Le collezioni numismatiche e l’ antiquaria a Roma


    Lo studio delle raccolte "storiche" di monete greche e romane, oltre a conservarci memoria di serie rarissime attualmente disperse, contribuisce a chiarire importanti questioni della disciplina numismatica, quali il problema delle falsificazioni e degli esemplari ritoccati. Lo studio della composizione degli antichi  medaglieri consente, così come avviene per altri materiali archeologici e storico-artistici, di comprendere i criteri di scelta  nella formazione delle collezioni, nonché una valutazione del ruolo avuto dalla disciplina in una particolare situazione storica.

    A Roma già dalla fine del Medioevo, gli eruditi, gli antiquari e i letterati avevano cercato di comprendere il significato dei tipi e delle legendae riprodotti sulle monete antiche, rinvenute nel sottosuolo. Nella seconda metà del 1400 papa Paolo II raccoglieva esemplari di età romana, tanto da essere considerato il principale collezionista della sua epoca.

    Ma è soprattutto nel XVII e nel XVIII che la città vanterà importanti medaglieri, arricchiti dai cospicui rinvenimenti di monete, venute alla luce durante la costruzione degli edifici della Roma Barocca. Tra questi, uno dei più importanti, è quello costituito dal Cardinal Camillo Massimo, uno dei maggiore collezionisti e mecenati del suo secolo, amico di G.P. Bellori, F. Gottifredi, committente di numerosi artisti tra i quali D. Velazquez, N. Poussin e P. S. Bartoli.

     Lo "Studiolo  delle medaglie" (in questo contesto indica la collezione di antichità o di oggetti rari) del Massimo è noto dall’inventario notarile del 1677, redatto in occasione della morte del cardinale. La collezione si presentava suddivisa in diverse serie, disposte in ordine di grandezza e, almeno in parte, secondo il metallo e la cronologia. La raccolta comprendeva sesterzi, dupondi, assi imperiali romani, bronzi provinciali romani; denari repubblicani e imperiali. Scarse sono le monete greche ed esiguo il numero dei medaglioni. Particolarmente rilevante, rispetto al contemporaneo nummophylacium di Cristina di Svezia, appare essere la raccolta di monete imperiali d’oro che, insieme ad altri esemplari di bronzo, venne in parte acquistata dalla regina. Un consistente nucleo di bronzi imperiali e provinciali romani, finì invece a Firenze nel medagliere mediceo ove tuttora è conservato.
      L’analisi complessiva della collezione delle "medaglie" del Massimo consente di completare il quadro relativo alla figura di Camillo come cultore e appassionato collezionista di monete antiche. Diversamente dai suoi contemporanei di alto lignaggio, che ugualmente si dilettavano di numismatica, il cardinale seppe personalmente arricchire il suo medagliere, mostrando un interesse per le differenti serie monetali, comprese in un arco di tempo esteso fino alla tarda età imperiale. Lo studio dei tipi monetali, come risulta dalle lettere e dai manoscritti, dovette consentirgli di individuare, attraverso una metodologia estremamente evoluta, i legami esistenti tra le immagini monetali e le rappresentazioni iconografiche presenti sui monumenti antichi. Cosicché a Nîmes il cardinale annotava la presenza su ogni porta della città della raffigurazione del coccodrillo legato alla palma, collegandolo al tipo monetale battuto dall’antica colonia romana. Nello stesso tempo Camillo cercava  di comprendere il significato delle legende monetali, riuscendo ad esempio a riconoscere il segno di zecca sulle monete tardoantiche ed inserendole in un contesto storico, secondo procedimenti che sono alla base dei criteri della numismatica moderna