

Relazione
al decreto legislativo recante "disposizioni di attuazione
dell’articolo 3 della legge 13 maggio 1999, n. 133, concernenti la riforma
della disciplina fiscale della previdenza complementare", approvato
definitivamente dal Consiglio dei ministri l'11 febbraio 2000..
Premessa
La presente relazione accompagna, illustrandolo,
lo schema di decreto legislativo recante disposizioni di attuazione
dell’articolo 3 della legge 13 maggio 1999, n. 133, concernenti la riforma
della disciplina fiscale della previdenza complementare.
La rilevanza e la complessità del provvedimento legislativo hanno suggerito
l’opportunità di scomporre la relazione in tre parti distinte dedicate,
rispettivamente, alla illustrazione dei principi recati dalla legge di delega,
della articolazione di carattere generale dell’articolato costituente il
decreto delegato nonché, poi, dei suoi singoli articoli.
Nella terza parte della presente relazione, in occasione dell’illustrazione
delle singole disposizioni, si provvede altresì a dare conto delle
modificazioni apportate da ultimo al testo dell’articolato in conseguenza
delle osservazioni espresse dalle competenti Commissioni parlamentari ovvero
delle ragioni per le quali parte di tali osservazioni non hanno trovato
riscontro nel testo definitivo del medesimo, sia perché l’articolato è
parso già tecnicamente conforme, sin dalla sua prima lettura da parte del
Consiglio dei ministri, alle osservazioni successivamente acquisite dal
Governo, sia, all’opposto, perché motivi d’ordine tecnico-giuridico sono
risultati d’ostacolo all’adeguamento dell’articolato alle osservazioni
predette.
PARTE PRIMA
I principi della delega
L’articolo 3 della legge 13 maggio 1999, n. 133, ha conferito al Governo la
delega per la riforma della disciplina fiscale dei fondi pensione di cui al
decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, per
introdurre forme individuali di previdenza (cosiddetto terzo pilastro) nonché
per riformare il regime fiscale delle assicurazioni vita.
Con riferimento a queste ultime, la legge delega distingue le assicurazioni
aventi finalità previdenziali, le quali devono essere trattate alla stregua
delle altre forme individuali di previdenza, le assicurazioni aventi finalità
esclusivamente assicurativa del rischio morte o invalidità permanente, per le
quali deve essere confermato l’attuale regime di detrazione d’imposta e,
infine, le assicurazioni aventi carattere finanziario, che saranno
assoggettate ad un trattamento fiscale simile a quello previsto per le
gestioni finanziarie di portafoglio.
La legge delega, infine, prevede la riforma della disciplina fiscale del
trattamento di fine rapporto (in seguito, per brevità, solo "Tfr")
e delle rendite vitalizie, considerati come strumenti aventi funzione
previdenziale ed il cui trattamento tributario deve essere, quindi, assimilato
a quello delle altre forme collettive o individuali di previdenza.
Per quanto riguarda la riforma della disciplina fiscale della previdenza
complementare, si deve tenere conto che la previdenza privata — a differenza
di quella pubblica — si caratterizza per essere una previdenza a
contribuzione definita e a capitalizzazione. I contributi versati vengono
investiti sul mercato dei capitali e producono rendimenti finanziari che
concorrono a determinare l’entità della prestazione da erogare al momento
del pensionamento. La prestazione pensionistica complementare è, pertanto,
formata in parte dalla restituzione dei contributi che inizialmente hanno
goduto della detassazione ovvero della deduzione dal reddito imponibile, in
virtù del principio sul quale si base la disciplina fiscale della previdenza
— ossia il principio del rinvio della tassazione del reddito accantonato per
finalità previdenziali — e in parte dai rendimenti finanziari che si sono
prodotti nella fase di accumulo.
Considerato che la parte corrispondente alla restituzione dei contributi
dedotti deve essere assoggettata ad imposta come una prestazione pensionistica
(e cioè con imposta progressiva), il problema che si pone riguarda le modalità
di tassazione della parte della prestazione pensionistica complementare
corrispondente ai rendimenti finanziari prodottisi nella fase di accumulo.
La legge 8 agosto 1995, n. 335, aveva scelto di tassare i rendimenti
finanziari nella fase di accumulo in capo al fondo pensione, assoggettandoli
alle ritenute alla fonte previste in generale per i redditi finanziari. Nella
fase successiva dell’erogazione della prestazione era, poi, prevista una
"restituzione" forfetaria dell’imposta pagata dal fondo pensione,
al fine di evitare una doppia tassazione, essendo, come è noto, le rendite
pensionistiche complementari assoggettate a tassazione solo nella misura
dell’87,5 per cento.
Allo stesso modo, la legge delega conferma tale sistema di tassazione,
eliminando il recupero forfetario dell’imposta pagata dal fondo pensione
(che, proprio in quanto forfetario, può determinare duplicazioni d’imposta)
e introducendo un regime di piena trasparenza fra i tre momenti del fenomeno
previdenziale. In tal modo, da un lato, alla detassazione dei contributi
corrisponde la tassazione in pari misura della prestazione pensionistica, e,
dall’altro, alla tassazione dei rendimenti finanziari presso il fondo
pensione secondo le regole previste per la tassazione dei redditi finanziari
corrisponde l’esenzione in pari misura del relativo importo della
prestazione pensionistica.
PARTE SECONDA
L’articolazione del decreto delegato
In attuazione dei principi recati dalla legge di delega e innanzi brevemente
riassunti, il decreto delegato è stato strutturato in quattro capi distinti:
il Capo I, intitolato "Disciplina del risparmio previdenziale",
istituisce le forme pensionistiche individuali, da attuarsi attraverso i fondi
pensione aperti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo n. 124 del
1993 o mediante contratti di assicurazione sulla vita, e contiene, inoltre, la
disciplina della deduzione dal reddito dei contributi destinati sia ai fondi
pensione (nuovi e vecchi, e, cioè, istituiti sia prima che dopo l’entrata
in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421) sia alle forme pensionistiche
individuali. La scelta di principio, operata in attuazione delle indicazioni
contenute nella delega, che ha generalizzato la disciplina di deduzione dal
reddito dei contributi senza distinguere fra tipi di reddito o beneficiari, è
stata quella di collocare sistematicamente la norma di deduzione nell’ambito
dell’articolo 10 del Tuir, e, cioè, fra gli oneri personali deducibili dal
reddito complessivo. Tale scelta ha comportato, come si avrà modo di vedere
meglio in seguito, la riformulazione della lettera e-bis) dell’articolo 10
del Tuir e la soppressione delle attuali disposizioni contenute negli articoli
48 e 48-bis.
il Capo II, intitolato "Disciplina della gestione del risparmio
previdenziale", riforma il trattamento tributario delle forme
pensionistiche, complementari e individuali, fondi vecchi e nuovi, aperti e
chiusi, interni od esterni al patrimonio del datore di lavoro. Data la
previsione contenuta nel decreto legislativo n. 124 del 1993 di fondi non solo
a contribuzione definita, ma anche a prestazioni definite (per i lavoratori
autonomi), nonché la diversa tipologia delle forme di gestione che i vecchi
fondi pensione possono adottare (capitalizzazione con gestione diretta delle
risorse, capitalizzazione con gestione assicurativa, a prestazioni definite,
gestioni immobiliari), non si è potuto, evidentemente, racchiudere la nuova
disciplina in un’unica disposizione sostitutiva dell’articolo 14 del
decreto legislativo n. 124 del 1993, che attualmente prevede il trattamento
tributario dei fondi pensione. Si è preferito, pertanto, suddividere la nuova
disciplina in quattro distinte disposizioni (dall’articolo 14 all’articolo
14-quater, sostitutivi dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 124 del
1993), pur operando fra esse i necessari coordinamenti e rinvii (ad esempio,
alle norme che rendono i fondi pensione "lordisti" agli effetti
dell’applicazione delle ritenute e alle conseguenti disposizioni
transitorie, primariamente inserite nell’articolo 14 del decreto legislativo
n. 124 del 1993 e nella relativa disposizione di modifica del presente
decreto).
