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Risoluzione 70 del 24.05.00
MATERIA FISCALE: Irpef
OGGETTO Imposte sui redditi - Deducibilita' dei versamenti a copertura di perdite
eccedenti il netto patrimoniale della societa' emittente - Art. 61, comma 5,
del TUIR - Verifica contabile parziale II.DD. a carico della ditta "P. SPA" con
sede in Napoli.
TESTO
Alla Direzione Regionale delle Entrate
per la Campania
(Risposta a nota n. 12115 del 30 giugno 1999)
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Con nota prot. 12115 del 30 giugno 1999, codesta Direzione Regionale
ha chiesto alla scrivente un parere in merito al seguente caso, esaminato nel
corso di una verifica.
Esercizio 1994
La societa' P. Spa possedeva nel 1994 una partecipazione pari al 99
per cento del capitale sociale della P. C. Spa, iscritta in bilancio per il
valore di L.760.000.000.
Al 31 ottobre 1994, la partecipata aveva maturato una perdita pari a
L.4.163.369.570, eccedente il capitale sociale. A copertura della suddetta
perdita, il capitale sociale fu azzerato e quindi ricostituito per l'importo
di L.1.000.000.000.
Nell'ambito di questa operazione, la partecipante P. azzerava la
partecipazione (addebitando al conto economico la correlativa svalutazione di
L.760.000.000) e rinunciava ad un credito di L.5.000.000.000 verso la
partecipata stessa.
La rinuncia al credito da parte della partecipante P. fu cosi'
ripartita:
– - L.990.000.000 quale sottoscrizione del 99 per cento delle azioni
"P. C. spa", a seguito della ricostituzione del capitale di quest'ultima in
L.1.000.000.000; –
- L.901.710.402 quale maggior costo della suddetta partecipazione,
derivante dalla costituzione di un "Fondo di riserva per copertura perdite
future"; –
- L.3.108.289.598 quale costo di esercizio addebitato al conto
economico nel c/oneri straordinari.
Quest'ultimo addebito (L.3.108.289.598) risulta, ad avviso dei
verificatori, deducibile dal reddito d'impresa ex art. 61, comma 5, del TUIR,
come novellato dal decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito con
modificazioni dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133.
Esercizio 1995
Nell'esercizio 1995, la societa' P. Spa effettuo' un ulteriore
versamento in conto aumento capitale, attraverso una nuova rinuncia a crediti
verso la partecipata per l'importo di L. 5.000.000.000; quest'ultimo importo
fu interamente portato ad incremento del valore della partecipazione, la quale
venne quindi ad essere iscritta nel bilancio della P. per L. 6.183.415.684.
Successivamente, a causa delle perdite del 1995, il patrimonio netto
della P. C. Spa venne ridotto; il valore della relativa partecipazione,
iscritta nel bilancio della P. Spa, fu conseguentemente ridotto da L.
6.183.415.684 a L. 1.057.348.222, con una svalutazione pari a L.
5.126.087.749, cioe' al 99 per cento della riduzione di capitale della
partecipata.
Anche quest' ultima svalutazione, ad avviso dei verificatori, e'
totalmente deducibile.
Quesito
Codesta Direzione Regionale concorda con i verificatori circa la
deducibilita' dei versamenti e delle rinunce ai crediti effettuate dalla
societa' partecipante nei confronti della societa' partecipata a copertura
delle perdite di quest'ultima, per la parte eccedente il patrimonio netto
della medesima dopo il ripianamento delle perdite.
Ha evidenziato, tuttavia, che la posizione assunta potrebbe sembrare
in contrasto con quanto sostenuto dal Secit in una delibera del Comitato di
Coordinamento del 1992, secondo cui la deducibilita' dei versamenti a
copertura del deficit patrimoniale come costo d'esercizio, nell'ipotesi di
ricapitalizzazione di una societa' deficitaria, sarebbe preclusa perche'
comporterebbe un salto d'imposta inammissibile sul piano sistematico.
Tanto premesso, codesta Direzione regionale chiede se la posizione del
Secit possa correttamente ritenersi superata dalla modifica normativa
intervenuta sull'art 61, comma 5, del TUIR ad opera dell'art. 1 del citato
d.l. n. 557 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del
1994.
