












| |


Circolare n. 16 del 18 aprile 2000 della direzione regionale delle Entrate
della Lombardia
"l’interpello al direttore regionale delle Entrate e la
disapplicazione di norme antielusive".
1. L’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 358 dell’8 ottobre 1997
ha introdotto nel Dpr n. 600/73 l’articolo 37-bis, rubricato
"Disposizioni antielusive". A norma del successivo articolo 9, comma
5, le disposizioni di cui all’articolo 7 si applicano "agli atti, fatti e
procedimenti posti in essere dopo l’entrata in vigore del presente decreto, e
dalla stessa data cessa di avere applicazione, per tali fattispecie,
l’articolo 10 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, contenente disposizioni
antielusive".
L’articolo 37-bis, individua due autonome e distinte fattispecie.
La prima, regolata nei commi da 1 a 7, è costituita dalla inopponibilità
all’amministrazione finanziaria degli atti, fatti e negozi — anche collegati
tra loro — che sono stati posti in essere senza valide ragioni economiche e
con finalità esclusivamente elusive ("diretti ad aggirare obblighi o
divieti previsti dall’ordinamento tributario, e a ottenere riduzioni di
imposte o rimborsi, altrimenti indebiti") e i cui effetti fiscali vengono
disconosciuti all’amministrazione finanziaria. Si tratta di una norma
antielusiva di carattere generale, che consente all’amministrazione
finanziaria di discernere caso per caso le ipotesi elusive da quelle che tali
non sono, sulla base dei criteri indicati nella norma stessa, e che risulta però
applicabile solo se il contribuente ha posto in essere uno degli atti
analiticamente elencati nel comma 3.
La seconda fattispecie, invece, regolata dal comma 8, consente la
disapplicazione di talune norme tributarie che, per finalità antielusive,
"limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta o altre posizioni
soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario". La predetta
disapplicazione è disposta dal direttore regionale delle Entrate, a seguito di
istanza presentata dal contribuente, sul quale ricade l’onere di dimostrare
che gli effetti elusivi, contrastati in linea generale dalla norma (o dalle
norme) di cui si chiede la disapplicazione, non potevano verificarsi.
La relazione governativa al Dlgs n. 358/97 ha messo in evidenza che la norma in
esame "introduce un principio di civiltà giuridica e di pari opportunità
tra il fisco e i contribuenti", riconoscendo che, nel corso degli ultimi
anni, "sono state introdotte nel nostro ordinamento una pluralità di norme
sostanziali, con lo scopo di limitare comportamenti elusivi: spesso queste
norme, a causa della loro ineliminabile imprecisione, provocano indebite
penalizzazioni per comportamenti che non hanno nulla di elusivo. Se le norme
possono essere disapplicate quando il contribuente le manipola per ottenere
vantaggi tributari indebiti, occorre che lo siano quando l’obiettivo
condurrebbe a penalizzazioni altrettanto indebite".
In sostanza, mentre la norma generale antielusiva (articolo 37-bis, commi da 1 a
7) consente all’Amministrazione finanziaria di disconoscere i vantaggi fiscali
ottenuti dal contribuente attraverso operazioni lecite, ma ritenute elusive per
il modo in cui sono state poste in essere e per il fine perseguito, il comma 8
dell’articolo 37-bis consente, attraverso un procedimento appositamente
regolamentato, di rimuovere limiti o divieti contenuti in norme antielusive
cosiddette "analitiche", quando le stesse siano fonte di indebite
penalizzazioni.
Il citato comma 8 non costituisce, quindi, una disposizione antielusiva ma, al
contrario, è una disposizione che consente la disapplicazione nel caso concreto
di una norma antielusiva sostanziale, disciplinando un diritto di interpello del
contribuente diverso da quello previsto dall’articolo 21 della legge n.
413/91.
Il diritto di interpello di cui all’articolo 21 della legge n. 413/91, con
specifico riferimento alle disposizioni contenute nell’articolo 37-bis del Dpr
n. 600/73 è, infatti, finalizzato a far preventivamente riconoscere
all’Amministrazione finanziaria che determinati atti, fatti o negozi sono
posti in essere per valide ragioni economiche e non per fini elusivi, rendendo
così inapplicabile la norma antielusiva di carattere generale contenuta nei
primi due commi dell’articolo 37-bis.