il Capo III è intitolato la "Disciplina delle prestazioni pensionistiche
e del trattamento di fine rapporto". Anche per tale fase essenziale del
risparmio privato previdenziale, in conformità alle indicazioni della delega,
si è fatta la scelta di introdurre un regime meno favorevole per le
prestazioni in capitale, segnatamente nel caso di prestazione in capitale
superiore ad 1/3 del montante maturato, al fine esplicito di incentivare la
richiesta di prestazioni periodiche sotto forma di rendita. Si è, inoltre,
introdotto un regime differenziato di tassazione per le rivalutazioni del Tfr.
il Capo IV, intitolato "Trattamento tributario dei contratti di
assicurazione, dei contributi versati volontariamente alla gestione della
forma previdenziale obbligatoria di appartenenza, nonché disposizioni varie e
finali", riforma, innanzitutto, la disciplina dei contratti di
assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, limitando il beneficio fiscale
a quelli aventi per oggetto l’assicurazione del rischio morte o
dell’invalidità permanente, nonché del rischio di non autosufficienza nel
compimento degli atti della vita quotidiana. Si distinguono, in tal modo, i
predetti contratti assicurativi da quelli aventi carattere puramente
finanziario e da quelli a copertura di un generico rischio infortunio.
Illustrazioni di carattere generale
Prima di procedere all’esame analitico delle singole disposizioni
dell’articolato, conviene sottolineare che nell’attuazione della delega si
è privilegiata la scelta di inserire le nuove disposizioni nell’ambito o
del testo unico delle imposte sui redditi o del decreto legislativo n. 124 del
1993. Tale scelta sistematica non si è, ovviamente, potuta seguire per quelle
disposizioni non appartenenti per materia né all’uno né all’altro
provvedimento.
Sempre in via preliminare conviene, inoltre, sottolineare che per distinguere
i diversi fenomeni del ben più complesso sistema previdenziale privato,
derivante dall’attuazione della delega, nell’ambito del decreto in esame
sono state usate prevalentemente le seguenti locuzioni:
forme pensionistiche complementari, per intendere i fondi pensione di cui al
decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124;
forme pensionistiche individuali, per intendere le nuove forme di previdenza
individuale attuate mediante fondi pensione aperti o contratti di
assicurazione, la cui disciplina, anche sostanziale, è introdotta dal
presente decreto legislativo;
forme pensionistiche, per intendere ambedue le forme sopra indicate;
prestazioni pensionistiche, per intendere non solo quelle periodiche, ma anche
quelle liquidate in forma di capitale.
PARTE TERZA
Le singole disposizioni del decreto legislativo delegato
Articolo 1
Disciplina fiscale dei contributi e dei premi versati per previdenza
complementare individuale.
Con il primo articolo del provvedimento legislativo delegato sono stati
modificati gli articoli 10, comma 1, lettera e-bis) e comma 2, 17, comma 4,
48, comma 2, lettera a), 48-bis), comma 1, lettera a), 70, comma 1, del testo
unico delle imposte sui redditi.
Come anticipato, la nuova disciplina è, in sintesi, improntata ai seguenti
principi e criteri generali:
1) deduzione personale onnicomprensiva per tutti i contribuenti dei contributi
versati alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo n. 124 del
1993, per finalità esclusivamente previdenziali, nei limiti del 12% del
reddito complessivo e comunque di 10 milioni. Relativamente alle osservazioni
formulate al riguardo dalle Commissioni parlamentari, di chiarire il regime di
deducibilità dei contributi versati ai fondi pensione aperti (punto 1 parere
Camera e punto 1, terza alinea, parere Senato), può precisarsi che,
trattandosi di una deduzione dal reddito complessivo, essa compete in tutti i
casi in cui i contributi siano versati ad una delle forme pensionistiche
disciplinate dal provvedimento, compresi, quindi, quelli versati ai fondi
aperti; di conseguenza non è parso necessario introdurre modificazioni al
testo dell’articolato. Per i redditi da lavoro dipendente la deduzione è
subordinata alla destinazione alla forma pensionistica complementare
collettiva (fondi chiusi e fondi aperti) di un importo della quota del Tfr
almeno pari alla metà dei contributi complessivamente versati. Rispetto alla
precedente disciplina risulta indifferente se il contributo sia a carico del
lavoratore o del datore di lavoro;
2) il vincolo della destinazione della quota di Tfr alla forma pensionistica
complementare non si applica agli iscritti al 28 aprile 1993 alle forme
pensionistiche complementari già esistenti alla predetta data (vecchi
iscritti a vecchi fondi), nonché nelle ipotesi in cui la fonte istitutiva sia
costituita unicamente da accordi tra lavoratori;
3) separata gestione, secondo le regole generali, dei contributi sanitari ed
assistenziali (rischio morte, invalidità);
4) deduzione in ogni caso dei contributi versati da parte del datore di
lavoro, con eventuale concorrenza della parte eccedente i limiti di cui
all’articolo 10 del Tuir alla formazione del reddito del lavoratore;
5) riconoscimento del medesimo regime nel caso di fondi interni configurati ex
articolo 2117 codice civile, a condizione che siano istituiti conti
individuali che consentano di imputare le quote di accantonamento alle
posizioni dei singoli lavoratori. In caso contrario, viene meno in capo al
datore di lavoro la deducibilità ex articolo 70 del Tuir delle eventuali
contribuzioni attribuite al fondo, ferma restando la deducibilità per cassa
delle prestazioni erogate, che, peraltro, concorreranno per intero alla
formazione del reddito del lavoratore;
6) riassorbimento nella nuova disciplina di tutte le discipline speciali anche
previste dalla legge di delega (imprenditori agricoli, soci di cooperative),
non più necessarie in considerazione dell’unificazione del regime di
deduzione dei contributi ormai inseriti tra gli oneri personali deducibili. Ciò
comporta una grandissima semplificazione del sistema di deducibilità dei
contributi destinati alle forme pensionistiche e consente di garantire la
piena deducibilità dei contributi, secondo le regole generali, anche agli
imprenditori agricoli e ai lavoratori del medesimo settore (al riguardo si
veda il, punto 1, alinea ottava, del parere Senato).
Inoltre, fra le scelte tecniche particolari che sono state operate si
segnalano, fra le altre:
a) l’indicazione del limite percentuale del 12%, che rappresenta il
raddoppio, coerentemente con la fissazione del limite assoluto di 10 milioni,
dell’attuale percentuale del 6% prevista dall’articolo 10, lettera e-bis),
del Tuir. Sulla base della nuova disciplina, il limite assoluto tiene conto di
tutti i versamenti che affluiscono alle forme pensionistiche, collettive e
individuali, con la sola esclusione della quota di Tfr; pertanto,
necessariamente deve comprendere anche gli accantonamenti effettuati dal
datore di lavoro ai fondi di previdenza previsti nell’articolo 70, comma 1,
del Tuir, nonché i contributi eccedenti il massimale contributivo di cui
all’articolo 2 della legge n. 335 del 1995 eventualmente versati dal datore
di lavoro e dal lavoratore ai fondi pensione. Conseguentemente, non è parso
trasferibile nell’articolato il contenuto dell’osservazione delle
Commissioni parlamentari (parere Camera, punto 3, parere Senato, punto 1,
sesta alinea) volta ad escludere da detto limite i contributi eccedenti il
massimale contributivo di cui all’articolo 2 della legge n. 335 del 1995.
