Risposte fornite dagli esperti ai quesiti inviati durante il forum Internet sulle dichiarazioni 2000, organizzata dal Sole-24 Ore (la prima parte è stata pubblicata sul Sole-24 Ore di ieri).

Agevolazione Visco
Ammortamenti anticipati: sono decrementi

Ai fini dell’agevolazione Visco gli ammortamenti anticipati riducono gli investimenti?

Gli ammortamenti anticipati riferiti ai beni rilevanti ai fini dell’agevolazione Visco (tranne quelli acquistati nel biennio agevolato) sono considerati come decrementi degli investimenti, indipendentemente dal fatto che compaiano a conto economico o in una riserva utili. Si veda la circolare delle Finanze 101/E del 19 maggio 2000.

Studi di settore

Adeguamento ininfluente per il regime contabile

Vorrei sapere se, adeguandomi ai risultati degli studi di settore, debbo tenere conto del_l’importo dei ricavi che aggiungo ai fini della determinazione del regime contabile che devo adottare per il 2000. Faccio presente che, per effetto dell’adeguamento, supero il limite di ricavi di un miliardo.


La risposta è negativa. L’adeguamento dei ricavi contabili a quelli presunti dallo studio di settore, se comporta il superamento del limite di ricavi del miliardo, è ininfluente ai fini della determinazione del regime contabile. Una conferma in questo senso è nella circolare delle Finanze 117/E del 13 maggio 1996. La circolare, che illustra le regole di applicazione dei parametri, al paragrafo 7.1 "adeguamento spontaneo ai fini delle imposte sui redditi", afferma che qualora a seguito di adeguamento spontaneo "l’ammontare dei ricavi... superi i limiti previsti per la tenuta della contabilità semplificata (360 milioni o un miliardo di lire), per il periodo d’imposta successivo... non sorge l’obbligo di osservare gli adempimenti previsti per il regime ordinario di contabilità. In effetti, nella specie, il limite di ricavi... entro il quale si applica, per il periodo d’imposta successivo, il regime di contabilità semplificata non è superato in conseguenza dell’accertamento di specifiche operazioni non contabilizzate, bensì a seguito dell’indicazione di maggiori ricavi... al fine di evitare l’accertamento in base ai parametri". Tenuto conto che, come per il 1998, anche per il 1999 l’adeguamento ai ricavi presunti dagli studi di settore si può effettuare a consuntivo nella dichiarazione dei redditi, con le stesse regole previste per i parametri, questo adeguamento è da considerare ininfluente ai fini della determinazione del regime contabile naturale del 2000. Si può fare l’esempio di un’impresa per la quale si applica il limite del miliardo. Questa impresa, che nel 1999 ha conseguito 980 milioni di ricavi e che nell’Unico 2000 indica altri 30 milioni di ricavi per adeguarsi allo studio di settore, pur avendo superato con i 30 milioni il limite del miliardo, è in regime di contabilità semplificata naturale anche per il 2000.

Irap

Nel lavoro interinale la deduzione è parziale

Ho stipulato un contratto con una società fornitrice di lavoro interinale; poiché tutto il compenso pagato lo contabilizzo come prestazione di servizio, è possibile dedurlo ai fini Irap?



No, l’impresa utilizzatrice potrà dedurre dalla base imponibile Irap solo la differenza tra l’ammontare del compenso corrisposto all’impresa fornitrice e il costo contributivo e retributivo del personale sostenuto da quest’ultima (sarebbe opportuno che nel dettaglio della fattura vengano forniti distintamente i due importi; riferiti, il primo, alla prestazione di servizio della società che fornisce il lavoro interinale e il secondo al costo del lavoratore in affitto).

Beni in full leasing:

così la quota interessi

Nel caso in cui nella voce B8 del conto economico siano presenti canoni relativi a beni in full leasing (cioè canoni comprensivi di servizi accessori, quali ad esempio, assicurazioni, bolli auto, manutenzioni e riparazioni del bene), come devo comportarmi al fine di estrapolare la quota interessi indeducibile ai fini dell’Irap?



