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Research Projects

1999-2000


Title of the project: Role of CCR5, CCR2 and SDF-1 geene polymorphism in the natural history of HIV-1 infection in population of seroconverted subjects.
Host Institution: Sacco Hospital, Institute for Tropical Medicine, University of Milan, Milan Italy
Scientific Coordinator: Dr. C. Balotta


Abstract in Italian

Riassunto dell'attività svolta

La scoperta che HIV-1 utilizza per penetrare nelle cellule bersaglio in aggiunta all'antigene CD4 le molecole CCR5 e CXCR4, recettori rispettivamente delle b- e a-chemochine, ha stimolato la ricerca di polimorfismi nei geni dei corecettori di HIV-1 o dei loro ligandi naturali capaci di influenzare la progressione dell'infezione da HIV-1. In questo studio abbiamo analizzato la prevalenza degli alleli mutati CCR5-D32, CCR2-64I e SDF1-3'A in un gruppo altamente selezionato di 42 soggetti non progrediti a lungo termine (LTNP), in 112 soggetti con segni e sintomi di progressione tipica di malattia da HIV-1 (TP) e in 117 controlli sani (HC). Inoltre, per valutare il ruolo di questi alleli nel determinare la condizione di non progressione a lungo termine, i genotipi CCR5, CCR2 e SDF-1 sono stati correlati con gli indici molecolari di replicazione virale, ovvero con i livelli plamsatici di HIV-1-RNA e con i livelli dei trascritti intracellulari specifici 'unspliced' e 'multiply-spliced' di HIV-1.
I nostri risultati indicano un prevalenza dell'allele CCR5-D32 significativamente pi? elevata nei LTNP rispetto ai TP (p= .0434), mentre la prevalenza degli alleli CCR2-64I e SDF1-3'A Ë risultata simile nei due gruppi. I soggetti LTNP wild type per il gene SDF-1 hanno mostrato livelli di HIV-1 RNA plasmatico e dei trascritti specifici US e MS significativamente inferiori paragonati ai soggetti eterozigoti per l'allele SDF1-3'A (rispettivamente p=.0021, .016, .0031); al contrario, gli individui wild type per i geni CCR5 e CCR2 avevano indici di replicazione virale simili a quelli dei soggetti eterozigoti per gli alleli CCR5-D32 e CCR2-64I. Inoltre sono stati studiati i genotipi combinati dei geni CCR5, CCR2 e SDF-1 e l'analisi non ha rivelato nei soggetti LTNP la presenza di uno specifico genotipo protettivo. Complessivamente, i nostri risultati indicano che l'assetto dei geni CCR5, CCR2 e SDF-1 svolge un effetto limitato nell'ambito della patogenesi dell'infezione da HIV-1 e che ulteriori studi sono necessari per correlare l'assetto genetico dell'ospite con i parametri virologici e immunologici e con la storia naturale dell'infezione da HIV1.

Title of the project: Immunotherapy with non-peptidic antigens in SIV-infected macaques
Host Institution: International Centre for AIDS and Emerging & Re-emerging Infections (ICAERI), National Institute for Infection Diseases Lazzaro Spallanzani, Rome , Italy
Scientific Coordinator : Dr. F.Poccia
Publications: F. Poccia, L. Battistini, B. Cipriani, G. Mancino, F. Martini, M.L. Gougeon and V. Colizzi.
Phosphoantigen-reactive Vg9Vd2 T Lymphocytes Suppress in vitro Human Immunodeficiency Virus Type 1 Replication by Cell and Antiviral Factors Including CC-Chemochines
J. Inf. Dis. (1999); 180:858-61

F. Poccia, M. Malkovsky, A. Pollak, V. Colizzi, G. Sireci, A. Salerno and F. Dieli.

In vivo gd T cell priming to mycobacterial antigens by primary M.tuberculosis infection and exposure to nonpeptidic ligands.
Molecular Medicine (1999); 5: 471-476

Abstract in Italian

Riassunto dell'attività svolta

L'obiettivo di questo studio è stato di valutare la possibilità di impiegare alcune molecole non proteiche, note per stimolare in maniera potente i linfociti T Vg9Vd2, come vaccini profilattici o terapeutici nelle infezioni da immunodeficienza. Abbiamo analizzato l'attività antivirale di diversi composti non proteici (isopentenile-pirofosfato, acido 2,3-diphosphoglicerico, ribosio-1-fosfato, bromoidrina-pirofosfato), dimostrando che questo effetto dipende da fattori solubili rilasciati dai linfociti T Vg9Vd2 attivati tra cui le b-chemochine (MIP-1b, MIP-1a and RANTES). In base alla capacità di reagire o di non reagire alla stimolazione in vitro con questi composti, sono stati selezionati due gruppi di sei animali, uno reattivo (R) ed uno non reattivo (NR). Entrambe i gruppi di animali sono stati infettati con SIVmac251 monitorando lo stato clinico e la replicazione virale.
Gli animali con elevata reattività dei linfociti T gd (R) hanno evidenziato una maggiore capacità di controllare la replicazione virale già dopo un mese dall'infezione, un miglior andamento clinico ed un aumento significativo della sopravvivenza. Inoltre, abbiamo dimostrato che questi composti non proteici sono capaci di indurre una reazione cutanea di ipersensibilita ritardata mediata dai linfociti T gd negli animali sensibilizzati. Queste osservazioni suggeriscono che i composti non proteici in oggetto possano rappresentare un componente di un potenziale vaccino nei confronti dell'infezione da HIV.