Con riferimento a questi ultimi occorre precisare che, ove siano versati alla
forma di previdenza obbligatoria di appartenenza, la loro deducibilità è
comunque ora consentita per effetto della modifica effettuata, col
provvedimento in commento, all’articolo 10, comma 1, lettera e), del Tuir;
b) nel caso di contributi versati a favore di persone fiscalmente a carico (ad
esempio, coniuge a carico), la deduzione spetta, innanzitutto, al soggetto
fiscalmente a carico (senza applicazione, ovviamente, del limite percentuale,
ma solo di quello dei 10 milioni) e, una volta esaurito il reddito di tale
soggetto, a quello cui questi è a carico (nell’esempio, al contribuente per
il coniuge a carico), nei confronti del quale si applicano i limiti
percentuali ed assoluti a lui propri. Pertanto, i contributi del soggetto a
carico concorrono con gli eventuali contributi propri del soggetto che opera
la deduzione. Peraltro, per i titolari di reddito da lavoro dipendente,
limitatamente ai contributi relativi al familiare a carico, non opera la
limitazione alla deducibilità in funzione della destinazione di quote del Tfr
alla previdenza complementare collettiva. Allo stesso modo non opera
l’esclusione dalla deducibilità prevista per i possessori soltanto di
redditi di fabbricati o di redditi di capitale relativamente al reddito
posseduto dal familiare fiscalmente a carico;
c) sempre in merito alla deducibilità dei contributi, si sottolinea che non
è parso necessario introdurre un’apposita disposizione per consentire —
come pure osservato dalle Commissioni parlamentari (parere Camera, punto 5, e
punto 1, settima alinea, parere Senato) — il riconoscimento della deduzione
direttamente da parte del datore di lavoro. Giova ricordare, infatti, che
l’attuale disciplina in materia di tassazione dei redditi di lavoro
dipendente già prevede il riconoscimento degli oneri deducibili
dell’articolo 10 del Tuir da parte del datore di lavoro (cfr. articolo 48,
comma 2, lettera h), del Tuir e Circolare del ministero delle Finanze 326/E
del 23 dicembre 1997);
d) il principio, espresso nel comma 2 dell’articolo 1, in base al quale,
laddove i contributi non siano stati dedotti (ad esempio, per superamento del
plafond), la loro restituzione sotto forma di capitale o rendita non va,
naturalmente, tassata. Il medesimo trattamento tributario dei contributi si
rende applicabile anche alle somme che l’iscritto versa alla forma di
previdenza per reintegrare la propria posizione individuale dopo aver ottenuto
anticipazioni. Ai fini dell’applicazione di tale principio, si è previsto,
come onere del contribuente, il necessario flusso di informazioni
dall’iscritto al fondo pensione.
Concludiamo la pubblicazione della relazione al decreto legislativo recante
"Disposizioni di attuazione dell’articolo 3 della legge 13 maggio 1999,
n. 133, concernenti la riforma della disciplina fiscale della previdenza
complementare", approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri. La
prima parte è stata pubblicata sul Sole 24 Ore di ieri.
In ordine a questa disposizione, come osservato nel punto 6 del parere della
Commissione Finanze della Camera, si è provveduto a precisare meglio il
contenuto e il termine della comunicazione che il contribuente deve effettuare
al fondo pensione o all’impresa assicurativa, relativamente all’ammontare
dei contributi non dedotti nell’anno in cui è sorto il diritto alla
prestazione, per le ipotesi in cui tale diritto sorga prima della scadenza del
termine di presentazione della dichiarazione dei redditi. In tal modo, il
sostituto d’imposta che eroga la prestazione può legittimamente procedere
alla corretta tassazione della prestazione che va ad erogare senza attendere
la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente;
e) la riformulazione dell’articolo 17, comma 4, e, in particolare,
l’inserimento della locuzione "valori", che ha la finalità di
neutralizzare fiscalmente il trasferimento al fondo pensione dell’eventuale
Tfr "cartolarizzato";
f) la modifica dell’articolo 70 comporta che, nel caso di fondi interni non
"configurati" ex articolo 2117 Codice civile, le somme accantonate
non sono deducibili da parte del datore di lavoro, né, ovviamente, concorrono
come oneri deducibili al plafond previsto dall’articolo 10 nei confronti del
lavoratore. La norma risulta chiaramente innovativa e non riguarda, dunque,
eventuali deduzioni non conformi al suo disposto effettuate nel passato dai
datori di lavoro. Con riferimento a questa previsione, si sottolinea che non
è parso trasferibile nel testo il contenuto dell’osservazione parlamentare
(punto 3, secondo capoverso, del parere Senato e punto 4 del parere Camera)
secondo la quale si sarebbe dovuto introdurre una disciplina transitoria volta
a consentire un’adeguamento progressivo in ordine ai nuovi obblighi
contabili, e ciò perché, come noto, la nuova disciplina entra in vigore a
decorrere dal 1° gennaio 2001 e, pertanto, è nei fatti la disponibilità di
un congruo lasso di tempo, da parte dei soggetti interessati, per effettuare
tale adeguamento.
Va ancora sottolineato che, in linea con un’osservazione formulata dalle
Commissioni parlamentari, è stata eliminata la previsione che escludeva dalla
possibilità di fruire della deduzione quei contribuenti il cui reddito
complessivo è formato o soltanto da redditi di capitale o soltanto da redditi
di fabbricati ovvero esclusivamente da entrambi (punto 1, alinea 4, del parere
Senato e punto 2, parere Camera).
Conclusivamente, occorre precisare che non è parso trasferibile nel testo
dell’articolato il contenuto dell’osservazione di cui al punto 1, alinea
1, del parere della Commissione Senato – un’osservazione che peraltro,
all’apparenza, collide con l’osservazione del medesimo punto, alinea 2,
formulata dalla stessa Commissione –, rivolto ad affermare ulteriormente che
per i lavoratori dipendenti la deducibilità dei contributi è subordinata
alla destinazione della quota annuale del Tfr alla forma pensionistica
collettiva. Ciò in quanto questa regola si può evincere chiaramente dalla
relativa disposizione.
Detta osservazione, peraltro, sembra pure non in linea con quella contenuta
nella successiva alinea 2 del citato punto del parere della Commissione
parlamentare, nella quale è, invece, sottolineato che tale disciplina
penalizza i lavoratori dipendenti rispetto ai lavoratori autonomi. Al
riguardo, è opportuno sottolineare che i principi di deducibilità dei
contributi relativi ai lavoratori dipendenti saranno comunque rivisti con
apposito decreto correttivo una volta che il disegno di legge concernente la
devoluzione del Tfr avrà completato il suo iter legislativo al fine di
apportare gli adeguati coordinamenti e le necessarie modificazioni. In quella
sede sarà possibile eliminare le lamentate disparità di trattamento tra i
lavoratori.
Per quanto attiene, ancora, al contenuto dell’osservazione di cui al secondo
punto del parere della Commissione Camera, concernente l’ampliamento della
misura della deduzione nel caso in cui il familiare fiscalmente a carico sia
portatore di handicap, merita osservare che, al riguardo, non è sembrato che
i principi e criteri direttivi della legge di delega consentissero spazi
d’intervento atti a prevede la possibilità di una differenziazione
dell’importo deducibile in relazione a particolari categorie di soggetti.
Analoghe ragioni hanno indotto a lasciare inalterato il testo
dell’articolato relativamente al contenuto dell’osservazione volta ad
immaginare un particolare beneficio per i giovani fino a 32 anni di età che
accedono ad un fondo pensione (parere Commissione Senato, punto 1, alinea
nona).