La società di leasing dovrebbe normalmente fornire l’importo e il dettaglio dei costi che si riferiscono ai servizi accessori concernenti il bene in full leasing. I costi accessori in oggetto sono classificabili nella voce B7 del conto economico risultando di conseguenza completamente deducibili ai fini Irap. Nel caso in cui la società di leasing non fornisce il dettaglio dei costi l’intero importo del canone sarà classificato nella voce B8 del conto economico e la quota di interessi passivi a esso riferibile sarà determinata applicando la formula prevista dal Dm 24 aprile 1998, secondo i chiarimenti offerti dalla circolare ministeriale 263/98.

Ravvedimento
L’acconto Irpef 1999 si sana con il 5%

Ho dimenticato di pagare l’acconto Irpef di novembre 1999. In caso di ravvedimento entro il 31 luglio 2000, devo applicare la sanzione del 6% o del 5 per cento?



La sanzione applicabile è quella del 5% e non quella del 6%, in quanto la violazione è stata commessa nel novembre 1999. Per le penalità applicabili in caso di ravvedimento, vale sempre la regola del favor rei. Lo ha confermato il ministero delle Finanze con la risposta 2.4 fornita in occasione di un Forum sui versamenti e riportata sul Sole-24 Ore dell’8 giugno 2000 (si veda la nota "Il ravvedimento più pesante scatta solo per i nuovi errori"). Il ravvedimento dopo i trenta giorni in materia di omessi versamenti di Iva o imposte sui redditi, costa di più per le violazioni commesse a partire dall’11 maggio 2000, data di entrata in vigore del decreto legislativo 30 marzo 2000, n. 99, pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" 96 del 26 aprile 2000.

Per il codice tributo basta la comunicazione

È vero che in caso di versamento di un tributo con il codice sbagliato si può rimediare all’errore con una comunicazione alle Finanze? Se è così, vorrei sapere cosa debbo fare per correggere gli errori commessi con i modelli F24 e F23.



La risposta è affermativa. È possibile correggere il codice tributo sbagliato con una semplice lettera. Le modalità di effettuazione del ravvedimento in caso di errore del codice tributo sono dettate dal ministero delle Finanze con la risoluzione 73/E del 26 maggio 2000, emanata dalla direzione centrale per la Riscossione. Il Ministero, nel precisare che non esistono modelli di pagamento correttivi per le deleghe modello F24 e F23, avverte che "in caso di errori di codici tributo, l’unica modalità per procedere al ravvedimento consiste nel_l’invio all’Amministrazione di una comunicazione che le consenta di correggere l’originaria imputazione delle somme pagate, operata sulla base delle erronee indicazioni fornite dal contribuente in sede di versamento". Il sistema dei versamenti unitari con compensazione, mediante il modello F24, è amministrato a livello centralizzato dalla Struttura di gestione del dipartimento delle Entrate.
Perciò, i contribuenti che non indicano correttamente il codice tributo sul modello F24, per effettuare il ravvedimento previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, devono inviare una comunicazione al dipartimento delle Entrate, direzione centrale per la Riscossione, all’ufficio Struttura di gestione. Nella comunicazione il contribuente deve indicare i propri dati anagrafici e fiscali, il codice tributo erroneamente usato e il codice giusto relativo al versamento effettuato, nonché gli altri elementi necessari per consentire alla struttura di gestione la corretta imputazione delle somme in relazione alle quali era stato commesso l’errore nella compilazione del modello F24. Per agevolare il ravvedimento è anche opportuno allegare copia del versamento eseguito. Si noti che il ravvedimento con la semplice comunicazione è possibile sia in caso di errore nei codici tributo, sia in caso di errori nei codici contributo e negli altri codici che si usano per i versamenti con il modello F24. La risoluzione 73/E precisa che i contribuenti possono anche correggere gli errori commessi in sede di compilazione del modello F23. In questo caso, però, non esiste una gestione centralizzata e i relativi flussi informativi sono a disposizione degli uffici periferici competenti alla riscossione. Ne consegue che, in caso di errori di codici tributo compiuti nella compilazione del modello F23, il ravvedimento è possibile, inviando la comunicazione all’ufficio periferico al quale è stato effettuato il versamento. Se alla data in cui si invia la comunicazione l’ufficio è soppresso, la "comunicazione-ravvedimento" si invia all’ufficio delle Entrate che ne ha assunto le funzioni. Per l’invio della comunicazione all’ufficio struttura di gestione non è previsto alcun particolare obbligo. È però opportuno che il contribuente, per sua e altrui memoria, invii la comunicazione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno.