Title of the project: Cellular factors involved in the induction of resistance to antiretroviral treatment of HIV-1 infections.
Host Institution: Institute of Virology, University of Rome La Sapienza, Rome, Italy
Scientific Coordinator: Dr. O.Turrizziani
Publications: O.Turriziani, P.Di Marco, F.Dianzani and G.Antonelli, May in the drug transporter P-glicoprotein affect the antiviral activity of human immunodeficiency virus type 1 protease inhibitors?
Antimicrob Agents Chemothe. 2000;44(2) 473-4


Abstract in Italian

Riassunto dell'attività svolta

Scopo del progetto è quello di studiare la farmacoresistenza cellulare in corso di terapia antiretrovirale dell'infezione da HIV. In particolare ci si propone di verificare il coinvolgimento di fattori cellulari nella non risposta al trattamento o all'acquisizione della resistenza durante il trattamento sia con analoghi nucleosidi (NA) che con inibitori delle proteasi (IP).
Recentemente è stato dimostrato che la maggior parte degli IP sono ottimi substrati della P-glicoproteina (Pgp). Allo scopo di verificare l'influenza di questa proteina sulla attività antiretrovirale di questi composti, abbiamo trattato con diverse concentrazioni di Saquinavir e Indinavir la linea cellulare linfoblastoide CEMVBL, esprimente elevati livelli di Pgp, dopo averla infettata con un ceppo di HIV-1.
I risultati ottenuti dimostrano che nelle CEMVBL l'attività antivirale di questi composti è significativamente ridotta (p0,05) rispetto alla linea parentale. Esperimenti eseguiti utilizzando un inibitore specifico per la Pgp hanno dimostrato che e possibile ripristinare l'attività antivirale di questi composti e di conseguenza che la riduzione osservata e specificamente dovuta alla presenza di questa glicoproteina. Per quanto riguarda il fenomeno della resistenza cellulare verso gli analoghi di nucleosidi abbiamo selezionato cellule resistenti a: ddl, d4T, 3TC.
In Particolare la linea cellulare CEM è stata propagata in presenza di concentrazioni crescenti dei suddetti analoghi e periodicamente sono stati eseguiti saggi biologici volti a valutare la attività citotossica dei farmaci. I dati ottenuti rivelano che è possibile ottenere cellule resistenti alla attività citotossica e antivirale del d 4T e del 3TC. Inoltre per quanto riguarda il d4T il grado di resistenza acquisito al momento è rivolto più all'AZT che all'agente selettivo utilizzato. Questo risultato è spiegabile se si considerano gli enzimi coinvolti nella attivazione di questi due composti e la loro relativa affinità per i substrati . Per quanto riguarda le cellule coltivate in presenza di ddl, abbiamo ottenuto delle cellule resistenti all'attività citotossica di questo farmaco.


Title of the project: Characterisation of T-cell functions in HIV-associated lymphomagenesis.
Host Institution: CIRBS, Paris, France
Scientific Coordinator: Dr. Dominique Blanc


Abstract in Italian

Riassunto dell'attività svolta

Molte persone HIV+ presentano un profondo deficit funzionale a livello dei linfociti T gd.
Come risultato di questo difetto immunologico, alcune di queste persone sviluppano linfomi, che sono sucettibili all'attività citotossica dei linfociti T Vg9Vd2.L'obiettivo di questo studio E' stato di caratterizzare ulteriormente la funzione dei linfociti T gd nell'infezione da HIV e di determinare se un difetto funzionale a questo livello possa contribuire allo sviluppo di linfomi associatio all'AIDS.
Il linfoma DAUDI induce una potente proliferazioe dei linfociti T Vg9Vd2 in donatori sani, che si osserva anche nelle cellule provenienti dal cordone ombelicale, indicando che questo tipo di reattivià Ë innata. E' stata invece osservata una perdita di questa reattività funzionale nei pazienti HIV+ con linfoma. L'attività citotossica delle cellule gd verso il linfoma DAUDI puo' essere bloccata con anticorpi diretti verso il complesso CD3/TCR o verso il recettore CD94/NKG2-A, quindi la reattività antitumorale di questa sottopolazione linfocitaria è controllata da recettori per le molecole MHC di classe I di tipo NK. Inoltre, le cellule gd di pazienti HIV con infezioni opportuniste e/o linfomi hanno evidnziato una alterata capacità di produrre citochine, con un difetto principale a livello della produzione di interferone (IFN-g) e del fattore di necrosi tumorale (TNF-a).
Inoltre, recenti osservazioni indicano che due processi distinti potrebbero essere coinvolti nel fenomeno di anergia dei linfociti gd associato all'insorgenza dei linfomi:

a) l'assenza del riconoscimento da parte del TCR in seguito ad un processo di delezione clonale;

b) la stimolazione di segnali inibitori tramite specifici recettori per le molecole MHC di classe I di tipo NK.