Quanto, poi, all’osservazione della Commissione Senato di cui al punto 1,
quinta alinea, può osservarsi che relativamente alle forme pensionistiche è
già prevista nell’ordinamento la loro sottoposizione a forme di vigilanza
da parte di un’apposita Commissione, competente per tutti gli opportuni
controlli degli strumenti contrattuali, e che pertanto già risultano attive
le misure idonee a prevenire il verificarsi di fenomeni elusivi. Inoltre, la
relazione tecnica che accompagna il provvedimento legislativo in commento ha
tenuto conto della perdita di gettito causata dalla integrale deducibilità
dei contributi erogati dai datori di lavoro e del minor versamento di
contributi previdenziali da parte degli stessi. Si è ritenuto che proprio
questo potesse indurre i datori di lavoro ad un maggior ricorso a questo
strumento, introducendo in tal modo un ulteriore motivo di decollo della
previdenza complementare.
Articolo 2
Disciplina delle forme pensionistiche individuali
Esigenza preliminare e strumentale all’introduzione di una disciplina
fiscale per il cosiddetto terzo pilastro della previdenza privata è
l’introduzione di una chiara definizione sostanziale delle forme
pensionistiche individuali. A tal fine, l’articolo 2 in esame prevede
l’inserimento nel decreto legislativo n. 124 del 1993 di due articoli, che,
rispettivamente, dettano, in conformità ai criteri direttivi contenuti nella
delega, la definizione e la conseguente disciplina delle forme pensionistiche
individuali attuate mediante adesione ai fondi aperti (articolo 9-bis) e la
definizione e la conseguente disciplina delle forme pensionistiche individuali
attuate mediante contratti di assicurazione (articolo 9-ter).
I principi cui si ispira la disciplina sostanziale delle forme pensionistiche
individuali possono essere sinteticamente riassunti nel modo seguente:
1) riconoscimento del beneficio fiscale nei limiti di quanto residua dopo aver
aderito ad un fondo pensione complementare, per effetto della limitazione alla
deducibilità in funzione della destinazione di quote del Tfr alla previdenza
complementare collettiva;
2) definizione delle forme pensionistiche individuali, sia di carattere
finanziario (articolo 9-bis) che assicurativo (articolo 9-ter), con
previsione, relativamente alle prestazioni pensionistiche, che queste debbono
essere obbligatoriamente erogate almeno per il 50% dell’importo maturato in
forma di rendita ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 124 del
1993;
3) esclusione dell’obbligo di cui al precedente punto nel caso in cui la
rendita pensionistica annua riferibile al 50% della prestazione sia inferiore
al 50% dell’assegno sociale e ciò con riferimento sia alla previdenza
collettiva che a quella individuale;
4) previsione che le prestazioni pensionistiche siano erogate al
raggiungimento dei requisiti di età pensionabile e di anzianità
contributiva, secondo i criteri già previsti dall’articolo 7 del decreto
legislativo n. 124 del 1993;
5) definizione dell’età pensionabile per i soggetti diversi dai lavoratori
dipendenti ed autonomi con rinvio a quella prevista a regime dall’articolo
1, comma 20, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non essendo parso opportuno
istituire un diverso limite di età;
6) facoltà del contraente di proseguire volontariamente nella partecipazione
al fondo non oltre i cinque anni dal raggiungimento dell’età pensionabile
per vecchiaia. Tali forme di previdenza, infatti, non sono necessariamente
collegate ad una previdenza obbligatoria e giustificano, quindi, la previsione
di un maggior periodo di contribuzione per consentire comunque l’erogazione
di una prestazione significativa che potrebbe essere l’unica cui il
contraente possa accedere;
7) non configurabilità dello specifico istituto dell’anticipazione, sempre
in considerazione del particolare tipo di forma pensionistica (individuale e
non collettiva), bensì previsione della facoltà di riscattare anche
parzialmente le somme accantonate e maturate nelle medesime ipotesi previste
dall’articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 124 del 1993 in tema di
anticipazioni;
8) per le forme pensionistiche individuali attuate mediante contratti di
assicurazione era stata prevista la necessità del rilascio di
un’autorizzazione da parte della Commissione di vigilanza (Covip),
d’intesa con l’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Isvap),
nonché il rispetto degli obblighi di informativa del contraente disciplinati
dall’articolo 109 del decreto legislativo n. 174 del 1995, riguardanti le
informazioni precontrattuali e quelle in corso di contratto (relative
all’impresa e al contratto), e le ulteriori che potevano essere previste
dall’Isvap, d’intesa con la Covip e con la Consob. Tuttavia, le
Commissioni di merito (cfr. parere Camera, punto 7, e parere Senato, punto 2)
hanno ampiamente illustrato come una tale previsione si ponesse in contrasto
con le direttive comunitarie in materia di assicurazioni e hanno sottolineato
con evidenza che la disposizione avrebbe potuto comportare una procedura di
infrazione da parte dell’Unione Europea. Pertanto, si è ritenuto opportuno
aderire alla proposta delle Commissione Senato di eliminare il comma 2
dell’articolo 2 e di modificare il comma 3 dell’articolo 9-ter nel senso
che sia ora previsto che le condizioni di polizza di questi contratti debbano
essere comunicati alla Commissione di vigilanza dei fondi pensione prima della
loro applicazione. Peraltro, non si è ritenuto necessario neppure mantenere
l’esplicita previsione del rispetto degli obblighi di informativa del
contraente disciplinati dall’articolo 109 del decreto legislativo n. 174 del
1995, riguardanti le informazioni precontrattuali e quelle in corso di
contratto (relative all’impresa e al contratto), in quanto, appunto, già
previste dal citato articolo 109. L’eliminazione dell’autorizzazione
prevista nel comma 3 dell’articolo 9-ter ora modificato e la soppressione
del comma 2 dell’articolo 2, rende ovviamente superato il suggerimento
contenuto nel punto 7-bis del parere della Camera volto a prevedere un termine
inferiore per l’adozione delle disposizioni di attuazione della disposizione
modificata.
Articolo 3
Norme di coordinamento e di adeguamento del decreto legislativo 21 aprile
1993, n. 124
Sia la nuova disciplina della deduzione dei contributi, inserita nell’ambito
degli oneri personali deducibili, che la regolamentazione delle forme
pensionistiche individuali, richiedono di procedere ad un coordinamento
sistematico con le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 124 del
1993. A ciò provvede l’articolo 3 in esame che, in particolare, inserisce
le seguenti modificazioni al decreto legislativo n. 124 del 1993:
1) disciplina dei riscatti dalle forme pensionistiche individuali, ammessi
solo nelle ipotesi in cui nei fondi pensione complementari è possibile
ottenere anticipazioni;
2) disciplina dei trasferimenti da fondi pensione a forme pensionistiche
individuali e viceversa, nonché fra forme pensionistiche individuali;
3) disciplina del caso morte dell’iscritto a forme pensionistiche
individuali, con rinvio alla disciplina civilistica della successione. In
ordine alle questioni inerenti l’imposta sulle successioni – questione
emergente dal punto n. 8 del parere Commissione Finanze della Camera) –
occorre premettere, in primo luogo, che la legge delega non offre principi e
criteri direttivi idonei ad operare interventi nell’ambito di materia
relativo a tale imposta. Giova peraltro aggiungere che non è necessario
prevedere una esplicita disposizione circa la non concorrenza delle somme
derivanti dal riscatto di posizioni individuali in favore degli eredi nel caso
di decesso dell’iscritto, in quanto l’esclusione di tali somme dall’asse
ereditario già discende dai principi contenuti nella vigente disciplina di
tale imposta. Infatti, in caso di morte dell’iscritto prima dell’accesso
alla prestazione, la somma corrispondente alla posizione individuale del de
cuius spetta "iure proprio" agli eredi e pertanto non deve ritenersi
trasferita per successione, essendo riconosciuta dalla legge direttamente a
loro favore;
4) riformulazione della norma dell’articolo 13 del decreto legislativo n.