Normativa di riferimento
La materia e' stata disciplinata, nel tempo, dalla seguente normativa:
– - art. 64, ultimo comma, del DPR 29 settembre 1973, n. 597;
– - art. 61, comma 5, del t.u. approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917;
– - art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito con
modificazioni dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133) che ha modificato il
citato art. 61, comma 5, del TUIR.
Interpretazione
In passato, la giurisprudenza ebbe occasione di qualificare i
versamenti a fondo perduto dei soci quali "forme anomale, ma lecite, di
apporti di capitale," con la conseguenza che doveva ritenersi consentito ai
soci "effettuare conferimenti destinati... al patrimonio, mediante erogazioni
dirette ad incrementarlo ovvero a reintegrarlo contribuendo al ripianamento di
perdite"(Cass. 8 giugno 1979, n. 3253).
In virtu' della loro natura di dotazioni di capitale provenienti dai
soci, i versamenti a fondo perduto, compresi quelli effettuati per ripianare
il deficit patrimoniale, rappresentano per questi un investimento ulteriore e
dunque un costo aggiuntivo della partecipazione; per la societa' beneficiaria,
costituiscono invece un incremento patrimoniale privo di rilevanza reddituale.
A parere della richiamata giurisprudenza, tali conclusioni,
ricognitive di principi generali, attribuivano rilevanza fiscale, in testa ai
soci, agli apporti da assumere ad incremento del costo della partecipazione:
con l'allora vigente art. 64, ultimo comma, del DPR 29 settembre 1973, n. 597,
era stato "definitivamente chiarito che i versamenti in oggetto, proprio per
la loro natura di conferimenti anomali, rappresentano per i soci, anche
fiscalmente, un costo aggiuntivo della partecipazione, cioe' un investimento
suppletivo del quale va tenuto conto ai fini della determinazione del maggiore
o minore valore della partecipazione medesima".
In considerazione dei citati principi di carattere generale, la stessa
Direzione Generale delle Imposte Dirette, con nota n. 9/098 del 7 marzo 1981,
affermo', nella vigenza del citato DPR 597 del 1973, la piena deducibilita'
fiscale dei versamenti a copertura di perdite, imputati a conto economico, sia
per la parte relativa all'azzeramento del capitale iniziale, sia per la parte
della ricostituita partecipazione, che risultava perduta dopo la riduzione del
capitale.
Il difforme orientamento del Secit maturo' invece a seguito
dell'entrata in vigore dell'art. 61, comma 5, del testo unico approvato con
DPR 22 dicembre 1986, n. 917; la disposizione, dopo avere affermato il
principio generale di imputazione dei versamenti a fondo perduto ad incremento
del costo delle partecipazioni, aggiungeva che di quelli effettuati a
copertura di perdite "non si tiene conto per la parte che eccede il patrimonio
netto delle societa' emittente risultante dopo la copertura".
Per contro, nel nuovo testo attualmente in vigore (introdotto dal
citato d.l. n. 557 del 1993) la norma ribadisce in modo espresso la rilevanza
fiscale degli apporti a copertura della situazione patrimoniale deficitaria
della partecipante, in sintonia con l'orientamento giurisprudenziale e
amministrativo precedentemente formatosi.
L'imputazione a conto economico, infatti, assicura il riconoscimento
fiscale di apporti che, non trovando corrispondenza tra le parti del Netto,
non possono, secondo corretti criteri di valutazione solo eccezionalmente
derogabili, essere imputati ad incremento del costo della partecipazione.
Ne' si creano salti di imposta, in quanto, a fronte dell'onere che il
socio e' ammesso a spesarsi, la societa' non iscrive riserve di capitale
suscettibili di essere ridistribuite.
E' bene chiarire che, sul piano sistematico, la cosiddetta "doppia
deduzione" della perdita (in capo alla partecipata che la consegue ed in capo
alla partecipante che la ripiana) e' volta ad assicurare la neutralita' nella
trasmissione dei successivi eventuali redditi dalla partecipata alla
partecipante e, evitandone la doppia imposizione, a salvaguardare l'integrita'
del capitale di apporto del socio.
La partecipata, infatti, non paga imposte - e pertanto non puo'
attribuire credito d'imposta - sull'utile che puo' compensare con la
precedente perdita ammessa a riporto (nel previgente regime, invece, il
credito era attribuito ma il dividendo netto distribuito era parzialmente
decurtato per effetto del versamento della maggiorazione di conguaglio).
