La monetazione Longobarda


I longobardi, quando scendono in Italia, non hanno una chiara nozione di Stato. Infatti la loro struttura politica è stata concepita in rapporto ad un'economia nomade. Ignorano, quindi, la delicata struttura giuridica su cui si regge il mondo occidentale.

Essi hanno, come detto, un'economia naturale e una nozione naturalistica dei rapporti sociali e delle loro regole.

Ma si trovano a contatto con una popolazione abituata alle monete e in città che si reggono su una economia di mercato; così comprendono ben presto che la moneta facilita gli scambi.

E poichè il mercato richiede moneta ma nessuno dei capi militari intende coniarla, si preferisce continuare ad usare la moneta imperiale romana.

Nell'VIII secolo, compaiono tremissi con stella a sei raggi e croce potenziata, con al D/ il nome della città emittente preceduto dall'appellativo di "Flavia", di estrazione classica.

Questo sta forse ad indicare che la città è considerata regia, cioè "protetta" o "beneficiata " per volontà del re.

La prima importante legge longobarda sulla monetazione è contenuta nell' editto di Rotari del 643.

È ben conosciuta la volontà di Rotari e dei suoi successori di unificare il regno longobardo, ma la situazione politica non fu mai tale da consentirlo.