124 del 1993 sulla neutralità dei trasferimenti delle posizioni
pensionistiche, nonché dei trasferimenti del patrimonio e delle riserve dei
fondi pensione fra diversi gestori;
5) esclusione dell’obbligo di richiedere almeno il 50 per cento della
prestazione in forma periodica nel caso in cui la rendita pensionistica annua
riferibile al 50% della prestazione sia inferiore al 50% dell’assegno
sociale.
Articolo 4
Decorrenza e norme transitorie
A parte la norma finale sull’entrata in vigore e sulla data a partire dalla
quale prende efficacia l’intero provvedimento, ciascun Capo si chiude, per
maggior chiarezza, con una specifica norma di decorrenza delle modifiche e
novità di disciplina introdotte in ogni Capo.
Per quanto concerne i contributi, l’articolo in esame prevede che la nuova
disciplina decorra dai versamenti eseguiti a partire dal 1° gennaio 2001.
Aderendo ad una specifica osservazione delle Commissioni parlamentari (punto
3, parere Senato e punto 9, parere Camera), con una disposizione specifica è
stato, inoltre, stabilito che per i vecchi iscritti a vecchi fondi, ai fini
della deducibilità prevista dall’articolo 10, comma 1, lettera e-bis, del
Tuir, fermo restando il limite del 12 per cento del reddito complessivo,
l’importo massimo di dieci milioni è maggiorato, per un periodo transitorio
di cinque anni, della differenza tra quanto i soggetti in questione hanno
effettivamente versato alle predette forme pensionistiche nell’anno 1999 e
il suddetto limite massimo di dieci milioni. Peraltro, è stabilito che le
modalità per fruire della maggiorazione in questione saranno specificate in
un decreto del Ministro delle finanze.
ARTICOLO 5
Regime tributario dei fondi pensione in regime di contribuzione definita
Come anticipato, il Capo II è dedicato a riscrivere il trattamento tributario
di tutte le forme pensionistiche disciplinate dal decreto legislativo n. 124
del 1993. Si è già detto che per ragioni sistematiche la nuova disciplina è
stata inserita nel decreto legislativo n. 124 del 1993, sostituendo
l’attuale articolo 14 con quattro distinte disposizioni, dedicate
rispettivamente:
ai nuovi fondi a contribuzione definita (articolo 14),
ai nuovi fondi a prestazioni definite (articolo 14-bis), nonché ai contratti
assicurativi con funzione previdenziale previsti dal nuovo articolo 9-ter del
decreto legislativo n. 124 del 1993,
ai fondi che detengono immobili (articolo 14-ter),
ai vecchi fondi sia a contribuzione che a prestazioni definite, sia a
ripartizione, sia esterni che interni (articolo 14-quater).
Ciò premesso in termini generali, l’articolo 5 provvede a sostituire
l’articolo 14 del decreto legislativo n. 124 del 1993, secondo le seguenti
linee direttrici:
1) estensione ai fondi pensione "mobiliari", chiusi o aperti, a
contribuzione definita dell’applicazione della disciplina prevista per i
fondi comuni: tassazione annuale del risultato netto maturato con imposta
sostitutiva nella misura dell’11%. A questo proposito, è opportuno
precisare che non è stato possibile aderire alle osservazioni delle
Commissioni parlamentari (punto 10 del parere Camera e punto 4 del parere
Senato) volte a ridurre l’aliquota dell’imposta sostitutiva dall’11% al
6, 25%, e questo perché, conseguentemente, non si sarebbe potuta garantire
l’invarianza complessiva del gettito, prevista espressamente dalla legge di
delega nella parte da essa dedicata alla copertura degli oneri connessi al
provvedimento legislativo in commento;
2) tale estensione è attuata non mediante un mero rinvio alla disciplina
introdotta dal decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, ma, date le
peculiarità dei fondi pensione, è stata prevista un’apposita previsione
normativa;
3) le eventuali perdite sono disciplinate tenendo conto dei fini comunque
solidaristici dei fondi pensione (analogo ragionamento non può evidentemente
essere fatto per la previdenza individuale); conseguentemente, il risultato
negativo è computato in diminuzione dei risultati dei successivi esercizi
senza limiti temporali: in tal modo del risultato negativo di un esercizio
trarranno vantaggio gli iscritti al fondo negli esercizi in cui esso sarà
computato in diminuzione dei risultati positivi conseguiti dal fondo;
4) in conformità alla disciplina dei fondi comuni sono anche le norme in tema
di inapplicabilità delle ritenute, di dichiarazione e di versamento
dell’imposta sostitutiva;
5) una norma speciale è inserita nel comma 4 dell’articolo 14 per il caso
di redditi di capitale soggetti ad una ritenuta maggiore dell’aliquota
dell’imposta sostitutiva: in tale ipotesi, laddove tali redditi non siano
assoggettati a ritenuta o a imposta sostitutiva, sugli stessi il fondo
pensione dovrà pagare un’imposta sostitutiva nella misura prevista per le
ritenute alla fonte e le imposte non applicate;
6) i commi da 2 a 5 dell’articolo 5 del decreto in esame contengono, infine,
alcune norme di coordinamento e transitorie, per rendere i fondi pensione
"lordisti" a partire dalla data da cui ha effetto il provvedimento
(1° gennaio 2001).
Merita precisare che, in adesione a quanto osservato dalla Commissione della
Camera (punto 11 del relativo parere), sono stati effettuati gli opportuni
interventi integrativi al fine di coordinare le disposizioni contenute nel
presente provvedimento con tutti i provvedimenti concernenti l’imposizione
dei redditi di natura finanziaria.
Conclusivamente, una precisazione in ordine all’osservazione di cui al punto
5, primo periodo, del parere del Senato relativa alla valutazione della
possibilità di prevedere l’istituzione di fondi regionali misti. Al
riguardo pare qui sufficiente sottolineare che non si rinvengono tra i
principi ed i criteri direttivi della legge di delega i presupposti per
introdurre, attraverso il provvedimento delegato in commento, una siffatta
novità legislativa.
Articolo 6
Regime tributario dei fondi pensione in regime di prestazioni definite e dei
contratti di assicurazione di cui all’articolo 9-ter del D.Lgs. n. 124 del
1993
Con l’inserimento nel decreto legislativo n. 124 del 1993 di un articolo
14-bis) si è previsto che:
1) l’applicazione ai fondi pensione a prestazioni definite dell’imposta
sostitutiva nella misura dell’11% sul risultato netto maturato per ciascun
periodo d’imposta. A questo proposito e in adesione ad un’osservazione
della Commissione Senato (punto 4, secondo capoverso), si è stabilito che il
risultato maturato in ciascun periodo d’imposta è determinato confrontando
i valori attuali delle singole rendite in via di costituzione con il valore
che avevano all’inizio del periodo d’imposta. Coerentemente, sono state
modificate in senso analogo le disposizioni concernenti la tassazione del
risultato maturato nell’ambito dei fondi di cui all’articolo 18, comma 1,
del decreto legislativo n. 124 del 1993;
2) i predetti fondi sono anch’essi lordisti: a tal fine, sono state
apportate le opportune norme di coordinamento;
3) per i piani individuali assicurativi si applica l’imposta sostitutiva
nella misura dell’11 % del risultato netto maturato in ciascun periodo
d’imposta, calcolato come differenza tra il valore attuale della rendita in
via di costituzione tra l’inizio e la fine dell’anno (o al momento
dell’accesso alla prestazione), diminuita dei premi versati nell’anno (i
piani individuali attuati mediante adesione a fondi pensione aperti sono
soggetti ad imposta tramite i medesimi fondi pensione aperti).
