Un ominide con l'anima

di Gianfranco Biondi e Olga Rickards
da il manifesto del 24 settembre 1997

Cadono i pregiudizi

Anche le idee relative alla struttura psichica del nostro "personaggio" sono migliorate notevolmente nel corso degli ultimi decenni. A partire dal rinvenimento di La Chapelle-aux-Saints, via via fino ai giorni nostri, si è avuta la prova che i neandertaliani seppellivano i morti con offerte di cibo, utensili ed in qualche caso fiori e che assistevano gli invalidi. Infatti, nella grotta di Shanidar in Iraq fu rinvenuto lo scheletro di un individuo adulto malformato che presentava i segni dell'amputazione di un braccio e poiché l'evento traumatico era avvenuto molto prima della morte si deve dedurre che il soggetto fosse stato assistito dai suoi compagni durante tutta la sua vita. Ma il desiderio di affrancare i neandertaliani dai pregiudizi che all'inizio li avevano colpiti prese la mano a diversi scienziati. Marcozzi della Pontificia Università Gregoriana scrisse nel suo libro Però l'uomo è diverso (Rusconi, Milano, 1981, pp. 101-102): "Gli uomini liberi, fin dai tempi più remoti, credono nella sopravvivenza dell'anima e circondano i defunti con riti particolari ... Noi ci limiteremo a richiamare alcuni riti funebri caratteristici, incominciando dai più remoti [e per tempi più remoti Marcozzi si riferisce a quelli in cui visse l'uomo di Neandertal, N.d.A.].

Essi manifestano, nella quasi totalità, una profonda venerazione per l'anima del defunto". Il percorso di rivalutazione si poteva dire completato: ai neandertaliani era stata data anche un'anima.

Tutto sarebbe finito bene, in quel clima di euforica riabilitazione, se non fosse venuto fuori che i neandertaliani si sono estinti senza lasciare progenie. Che studiosi improvvidi quelli che gli sono andati a riconoscere un'anima...