L’interpello previsto dal comma 8 del citato articolo 37-bis tende, invece, a
rimuovere limiti e divieti contenuti in norme sostanziali introdotte
nell’ordinamento per contrastare comportamenti elusivi ricorrenti.
2. In attuazione di quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 8
dell’articolo 37-bis è stato emanato il Dm 19 giugno 1998, n. 259 (pubblicato
sulla "Gazzetta Ufficiale" n. 179 del 3 agosto 1998).
Detto decreto prevede che l’istanza (redatta in carta libera) di cui al citato
comma 8:
a)deve essere rivolta al direttore regionale delle Entrate competente per
territorio;
b)deve essere spedita a mezzo del servizio postale in plico raccomandato con
avviso di ricevimento;
c)deve essere inviata all’ufficio finanziario territorialmente competente per
l’accertamento in ragione del domicilio fiscale del contribuente.
Si precisa che per ufficio competente all’accertamento si deve intendere
l’ufficio delle Entrate ovvero, in caso di mancata attivazione di
quest’ultimo, l’ufficio distrettuale delle imposte dirette.
Sotto l’aspetto formale, l’istanza prodotta dal contribuente deve contenere,
a pena di inamissibilità:
a)i dati identificativi del contribuente e del suo legale rappresentante;
b)l’eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le
comunicazioni inerenti il procedimento;
c)la sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante.
In caso di elezione di domicilio, tutte le comunicazioni ivi indirizzate saranno
pienamente valide. Ogni eventuale variazione dello stesso dovrà essere
formalmente comunicata all’ufficio competente per l’accertamento, che ha
ricevuto l’istanza, il quale dovrà darne tempestiva comunicazione alla
direzione regionale, se ha già provveduto all’inoltro del fascicolo,
altrimenti dovrà unirla a esso.
Sotto il profilo sostanziale, l’istanza deve contenere:
a)la descrizione esauriente e completa della fattispecie;
b)l’indicazione della disposizione di legge di cui il contribuente chiede la
disapplicazione;
c)l’enunciazione dei motivi e l’indicazione degli elementi sulla base dei
quali il contribuente intende dimostrare che nella fattispecie concreta gli
effetti elusivi, al cui contrasto sono preordinate le disposizioni di cui chiede
la disapplicazione, non possano verificarsi.
All’istanza devono essere allegati tutti gli atti e documenti, con relativo
elenco, idonei a rappresentare e qualificare compiutamente la fattispecie
prospettata.
3. Dal ricevimento dell’istanza decorre il termine di 90 giorni previsto per
la comunicazione del provvedimento adottato dal direttore regionale.
Tale termine è sospeso unicamente dalle richieste istruttorie rivolte al
contribuente o a soggetti diversi. La sospensione opera fino alla data di
ricezione della risposta.
Al fine di consentire al direttore regionale delle Entrate il rispetto del
predetto termine, l’ufficio competente dovrà, nel più breve tempo possibile
e comunque non oltre 30 giorni dal ricevimento dell’istanza, formare e
trasmettere il fascicolo, esprimendo il proprio parere in merito alla
fattispecie concreta prospettata, così come previsto dal comma 1
dell’articolo 1 del citato Dm n. 259. Il fascicolo dovrà essere trasmesso,
utilizzando ove possibile anche il servizio di posta celere o altro servizio
analogo, alla: Direzione regionale delle Entrate - Ufficio fiscalità delle
imprese e finanziaria - Via Moscova, 2 - 20125 Milano.
L’ufficio, qualora ritenga che l’istanza sia inammissibile o che sia carente
la documentazione allegata, provvederà comunque a trasmettere il fascicolo a
questa direzione, segnalando gli eventuali vizi riscontrati, senza procedere a
richieste istruttorie nei confronti del contribuente o di altri soggetti.
Del contenuto della presente circolare gli uffici operativi in indirizzo
vorranno dare la massima diffusione.
|