Articolo 7
Regime tributario dei fondi pensione che detengono immobili
In ordine ai fondi pensione immobiliari (ipotesi che ovviamente riguarda solo
"vecchi" fondi pensione, posto che i fondi costituiti dopo il
decreto legislativo n. 124 del 1993 non possono direttamente detenere
immobili) l’articolo 14-ter inserito nel decreto legislativo n. 124 del 1993
prevede:
1) la conferma dell’aliquota dell’imposta patrimoniale nella misura dello
0,50% nella considerazione che essa sostanzialmente corrisponde
all’applicazione dell’aliquota dell’11% sul rendimento medio del
patrimonio immobiliare; d’altronde, in tal modo, viene rispettata
l’indicazione della delega che, nel confermare per i predetti fondi il
regime patrimoniale, prevede, peraltro, la possibilità di perequare
l’aliquota al carico tributario gravante sui fondi mobiliari;
2) nel caso di immobili concessi in locazione in regime di libera
determinazione dei canoni la predetta aliquota dello 0,50% è elevata
all’1,50%, sulla parte di patrimonio corrispondente, al fine di tener conto
della ratio della norma di cui all’articolo 9 della legge 9 dicembre 1998,
n. 431 (ma non le complicazioni applicative della stessa), che viene
contestualmente abrogata (comma 3 dell’articolo 7 del decreto in esame);
3) nel caso, infine, in cui una parte del patrimonio sia investita in valori
mobiliari, il fondo pensione dovrà procedere a separare contabilmente i due
patrimoni: quello investito in immobili, da assoggettare ad imposizione con
l’applicazione dell’imposta patrimoniale e quello investito in valori
mobiliari, da assoggettare ad imposta sostitutiva mediante i criteri previsti
dall’articolo 14.
Articolo 8
Regime tributario dei fondi pensione che risultavano istituiti alla data di
entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421
L’articolo 14-quater, introdotto dall’articolo 8 del provvedimento in
commento, prevede che:
1) i fondi pensione esterni ed interni a capitalizzazione non assicurativa
scontano le imposte ai sensi del nuovo articolo 14 del decreto legislativo n.
124 del 1993 (imposta sostitutiva dell’11% sul risultato annualmente
maturato);
2) i fondi pensione a capitalizzazione assicurativa scontano le imposte ai
sensi dell’articolo 14-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 124 del 1993
(imposta sostitutiva dell’11% sul risultato netto maturato in ciascun
periodo d’imposta, prelevata direttamente dalla compagnia di assicurazione);
3) i fondi pensione esterni ed interni a prestazioni definite gestiti con il
sistema tecnico-finanziario della ripartizione scontano le imposte ai sensi
dell’articolo 14-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 124 del 1993
(imposta sostitutiva dell’11% sul risultato netto maturato in ciascun
periodo d’imposta, prelevata direttamente dal fondo);
4) i fondi pensione esterni ed interni a prestazioni definite gestiti con il
sistema tecnico-finanziario della capitalizzazione scontano le imposte ai
sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 124 del 1993 (imposta
sostitutiva dell’11% sul risultato annualmente maturato).
Articolo 9
Disciplina transitoria
Anche le disposizioni del Capo II hanno effetto a partire dalla data di
efficacia del presente decreto legislativo (1° gennaio 2001).
Articolo 10
Trattamento tributario delle prestazioni pensionistiche erogate ai sensi del
decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124
Il Capo III contiene la disciplina delle prestazioni pensionistiche, in
capitale o in rendita, nonché del trattamento di fine rapporto,
rispettivamente negli articoli 10 e 11 del decreto in esame.
L’articolo 10 modifica gli articoli 16, 41, 47 e 48-bis del Tuir e inserisce
nel medesimo testo unico un nuovo articolo 17-bis, nonché nell’articolo 23,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 una
lettera d-bis.
In termini generali, la nuova disciplina delle prestazioni pensionistiche in
capitale o in rendita erogate sia da fondi pensione che da forme
pensionistiche individuali è ispirata ai seguenti criteri:
1) tassazione separata dei capitali, per la parte non finanziaria, a
condizione che il loro ammontare non sia superiore ad 1/3 del montante
(determinato tenendo conto anche delle quote di Tfr, nonché dei contributi o
premi eventualmente non dedotti) e che la parte finanziaria abbia scontato
l’imposta sostitutiva presso il fondo o il piano individuale;
2) applicazione dell’aliquota, determinata con i criteri di cui al comma 1
dell’articolo 17 del Tuir da parte del sostituto d’imposta, salvo
conguaglio da parte dell’Amministrazione finanziaria in base all’aliquota
media dei cinque anni precedenti. In tal modo, la tassazione separata operata
dal sostituto d’imposta rappresenta un’anticipazione dell’imposta
effettivamente dovuta dal contribuente, che è determinata con un criterio
(l’aliquota media del quinquennio precedente) molto più equitativo del
precedente, ma i cui dati applicativi possono essere conosciuti solo dagli
uffici finanziari. A questo riguardo si precisa che non è parso trasferibile
nell’articolato il contenuto dell’osservazione di cui al punto 12 del
parere della Camera, e ciò perché la riliquidazione sulla base
dell’aliquota del quinquennio è il criterio normale di tassazione di tali
trattamenti. La scelta di fare effettuare una prima tassazione da parte del
sostituto d’imposta sulla base di un’aliquota che si genera autonomamente
in relazione alle somme erogate è dovuta soltanto alla volontà di non
aggravare il sostituto d’imposta con faticosi adempimenti di natura
procedurali. Occorre poi tenere presente che il sostituto d’imposta, ove
fosse chiamato ad effettuare le ritenute alla fonte sulla base dell’aliquota
del quinquennio, sarebbe costretto ad affidarsi alle comunicazioni del
percipiente e vedrebbe ridotta la celerità delle operazioni di liquidazione
delle somme. Va, peraltro, precisato che è stato ritenuto superfluo inserire
una specifica disposizione volta a far considerare prioritariamente,
nell’erogazione delle prestazioni, la quota di accantonamenti già
assoggettata a tassazione, in quanto il sostituto d’imposta valuta in modo
unitario le somme da erogare al netto di quanto tassato e, quindi,
l’imposizione scatta soltanto relativamente a quelle non assoggettate;
3) non applicazione della condizione 1/3 in capitale - 2/3 in rendita,
prevista dal comma 2 dell’articolo 17-bis, nel caso di corresponsione della
prestazione agli eredi o nell’ipotesi in cui la rendita spettante sia
inferiore al 50% dell’assegno sociale;
4) nel caso del riscatto previsto dall’articolo 10, comma 1, lettera c), del
decreto legislativo n. 124 del 1993, assoggettamento ad imposizione
progressiva dell’importo corrispondente alle somme dedotte dal reddito
complessivo. Con riferimento all’osservazione di cui al punto 14 del parere
della Camera, relativa ad un’ipotesi di modifica del regime tributario delle
somme erogate in caso di riscatto che dipenda dalla cessazione dell’attività
lavorativa, si osserva che l’assoggettamento a tassazione ordinaria
rappresenta il regime che necessariamente va riservato a quelle somme che sono
conseguite in via definitiva prima del completamento del piano previdenziale.
