Dalla fine della monetazione merovingia al monometallismo argenteo sotto i Franchi


Dopo il periodo di degrado della moneta sotto i Longobardi e i vari tentativi di restaurazione da parte dei successori di Alboino, Pipino il Breve, al ritorno da ina campagna in Italia dà l'avvio all'emissione di moneta argentea

Tale moneta è il "denaro" d'argento (il penny inglese e il denario latino) e i suoi sottomultipli 1/2 denaro e 1/4.

Sarà, tuttavia, Carlo Magno a rifondare il sistema con una riforma strutturale basata sulle emissioni d'argento.

Durante il regno di Carlo il Calvo, quando ormai feudi e feudatari acquisiscono sempre pił potere, si designano funzionari pubblici per controllare la monetazione. Il sovrano infatti nell'864 ordina la costituzione di giurie composte probabilmente da grandi e medi vassalli, riapre nove zecche dove fa rifondere tutte le monete franche non ufficiali.

In Italia restano aperte solo quattro zecche regie Pavia, Milano, Lucca e Verona; le zecche feudatarie sono poche ed hanno poca fortuna.

Nel 945 Lotario II, pur concedendo al vescovo di Mantova di coniare moneta destinata a circolare in quella zona fino a Verona, gli proibisce di modificarla senza il consenso dell'assemblea cittadina. La giuria vassallatica creata in Francia ottanta anni prima, lascia in Italia il posto all'organo permanente della comunitą urbana.