Una grande scommessa

di Gianfranco Biondi e Olga Rickards
da il manifesto del 24 settembre 1997

Il ruolo delle migrazioni

Il lavoro degli antropologi molecolari, invece, prospettava una strada evolutiva diversa, secondo la quale la nostra origine sarebbe dovuta ad un rapido evento speciativo e non alla lenta trasformazione dell'uomo eretto in moderno. Nel modello multiregionale era presente un vistoso elemento di non coerenza: più percorsi evolutivi, infatti, avrebbero portato allo stesso risultato, cioè alla stessa specie. La probabilità che un'idea così poco credibile fosse vera era così bassa che i sostenitori del multiregionalismo furono costretti ad ipotizzare consistenti migrazioni da un continente all'altro affinché fosse garantita l'evoluzione convergente verso l'uomo moderno. La migrazione era assolutamente indispensabile perché l'unicità della nostra specie è una certezza dell'attuale biologia e lo scambio di geni tra le popolazioni che si andavano evolvendo separatamente nelle varie aree geografiche era l'unico evento capace di impedire che ogni gruppo di popolazioni continentali divenisse una specie distinta.

Un'ulteriore considerazione è relativa al fatto che la grande antichità, oltre un milione di anni, a cui la concezione multiregionale faceva ricorso per la separazione tra i gruppi continentali umani, dava avallo a quello che è stato l'errore scientifico più a lungo sostenuto dall'antropologia fisica: la supposta suddivisione della nostra specie in razze.

In così tanto tempo, infatti, le popolazioni delle diverse regioni del mondo potevano aver accumulato notevoli diversificazioni biologiche a causa dell'adattamento alle pressioni ecologiche locali. Ma torniamo alI'uomo di Neandertal, la cui sorte fu segnata dalla querelle tra multiregionalisti e non multiregionalisti. Per i primi, infatti, i neandertaliani rappresentavano la transizione dall'uomo eretto, che si era stabilito in Europa, agli europei moderni. Invece per i fautori dell'ipotesi dell'origine africana e recente dell'uomo moderno, i neandertaliani erano sì i discendenti degli uomini eretti ma non i nostri antenati.

I neandertaliani, cioè, erano stati sostituiti in tutta Europa e nel Medio Oriente da popolazioni di uomini già moderni provenienti anch'essi, e per la seconda volta, dall'Africa.

Dopo l'innegabile successo ottenuto dall'antropologia molecolare alla fine degli anni ottanta, nel decennio successivo il dibattito sulla nostra origine è proseguito senza riuscire a dirimere la controversia: mancava la prova decisiva a favore dell'una o dell'altra tesi. Ma nel luglio di quest'anno un gruppo di scienziati tedeschi ed americani, guidati da Svante.

Pääbo, ha estratto il Dna mitocondriale dal primo fossile di neandertaliano rinvenuto ed ha scoperto che la sua sequenza non rientrerebbe nell'intervallo della variabilità dell'uomo moderno. In altre parole il Dna dell'uomo di Neandertal differisce troppo dal nostro perché sia possibile ipotizzare un rapporto di discendenza diretta. I neandertaliani, dunque, sarebbero solo una "strada senza uscita" nella storia evolutiva degli ominidi (vedi il manifesto del 20 luglio u.s.). Il lavoro di Pääbo ha comunque dato il via a una dura competizione tra specialisti del ramo per quelli che potrebbero essere gli esperimenti decisivi per chiudere la partita fra le due opposte fazioni. Innanzitutto l'analisi del Dna mitocondriale di un secondo Neandertal, proveniente da una regione molto distante da quella del reperto analizzato da Pääbo, che potrebbe confermare i suoi dati o ridare fiato ai suoi avversari.