I Severi e la crisi del III secolo


Durante il III secolo d.C., si accentua la crisi economica già evidente prima del 200, che aveva portato ad una progressiva svalutazione del denario, con fino non superiore al 50%.

Cause di questa crisi furono soprattutto il costo elevato per il mantenimento dell'esercito e le spese militari in genere, che erano aumentate già con Settimio Severo (193-211 d.C.).

Caracalla fu il primo a prendere dei provvedimenti nel tentativo di arginare il fenomeno dell'inflazione. Egli introdusse nel sistema monetario due nuove monete: il binione (binio) che valeva due aurei e l'antoniniano che valeva due denari.

A causa dell'inflazione, dovuta alle spese militari in costante aumento per gli attacchi delle popolazioni lungo i varii confini, la riduzione del contenuto argenteo dell'antoniniano andava progressivamente aumentando. Gli imperatori successivi si videro costretti ad aumentare la massa monetaria in circolazione. Così l'antoniniano, attorno al 260-265 d.C., contiene solo il 2% di argento.

Nel 270 d.C. viene acclamato imperatore Aureliano che nel 274 d.C., vara una riforma complessiva della moneta e dell'organizzazione delle zecche, collocate in tutto il territorio dell'impero.

Con la riorganizzazione territoriale aumentò il numero delle zecche e delle officine; per rendere possibile il controllo sull'operato di queste si provvide ad apporre l'indicazione della zecca e dell'officina di provenienza.

Aureliano fece coniare l'aurelianeo che pesava gr.5,1 con solo il 5% di argento. Caratteristica di questa moneta è la presenza in esergo delle lettere XX o XX.I e l'equivalente greco KA, che dovrebbero indicare il valore della moneta stessa.