Per l’invio online risponde l’intermediario

È possibile sanare il ritardato invio da parte di un intermediario abilitato? Si tratta di dichiarazione Iva periodica regolarmente protocollata con rilascio di ricevuta al cliente, ma inviata con un ritardo non superiore a 30 giorni.



Alla luce della circolare delle Finanze 98/E del 17 maggio 2000 (risposta 9.2.3), non è possibile regolarizzare la trasmissione telematica delle dichiarazioni in ritardo. Per il ministero delle Finanze, si tratta di violazioni che non hanno carattere tributario, ma amministrativo, per cui non è utilizzabile l’istituto del ravvedimento operoso.

Il 770 non presentato paga due sanzioni

Quali sanzioni sono applicate per la mancata presentazione della dichiarazione 770, tenendo presente che il versamento delle ritenute è stato effettuato regolarmente?



Nel caso in cui le ritenute siano state regolarmente versate, la circolare del ministero delle Finanze 23/E del 25 gennaio 1999 ha specificato che nel caso di omessa presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta risultano applicabili: la sanzione amministrativa da 500mila a 4 milioni di lire (articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 471/97); la sanzione di 100mila lire per ogni percipiente non indicato nella dichiarazione che avrebbe dovuto essere presentata (articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 471/97).

Le regole per sanare l’errore nelle dichiarazioni periodiche

Ho erroneamente indicato l’importo nel rigo "Iva a credito periodo preced." che ha comportato un errore in liquidazione Iva novembre e dicembre 1999, poi corretto in dichiarazione annuale. Non è stato comunque omesso alcun versamento. Come sanare? Con il modello 1999? Oppure si deve attendere l’Ufficio e si sanerà senza sanzioni entro 30 giorni dalla loro richiesta?



Si consiglia di non effettuare alcuna regolarizzazione. Infatti, se, come prospettato nel quesito, non si è verificato alcun omesso versamento, le violazioni commesse nelle dichiarazioni periodiche (anche se nel quesito non si parla di tale adempimento) potranno essere regolarizzate entro 30 giorni dall’invito dell’ufficio in quanto da ritenere un errore formale commesso nelle dichiarazioni presentate nel 1999 (articolo 25, comma 3-ter, del Dlgs 472/97).

Enti non commerciali

Entrate istituzionali: niente dichiarazione

A quali obblighi dichiarativi è tenuta un’associazione le cui entrate sono state costituite, nel corso del 1999, essenzialmente da quote associative, erogazioni liberali e proventi derivanti da una raccolta occasionale di fondi?



A nessuno, le entrate sono tutte di tipo istituzionale e non determinano obblighi di dichiarazione.

Gli obblighi per le Onlus

Le Onlus sono escluse dall’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi?


Le Onlus non sono tenute alla dichiarazione per quanto riguarda i redditi derivanti dall’esercizio di attività istituzionali e di attività connesse: esse devono quindi compilare l’Unico solo qualora si rendano intestatarie di redditi di fabbricati, di capitale (non soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta) o diversi.

Associazione sportiva: coefficiente del 3%

Un’associazione sportiva dilettantistica con esercizio coincidente con l’anno solare, che ha esercitato l’opzione per la legge 398/91, può applicare il coefficiente di redditività del 3% nella dichiarazione da presentare nel 2000?



Il coefficiente del 3%, stabilito dal comma 3 dell’articolo 25 della legge 133/99 (in precedenza era il 6%) si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 18 maggio 1999 (data di entrata in vigore della legge 133/99) e con effetto per l’intero esercizio. Poiché il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione da presentare nel 2000 era in corso, è applicabile il nuovo coefficiente.

Terreni e fabbricati
Indennità di esproprio: non sempre la ritenuta

In quale quadro di Unico 2000 va riportata un’indennità di esproprio percepita, nel 1999, su un terreno ricevuto in eredità nel 1997. Come va tassata l’indennità, considerando che il Comune che l’ha corrisposta non ha versato alcuna ritenuta?