Esse, infatti, esprimono una forma di liquidazione degli importi già versati
che non risponde ad una finalità previdenziale, quanto piuttosto ad una
modalità di realizzo di tipo finanziario per la quale il contribuente ha
fruito dell’agevolazione della deduzione. Infatti, qualora l’iscritto
intendesse realmente conseguire una prestazione di tipo previdenziale non
seguirebbe la strada del riscatto, ma quella dell’anticipazione;
5) nel caso di riscatto parziale e di anticipazione si applica la
tassazione separata sull’intero importo comprensivo, dunque, anche degli
eventuali rendimenti finanziari con l’aliquota determinata con i criteri di
cui all’articolo 17, comma 1, del Tuir, salvo conguaglio al momento della
liquidazione definitiva. In tale data viene determinato anche il montante al
lordo degli importi già erogati. Gli importi erogati a titolo di riscatto
parziale o di anticipazione potranno risultare:
a) superiori ad un terzo del montante, in tal caso viene riliquidata
l’imposta sull’intero importo con le aliquote vigenti nell’anno in cui
è sorto il diritto alla liquidazione definitiva della prestazione maturata;
b) non superiori ad un terzo del montante, in tal caso viene riliquidata
l’imposta sull’importo del riscatto o dell’anticipazione, al netto dei
rendimenti finanziari, con le aliquote vigenti nell’anno in cui è sorto il
diritto alla liquidazione definitiva della prestazione maturata;
6) tassazione progressiva delle rendite solo per la parte non finanziaria a
condizione che la parte finanziaria abbia scontato l’imposta sostitutiva
presso il fondo o il piano individuale;
7) applicazione sul rendimento finanziario annualmente maturato sulle rendite
dell’imposta sostitutiva del 12,50%.
Articolo 11
Disciplina tributaria del trattamento di fine rapporto
L’articolo 11 del provvedimento in esame modifica l’articolo 17 del Tuir,
prevedendo che il trattamento di fine rapporto (i cui rendimenti finanziari
sono assoggettati ad imposta sostitutiva nella misura dell’11 per cento)
siano tassati solo per la parte capitale. Anche in tal caso è previsto che,
mentre il sostituto d’imposta applica l’aliquota determinata con i criteri
dell’articolo 17, comma 1, primo periodo, l’ufficio poi riliquidi (per le
medesime ragioni perequative viste al precedente articolo 10) l’imposta
sulla base dell’aliquota media del quinquennio precedente. In sostanza, i
criteri di tassazione da parte del sostituto sono analoghi a quelli vigenti e
viene chiarito che l’importo da considerare ai fini del calcolo
dell’aliquota è il Tfr maturato al lordo delle quote trasferite al fondo
pensione e al netto delle rivalutazioni in quanto già assoggettate ad imposta
sostitutiva.
È appena il caso di segnalare che in modo analogo è stata modificata la
tassazione delle altre indennità e somme commisurate alla durata del rapporto
di lavoro o corrisposte in relazione a presupposti non connessi alla
cessazione del rapporto di lavoro.
Va, inoltre, evidenziato che il nuovo comma 4 dell’articolo 17 prevede che
ai fini della determinazione dell’aliquota da applicare sulle anticipazioni
e sugli acconti si assuma l’importo accantonato, aumentato delle
anticipazioni e degli acconti precedentemente erogati e ridotto delle
rivalutazioni assoggettate ad imposta sostitutiva.
In conformità ad un’espressa previsione della legge di delega, sono state
soppresse le riduzioni annuali previste ai fini della determinazione della
base imponibile del Tfr, nonché la deduzione del 4 per cento dei contributi
versati dal lavoratore stabilita ai fini della determinazione della base
imponibile delle altre indennità. Per i rapporti di lavoro di durata
effettiva non superiore a due anni, è stata prevista una detrazione
dall’imposta pari a lire 120.000 per ciascun anno.
Va, inoltre, precisato che è stato previsto che per le cessazioni di rapporti
di lavoro dipendente intervenute nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2001
e l’entrata in vigore della riforma della disciplina del trattamento di fine
rapporto e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2005, è riconosciuta una
detrazione d’imposta di lire 120.000 per ciascuno degli anni compresi nel
suddetto periodo. Per i periodi inferiori ad anno l’ammontare della suddetta
detrazione è rapportato a mese.
Per quanto concerne l’osservazione di cui al punto 5, secondo capoverso, del
parere del Senato, secondo la quale i nuovi criteri di tassazione del Tfr
sovvertirebbero il principio ora esistente, in base al quale la tassazione è
tanto minore quanto maggiore è il periodo di durata del rapporto, occorre
piuttosto osservare che la previsione dell’esclusione completa dalla
tassazione dei rendimenti maturati già assoggettati a tassazione rappresenta
una significativa agevolazione che si apprezza in misura maggiore, in termini
di sottrazione di imponibile all’imposta personale, man mano che il Tfr si
incrementa per effetto dei rendimenti. Tale beneficio, peraltro, è maggiore
ove il Tfr venga devoluto a forme pensionistiche che hanno l’opportunità di
dare rendimenti allineati a quelli di mercato.
Va precisato che è stato previsto il versamento dell’imposta sostitutiva
relativa ai rendimenti maturati nel periodo d’imposta in acconto e a saldo.
L’acconto è commisurato all’80 per cento dei rendimenti maturati
nell’anno precedente ed è versato entro il 16 dicembre, mentre il saldo è
versato entro il 16 febbraio dell’anno successivo.
Al fine di garantire l’invarianza del gettito prevista dalla legge delega è
stato previsto che l’acconto è dovuto anche per il primo anno di
applicazione.
Articolo 12
Decorrenza e disciplina transitoria
Come disposto dalla legge di delega, per il nuovo trattamento del Tfr è
previsto che la nuova disciplina si applica alle somme maturate a decorrere
dal 1° gennaio 2001 (data da cui ha effetto il decreto di attuazione).
Pertanto, ciò comporta la ripartizione della base imponibile in due parti:
una determinata con riferimento al montante maturato fino al 31 dicembre 2000,
che deve essere assoggettata ad imposta secondo le vecchie regole, ed una
riferibile al montante che matura dopo detta data, cui si applica la nuova
disciplina.
La lettera d) dell’articolo 3, comma 2, della legge di delega si conforma al
principio stabilito per il Tfr relativamente all’entrata in vigore della
presente disciplina e, pertanto, il comma 1 della disposizione in esame
prevede, analogamente, per i soggetti che risultano iscritti a forme
pensionistiche complementari alla data da cui ha effetto il presente decreto,
la suddivisione ai fini dell’applicazione del nuovo regime dei capitali
erogati dai fondi pensione in due parti: una determinata con riferimento al
montante maturato fino al 31 dicembre 2000, che deve essere assoggettata ad
imposta secondo le vecchie regole, ed una riferibile al montante che matura
dopo detta data, cui si applica la nuova disciplina.
Articolo 13
Trattamento tributario dei contratti di assicurazione, dei contributi versati
volontariamente alla gestione della forma previdenziale obbligatoria di
appartenenza
Con l’articolo 13 si dà innanzitutto attuazione alla parte della delega che
riforma la disciplina dei contratti assicurativi, distinguendo quelli aventi
per oggetto il rischio morte o invalidità permanente o il rischio di non
autosufficienza da quelli sostanzialmente finanziari.
Il medesimo articolo contiene, inoltre, le norme in materia di rendite
vitalizie aventi finalità previdenziali, e cioè delle rendite erogate dalle
compagnie di assicurazione per l’intera durata della vita del contraente o
del beneficiario. Tali rendite, immediate o differite, possono essere erogate
a fronte del versamento sia di un premio unico che di premi ricorrenti. I
rendimenti maturati sui versamenti fino al momento di erogazione della rendita
sono tassati con gli stessi criteri e le stesse aliquote delle altre rendite
finanziarie. La rendita è tassabile solo per la parte corrispondente ai
rendimenti finanziari maturati, non essendo tassabile — per vera e propria
mancanza di materia imponibile — la parte della rendita corrispondente alla
restituzione del capitale versato. La parte imponibile (rendimenti finanziari)
sarà assoggettata ad imposta sostitutiva con la stessa aliquota prevista per
gli altri strumenti previdenziali, collettivi o individuali.
