La monetazione sveva in Italia dalla fine del XII al XIII sec.


Durante la sua prima spedizione nel Regno di Sicilia, Enrico VI conia a Salerno una moneta: la frazione di follaro, con al D/ la testa dell'Imperatore e al R/ il suo nome. La monetazione sveva regolare inizia nel 1194, in coincidenza con la presa di Palermo. Enrico VI fa coniare alla zecca di questa città un solo tipo di moneta e per poco tempo. Successivamente chiude la zecca a Palermo per aprirla a Messina e a Brindisi.

Si conia, in occasione dell'incoronazione di Enrico e Costanza D'Altavilla, una frazione di dirhem arabo dello stesso tipo di quelli precedenti; è l'ultima volta che troviamo caratteri cufici su monete che non sono d'oro.

Si continuano a coniare tarì d'oro con le stesse caratteristiche sia tipologiche che di lega di quelli dei normanni, in particolare si mantiene fissata la lega voluta da Roberto il Guiscardo, cioè 68,5 % d'oro a 16,33 carati, 21% d'argento e il resto rame. Questa moneta gode di gran fiducia da parte sia di privati che di commercianti italiani e stranieri per tre motivi fondamentali: la stabilità della lega, la solidità del regno normanno e la regolarità dell'emissione; si tratta dell'unico aureo non bizantino coniato stabilmente in occidente.

Si è notato che in questo periodo si sostituiscono le maestranze arabe con quelle latine o germaniche poichè da ora in poi iniziano a deformarsi i caratteri cufici, utilizzati solo per questo tipo di moneta. Altra importante variazione è nella croce del rovescio che incomincia a deformarsi fino ad avere i caratteri della cosidetta croce teutonica.

La tendenza in questa fase, come si è già riscontrato nei normanni, è quella di aumentare il peso del tarì d'oro, infatti si conoscono esemplari che pesano g. 5 circa.

Nel 1196, prima della morte di Enrico, si incorona il piccolo Federico re dei Romani; in questa occasione si emette un denaro che reca il suo nome e la sua effigie, la lega resta la solita ma il peso medio degli esemplari è di 0,70g. circa.

Sia Corrado I che il figlio, che regnano fino al 1258, continuano a coniare tarì con la stessa lega e lo stesso tipo, mentre i denari subiscono una diminuzione d`argento e di peso.

Manfredi, che regna dal 1258 al 1266, conia monete con tondelli più grossolani. L'unica novità è rappresentata dall'apertura della zecca di Manfredonia nel 1263, dopo la chiusura di quella di Brindisi.