Dal momento che questo utile, una volta distribuito, concorre a
reddito anche in capo alla partecipante, ma senza credito d'imposta,
quest'ultima potra' evitare la doppia imposizione, erosiva dello stesso
capitale di apporto, solo se il sistema consente la traslazione in capo alla
partecipante della rilevanza fiscale della perdita.
La "doppia deduzione" della perdita, pertanto, rende fiscalmente
neutrale, per una societa', la scelta se svolgere direttamente, ovvero tramite
una partecipata, operazioni di gestione economicamente equivalenti.
A tal fine, nell'esempio dettagliatamente illustrato in appendice, si
ipotizza il caso di una societa', con patrimonio netto di 300, che gestisce
direttamente una attivita', ricavandone una perdita di 200 nel primo esercizio
ed un utile di 200 nel secondo. Il caso e' posto a confronto con quello in cui
la stessa societa' preferisca svolgere le stesse operazioni attraverso una
controllata: in quest'ultima ipotesi, si evidenzia come, a dispetto delle
stesse operazioni, la mancata deducibilita' dei versamenti per la controllante
produca sulla stessa un effetto di erosione fiscale del patrimonio di apporto.
Conclusioni
In considerazione di cio', si conferma la deducibilita' dei versamenti
dei soci a copertura di perdite della societa', eccedenti il patrimonio netto
della societa' stessa. Il difforme orientamento, manifestato dal Comitato di
Coordinamento del Secit nel 1992 e fondato sul testo dell'allora vigente art.
61, comma 5, del TUIR (anteriore alla modifica apportata dal citato art. 1 del
d.l. n. 557 del 1993, convertito dalla legge n. 133 del 1994) deve ritenersi
in ogni caso superato per effetto della sopravvenuta modifica normativa.
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Appendice tecnica
Si ipotizzi una societa' Alfa con patrimonio netto di 300, di cui 100
di capitale sociale. Nel primo esercizio Alfa consegue una perdita di 200; nel
secondo esercizio, invece, consegue un utile anch'esso pari a 200. L'utile di
200 del secondo esercizio e' compensato con la perdita del primo. Alfa, posta
in liquidazione, restituisce ai soci un ammontare pari a 300, cioe' alla
dotazione patrimoniale iniziale.
Si ipotizzi ora che Alfa, anziche' gestire direttamente l'attivita',
decida di svolgere l'attivita' tramite la controllata Beta, dotandola di un
capitale sociale pari a 100.
Situazione iniziale
Alfa (controllante) Beta (controllata)
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200 cassa 300 c.s. 100 cassa 100 c.s.
100 (partecipaz. Beta)
Anche in questo caso, la controllata Beta riporta una perdita di 200
nel primo esercizio ed un utile di 200 nel secondo.
Nel primo esercizio, pertanto, Beta evidenzia un deficit patrimoniale
pari a 100, che la controllante Alfa ripiana annullando e ricostituendo nello
stesso ammontare di 100 il capitale sociale di Beta, e quindi versando 200.
Situazione prima della copertura delle perdite di Beta da parte di
Alfa
Alfa (controllante) Beta (controllata)
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100 partecipaz. Beta 100 cassa 100 c.s.
200 cassa (200) perdita es.
totale P.N. (100)
200 debiti v/s
fornitori
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perdita fiscale a riporto: 200
Pertanto, a causa della perdita di Beta la controllante Alfa consegue
a sua volta una perdita di 200, che deriva:
– - per 100 dalla svalutazione della originaria partecipazione in Beta;
– - per 100 dall'imputazione a conto economico dell'ulteriore onere che
corrisponde alla parte di versamento, effettuato a copertura della perdita di
Beta, eccedente il patrimonio netto di quest'ultima.
Situazione dopo la copertura delle perdite di Beta da parte di Alfa e
dopo la svalutazione della partecipazione
Alfa (controllante) Beta (controllata)
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100 partecipaz. 300 c.s. 100 cassa 100 c.s.
(200) perdita es.
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perdita fiscale a riporto: 200 perdita fiscale a riporto: 200
In definitiva, dall'attivita' della controllata Beta e' derivata una
perdita di 200, riportabile sia da Beta che dalla controllante Alfa.