L’ente che dà corso all’esproprio è obbligato a effettuare la ritenuta d’imposta (cioè in via definitiva) solo se si tratta di aree espropriate per la realizzazione di opere pubbliche o infrastrutture urbane all’interno delle zone omogenee A, B, C, e D di cui al decreto del 2 aprile 1968 (risoluzione 5/1020 del 17 novembre 1994). La circolare 194/E del 24 luglio 1998, inoltre, ha ribadito che il riferimento alle aree omogenee elencate si deve ritenere tassativo. Se l’ente che ha realizzato l’esproprio non ha effettuato la ritenuta, significa che: l’area non ricade nelle zone omogenee elencate o, l’esproprio non è finalizzato alla realizzazione delle opere pubbliche (comprese quelle di edilizia residenziale di cui alla legge 167/62). In ambedue i casi, non si verifica il presupposto per la tassazione.

Eredità, così l’accettazione con beneficio d’inventario

Vorrei sapere se a fronte di un’eredità, composta da redditi di terreni e fabbricati, accettata con beneficio d’inventario (l’asse ereditario è di valore netto praticamente nullo: le passività superano di gran lunga l’attivo), sussista comunque l’obbligo per gli eredi di versare imposte (di importo ragguardevole) a fronte di un patrimonio che probabilmente non sarà mai degli eredi stessi.



L’erede per successione legittima o testamentaria, se non ha compiuto atti che comportino il realizzo della tacita accettazione e se non sono trascorsi almeno tre mesi dalla data dell’apertura della successione (entrata in possesso dei beni ereditari), può rinunciare all’accettazione. L’accettazione con beneficio d’inventario (articoli 484 - 511 del Codice civile) consente di tenere separata l’eredità del patrimonio del chiamato all’eredità e consente all’erede di rispondere con il solo patrimonio ereditario. L’accettazione con beneficio d’inventario deve essere sciolta (con l’accettazione o la rinuncia) entro 40 giorni da quando è stata esercitata. Fino alla definitiva rinuncia, il chiamato all’eredità assume le obbligazioni fiscali conseguenti all’essere comproprietario dei beni ereditati, compreso l’obbligo di versare le imposte sui redditi derivanti dai beni stessi.

Il regime fiscale dei beni ai soci

Si chiede se si debba considerare plusvalenza ex articolo 81, lettera b), del Dpr 917/86 la differenza di prezzo realizzata nell’esercizio 1999 dalla vendita di un immobile pervenuto mediante assegnazione ai soci da una Srl in liquidazione volontaria che ha posseduto gli immobili per oltre cinque anni e che ha mantenuto immutata nel tempo la compagine sociale.



La circolare del ministero delle Finanze 112/E del maggio 1999, in materia di assegnazione agevolata ex articolo 29 legge 449/97, ha tra l’altro precisato che l’assegnazione di beni ai soci comporta l’interruzione del periodo quinquiennale di "osservazione" ai fini del realizzo della plusvalenza in caso di successiva cessione. Il chiarimento si ritiene applicabile anche al caso dell’assegnazione ordinaria. Diverso era il caso di un’altro provvedimento di carattere straordinario contenuto nella legge 449/97, ovvero quello dell’estromissione agevolata dei beni dal patrimonio dell’impresa individuale. In quel caso, infatti, l’estromissione non realizzava interruzione del quinquennio di "osservazione" ai fini del calcolo della plusvalenza. A chiarirlo fu la circolare 188/E del 16 luglio 1998.

Il prelievo Ici sulle attività agricole

Un terreno agricolo su cui viene coltivato granoturco non da un imprenditore agricolo è soggetto a Ici? E se il proprietario coltivasse, in forma non organizzata, fieno che viene ceduto a un agricoltore il terreno è soggetto a Ici?



Ai fini dell’Ici, i terreni agricoli sono tassati solo se ricadono in zone diverse da quelle montane o collinari individuate in base alla legge 984/77. Se il terreno non è situato nelle predette zone montane o collinari, la determinazione dell’Ici relativa segue le regole e le riduzioni previste dall’articolo 9 del Dlgs 504/92. Quest’ultimo prevede che i terreni agricoli utilizzati per le attività agricole o silvo-pastorali (articolo 2135 del Codice civile) da coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale, vadano assoggettati a Ici solo per la parte di valore dei medesimi che eccede i 50 milioni di lire e con la riduzione del 70% dell’imposta gravante sulla parte di valore eccedente i 50 milioni di lire e fino i 120 milioni di lire; del 50% sulla parte di valore che eccede i 120 milioni di lire e fino ai 200 milioni di lire; del 25% sulla parte di valore che eccede i 200 milioni di lire e fino ai 250 milioni di lire.

 

 
 
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Aggiornato il: 16 luglio 2000