAA.

La risoluzione precisa che l'ammontare del credito d'imposta non deve essere considerato ai fini del computo del limite dei crediti annualmente compensabili previsto dall'articolo 25 del D.Lgs 241/1997. Infatti nella R.M. 24.5.1999, n. 86 sopra citata il ministero ha chiarito che il limite alla compensabilità o al rimborso dei crediti d’imposta è dettato da esigenze di bilancio dello Stato. Esigenze che in materia di crediti d’imposta derivanti da agevolazioni sono già tenuti in considerazione nel bilancio preventivo dello Stato.

Italia oggi di sabato 22 gennaio 2000, pag. 31  

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CIRCOLARE 19.1.2000, n. 13/E

In breve

La circolare ministeriale ha fornito chiarimenti in ordine alle conseguenze che si possono produrre in materia di tributi locali per effetto del differimento al 29 febbraio 2000 del termine previsto per gli enti locali per deliberare le tariffe e le aliquote di imposta nonché per l’approvazione dei regolamenti relativi al 2000.

Il documento in particolare ha posto l’attenzione sull’imposta comunale sulla pubblicità e sulla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, i cui termini di pagamento scadono nel mese di gennaio e per i quali pertanto potrebbero sorgere problemi in caso di deliberazione successiva ai pagamenti stessi. Potrebbe infatti verificarsi il caso di pagamenti di questi tributi nei termini ordinari con conseguente non corrispondenza alle variazioni regolamentari o tariffarie intervenute posteriormente allo stesso pagamento.

Al fine di evitare ciò la circolare ha invitato i comuni che potrebbero ritrovarsi in tale situazione a stabilire un’adeguata proroga per il versamento dei due tributi, debitamente pubblicizzata. Tale proroga non dovrà essere però disposta se non cambiano le misure delle tariffe delle imposte dovute.

In ogni caso il documento ha poi ricordato ai Comuni che se questi non confermano esplicitamente, entro il 29 febbraio 2000, le tariffe dell’imposta sulla pubblicità in vigore per l’anno 1999, ovvero non ne deliberano nuove, saranno applicabili le tariffe di base stabilite dal D.Lgs. 507/1993, con conseguente possibilità che in questo caso i contribuenti potrebbero aver versato a gennaio importi maggiori rispetto a quelli dovuti e quindi sarebbero legittimati a richiedere il rimborso dei maggiori importi pagati.

Infine la circolare ha precisato che in caso di delibera successiva al 31 gennaio senza una contestuale proroga del termine di versamento l’ente dovrà in ogni caso prevedere la possibilità di un versamento successivo senza applicazione di interessi e sanzioni.

La circolare non è stata oggetto di pubblicazione

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Aggiornato il: 29 gennaio 2000