Nel secondo esercizio, Beta consegue un utile di 200 che, nel
concorrere al suo reddito, viene fiscalmente compensato dalla perdita
precedente, di pari importo.
Secondo esercizio - Beta realizza un utile di 200
Alfa (controllante) Beta (controllata)
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100 partecipaz. Beta 300 c.s. 300 cassa 100 c.s.
(200) perdita es. 200 utile es.
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perdita fiscale a riporto perdita fiscale utilizzata
in compensazione dell'utile:
200. Imposte dovute: zero
Ne consegue che l'utile di Beta, distribuito alla controllante Alfa,
concorre al reddito di quest'ultima senza la possibilita' di fruire del
credito d'imposta.
Anche Alfa, tuttavia, ha la possibilita' di compensare l'utile derivante dalla
distribuzione del dividendo da parte di Beta con la perdita di 200 riportata
dal primo esercizio, nei limiti del quinquennio.
Situazione dopo la distribuzione del dividendo da parte di Beta
Alfa (controllante) Beta (controllata)
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100 partecipaz. Beta 300 c.s. 100 cassa 100 c.s.
200 cassa (200) perdita es.prec.
200 utile esercizio
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perdita fiscale utilizzata in
compensazione dell'utile: 200.
Imposte dovute: zero
A questo punto, attraverso la distribuzione dell'utile e' stato
reintegrato il capitale investito da Alfa ed e' possibile tirare le fila
dell'esempio ipotizzando la liquidazione della societa' Beta, per cui:
– - Alfa ricevera' da Beta l'ammontare di 100, cioe' la residua dotazione
di capitale, e annullera' il valore della partecipazione iscritto nell'attivo;
– - il patrimonio di Alfa sara' pari a 300, ossia pari alla dotazione
iniziale di capitale.
Si noti che, come nell'esempio iniziale, l'eventuale liquidazione di
Alfa comportera' la restituzione ai soci di un ammontare pari a 300, ossia
all'originaria dotazione patrimoniale. Per Alfa, quindi, e' stata in
definitiva neutrale la scelta tra la gestione diretta dell'attivita' e la
gestione indiretta attraverso una societa' controllata. Identiche vicende
economiche dell'impresa (perdita di 200 ed utile di 200) non hanno avuto,
infatti, diverse ripercussioni fiscali a causa del diverso assetto
societario-operativo prescelto.
E' agevole, tuttavia, osservare che, qualora nel primo esercizio la
controllante Alfa non avesse potuto dedurre integralmente l'importo di 200
(derivante dalla svalutazione della partecipazione e dal ripianamento delle
perdite di Beta), nel secondo esercizio essa avrebbe solo in parte potuto
compensare fiscalmente gli utili distribuiti da Beta (senza credito d'imposta)
con le perdite pregresse.
Come conseguenza, Alfa avrebbe ricevuto da Beta dividendi per 200, di
cui 100 compensati con la perdita dell'anno precedente (rappresentata dalla
sola svalutazione della partecipazione in Beta) ed i rimanenti 100
assoggettati a tassazione, con l'aliquota IRPEG del 37 per cento. Pertanto,
Alfa avrebbe iscritto all'attivo utili netti per 163 (200-37).
Alfa (controllante) Beta (controllata)
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100 partecipaz. Beta 300 c.s. 100 cassa 100 c.s.
200 cassa (200) perdita
es. precedente
163 utile
totale P.N.= 263
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37 debiti v/s
erario per imposte
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perdita fiscale utilizzata in compensazione
dell'utile: 100. Imposte dovute: 37
In questa ipotesi, il patrimonio di Alfa dopo la liquidazione di Beta
non sarebbe stato di 300, bensi' di 263, derivante da:
– - 100 pervenuti dalla liquidazione di Beta;
– - 163 di utili distribuiti da Beta, al netto dell'IRPEG
Il mancato riconoscimento della "doppia deduzione" della perdita, in
capo alla controllante ed alla controllata, ha comportato quindi un effetto
distorsivo, cioe' l'erosione fiscale dell'originario apporto di capitale, in
conseguenza della doppia tassazione del medesimo reddito sia in capo alla
partecipata sia (all'atto della distribuzione) in capo alla partecipante.
Per quest'ultima, in sostanza, non e' stata fiscalmente neutrale la
scelta operativa di gestire la stessa attivita' per mezzo della controllata
Beta piuttosto che direttamente.
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