Va, inoltre, sottolineato che le rendite diverse dalle prestazioni
pensionistiche previste dal decreto legislativo n. 124 del 1993 e da quelle
aventi finalità previdenziale costituiscono reddito per il loro intero
ammontare in quanto in tali rendite non è possibile individuare l’importo
corrispondente alla restituzione del capitale. Naturalmente, rimane fermo che,
al pari dei capitali, le rendite erogate a seguito di invalidità permanente o
morte non costituiscono reddito ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del Tuir,
sempreché la possibilità dell’erogazione in forma di rendita nella
predetta ipotesi di invalidità permanente o di morte sia prevista nelle
clausole contrattuali.
Va precisato che non è parso trasferibile nel testo dell’articolato il
contenuto dell’osservazione di cui al punto 16 del parere della Camera volto
a prevedere per legge la possibilità per il contraente di ottenere la
rinegoziazione di contratti stipulati prima dell’entrata in vigore del
presente provvedimento, e ciò in quanto trattasi di materia chiaramente
rimessa alla sola libera negoziazione delle parti contrattuali e che la
disciplina prevista per i nuovi contratti differisce in modo così sostanziale
dalla precedente che neppure parrebbe immaginabile un’ipotesi di mera
rinegoziazione del precedente contratto.
Nel medesimo articolo, modificando l’articolo 10, comma 1, lettera e), del
Tuir, è stata introdotta la deducibilità dei contributi previdenziali
versati facoltativamente all’ente che gestisce la forma pensionistica
obbligatoria di appartenenza e, in linea con l’osservazione di cui al punto
15 del parere della Camera, è stato espressamente chiarito che l’integrale
deducibilità compete anche ai contributi versati per la ricongiunzione di
periodi assicurativi, nonché per quelli versati al fondo di cui
all’articolo 1 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565, ad
esempio, dalle casalinghe. Si tratta di contributi per i quali fino ad oggi
era prevista una detrazione dall’imposta nei limiti di lire 2 milioni e 500,
in concorrenza con i premi per assicurazioni. Peraltro, tenuto conto che per i
contributi in questione è stata disposta la deducibilità senza alcun limite
di importo, come per i contributi versati in ottemperanza a disposizioni di
legge, e che per quelli per previdenza integrativa il presente decreto
conferma il regime di deducibilità entro un tetto predeterminato, non è
apparso più utile il mantenimento nell’articolo 13-bis, comma 1, lettera
f), del Tuir, della previsione della detrazione per altri eventuali contributi
previdenziali facoltativi ed è stato, altresì, soppresso per ragioni di
coordinamento il comma 5 dell’articolo 2 del citato decreto legislativo n.
565 del 1996. La disposizione dell’articolo 13-bis, comma 1, lettera f), del
Tuir è stata, dunque, riformulata inserendovi soltanto i premi relativi ad
assicurazioni volte a coprire il rischio di morte o di invalidità permanente
e, in tal modo, si è data anche attuazione alla lettera b) del comma 4
dell’articolo 3 della legge delega, atteso che il limite massimo su cui
calcolare la detrazione è ora riferito soltanto ai premi assicurativi.
Inoltre, anche per i contributi deducibili a norma dell’articolo 10, comma
1, lettera e), del Tuir, relativi ai soggetti fiscalmente a carico, come per
quelli per previdenza integrativa, è stata consentita la deduzione da parte
del contribuente cui gli stessi sono a carico.
Articolo 14
Applicazione dell’imposta sostitutiva sui rendimenti (articolo 41, comma 1,
lettera g-quinquies), del Tuir)
L’articolo in esame inserisce, al comma 1, nel decreto del Presidente della
Repubblica n. 600 del 1973 un articolo 26-ter con cui si dispone
l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 12,50% sui rendimenti delle
rendite vitalizie e delle prestazioni pensionistiche complementari o
individuali.
Articolo 15
Regime tributario dei fondi pensione ai fini Iva
Ai fini dell’Iva, è stata introdotta l’esenzione per la gestione dei
fondi pensione, in considerazione della sostanziale equiparazione tra essi e i
fondi comuni d’investimento. Per effetto dell’inserimento della gestione
di fondi pensione fra le operazioni esenti dell’articolo 10, 1° comma, n.
1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, si rendono
applicabili anche le disposizioni di cui ai successivi n. 4 e 9 del medesimo
articolo 10.
Articolo 16
Decorrenza
L’articolo 16 prevede le norme di decorrenza degli articoli 13, 14 e 15. Per
quanto concerne, in particolare, i contratti di assicurazione, la norma
dispone, in conformità alla legge di delega, che la nuova disciplina si
applica ai contratti stipulati a decorrere dalla data da cui ha effetto il
decreto. Naturalmente, ai fini di determinare la data di stipulazione del
contratto, non possono che valere i principi civilistici applicabili in
materia.
Articolo 17
Allargamento delle forme di previdenza complementare di cui al decreto
legislativo 21 aprile 1993, n. 124 ai destinatari del decreto legislativo 16
settembre 1996, n. 565
Con l’articolo 17 viene data attuazione al criterio di delega contenuto
nella lettera c) del comma 6 dell’articolo 3 della legge delega. In
particolare, vengono apportate alcune modifiche al decreto legislativo n. 124
del 1993 al fine di consentire anche ai soggetti che svolgono, senza vincolo
di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione ad attività familiari e
che non prestano attività lavorativa autonoma o alle dipendenze di terzi e
non sono titolari di pensione diretta, già destinatari delle disposizioni
recate dal decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565, la costituzione,
attraverso propri sindacati o associazioni di rilievo almeno regionale, di
appositi fondi pensione complementare. Tale possibilità prescinde dalla
preventiva iscrizione al fondo istituito a norma dello stesso decreto. Va,
peraltro, segnalato che, con riferimento a detti fondi, è stato previsto che
le contribuzioni possono assumere anche carattere saltuario. Inoltre, i
soggetti che aderiscono a tali fondi possono delegare i centri di servizio o
le aziende che emettono le carte di credito o debito al versamento al fondo
pensione complementare degli abbuoni accantonati a seguito di acquisti
effettuati tramite moneta elettronica presso centri convenzionati.
È appena il caso di segnalare che i soggetti in questione sono, inoltre,
compresi tra quelli per i quali è prevista la possibilità di precostituirsi
una posizione pensionistica individuale.
Va, infine, osservato che le modifiche apportate, con i precedenti articoli
del decreto in commento, al regime di deducibilità dei contributi
previdenziali obbligatori (in particolare, per quanto riguarda i contributi
versati nell’interesse di familiari fiscalmente a carico) consentono anche
di superare taluni degli inconvenienti che hanno di fatto ostacolato il
decollo del fondo appositamente istituito dal decreto legislativo n. 565 del
1996 per la previdenza pubblica dei soggetti che collaborano nella famiglia
senza retribuzione in forza, appunto, di vincoli familiari.
Articolo 18
Disposizioni di attuazione
Per quanto riguarda eventuali ulteriori disposizioni attuative del presente
decreto si fa rinvio all’emanazione di un regolamento interministeriale. Il
comma 2 chiarisce che per ciò che concerne la disciplina degli adempimenti
contabili e formali cui sono tenuti, ai fini tributari, i destinatari del
presente decreto, resta ferma la facoltà di intervenire con regolamenti di
delegificazione nel rispetto degli obiettivi di semplificazione e
razionalizzazione delle disposizioni fiscali in materia, come previsto
dall’articolo 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Articolo 19
Entrata in vigore
Il presente decreto entra in vigore il 1° giugno 2000 ed ha effetto dal 1°
gennaio 2001. Va sottolineato che, nel comma 2, è espressamente previsto che
le disposizioni di questo decreto potranno essere modificate e integrate con i
decreti correttivi di cui alla legge di delega (articolo 3, comma 7, legge n.
133 del 1999) al fine di attuare il necessario coordinamento con la riforma
della disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 124 del 1993.
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